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15/11/21

Il mistero della scomparsa di Ettore Majorana - C'è una traccia che porta a Roma ?

 


La scomparsa di Ettore Majorana è uno dei grandi enigmi irrisolti che ha appassionato a lungo giornalisti e storici. Il geniale fisico catanese infatti, come si sa, scomparve letteralmente nel nulla nel marzo del 1938, dopo aver preso un traghetto della Tirrenia da Napoli a Palermo. Nessuno sa con certezza se giunse mai a destinazione, nessuno sa se mise in opera una geniale messinscena, nessuno sa se si suicidò nelle acque del Tirreno (le ricerche in mare non diedero mai frutti), nessuno sa se – come ha sostenuto il prof. Antonino Zichichi - Majorana, sconvolto da quanto aveva scoperto sull’atomo e preconizzando i disastri che sarebbero provenuti dalle scoperte sull’energia nucleare, non decise di sparire rinchiudendosi in un convento.

In realtà, tra le diverse piste, la Procura di Roma, che recentemente ha chiuso dopo decenni le indagini, ha privilegiato quella sudamericana: della scomparsa cioè volontaria del fisico in Venezuela, sotto falsa identità, laddove la sua presenza sarebbe stata accertata – nella città di Valencia – negli anni compresi tra il 1955 e il 1959.

Ma l’ipotesi di una sopravvivenza, sotto falso nome, di Majorana segue anche una pista romana, che negli ultimi tempi si è arricchita di nuovi particolari.

Secondo un nuovo testimone, infatti, il grande fisico avrebbe terminato i suoi giorni proprio a Roma, e nemmeno troppo distante, anzi molto vicino a quell’Istituto di Fisica di via Panisperna 89/a dove insegnava Enrico Fermi e dove si formarono quei geniali ragazzi destinati a scompaginare la storia della scienza e a far parlare di sé nel mondo intero.

Le ultime tracce di Majorana, infatti, portano sugli scalini della Università Gregoriana, in piazza della Pilotta, a pochi passi da Fontana di Trevi.

La testimonianza arriva da un uomo che asserisce di aver parlato a lungo con quel barbone, incontrato un giorno del marzo 1981 insieme a monsignor don Di Liegro, fondatore della Caritas romana (il quale però, essendo scomparso, non può avvalorare la testimonianza).

Secondo il racconto dell’uomo, il clochard dimostrò di conoscere la soluzione del Teorema di Fermat, un difficilissimo enigma matematico rimasto irrisolto per quattro secoli, definitivamente sciolto nel 2000.

Fu proprio monsignor Di Liegro, racconta il testimone, a confermare l’identità dell’uomo, spiegandogli che si trattava proprio del grande fisico, il quale, dopo una sosta in un convento di Napoli, si era trasferito in un altro istituto religioso, nei pressi di Roma, e da qui si era allontanato, proprio per tornare sui suoi passi, nella zona di Roma cioè dove aveva mosso i suoi primi passi di brillantissimo fisico.

Di Liegro chiese al testimone di mantenere il segreto «per almeno quindici anni dopo la mia morte».

E l’uomo decise di rispettare le volontà del sacerdote.

Vero o falso che sia il racconto, fa molta impressione ancora oggi immaginare Ettore Majorana nei panni di un barbone trasandato, tra la folla indifferente, in quella piazza della Pilotta dove ha sede una delle istituzioni accademiche romane più prestigiose e in prossimità di quei luoghi dov’era nato il mito dei Ragazzi di via Panisperna.

 Tratto da: Fabrizio Falconi, Roma esoterica e misteriosa, Newton Compton, 2015

 

09/12/18

Il tunnel segreto del potere nelle viscere di Roma.




Per molti è soltanto una leggenda metropolitana, eppure sono tanti i riscontri che si sono susseguiti negli anni riguardo all’esistenza di una galleria lunga chilometri che collegherebbe tra di loro tutti i palazzi del potere di Roma, per finalità segrete

Non è un mistero del resto, che negli anni della guerra fredda si lavorò in diverse capitali europee alla realizzazione di bunker antiatomici, strutture sotterranee, a prova di interferenze dei controspionaggi dei paesi oltre la Cortina di Ferro. Ma a Roma non si è mai capito se sia stato realizzato un vero e proprio tunnel segreto oppure se a questo scopo sia stato sfruttato un collegamento tra i numerosi cunicoli preesistenti, medievali o paleocristiani che irrorano come un tessuto sanguigno gran parte del territorio dell’Urbe. 

Quel che è certo è che già all’epoca delle indagini a riguardo del cosiddetto Golpe Borghese, il tentativo di colpo di stato dei neofascisti che andò in scena nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970, emerse negli atti di come gli aspiranti golpisti avessero sfruttato un tunnel, la cui apertura era situata nei dintorni di Montecitorio e che aveva permesso loro di raggiungere in breve tempo l’armeria sotterranea del Viminale, prima che arrivasse l’ordine da parte di Junio Valerio Borghese di sospendere le operazioni

Del misterioso tunnel si è tornato poi a parlare qualche anno più tardi proprio a seguito del rapimento di Aldo Moro. 

Nel punto infatti dove questo passaggio segreto intersecava la Via Cassia, il 16 marzo del 1978, giorno del blitz delle Brigate Rosse, furono notati, proprio da un’auto dei Carabinieri uscire da un cunicolo quattro uomini che indossavano divise dell’Aeronautica i quali sostenevano un quinto uomo, probabilmente ferito. Erano parte del commando che aveva agito in Via Fani ? Ma ancora, del tunnel fantasma non si seppe nulla, fino al settembre 1997 , quando dopo la notizia pubblicata da alcuni giornali secondo cui operai impegnati nel cantiere di scavo di un sottopasso tra la Via Trionfale e la via Pineta Sacchetti si erano imbattuti in un sottopasso e dopo averlo iniziato a percorrere s’erano trovati faccia a faccia con militari armati che gli avevano intimato di tornare indietro, si aprì addirittura una interrogazione parlamentare da parte dell’allora responsabile della sicurezza di Montecitorio Alfredo Biondi, insieme ad altri deputati.

In effetti la testimonianza – poi confutata – degli operai confermava il tracciato ipotizzato del tunnel, il quale si diceva collegasse il Forte Trionfale e il Forte Braschi, passando nei pressi del grande Policlinico Gemelli, e il Forte Boccea, per poi tagliare in due la città e raggiungere il Viminale, il Quirinale, Palazzo Chigi, Montecitorio e il Ministero della Marina. 

Il passaggio sotterraneo dunque avrebbe rappresentato una specie di via di fuga per gli esponenti politici di primo piano in caso di “eventi estremi” che avrebbe permesso loro di fuggire e trovare ricovero sicuro all’interno delle costruzioni militari. 

I bene informati sostenevano che il tunnel risalisse agli anni della guerra, e che fosse stato ristrutturato proprio durante gli anni ’60 e ’70 all’epoca della Guerra Fredda, e degli Anni di Piombo. Un’altra vulgata riguardante il misterioso cunicolo vuole invece che nuovi e più recenti lavori siano stati realizzati sul finire degli anni ’80 sfruttando i cantieri per la costruzione del famoso anello ferroviario promesso per i Mondiali di Italia ’90 e mai completato a Roma, con le stazioni di Vigna Clara e Farneto rimaste per sempre chiuse. 

Il tunnel sotterraneo dunque avrebbe sfruttato le nuove opere per integrare i collegamenti già esistenti e migliorarli, per un costo complessivo di centinaia di miliardi, diviso tra i diversi ministeri. Bufala o no che sia, oggi sono ancora in tanti, anche in ambito parlamentare a dirsi sicura dell’esistenza di questi camminamenti e bunker sotterranei la cui esistenza sarebbe dunque garantita e protetta dai servizi segreti e mantenuta segreta per ragioni militari.