Quali sono i luoghi dove ha vissuto Caravaggio a Roma? Dove ha abitato? Dove dipingeva? Quali erano le strade e le zone che frequentava? Dove è avvenuta l'uccisione di Ranuccio Tommasoni? Dove abitavano le donne che frequentava? Un racconto sonoro da ascoltare gratuitamente - qui la SECONDA PARTE:
19/07/25
I LUOGHI DI CARAVAGGIO A ROMA - Seconda parte. Ascolta il Podcast gratuitamente
Quali sono i luoghi dove ha vissuto Caravaggio a Roma? Dove ha abitato? Dove dipingeva? Quali erano le strade e le zone che frequentava? Dove è avvenuta l'uccisione di Ranuccio Tommasoni? Dove abitavano le donne che frequentava? Un racconto sonoro da ascoltare gratuitamente - qui la SECONDA PARTE:
18/07/25
I LUOGHI DI CARAVAGGIO A ROMA - Prima parte. Ascolta il Podcast gratuitamente
Quali sono i luoghi dove ha vissuto Caravaggio a Roma? Dove ha abitato? Dove dipingeva? Quali erano le strade e le zone che frequentava? Dove è avvenuta l'uccisione di Ranuccio Tommasoni? Dove abitavano le donne che frequentava? Un racconto sonoro da ascoltare gratuitamente qui:
01/10/24
Bowie, Lennon, McCartney: da dove veniva il loro genio? E perché oggi non ce ne sono più in giro?
La cosa su cui meriterebbe riflettere (in omaggio alle teorie hillmaniane sul talento individuale) è che tutta quella generazione di poeti/musicisti inglesi e americani (in primis i Beatles) che tra il 1965 e il 1975 cambiarono per sempre la musica contemporanea, Bowie compreso, era formata da nati a ridosso - o durante - la fine della 2a guerra mondiale e provenienti quasi tutti dalla classe operaia o dalla piccola (o piccolissima) borghesia, da famiglie non di casta e che non avevano mai prodotto intellettuali. Provenivano quasi tutti dalla periferia estrema di Londra o di New York, o da sobborghi ancora più lontani, da famiglie mediamente povere.
Di dove costoro abbiano appreso a frequentare le alte vette della forma espressiva (e sostanziale) dell'arte, oltre che dalla strada, non è affatto facile dire (se non si ricorre per l'appunto alla "ghianda" di Hillman). Erano "angeli venuti da un altro mondo", come si diceva dello stesso Bowie o di Jim Morrison? Forse no. Erano semplicemente "antenne" che percepivano prima degli altri lo spirito del tempo, anche se il loro punto di partenza e di osservazione, inziale, era assai laterale o parziale. Eppure, furono artefici della loro stupefacente emancipazione.
E questo dovrebbe far pensare soprattutto noi italiani, essendo questo un paese dove la cultura e gli intellettuali sono spesso provenuti da eredità paterne, famiglie benestanti, insomma dalla famosa (esaltata e vituperata) borghesia italiana.
E ancora oggi succede spesso così. In Italia, per il gioco dei poteri e delle cricche, che sono ovunque, è ancora più difficile per il figlio di un operaio (ammesso che esistano ancora) o di un tassista notturno squattrinato, poter sognare un giorno di diventare non una vacua meteora da reality, ma un artista vero (un grande musicista o un vero scrittore), capace di riempire la propria anima di vita e spargerla poeticamente donandola al mondo. Per lui, le porte non si aprono.
06/04/23
La chiesa di San Lorenzo in Lucina e la misteriosa tomba di Poussin
La chiesa di San Lorenzo in Lucina e la misteriosa tomba
di Poussin
Uno dei più antichi titoli delle chiese di Roma è quello di Lucinae attribuito alla chiesa che ancora oggi sorge nella piazza omonima nel centro della città e che, sorto in tempi antichissimi, è già ricordato nel 366 sulla residenza di una matrona romana, chiamata appunto Lucina (anche se non mancano altre ipotesi, tra le quali quella che nel luogo sorgesse un boschetto (lucus) da cui l'edificio prese il nome).
Quel
che è certo è che sotto papa Sisto III (nell'anno 440 d.C.) avvenne la
trasformazione in luogo di culto pubblico. Un rifacimento complessivo fu
operato nel secolo XIII da Pasquale II, mentre al Duecento risale l'erezione,
sulla sinistra della chiesa, del palazzo Fiano che divenne la residenza dei
Peretti. Ma nuovi interventi furono compiuti nel corso dei secoli (anche Gian
Lorenzo Bernini vi mise mano per costruirvi la Cappella Fonseca) fino ai
successivi rimaneggiamenti sotto Papa Pio IX (1856) e del 1927 (anno in cui si
ripristinò il portico murato) che conferiscono alla chiesa l'aspetto odierno.
Essa,
oltretutto affonda le sue fondamenta, in parte, sotto il grandioso horologium
(centosessanta metri per sessanta), fatto costruire dall'imperatore
Augusto nel 10 a.C., la celebre Meridiana,
i cui resti affiorano in diversi punti nei sotterranei degli edifici del
quartiere di Campo Marzio (e anche della Chiesa).
San
Lorenzo in Lucina è una specie di museo, ospitando una serie di famose opere
d'arte, come il crocefisso dipinto da Guido Reni al centro dell'altare
maggiore.
Ma la
Chiesa è famosa anche per la celebre sepoltura del pittore francese Nicolas
Poussin (1594 – 1665), sulla quale sono fiorite leggende esoteriche di ogni
tipo.
Poussin
è uno dei più famosi pittori francesi, noto anche per essere il pittore di
corte del re Luigi XIII e per aver supervisionato i lavori per la realizzazione
del Louvre, ma a partire dai trent'anni trascorse la sua intera vita a Roma,
dove ricevette la prima commissione nel 1626 dai conti Barberini per la
realizzazione di un grande dipinto, Il sacco del tempio di Gerusalemme da
parte dell'imperatore Tito, creduto per molto tempo perduto e ritrovato
recentemente dal critico Denis Mahon.
Fautore
dapprima dello stile barocco, Poussin, a partire dal 1630 cominciò ad
abbandonare del tutto quel gusto artistico, per una rimeditazione attraverso
una ricerca di chiarezza razionale, sul senso dell'esistenza e sul ruolo
dell'arte come transito oltremondano.
A
Roma Poussin morì, nel 1665, e fu sepolto proprio all'interno della Chiesa a
Campo Marzio.
Il
suo monumento funebre è tra i più enigmatici. La tomba fu concepita da Francois
René de Chateaubriand (attivo a Roma fra il 1802 e il 1804), come si legge
nella dedica in epigrafe subito al di sotto del busto del pittore (realizzato
dallo scultore Jean-Louis Deprez) : F.A. De Chateaubriand a Nicolas Poussin
per la gloria delle arti e l'onore della Francia.
L'epitaffio
invece, scritta da Pietro Bellori, il bibliotecario della regina Cristina di
Svezia, recita: Trattieni il sincero pianto. In questa tomba vive Poussin
che aveva dato la vita ignorando egli stesso di morire; qui egli giace, ma egli
vive e parla nei quadri.
Infine,
al di sotto dell'epitaffio, è realizzato in bassorilievo il profilo di un suo
celebre capolavoro: Pastori in arcadia, che oggi è conservato al Museo
del Louvre di Parigi e che esiste anche in un'altra versione dello stesso
pittore, del 1627 e conservata in Inghilterra, a Chatsworth House.
E
sotto questa rappresentazione, è inscritto il celebre motto Et in Arcadia
ego, intorno al quale sono sorte le leggende più disparate e al quale sono
stati dedicati interi libri.
In
realtà Poussin non fu il primo ad utilizzare questo motto, che appare per la
prima volta in un dipinto del Guercino, realizzato intorno al 1620.
La
frase si riferisce alla mitica regione della Grecia, l'Arcadia, dove la
leggenda narra che i pastori vivevano una vita idilliaca, lontana dai clamori e
dagli affanni del tempo e della guerra e di ogni altra miseria umana.
La
frase però, da un punto di vista strettamente letterale, risulta monca e priva
di verbo. Se infatti il significato è
chiaramente: “anche io (sono stato o sono) in Arcadia”, è evidente che
la frase manca del verbo – sum – che dovrebbe essere posto dopo il
soggetto ego.
La
citazione è stata subito interpretata come un memento mori come è reso
esplicito anche dalle scene rappresentate dal Guercino – due pastori che si
imbattono in un grande teschio – e da Poussin – pastori ideali (c'è anche una donna, che nella versione di
Chatsworth esibisce anche delle pose sensuali) che scoprono una tomba austera.
In
pratica il significato della frase sembra essere: Anche la persona che
riposa in questa tomba una volta viveva in Arcadia. Oppure: Anche io ero
un Arcade, prima di incontrare la morte.
Il
motto latino e l'associazione alla scena allegorica è stata ricollegata
fantasiosamente con la pseudostoria (frutto di manipolazioni di tutti i tipi,
in epoche successive) del Priorato di Sion.
Il
legame con la morte (nel bassorilievo sulla tomba di Poussin i pastorelli
contemplano quella che sembra essere a tutti gli effetti la tomba stessa del
pittore) e la stranezza della frase senza verbo hanno fatto ipotizzare che la
citazione contenga in realtà un codice anagrammato.
C'è
stato chi ha tentato di sciogliere l'enigma, componendo la frase I! Tego
arcana Dei, ovvero Vattene ! Io celo i misteri di Dio, alludendo ad
un mistero del quale Poussin fosse al corrente, ossia che nella Chiesa fosse presente
una sepoltura di una importante figura biblica (o addirittura dello stesso
Gesù).
Ipotesi
rafforzata da altri autori che, aggiungendo il sum alla frase, hanno
ottenuto l'anagramma: Arcam dei tango Iesu, ovvero, Io tocco la tomba
di Gesù. In questo caso, però, si è spiegato, la tomba del Maestro non
sarebbe nella chiesa di San Lorenzo in Lucina, come ipotizzato, ma in un luogo
misterioso della Francia, che servì da ispirazione a Poussin per il dipinto dei
Pastori dell'Arcadia conservato al Louvre, il quale è modello del bassorilievo
tombale.
Le
tracce alla ricerca di questo luogo hanno portato dapprima in Francia, nella
località di Les Pontiles, vicino a Rennes-le-Chateau, e poi in Inghilterra,
nello Staffordshire, dove esiste una versione scolpita (non si sa in quale
epoca) del dipinto realizzato da Poussin, nel cosiddetto Sheperd's Monument nel
giardino della Sugborough house.
Ma
ricerche in loco, non hanno dato nessun esito e tutte queste teorie sono
state ripetutamente smentite dai critici d'arte e dagli storici.
Quel
che è certo è che Arcadia divenne dopo la morte di Poussin, la più
celebre delle Accademie romane, fondata nel 1690 dai frequentatori del circolo
di Cristina di Svezia (alla Lungara) che vollero così proseguire l'opera del pittore
e le sue ricerche, in ogni campo delle arti e della cultura.
Fabrizio Falconi, tratto da Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, 2015
30/12/22
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26/02/22
Libro del Giorno: "Le muse nascoste" di Lauretta Colonnelli
In tempi come questi, fa veramente bene leggere queste pagine che Lauretta Colonnelli, una delle migliori giornaliste e scrittrici di divulgazione sull'arte e sulla storia dell'arte, ha scritto e dedicato alle "Muse Nascoste", cioè alle donne poco famose o affatto famose che sono dietro alla storia e alla rappresentazione di quadri famosi o famosissimi, e dietro le vite stesse dei grandi pittori che le hanno realizzate.
E' oltretutto un libro meravigliosamente illustrato che consente di seguire, lungo tredici intensi capitoli, le vicende delle donne che nelle loro vite hanno avuto la fortuna e la sfortuna di incontrare grandi artisti che, oltre ad esserne spesso ossessionati, le hanno immortalate nelle loro opere.
Si scoprono così e si leggono così con grande interesse le vicende di Alma Mahler e di Oskar Kokoschka - che arrivò al punto di essere così ossessionato dalla sua "musa" da commissionare una bambola di peluche a grandezza naturale, quando lei lo lasciò; quella di Grant Wood e di sua sorella che comparve nel celebre "American Gothic" (in copertina anche nel libro), del terribile Edward Hopper che maltrattò e umiliò per una vita intera la moglie artista, pittrice; e ancora le storie di Jusepe de Ribera e Maddalena, la celebre donna barbuta che visse a Napoli; di Botticelli e di Simonetta Vespucci, le cui sembianze ritrasse nei suoi quadri più famosi; e tanti altri.
Ci sono insomma opere d'arte, anche celebri, che devono molto alle figure femminili che vi compaiono. Eppure, sorprendentemente, molte di quelle donne, ragazze, a volte bambine, non hanno identità, a volte neanche un nome. Figure nascoste dall'ombra ingombrante dell'uomo-artista.
Il lungo lavoro di indagine della Colonnelli permette di ricostruire i ritratti di queste donne, di epoche diverse, le vicende biografiche, il rapporto con l'artista, le ragioni e i segreti della loro presenza, riportando alla luce storie di amore e complicità ma anche casi di violenza e di negazione.
Una serie di ritratti intensi e appassionanti, che mette in luce il ruolo subordinato, abusato, discriminato che hanno avuto le donne nella lunga storia dell'arte, destinate ad essere usate e cancellate dall'ego creativo di geniali inventori di immagini, che spesso però si rivelavano uomini assai poco evoluti, sentimentalmente primitivi.
Un atto di giustizia e di attenzione per quelle muse indispensabili eppure dimenticate.
16/01/22
Chi era il vero poeta che si nascondeva dietro il nome di Humboldt nel romanzo che valse a Saul Bellow il Premio Nobel per la Letteratura?
25/10/21
La meraviglia della Galleria Prospettica del Borromini a Palazzo Spada
La magica prospettiva di Borromini e il piano nobile di Palazzo Spada.
20/10/21
Chi è la coppia ritratta in "American Gothic", una delle opere iconiche del Novecento?
E' uno dei quadri più famosi in assoluto del Novecento.
Parliamo di American Gothic, dipinto nel 1930 dall'americano Grant Wood, e conservato all'Art Institute di Chicago.
Una immagine che abbiamo visto tutti mille volte.
Ma chi sono i due soggetti ritratti nel quadro e qual è la sua storia?
La vicenda racconta che Grant Wood che era nato nel 1891 nello Iowa, mentre nel 1930, percorreva la città di Eldon nello stato dov'era nato, l’Iowa, osservò una piccola casa in legno, dipinta di bianco, costruita con la consueta architettura “gotica del carpentiere”.
Wood decise così di dipingere la casa assieme a «quel tipo di persone che mi sarei potuto immaginare come abitanti di quella casa».
Chiese a sua sorella Nan di fargli da modella, facendole indossare un pesante abito coloniale rassomigliante quelli della tradizione americana del XIX secolo, e come modello per il contadino scelse il proprio dentista.
Quest’opera divenne ben presto un simbolo della vita e degli ideali dei pionieri americani e lo consacrò fra i protagonisti del regionalismo americano.
Il dipinto venne esposto all’Istituto d’Arte di Chicago dove vinse un premio di 300 dollari, diventando immediatamente famoso.
Al giorno d’oggi il quadro è spesso parodiato, anche se rimane uno dei maggiori esempi di regionalismo ed arte americana: ad esempio in una delle scene iniziali di The Rocky Horror Picture Show si nota un’inquadratura che si rifà al quadro, nel cartone disneyano Mulan appare brevemente una coppia di spiriti identici ai personaggi ritratti nel quadro. Ma sono solo due dei tantissimi esempi.
Nella rara foto qui sopra, i due veri soggetti ritratti da Grant Wood, davanti al celebre quadro.
18/10/21
Quando Pollock fece la prima mostra in Europa e non vendette nemmeno 1 quadro. Oggi quegli stessi valgono 40 milioni di dollari l'uno.
Incredibile parabola, quella di Jackson Pollock, e dell'arte moderna. La fortuna di questo meraviglioso, grandissimo artista, seguì infatti strade del tutto particolari e imprevedibili.
Nato nel 1912 a Cody, nel Wyoming, Jackson era il più giovane di cinque fratelli. Suo padre faceva l'agricoltore ed in seguito diventò un agrimensore alle dipendenze dello stato, con il giovane Jackson che trascorse la sua gioventù tra l'Arizona e la California, mostrando subito un carattere difficile, schivo e introverso, refrattario alla regole scolastiche della High School di Reverside e della Manual Arts High School di Los Angeles, dalle quali venne espulso per indisciplina.
La svolta per Jackson si creò quando ebbe l'occasione di entrare a contatto con i nativi americani mentre accompagnava il padre ad effettuare i rilevamenti agricoli. Anni dopo, Pollock realizzò i suoi quadri più famosi, inaugurando il metodo del "dripping" (cioè lo sgocciolamento della vernice direttamente sulla superficie delle tele poste orizzontalmente sul pavimento) tra il 1947 e il 1950.
Pollock diventò molto noto negli Stati Uniti in seguito alla pubblicazione di un servizio di quattro pagine della rivista Life dell'8 agosto 1949 che si chiedeva: «È il più grande pittore vivente degli Stati Uniti?».
Eppure, nella vecchia Europa, nessuno lo conosceva, ed è incredibile pensare oggi che dei quindici grandi quadri che Pollock espose per la prima volta nel vecchio continente, nella famosa mostra alla galleria Facchetti di Parigi, nel marzo 1952 (quattro anni prima della sua morte), nessuno, neanche uno fu venduto.
Tutti e 15 i quadri, pur in presenza di qualche manifestazione di interesse, tornarono alla fine in America, invenduti, nonostante i più piccoli costassero 2.000 franchi e i più grandi 8.000 o 9.000 franchi.
Anche Malraux, all'epoca ministro della cultura francese, che si era innamorato dei quadri e voleva comprarli per lo Stato Francese, non riuscì a trovare il credito necessario.
Per il pubblico la mostra fu uno scandalo, i vecchi dicevano che era la fine dell'arte, che quei quadri erano dipinti con la coda dell'asino.
Ebbene, nel marzo scorso Numero 32, opera di Pollock del 1949, è stato venduto a 40 milioni di dollari.
E oggi il solo catalogo di quella storica e sfortunata mostra si vende per 350 euro come si vede qui.