Coetzee ha scritto il suo libro più misterioso.
L'infanzia di Gesù è sin dal suo approccio - il titolo, che sembra più adatto (e lo è) ad un testo di teologia - sin da suo incipit, spiazzante.
Di cosa vuole parlarci stavolta ? Che tipo di storia è questa ?
Si intuisce dalle prime pagine che con il Gesù evangelico, con la storia tramandata, questo romanzo sembra non avere proprio nulla a che fare (ma nutriremo molti dubbi in proposito, andando avanti con la lettura). Il vecchio (ma scopriremo poi che non è affatto vecchio, ha solo quarantacinque anni) Sìmon, approda, dopo un viaggio in nave (proveniente da dove ? Da quale terra? Da quale vita?) sulle sponde di un continente o di un paese chiamato Novilla, dove tutti parlano spagnolo e tutti sembrano ragionevoli e cordiali (a loro modo accoglienti): una società super-strutturata, su un modello che fa pensare ad un socialismo effettivo (anche se non si intravvedono vertici totalitari) comunitario: molta burocrazia, centri di smistamento, di istruzione, di assegnazione degli alloggi, perfino il lavoro è strutturato come un'opera astratta, limitata all'uso corrente, senza apparenti fini, senza motivazioni che non siano quelli del puro presente.
In questo modo apparentemente sereno ma allo stesso modo sottilmente inquietante, i sentimenti e le passioni paiono bandite. Fanno parte della vita precedente, di quella che gli attuali abitatori di Novilla hanno lasciato alle spalle quando sono sbarcati sulle rive della nuova terra, chi prima chi dopo.
Sìmon arriva a Novilla in compagnia di un bambino di cinque anni, che alla frontiera hanno battezzato David. Il figlio però non è suo (di chi è figlio ? Perché era da solo ? Da dove viene?). Si sono incontrati sulla nave - ma nulla ci viene riferito di questo incontro - e lui, Sìmon ritiene di dover svolgere il compito di trovare la madre di David, che deve essere da qualche parte a Novilla e che lui troverà non attraverso una ricerca metodica, analitica, ma sentendo che quella è la madre, quando la incontrerà, quando se la troverà di fronte.
La madre viene trovata: Sìmon la identifica in Inès, una tennista elegante che vive nella Residencia (una specie di quartiere residenziale riservato a pochi?) insieme a due scorbutici fratelli e a un cane altrettanto scorbutico.
Sìmon, sentendo di aver esaurito il suo compito, lascia il bambino dalla madre. Salvo scoprire subito che non può fare a meno di lui. David è un bambino eccezionale. Sembra disporre di poteri e di percezioni particolari. E' refrattario ad ogni forma di educazione tradizionale, tanto meno quella impartita a Novilla. Non ne vuol sapere. Tempesta Sìmon di domande filosofiche.
Nelle ultime pagine del libro si cementa un legame tra Inès - che difende strenuamente il bambino e si oppone fieramente ad ogni tentativo dell'autorità di trasferirlo nel temibile centro di Punta Arenas, destinato ai ragazzi disadattati - e Sìmon. I tre - una famiglia davvero sui generis - si mettono in viaggio (ed è ovvio che qui il pensiero, come in altri punti del libro, vada alla suggestione del racconto evangelico) per sfuggire alla cattura, insieme al cane, nella vecchia vettura di uno dei due fratelli della donna. David cercherà di convincere le persone che incontra a seguirli, in una strana e personalissima sequela.
Più propriamente il romanzo di Coetzee è - come ha fatto notare Joyce Carol Oates - un'opera che si interroga sul Senso. Senso con la maiuscola. Quello che sembra essere scomparso dall'orizzonte del mondo contemporaneo.
Nessun vento è favorevole al marinaio che non sa dove andare, scriveva Seneca. E sembra essere diventato il paradigma del mondo che abitiamo. Anche Novilla è un po' così: tutto è perfettamente organizzato, tutto ha uno scopo pratico - che sembra principalmente quello di eliminare la sofferenza e ogni tipo di turbamento - ma un senso vero non c'è. E infatti non c'è nessuna vera gioia, nessuna vera felicità.
David è l'elemento dissonante. Il bambino parla un linguaggio diverso, è - come direbbe il filosofo Marco Guzzi - l'emblema del Nascente, di quello che di nuovo sta germogliando, e che non è ancora compreso e non può essere compreso.
David non fa altro che fare domande. Ciò che il nostro mondo - e Novilla, ovviamente - non vuole e non sa più tollerare.
David non ubbidisce. David vede cose che non si vedono, afferma cose che non si possono dimostrare, cambia continuamente le prospettive logiche, chiede continuamente dove esista quel punto dove si può cadere.
La forza del bambino, come la sua provenienza, è misteriosa.
Quel che è certo è che egli non ha né padre, né madre. E' del tutto nuovo. Può avere soltanto qualcuno che si occupi di lui, che si prenda cura di lui.
Coetzee sembra arrivato al punto di considerare con stanchezza i mali (denunciati) del mondo, le ingiustizie, le cose sulle quali si gira intorno da sempre. Quel che sappiamo della natura e del cuore nero dell'uomo e che la letteratura ha indagato in ogni modo (e lui stesso, basti pensare a Vergogna).
Forse è giunto il momento di volgere lo sguardo ad altro. A quel punto di universo - orizzontale e verticale - dove serve una vista diversa, come aveva intuito il collega Nobel José Saramago in un altro romanzo, straordinario come questo (e per atmosfere abbastanza consimile), Cecità.
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