L'uomo è creatura avventata ed assurda, e forse a lui come al giocatore di scacchi interessa soltanto il processo di raggiungimento dello scopo, non già lo scopo stesso.
E chissà forse lo scopo a cui tende l'umanità consiste unicamente nel mantenere ininterrotto questo processo di raggiungimento, in altre parole è la vita medesima, e non propriamente la meta da raggiungere.
La quale meta non può essere altro che il due più due quattro, ossia una formula, ma questo due più due quattro non è più la vita, signori, bensì, il principio della morte.
L'uomo ha sempre avuto paura di questo due più due quattro. Poniamo anche che l'uomo non faccia altro che cercare questo due più due quattro, e solchi gli oceani e sacrifichi la vita in tale ricerca, ma trovarlo poi di fatto, vero Iddio, ne ha paura.
E invero sente che quando lo avesse trovato non gli rimarrebbe più nulla da cercare.
Si rivela in lui, ogni volta che raggiunge uno scopo, come un senso di disagio.
Darsi da fare per raggiungere uno scopo gli piace, sì, ma raggiungerlo poi per nulla e questo è, s'intende, un fatto terribilmente comico.
E' noto che molti amatori del genere umano, prima o poi verso la fine della loro vita mutarono registro, facendosi protagonisti di qualche storia, dite pure, talvolta delle più scandalose.
Rovesciate su un uomo, rovesciategli anche addosso tutti i beni terreni, immergetelo fino ai capelli nella felicità, tanto che alla superficie della felicità, come da un'acqua, non affiorino che bolle d'aria; dategli anche tale prosperità economica che non gli resti nient'altro da fare se non dormire, mangiar pampepato e provvedere a che la storia universale non abbia a finire lì;
E anche allora lui, l'uomo, anche allora, per mera sconoscenza, per mera monellaggine, farà qualche porcheria. Rischierà perfino il pampepato e a bella posta desidererà la più rovinosa sciocchezza, l'assurdità più antieconomica, unicamente per mescolare a tanta positiva saggezza il proprio pernicioso elemento fantastico.
Vorrà tenersi le sue fantasticherie e la sua indegna stupidaggine appunto e unicamente per dimostrare a se stesso che gli uomini son sempre uomini.
Fedor Dostoevskij - Ricordi dal Sottosuolo - circa 1864.