12/10/15

L'omicidio Pasolini - Una foto misteriosa e un bellissimo articolo su Il Manifesto di Aldo Colonna.


riporto il bellissimo pezzo di Aldo Colonna su Alias, il supplemento de Il Manifesto



La bandaccia


La visione di un morto suscita quasi sem­pre, e comun­que sem­pre se ci è ignota la sua nefan­dezza, un moto a tratti incon­te­ni­bile di pie­tas. 

Quel corpo esa­nime è stato un tempo un coa­cervo di sen­ti­menti, di pro­po­si­zioni, di festa e di grida ed ora giace per ricor­darci il nostro limite di umani, o grida ven­detta per l’oltraggio subito e grida per­ché qual­cuno ripari quel torto o, al limite, ci indi­chi una strada meno imper­via della deso­lata ster­rata dell’Idroscalo. 

Il cada­vere di Paso­lini, rimesso in posi­zione supina, rimanda a «La morte di Chat­ter­ton» di Henry Wal­lis, lad­dove il sui­ci­dio del gio­vane poeta si ammanta di sim­boli e a que­sti rimanda per la sua inter­pre­ta­zione; e, ancora, «La morte di Marat» di Jacques-Louis David anch’esso, forse in misura mag­giore, con­tiene rife­ri­menti sim­bo­lici e segni. Marat, nel qua­dro, sem­bra con­tra­stare la morte con il sor­riso che la bef­feg­gia. 

Il rivo­lu­zio­na­rio sem­bra in posa, non nella con­di­zione tota­liz­zante della morte, ma per­ché tende a costi­tuirsi come icona della rivo­lu­zione, di una rivo­lu­zione vin­cente. Sono i chia­ro­scuri cara­vag­ge­schi che con­fe­ri­scono a «La morte della Ver­gine» una valenza di epi­fa­nia e di attesa, pur nello sgo­mento degli astanti. Gli apo­stoli affranti e la per­duta dispe­ra­zione della Mad­da­lena fanno da cor­nice ad un corpo riverso su un letto, con la mano destra sul ven­tre ad indi­care cotanta mater­nità e i piedi nudi offerti al ludi­brio e allo scon­certo dei ben­pen­santi. 

Un sim­bo­li­smo accen­tuato da un drappo color ver­mi­glio che indica san­gue, la vita e la morte dun­que ma, anche, nella sua com­po­si­zione aerea rivolta verso il cielo, la nostra caducità. Ma è «La zat­tera della Medusa» di Géri­cault a ripor­tare alla nostra memo­ria l’orrore della notte della ragione che con­tem­plò il sup­pli­zio del poeta. Le grida dei nau­fra­ghi che sovra­stano la morte dei com­pa­gni e, ad uno ad uno, i volti dei morti e dei mori­turi ci ven­gono in aiuto nella deci­fra­zione –in parte– della mat­tanza di Paso­lini; i due nau­fra­ghi in cima alla pira­mide umana che con un drappo cer­cano di atti­rare l’attenzione di una vela all’orizzonte, ahimè troppo lon­tana, la vela della zat­tera che rigon­fia allon­tana l’imbarcazione di for­tuna dalla sal­vezza pos­sono essere assunti a teo­ria para­dig­ma­tica di una verità che viene via via allon­ta­nata da inqui­renti ignavi. 

Il volto sfi­gu­rato di Paso­lini sem­bra coperto dal bel­letto, ma non stiamo par­lando di terra di cromo, di cina­bro, di rosso car­mi­nio ma di san­gue, di fango, di olio motore che con­di­rono la sua pas­sione ripor­tan­doci agli incubi e alla visio­na­rietà di Joel Peter Witkin. 

 E anche la foto che ripro­du­ciamo, per i mes­saggi che invia, diventa ico­nica. Riaf­fiora Nico­lino Selis, riaf­fiora Mas­simo Bar­bieri, uno della mala con­ti­guo alla Banda dive­nuto inaf­fi­da­bile a causa della sua tos­si­co­di­pen­denza ed eli­mi­nato da Danilo Abbru­ciati in seguito ad uno sgarbo che quello gli aveva fatto e al ten­ta­tivo di omi­ci­dio che lo stesso Bar­bieri aveva com­piuto spa­rando ad Abbru­ciati da una moto in corsa. E c’è poi Mau­ri­zio Abba­tino. Il suo volto attento guarda in dire­zione del cada­vere. 

Il volto di Bar­bieri si sta­glia tra un poli­ziotto in divisa e uno in bor­ghese come se sbir­ciasse, anche lui, alla volta del corpo di Paso­lini rico­perto dal suda­rio men­tre Selis, in terza posi­zione, è ripreso di pro­filo e sta sor­ri­dendo, igno­riamo a chi e con chi. Selis vive ad Ostia, la sua pre­senza potrebbe essere resa plau­si­bile dal clan­gore che la morte dello scrit­tore sta via via pro­du­cendo: da dove abita all’Idroscalo si va a piedi. Il 2 novem­bre è un giorno festivo e quella morte diventa l’occasione della festa, una spe­cie di attra­zione da circo Bar­num. 

Abba­tino no, lui non vive ad Ostia ma alla Magliana. La foto è stata scat­tata nella for­chetta tem­po­rale che va dalle 9 alle 10, minuto più minuto meno. Non esi­stono ancora tele­foni cel­lu­lari; la Poli­zia comin­cerà ad arri­vare poco prima delle 7. Chi avverte Abba­tino –e per­ché?- di por­tarsi all’Idroscalo?

È quanto meno curioso che due dei pro­ta­go­ni­sti della Banda della Magliana, due anni prima della costi­tu­zione ‘uffi­ciale’ della Ban­dac­cia, si ritro­vino insieme in quel con­te­sto e in quel fran­gente. Per non par­lare di Bar­bieri che, anche lui, avrà a che fare negli anni a venire con la banda. Inol­tre, c’è una sug­ge­stione da sot­to­li­neare. 

Al netto delle men­zo­gne che Pelosi ha pro­pa­lato da quando è rima­sto invi­schiato in que­sta sto­ria, al netto della ritrat­ta­zione sulla pre­senza di sici­liani che si espri­me­vano in ver­na­colo («jarrusu»,ricordate?), non ha mai negato la pre­senza sul luogo del delitto di un uomo cor­pu­lento e con la barba, lo stesso che lo avrebbe allon­ta­nato a forza dal campo visivo. Que­sto farebbe pen­sare a Danilo Abbru­ciati. Abbru­ciati col­la­bora con la Banda dei Mar­si­gliesi, è vero­si­mil­mente già in con­tatto con Bar­bieri, è uomo di corag­gio, solito ad azioni fuori degli schemi come l’attentato a Rosone finito male. Abbiamo par­lato di sug­ge­stioni, il con­di­zio­nale è d’obbligo. Ma le tes­sere del mosaico combacerebbero.


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