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20/09/22

La lunga lotta di Vittorio Gassman contro la depressione

 


Uno dei più bei libri italiani che siano stati scritti sul tema della depressione - che non minor valore di "Un'oscurità trasparente" del grande William Styron - è a mio avviso Vedere l'erba dalla parte delle radici, scritto da Davide Lajolo nel 1977, vincitore in quell'anno del Premio Viareggio, il romanzo autobiografico nel quale Lajolo raccontava scene della sua vita come metodo terapeutico per combattere la depressione psichica che lo aveva fortemente invalidato dopo un attacco di cuore.  

E già dal titolo, il romanzo raccontava l'effetto dirompente della depressione, sulla propria visione della vita: che è come si guardasse, appunto, da sottoterra. 

Anche il grande Vittorio Gassman, come si sa, è stato per lungo tempo affetto da depressione bipolare, una malattia di cui il celebre attore si decise a parlare anche in pubblico. Gassman raccontò di un periodo durato circa due anni - il più duro della sua malattia - in cui non riusciva più a provare interesse o piacere per alcuna cosa, compresa la sua vita. Anche risvegliarsi era un dramma e neppure la suo famiglia riscuoteva in lui un interesse, motivo per il quale quel periodo coincise con un allontanamento dai suoi figli.  

Le parole di Gassman furono forti e profonde,  in una Italia che non era ancora abituata a sentir parlare di depressione. La sua, in particolare era chiamata, ed è chiamata, in psichiatria, anedonia. Che comportava per lui anche l'effetto di non riuscire a dimostrare amore e affetto verso le persone che aveva accanto, compresa la sua famiglia. Anche se i suoi familiari, raccontò, avevano continuato sempre a sostenerlo nella lotta contro la malattia, che fu combattuta anche con l’assunzione di psicofarmaci. “La depressione è una brutta bestia. – disse Gassman in una intervista televisiva  –Quando tocca l’apice coincide con uno sgomento totale, con l’angoscia e dunque si vorrebbe ad un momento non esserci più. Io credo di non essere portato al suicidio, però molte mattine di quel periodo io mi svegliavo – e me ne sono accorto dopo un po’ – con i muscoli delle gambe e delle braccia che mi dolevano. Poi ho capito che il mio corpo inconsciamente faceva uno sforzo fisico anche per non risvegliarsi, che era un modo dolce, senza intervento cruento, di non esserci più, di cessare questo tipo di sofferenza.

Un lungo incubo, dal quale Gassman non si liberò mai completamente, ma con il quale imparò a convivere, superando la crisi più nera e aprendosi alla guarigione:"Quando stavo per guarire," raccontò,  "ho sognato la mia guarigione. Allora mi sono alzato, sono corso in bagno e ho visto che gli occhi erano tornati normali dopo che per due anni li ho avuto che si leggeva il vuoto, che stavo male, e curiosamente proprio mio figlio, che per quel tempo mi aveva evitato, è arrivato in bagno e ha ripreso il suo rapporto con me.”


Fabrizio Falconi - 2022