Cinque settembre 1960, la nascita di
un mito universale.
Anche se un giornalista locale, vedendo in
azione Cassius Clay durante quell'Olimpiade romana, disse
avventatamente "io quel negretto li' lo vedo male". Una caduta
di tono, peraltro bilanciata dalla previsione di Sport
Illustrated ("Clay e' il miglior candidato per una medaglia d'oro
americana") e smentita da quel match per l'alloro dei
mediomassimi in cui il 18enne statunitense, che due anni prima
aveva annunciato che avrebbe vinto ai Giochi e gia' strafottente
e sfrontato, alle parole fece seguire i fatti e sul ring
distrusse il polacco Zbigniew Pietrzykowski.
Questi, 'dilettante
di Stato', aveva dieci anni piu' del rivale e ai Giochi si era
gia' preso il bronzo nel '56 a Melbourne. Aveva anche vinto tre
volte l'oro agli Europei e in semifinale a Roma aveva battuto
l'azzurro Giulio Saraudi, ma contro Clay non ci fu nulla da
fare.
Dopo una prima ripresa equilibrata, il mancino
Pietrzykowski venne annientato: uno sul quadrato 'scherzava' col
destro e faceva il doppio passo, l'altro perdeva sangue dalla
bocca e dal naso, e alla fine del terzo round il verdetto fu
unanime.
All'Olimpiade romana il giovanissimo Clay era arrivato
battendo nei Trials americani Henry Hooper per ko, Fred Lewis ai
punti e Allen Hudson per ko, ma soprattutto il rivale piu'
insidioso: la paura di volare.
Lo racconto' lui stesso: dopo aver
fatto tanto, stava per rinunciare proprio perche' non se la
sentiva di prendere l'aereo, e i dirigenti di Team Usa dovettero
sudare sette camicie per fargli capire che non era il caso di
viaggiare verso l'Italia in nave.
Continuava a ripetere che "se
Dio avesse voluto farci volare, ci avrebbe fatto le ali" e lo
imbarcarono sul volo per Roma quasi a forza.
Nella sua
autobiografia Clay racconta che "viaggiai indossando un
paracadute che avevo comprato a un svendita militare, col cavo
stretto in pugno: ero pronto a lanciarmi se l'aereo avesse
cominciato ad agitarsi".
Alla fine arrivo' e in breve divenne uno dei 'sindaci' del
Villaggio Olimpico, non smettendola mai di parlare: stringeva
decine di mani, si presentava dicendo che avrebbe vinto l'oro,
parlava in continuazione e nei primi giorni al Villaggio aveva
gia' posato per foto ricordo con una trentina delegazioni e
firmato centinaia di autografi.
Quando usciva, lo faceva con
altri pugili e con un gruppo di quelli dell'atletica, fra i
quali una ragazza, anzi una 'gazzella', per la quale sembra che
avesse preso una cotta: la sprinter Wilma Rudolph, ventesima di
22 fratelli e altra stella di quelle Olimpiadi.
Ma lei gli
preferi' l'azzurro Livio Berruti, e poi Eduard Crook junior, un
altro pugile, con il quale si sarebbe sposata.
Del giovane Clay
in libera uscita qualcuno a Roma ancora ricorda che cercava
delle t shirt con l'immagine del Colosseo in un bar-souvenir
shop dalle parti di piazza Venezia.
Nel villaggio Olimpico viveva con gli altri nelle stanze con
letti a castello della delegazione Usa. Clay racconta nella sua
biografia che prima di allora non aveva mai visto un bidet e la
prima volta, li' a Roma, lo aveva scambiato per una fontanella.
Si era meravigliato, poi aveva cercato di bere.
McClure, con cui
divideva la camera, non aveva piu' smesso di ridere.
Dopo la vittoria del 5 settembre non si toglieva mai la
medaglia d'oro dal collo, nemmeno quando andava a dormire.
Rimase al villaggio, incontro' il campione del mondo dei massimi
Floyd Patterson, in visita di cortesia, e promise a se stesso
che un giorno lo avrebbe battuto.
Poi avendo gia' a quei tempi
inclinazioni letterarie scrisse la sua prima poesia: "il mio
scopo e' rendere l'America piu' grande, quindi ho battuto i russi
(Gennady Shatkov , nei quarti n.d.r.) e i polacchi, e ho vinto
la medaglia d'oro per gli Usa. Gli italiani mi hanno detto 'sei
piu' grande dell'antico Cassio. Ci piace il tuo nome e come ti
batti, se vorrai Roma sara' la tua casa. Io risposi che
apprezzavo ma che gli Usa sono ancora il mio paese".
Che poi lo
tradi', rendendolo l'uomo capace di gettare la sua medaglia
olimpica "che non perdevo d'occhio neanche per un momento", nel
fiume quando, tornato a casa, gli impedirono di entrare in un
bar perche' di colore. Penso' che a Roma, dove quel 5 settembre
il mondo si accorse di lui, non gli sarebbe successo e comincio'
a diventare The Greatest.