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25/10/22

"Gesù di Nazareth" - Uno sforzo produttivo mai più eguagliato. I numeri impressionanti.

 



Provate a trovare in tutta la storia del cinema un film che possa vantare un cast come questo. In ordine alfabetico: Ann Bancroft, Ernest Borgnine, Claudia Cardinale, Valentina Cortese, James Farentino, James Earl Jones, Stacy Keach, Tony Lo Bianco, James Mason, Jan McShane, Laurence Olivier, Donald Pleasence, Christopher Plummer, Anthony Quinn, Fernando Rey, Ralph Richardson, Rod Steiger, Peter Ustinov, Michael York, Olivia Hussey e inoltre: Robert Powell, Jan Bannen, Marina Berti, Regina Bianchi, Maria Carta, Jan Holm, Lee Montague, Yorgo Voyagis. 

Si tratta dell'elenco, non completo, degli interpreti del "Gesù di Nazareth" di Franco Zeffirelli, in onda a partire dal 27 marzo 1977, con una media di 26 milioni e 700 mila ascoltatori ed una punta massima di 28 milioni e 300 mila (cifre spaventose confrontate con quelle della tv di oggi). 

Il "Gesù" è evidentemente un successo, ed è pure un capolavoro. Zeffirelli e i critici non si sono mai voluti particolarmente bene, ma sulla sua opera televisiva tutti (o quasi tutti) sono d'accordo. Mai i Vangeli erano stati portati sullo schermo con tanto realismo e al tempo stesso con altrettanto profondo senso della loro spiritualità. Oltretutto, sia la vicenda che i suoi contenuti sono comprensibili a chiunque, senza che lo stile della narrazione abbia un solo minuto di cedimento.

Il "Gesù" entra immediatamente a far parte della storia della TV di tutto il mondo e viene venduto alle televisioni di decine di nazioni. Zeffirelli è letteralmente sommerso di premi e riconoscimenti.  

Le riprese erano cominciate il 29 settembre del 1975 in Marocco nel villaggio di Fartassa. Attorno al Natale dello stesso anno, la troupe, composta in massima parte da italiani, si è poi trasferita a Montastir, in Tunisia, dove erano stati ricostruiti il Tempio di Gerusalemme e la Fortezza Antonia. 

La colossale opera è stata terminata, ancora a Montastir, in tempi relativamente brevi, il 28 maggio del 1976. 

Vi hanno partecipato 240 attori e migliaia di comparse reclutate fra le popolazioni locali. 



21/01/22

Quando Gregory Peck interpretò (con sue grandi perplessità) il ruolo del criminale nazista Josef Mengele, "l'angelo della morte"

 

Nel 1976 uscì un romanzo, "I ragazzi venuti dal Brasile", dello scrittore americano (ebreo) Ira Levin che ebbe un successo strepitoso, raccontando l'immaginaria seconda vita del criminale nazista Josef Mengele, autore di atroci pratiche nei lager nazisti e sfuggito alla cattura dopo la fine della seconda guerra mondiale. Levin, appunto, lo immagina fuggito in Brasile sotto falsa identità e dedito, nella sua fazenda immersa nella foresta, alla realizzazione di un folle esperimento per creare dei cloni attraverso il sangue e i tessuti di Hitler, prelevati dallo stesso Mengele. 

Nell'agosto 1976, visto il grande successo del romanzo, fu annunciato che il gruppo di produttori formato da Robert Fryer, Martin Richards, Mary Lee Johnson e James Cresson, aveva opzionato i diritti cinematografici. Il film, inizialmente offerto al regista Robert Mulligan fu poi assegnato a Franklin Schaffner, incaricato di dirigerlo. Nel maggio 1977 fu annunciata la notizia che il grande Laurence Olivier avrebbe recitato nel film.

A Olivier però, già malato (stava accettando tutti i lavori cinematografici ben retribuiti che poteva, ottenere per provvedere a sua moglie e ai suoi figli dopo la sua morte) che aveva appena interpretato la parte di un sadico medico nazista nel bellissimo The Marathon Man (Il maratoneta) di John Schlesinger (1976), non andava a genio l'idea di calarsi nuovamente nella parte di un criminale nazista come Mengele.

A questo punto, i produttori chiesero a Gregory Peck, che si era unito al film a luglio, di interpretarlo. Peck, che al cinema aveva quasi sempre interpretato ruoli virtuosi, era assai riluttante per questioni personali, ma alla fine accettò di interpretare Mengele solo perché in questo modo avrebbe avuto l'opportunità di lavorare con Sir Laurence Olivier, che stimava da sempre. 

Anche Lilli Palmer, nel cast, accettò un piccolo ruolo solo per lavorare con Olivier.

Olivier ebbe così il ruolo dell'altro protagonista del film, l'immaginario Ezra Lieberman, che si ispirava direttamente al "cacciatore di nazisti" SimonWiesenthal  

Il film fu girato quasi interamente in Portogallo.

Ne scaturì un film di grande qualità, soprattutto per la stellare levatura dei suoi interpreti, con diverse scene che vedono il confronto tra Peck e Olivier, tra cui quella del violento litigio tra Lieberman e Mengele che, raccontano le cronache, richiese circa tre o quattro giorni di riprese a causa della salute cagionevole di Olivier in quel momento. 

Peck, più tardi, ricordò che lui e Olivier "erano sdraiati sul pavimento" ridendo dell'assurdità di dover filmare una scena di combattimento del genere alla loro età avanzata. Non solo due grandi attori, ma due vere pietre miliari nella storia del cinema. 

Il grande Laurence Olivier nei panni di Ezra Lieberman


23/09/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 40. "Il maratoneta" (Marathon Man) di John Schelsinger (1976)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 40. "Il maratoneta" (Marathon Man) di John Schelsinger (1976)

Cosa è e cosa dovrebbe essere un thriller. 

New York: dopo l'assassinio del fratello (Roy Scheider), Babe Levy (Dustin Hoffman), giovane e timido ebreo americano - se la deve vedere con l'ex criminale nazista Szell (Laurence Olivier), trafficante di diamanti, sottratti agli ebrei bruciati nei forni della Seconda guerra mondiale. 

La mitologica storia di Davide contro Golia, riadattata nel contesto moderno in un thriller ambizioso e perfetto, tratto dal romanzo omonimo di William Goldman, autore anche della sceneggiatura e realizzato dalla mano esperta e felice di John Schlesinger.

Le psicologie sono approfondite, rese fino all'essenziale con il contributo di attori in stato di grazia. Ma è soprattutto nella suspence e nel tono spettacolare (senza volgari effetti roboanti), che il film dà il suo meglio, con scene da antologia, come quella in cui Szell rispolvera la sua prima e vecchia professione di dentista per torturare il malcapitato Babe e farsi dire qualcosa che nemmeno sa.

Il maratoneta del titolo è proprio Babe, che passa le sue giornate a correre per il Central Park, sognando di notte Abebe Bikila, e sarà proprio questa passione a salvarlo.

Grande fotografia di Conrad Hall.

Strepitoso il vecchio Sir Laurence Olivier nei panni del terribile criminale nazista.

Il Maratoneta
(Marathon Man)
di John Schlesinger
USA 1976
con Dustin Hoffman, Laurence Olivier, Marthe Keller, Roy Scheider, Lou Jacobi
durata: 125 minuti