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12/03/22

Pasolini e l'amore per il calcio. Per chi batteva il suo cuore di tifoso, Bologna o Roma?

 



Pasolini romanista? No. Nella sua vita di tifoso non rinnegò mai il suo amore per il Bologna. 

Eppure nei venticinque anni romani imparò a conoscere e ad amare i tifosi romanisti. Nelle nuove borgate e nei popolari rioni del centro c'era solo una squadra. Difficile non farci i conti, prima o poi. 

Chi lo conobbe ricorda che Pasolini andava all'Olimpico anche quando non c'era il Bologna in trasferta. 

Lo faceva con un blocco degli appunti in tasca, per segnarsi espressioni e imprecazioni che per altri erano la normalità, per lui erano preziosi elementi di quella normalità che cercava di assimilare e restituire nei suoi romanzi. 

Ve lo immaginate? Un bolognese con la riga fra i capelli e vestito di tutto punto, che senza scomporsi annotava su carta i "malimortaccitua" sentiti in curva. Il contrasto doveva essere simile a quello delle tante foto che lo vedono sporcarsi di fango inseguendo un pallone in mezzo ai ragazzini già sporchi di fango. È allo stadio che probabimente sentì quel «Forza, a Treré!» che gli amici di Tommaso Puzzilli gridano giocando al biliardino in "Una vita violenta". 

Perché il calcio in borgata era una questione seria, tanto che attribuire a qualcuno il tifo per "quelli là" equivaleva a un insulto: «An vedi questi! Ammazza che broccolo! […] 'Sto laziale stronzo!», grida Tommaso proprio a quelli che non lo lasciano giocare. 

Ed è sempre lui che, escluso da una partita non di biliardino ma di calcio, si lamenta: «Quale giusti, quale giusti, ma che sarebbe? Che, sete 'a Roma?». Per poi inserirsi di prepotenza: «Nun lo vedi che so' Pandorfini so'?».

La Roma non fu la squadra tifata da Pasolini, ma è quella tifata dalle sue opere. Anche nei primi racconti romani, datati 1950-51, è l'unica fede calcistica evocata. In "La passione del fusajaro" il venditore di fusaglie "Morbidone" si innamora di un maglione visto in una vetrina a Campo de' Fiori e l'infatuazione verso il costoso capo d'abbigliamento lo porta a fantasticare su una vita perfetta: «Gli sguardi di ogni pischella erano per lui. Poi, la domenica, a Ostia – no, alla partita di calcio. La Roma avrebbe vinto – a dispetto di Luciano e Gustarè – ed egli col maglione azzurro sarebbe andato a ballare in una sala del Trionfale: e avrebbe ballato con le più belle ragazze»

I suoi personaggi sono romanisti perché i suoi amici erano romanisti

Non una scelta, ma pura mimesi della realtà: era romanista il trasteverino come erano romanisti i dimenticati che vivevano nelle baracche fuori città. 

Chi ha visto e si ricorda l'episodio "Che vitaccia!" in "I mostri" di Dino Risi, in cui Vittorio Gassman spende gli utimi spicci per andare allo stadio, sa di cosa si parla. 

Per Pasolini, i romanisti «più commoventi» erano gli immigrati dalle campagne e dal Meridione: «Il loro amore per la Roma strappa le lacrime. L'amano disperatamente, e gridano poco: ingoiano dolori e macinano gioie in silenzio. E non dimenticano facilmente»

Lo scrisse in un articolo uscito esattamente sessanta anni fa su "l'Unità". Era la cronaca di un derby del 1957 vinto 3-0 dalla Roma. 

Per il giornale comunista non andò in tribuna stampa (non ci volle andare nemmeno tre anni dopo, quando fece da cronista per le Olimpiadi): si tuffò nel settore popolare pieno di vita, accompagnato dall'esperto Sergio Citti, che all'epoca non era ancora Sergio Citti ma "er Mozzone" di Tor Pignattara, romanista come era romanista il fratello Franco e com'è romanista Ninetto Davoli. Ragazzi di vita, ragazzi di Roma. 

15/10/13

"Pasolini e Roma" - Una grande esposizione alla Cinematheque francese di Parigi.




Pasolini e Roma, un legame inscindibile e un rapporto di scambio tra il regista, sceneggiatore, poeta e scrittore, nato a Bologna il 5 marzo 1922, uno dei maggiori artisti e intellettuali del XX/o secolo, ma anche il piu' "scandaloso e controverso", e la capitale italiana (dove si e' trasferito dal 1950 fino alla morte nel 1975). E' il tema dell'ampia e ricca esposizione che si apre domani alla Cinematheque francaise di Parigi (fino al 26 gennaio) organizzata in collaborazione con il Centro de cultura contemporanea di Barcellona (dove e' stata in cartellone fino al 15 settembre), il Palazzo delle esposizioni di Roma (in cui fara' tappa dal 3 marzo all'8 giugno 2014) e il Martin-Gropius-Bau di Berlino (in mostra dall'11 settembre 2014 al 5 gennaio 2015). Gli archivi di Bologna e Firenze e l'Istituto Luce, con il contributo della cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi, custode dell'eredita' letteraria del maestro, hanno messo a disposizione lettere autografe, sceneggiature, foto, film, documenti inediti, libri, locandine, dipinti, disegni e oggetti personali e intimi. 

Il percorso espositivo di 'Pasolini-Roma' e' cronologico e la voce di Pasolini accompagna il visitatore attraverso le varie sezioni che sono anche i luoghi della capitale che il maestro frequentava.

"La mostra - dice il direttore della Cineteca, Serge Toubiana - cerca di rendere conto dell'importanza e della complessita' dell'uomo attorno a un tema preciso, Roma vista attraverso lo sguardo Pasolini: i film, le amicizie, i suoi lavori come l'incarico di professore in un liceo di Ciampino, le case in cui ha abitato. Pasolini si e' impregnato di questa citta' per ridipingerla a suo modo".

Si parte con il suo arrivo in "una casa di poveri" nella periferia di Roma dal Friuli, quindi l'appartamento in via Fonteiana 86, nel quartiere di Monteverde, dove porta a compimento il suo primo romanzo 'Ragazzi di vita', quello in via Giacinto Carini 45, dove visse dal 1959 al 1993, nello stesso palazzo di Bernardo Bertolucci, il quale e' diventato poi il suo assistente, e poi l'ultima residenza in Via Eufrate e la trattoria di Ostia dove ha cenato prima di essere assassinato. Nel mezzo vari flash back: Piazza del popolo e il bar Rosati dove era solito incontrare gli amici, Elsa Morante, Alberto Moravia e Laura Betti, la collaborazione con Fellini sul set de 'Le notti di Cabiria'. Ma anche le frequentazioni con Ungaretti e Calvino, i viaggi a New York, Parigi e in Africa, la relazione professionale e di profonda amicizia con Ninetto Davoli (presente all'inaugurazione della mostra che lo ricorda con grande affetto e fierezza), le sue 33 denunce e l'accanimento della giustizia nei suoi confronti, tra l'altro, per vilipendio alla religione con il film 'La ricotta', per una presunta tentata rapina ai danni dell'addetto a un distributore di benzina, per censurare 'Accattone' e per le parolacce in 'Mamma Roma'. Ci sono anche estratti e sceneggiature di film (in programma nella sala della Cinematheque fino al 2 dicembre) da 'Accattone' (1961), a 'Il vangelo secondo Matteo' e 'Comizi d'amore' (1964), 'Uccellacci e uccellini' (1966), 'Teorema' (1968), 'Medea' (1969), 'Salo' e le centoventi giornate di sodoma' (1975). Tra le novita' della mostra un percorso virtuale sulla Roma di Pasolini disponibile sul web. Oltre a spettacoli, letture, giornate di studi. Persino due stazioni della metropolitana parigina dedicate a Pasolini.

"Questa esposizione non e' assolutamente commemorativa, Pasolini non deve diventare un monumento - spiega il curatore francese, Alain Bergala -: Pasolini non e' morto, il suo pensiero non e' morto". "Nel XX/o secolo gli artisti che hanno meglio interpretato o incarnato Roma non erano romani, salvo due eccezioni, Roberto Rossellini e Alberto Moravia - ricorda anche Gianni Borgna -. Pasolini, bolognese e friulano, fa cadere il velo che nascondeva la Roma di periferia. Nei suoi romanzi e film mostra un'altra Roma, a tal punto che si puo' dire che c'e' una Roma prima e dopo Pasolini".