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14/12/20

E' morto John Le Carré, maestro assoluto della Spy-Story


In 'Una spia che corre sul campo', uscito poco piu' di un anno fa, aveva raccontato gli anni della Brexit, immaginando un'alleanza tra i servizi segreti di Londra e l'America di Trump con il duplice scopo di minare le istituzioni democratiche europee e smantellare il sistema internazionale dei dazi. 

"E' mia convinta opinione che per la Gran Bretagna, per l'Europa e per la libera democrazia in tutto il mondo, l'uscita della Gran Bretagna dalla Ue al tempo di Trump e la conseguente dipendenza senza riserve sugli Stati Uniti in un'era in cui gli Usa hanno imboccato la strada del razzismo istituzionale e del neo-fascismo e' un disastro senza precedenti", aveva fatto dire a uno dei personaggi del romanzo. 

E per manifestare contro la Brexit era sceso in piazza, John Le Carre', maestro della spy story acclamato nel mondo, celebre per le sue storie di spionaggio intrise di realismo e critiche nei confronti della societa' moderna, dalla Guerra Fredda ai fallimenti della globalizzazione, morto all'eta' di 89 anni. 

Vero nome David J. M. Cornwell, nato a Poole, nella regione inglese del Dorsetshire, nel 1931, Le Carre' insegna all'universita' di Eton, prima di diventare un funzionario del ministero degli Esteri britannico ed essere reclutato dall'MI5 e poi dall'MI6. 

Dall'esperienza nei servizi segreti predera' spunto per creare il personaggio di George Smiley, leggendario protagonista di numerosi suoi romanzi.

L'esordio, in quell'anno, e' con 'Chiamata per il morto', poi verra' 'Un delitto di classe', ma sara' la sua terza fatica letteraria, 'La spia che venne dal freddo', uscito nel 1964, a regalargli la fama planetaria. 

Oltre 20 milioni di copie vendute nel mondo, racconta la storia di Alec Leamas, agente britannico trasferito nella Germania dell'Est, che sara' interpretato sul grande schermo da Richard Burton nel primo di una lunga serie di adattamenti delle sue opere, tra cinema e tv. 

Basso, tozzo, occhiali spessi, paranoico, ma dotato di intelligenza acuta, una sorta di anti James Bond, come lo descrive lo scrittore in 'Candele nere' (1962), Smiley resta l'eroe preferito di Le Carre'. 

Ne La Talpa (1974) questo formidabile ufficiale dei servizi segreti smaschera una talpa sovietica infiltrata nelle sue fila. 

I sequel, 'L'onorevole scolaro' e 'Tutti gli uomini di Smiley', vengono portati in tv e al cinema con Gary Oldman nel ruolo di Smiley. 

Tra gli altri romanzi celebri, 'La tamburina', 'La spia perfetta', 'La casa Russia', 'Il direttore di notte', diventato di recente un serial di successo (con il titolo originale The Night Manager) con Tom Hiddleston e Hugh Laurie

Con la fine della Guerra Fredda nel 1991, Le Carre' mette alla berlina nelle sue opere gli eccessi del nuovo ordine mondiale costruito sulle rovine del muro di Berlino: mafia, traffico di armi e droga, riciclaggio di denaro e terrorismo. 

Sono gli anni di 'Il sarto di Panama' e 'Il giardiniere tenace', approdato anche al cinema, che denuncia gli abusi delle multinazionali farmaceutiche in Kenya. 'Il nostro traditore tipo' e 'Una verita' delicata' tracciano una satira feroce dei padroni del mondo e delle manovre costruite nei salotti di ambasciate, ministeri e banche. 

Negli ultimi Le Carre' ha scelto una vita ritirata, tra Cornovaglia e Hampstead. Sposato due volte, ha avuto quattro figli e tredici nipoti. 

Nel 2011 ha lasciato in eredita' tutti i suoi archivi alla Bodley Library, fondata all'inizio del XVII secolo a Oxford, dove ha studiato lingue negli anni '50. "Per Smiley, come per me, Oxford e' la nostra casa spirituale", spiega. "E mentre ho il massimo rispetto per le universita' americane, la Bodley Library e' il luogo dove riposerei il piu' felice possibile". 

"John Le Carre' e' scomparso a 89 anni. Questo anno terribile ha portato via un gigante della letteratura e uno spirito umanitario". Cosi' lo scrittore americano Stephen King ha reso omaggio su Twitter, all'autore di La spia che venne del freddo. 



12/10/15

L'omicidio Pasolini - Una foto misteriosa e un bellissimo articolo su Il Manifesto di Aldo Colonna.


riporto il bellissimo pezzo di Aldo Colonna su Alias, il supplemento de Il Manifesto



La bandaccia


La visione di un morto suscita quasi sem­pre, e comun­que sem­pre se ci è ignota la sua nefan­dezza, un moto a tratti incon­te­ni­bile di pie­tas. 

Quel corpo esa­nime è stato un tempo un coa­cervo di sen­ti­menti, di pro­po­si­zioni, di festa e di grida ed ora giace per ricor­darci il nostro limite di umani, o grida ven­detta per l’oltraggio subito e grida per­ché qual­cuno ripari quel torto o, al limite, ci indi­chi una strada meno imper­via della deso­lata ster­rata dell’Idroscalo. 

Il cada­vere di Paso­lini, rimesso in posi­zione supina, rimanda a «La morte di Chat­ter­ton» di Henry Wal­lis, lad­dove il sui­ci­dio del gio­vane poeta si ammanta di sim­boli e a que­sti rimanda per la sua inter­pre­ta­zione; e, ancora, «La morte di Marat» di Jacques-Louis David anch’esso, forse in misura mag­giore, con­tiene rife­ri­menti sim­bo­lici e segni. Marat, nel qua­dro, sem­bra con­tra­stare la morte con il sor­riso che la bef­feg­gia. 

Il rivo­lu­zio­na­rio sem­bra in posa, non nella con­di­zione tota­liz­zante della morte, ma per­ché tende a costi­tuirsi come icona della rivo­lu­zione, di una rivo­lu­zione vin­cente. Sono i chia­ro­scuri cara­vag­ge­schi che con­fe­ri­scono a «La morte della Ver­gine» una valenza di epi­fa­nia e di attesa, pur nello sgo­mento degli astanti. Gli apo­stoli affranti e la per­duta dispe­ra­zione della Mad­da­lena fanno da cor­nice ad un corpo riverso su un letto, con la mano destra sul ven­tre ad indi­care cotanta mater­nità e i piedi nudi offerti al ludi­brio e allo scon­certo dei ben­pen­santi. 

Un sim­bo­li­smo accen­tuato da un drappo color ver­mi­glio che indica san­gue, la vita e la morte dun­que ma, anche, nella sua com­po­si­zione aerea rivolta verso il cielo, la nostra caducità. Ma è «La zat­tera della Medusa» di Géri­cault a ripor­tare alla nostra memo­ria l’orrore della notte della ragione che con­tem­plò il sup­pli­zio del poeta. Le grida dei nau­fra­ghi che sovra­stano la morte dei com­pa­gni e, ad uno ad uno, i volti dei morti e dei mori­turi ci ven­gono in aiuto nella deci­fra­zione –in parte– della mat­tanza di Paso­lini; i due nau­fra­ghi in cima alla pira­mide umana che con un drappo cer­cano di atti­rare l’attenzione di una vela all’orizzonte, ahimè troppo lon­tana, la vela della zat­tera che rigon­fia allon­tana l’imbarcazione di for­tuna dalla sal­vezza pos­sono essere assunti a teo­ria para­dig­ma­tica di una verità che viene via via allon­ta­nata da inqui­renti ignavi. 

Il volto sfi­gu­rato di Paso­lini sem­bra coperto dal bel­letto, ma non stiamo par­lando di terra di cromo, di cina­bro, di rosso car­mi­nio ma di san­gue, di fango, di olio motore che con­di­rono la sua pas­sione ripor­tan­doci agli incubi e alla visio­na­rietà di Joel Peter Witkin. 

 E anche la foto che ripro­du­ciamo, per i mes­saggi che invia, diventa ico­nica. Riaf­fiora Nico­lino Selis, riaf­fiora Mas­simo Bar­bieri, uno della mala con­ti­guo alla Banda dive­nuto inaf­fi­da­bile a causa della sua tos­si­co­di­pen­denza ed eli­mi­nato da Danilo Abbru­ciati in seguito ad uno sgarbo che quello gli aveva fatto e al ten­ta­tivo di omi­ci­dio che lo stesso Bar­bieri aveva com­piuto spa­rando ad Abbru­ciati da una moto in corsa. E c’è poi Mau­ri­zio Abba­tino. Il suo volto attento guarda in dire­zione del cada­vere. 

Il volto di Bar­bieri si sta­glia tra un poli­ziotto in divisa e uno in bor­ghese come se sbir­ciasse, anche lui, alla volta del corpo di Paso­lini rico­perto dal suda­rio men­tre Selis, in terza posi­zione, è ripreso di pro­filo e sta sor­ri­dendo, igno­riamo a chi e con chi. Selis vive ad Ostia, la sua pre­senza potrebbe essere resa plau­si­bile dal clan­gore che la morte dello scrit­tore sta via via pro­du­cendo: da dove abita all’Idroscalo si va a piedi. Il 2 novem­bre è un giorno festivo e quella morte diventa l’occasione della festa, una spe­cie di attra­zione da circo Bar­num. 

Abba­tino no, lui non vive ad Ostia ma alla Magliana. La foto è stata scat­tata nella for­chetta tem­po­rale che va dalle 9 alle 10, minuto più minuto meno. Non esi­stono ancora tele­foni cel­lu­lari; la Poli­zia comin­cerà ad arri­vare poco prima delle 7. Chi avverte Abba­tino –e per­ché?- di por­tarsi all’Idroscalo?

È quanto meno curioso che due dei pro­ta­go­ni­sti della Banda della Magliana, due anni prima della costi­tu­zione ‘uffi­ciale’ della Ban­dac­cia, si ritro­vino insieme in quel con­te­sto e in quel fran­gente. Per non par­lare di Bar­bieri che, anche lui, avrà a che fare negli anni a venire con la banda. Inol­tre, c’è una sug­ge­stione da sot­to­li­neare. 

Al netto delle men­zo­gne che Pelosi ha pro­pa­lato da quando è rima­sto invi­schiato in que­sta sto­ria, al netto della ritrat­ta­zione sulla pre­senza di sici­liani che si espri­me­vano in ver­na­colo («jarrusu»,ricordate?), non ha mai negato la pre­senza sul luogo del delitto di un uomo cor­pu­lento e con la barba, lo stesso che lo avrebbe allon­ta­nato a forza dal campo visivo. Que­sto farebbe pen­sare a Danilo Abbru­ciati. Abbru­ciati col­la­bora con la Banda dei Mar­si­gliesi, è vero­si­mil­mente già in con­tatto con Bar­bieri, è uomo di corag­gio, solito ad azioni fuori degli schemi come l’attentato a Rosone finito male. Abbiamo par­lato di sug­ge­stioni, il con­di­zio­nale è d’obbligo. Ma le tes­sere del mosaico combacerebbero.