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03/03/22

Guerra in Ucraina - Perché invece di censurare Dostoevskij, andrebbe letto per far rinascere la Russia

 


Sconcertato come tutti dalla folle decisione di una università italiana di annullare il corso di uno scrittore italiano tra i massimi conoscitori di Dostoevskij, decisione per fortuna subito ritrattata e frutto evidentemente di un colpo di sole, o di una scellerata concezione del politically correct, ho ritrovato questa pregevole intervista di qualche anno fa (2012) realizzata da Alessandro Zaccuri a Tat’jana Kasatkina, filologa e critica letteraria che presso l’Accademia delle scienze di Mosca ha presieduto la commissione per lo studio dell’autore di Delitto e castigo. Le sue parole, rilette oggi, suonano profetiche e spiegano perché Dostoevskij può e deve essere proprio il punto di ripartenza della Russia, arrivata a un punto di non ritorno nel suo processo di putinizzazione

«Dostoevskij – diceva la Kasatkina – è lo scrittore russo della sua epoca più vicino ai lettori di oggi, giovani compresi. Più di Tolstoj, grandissimo romanziere, certo, che però finisce per allontanarsi da noi per la sua preoccupazione di impartire precetti morali. Si presenta come un maestro, vuole insegnarci la bontà, ma davanti a questa pretesa l’essere umano si sottrae, perché intuisce l’accusa nascosta in un simile atteggiamento: “Così non va bene, pare che sostenga Tolstoj, non sei come dovresti essere, non sei abbastanza buono”. Dostoevskij, al contrario, lancia un richiamo al qual l’essere umano non può non rispondere. “Sii, dice a ciascuno di noi, diventa te stesso”. È una sfida completamente diversa, che implica il rischio, l’avventura, un totale abbandono all’inatteso».

Anche il pericolo di perdersi? Il concetto dostoevskijano di «sottosuolo» non è del tutto rassicurante, obietta Zaccuri.

«Perché viene frainteso», risponde al Kasatkina, «nei Ricordi del sottosuolo Dostoevskij rappresenta l’uomo del suo tempo, al quale non è stata neppure data la possibilità di credere in Dio. Una condizione terribile, con il mondo ripiegato su se stesso, chiuso a ogni occasione di incontro con l’Assoluto. È il momento in cui l’umanità crede di salvarsi con le sue sole forze, facendo affidamento sulla propria intelligenza. Il cosiddetto “uomo del sottosuolo” non rappresenta il nostro lato di tenebra, ma il disaccordo radicale nei confronti di questa limitazione. Sente di essere più grande di ciò che gli viene imposto, è come se dovesse sottoporsi a un intervento chirurgico che lo mutili per adeguarlo alle richieste della mentalità corrente. Ma lui sa che nella sua persona non c’è nulla di superfluo e quindi non può smettere di picchiare conto la “parete di pietra” eretta dalle leggi di natura, a causa della quale sarebbe condannato a un’esistenza solo orizzontale

Del resto, già prima di scrivere Ricordi del sottosuolo, in alcune pagine poi espunte da Memoria da una casa morta Dostoevskij aveva affermato con chiarezza che la vera pena non sta nella sofferenza e neppure nella reclusione: l’uomo soffre veramente solo quando sa di non essere più libero».

«Ho scoperto L’idiota a undici anni: allora (all'epoca della Unione Sovietica, ndr) non potevamo conoscere il Vangelo, ma potevamo conoscere il principe Myskin. È stata la mia e la nostra salvezza. Dostoevskij ci ha fatto capire che eravamo costretti a vivere sotto un cielo artificiale. Meglio, sotto una stuoia che era stata stesa al posto del cielo. Intendiamoci, anche oggi c’è qualcuno che si adatta a stare sotto una specie di ombrello che lo separa da Dio. Ma per la maggior parte di noi quella era la morte. Dostoevskij è stato più di uno scrittore: è stata la persona che ci ha aiutato a liberarci di quella stuoia, in modo da ritrovare il cielo. Andando oltre la parete di pietra, insomma».

Vale anche per la Russia di oggi?

«Dopo le scorse elezioni è accaduto qualcosa di sorprendente per la sua naturalezza. A Mosca sono scese in piazza non meno di trentamila persone (cinquantamila, secondo alcuni), non con l’intento di creare disordini, ma per guardare finalmente il potere negli occhi. “Non capiamo come sia possibile continuare a mentire così”, questa è la sostanza della ribellione, che coincide con la richiesta di essere trattati non come sudditi, bensì come esseri umani. Le proposte che hanno preso a circolare sul web non sono rivolte alle autorità, ma ai singoli cittadini, alle persone nella loro straordinaria e irripetibile singolarità. Il compito è lo stesso indicato da Dostoevskij: “Sii”, e cioè “diventa uomo in tutta la tua pienezza, lì dove ti trovi, in ciò che fai ogni giorno”. La vera rivoluzione russa sta in questo cambiamento interiore, che prescinde dai passi che il governo vorrà o non vorrà compiere».