27/12/19

Arriva a Roma la più grande mostra mai allestita su Raffaello, alle Scuderie del Quirinale



Raffallo in mostra dal 5 marzo alle Scuderie del Quirinale a Roma. Oltre cento opere dell'artista riunite insieme, come mai in passato.

Una grande mostra monografica, con oltre duecento capolavori tra dipinti, disegni ed opere di confronto, dedicata a Raffaello Sanzio, nel cinquecentenario della sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520 all'eta' di appena 37 anni

L'esposizione, intitolata semplicemente RAFFAELLO, costituisce l'apice delle celebrazioni mondiali a 500 anni dalla scomparsa e rappresenta l'evento di punta del programma approvato dal Comitato Nazionale appositamente istituito dal Ministro Dario Franceschini e presieduto da Antonio Paolucci. Realizzata dalle Scuderie del Quirinale (appartenenti alla Presidenza della Repubblica e gestite dal Mibact attraverso la societa' in-house ALES), in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, la mostra e' curata da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro. 

Un autorevole comitato scientifico presieduto da Sylvia Ferino ha affiancato e approfondito il lavoro del team curatoriale, stimolando un dialogo fruttuoso tra gli specialisti del settore piu' accreditati al mondo, come Nicholas Penny (gia' direttore National Gallery di Londra), Barbara Jatta (direttore Musei Vaticani), Dominique Cordellier (Muse'e du Louvre), Achim Gnann (Albertina, Vienna), Alessandro Nova (Kunsthistorisches Institut, Firenze). 

Anche in termini di capolavori in prestito (oltre che di lavoro scientifico svolto), e' stato determinante il contributo delle Gallerie degli Uffizi, con circa 50 opere delle quali oltre 40 dello stesso Raffaello

Ma anche tanti altri musei di importanza internazionale hanno contribuito ad arricchire la rassegna con capolavori dalle loro collezioni: tra questi, in Italia, le Gallerie Nazionali d'Arte Antica, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la Fondazione Brescia Musei, e all'estero, oltre ai Musei Vaticani, il Louvre, la National Gallery di Londra, il Museo del Prado, la National Gallery of Art di Washington, , l'Albertina di Vienna, il British Museum, la Royal Collection, l'Ashmolean Museum di Oxford, il Muse'e des Beaux-Arts di Lille. 

Complessivamente saranno piu' di 200 le opere in mostra. La mostra verra' inaugurata il 3 marzo 2020 alla presenza delle piu' alte cariche dello Stato e dei rappresentanti ufficiali dei principali paesi prestatori.

Dal 5 marzo la mostra aprira' al pubblico e sara' visitabile fino al 2 giugno. 

"La mostra su Raffaello e' una grande mostra europea che raccoglie capolavori mai riuniti finora. Il giusto modo per celebrare la grandezza e la fama di un artista universale a 500 anni dalla sua morte. La prestigiosa esposizione alle Scuderie del Quirinale, che come quella dedicata a Leonardo al Louvre vede la collaborazione dei piu' grandi musei italiani e internazionali, permettera' al pubblico di ammirare un corpus considerevole di opere di Raffaello". Cosi' ha affermato il ministro Mibact, Dario Franceschini. Il presidente e ad Ales-Scuderie del Quirinale, Mario Di Simoni ha aggiunto: "La mostra di Raffaello, realizzata in collaborazione scientifica e di prestiti con gli Uffizi, e' la dimostrazione di quanto sia corretta la collocazione delle Scuderie del Quirinale in stretto collegamento con il grande sistema dei musei statali. È il coronamento ideale dei vent'anni di apertura al pubblico delle Scuderie del Quirinale". Il direttore Gallerie degli Uffizi, Schmidt: "Le Gallerie degli Uffizi, dove si concentra il piu' grande numero di dipinti e disegni di Raffaello al mondo, partecipano con entusiasmo all'organizzazione di questa ricorrenza epocale, per offrire una nuova, approfondita visione di Raffaello, specialmente per il periodo in cui l'artista visse a Roma. La mostra, frutto di una collaborazione senza precedenti tra le Gallerie degli Uffizi e le Scuderie del Quirinale, si svolge non a caso nella capitale: Roma non e' solo una tappa biografica dell'artista, ma il simbolo della dimensione nazionale della sua arte e del suo pensiero". 

26/12/19

La Chiesa dedicata al protomartire cristiano: Santo Stefano Rotondo a Roma





La chiesa di Santo Stefano Rotondo, dedicata al protomartire romano, sul Celio, è una delle più antiche ed originali di Roma, nota soprattutto per la sua forma circolare che ha fatto supporre si trattasse di un edificio pagano, trasformato in chiesa nel V secolo d.C quando fu consacrata da papa Simplicio I (468-483), dedicandola a Santo Stefano il primo martire della Chiesa, martirizzato per lapidazione nel 35 d.C. In effetti scavi recenti hanno dimostrato che l’edificio di culto fu edificato sopra i resti di una caserma romana – i Castra peregrina – e di un antico mitreo.

La sua forma, in origine, era davvero misteriosa nella sua perfezione geometrica: tre anelli concentrici intersecati da quattro navate che formavano una croce greca.

Al giorno d’oggi gli anelli concentrici sono soltanto due e uno solo è il braccio della croce greca.   Anche così però l’interno dell’edificio resta molto impressionante, per la vastità dell’ambiente e la selva di colonne antiche (di diversi ordini) che sorreggono la grandiosa cupola.

L’interno è poi essenzialmente scarno, privo di altari o arredi sacri, con la sola sedia episcopale che troneggia vicino all’entrata e che sembra sia quella sulla quale sedeva San Gregorio Magno.

Ma quello che sicuramente impressiona di più nel severo vuoto dell’edificio è la serie di affreschi che ricopre l’interno sulle pareti tra le colonne. Sono ben trentaquattro. L’imponente complesso pittorico è opera di quattro mani, quelle del Pomarancio (Nicolò Circignani, 1519-1591) e di Antonio Tempesti (1555-1630). La serie – in parte danneggiata – comincia con La strage degli innocenti e prosegue di riquadro in riquadro illustrando con crescente realismo i più atroci supplizi che si possano immaginare. In modo talmente minuzioso e didascalico ( con cartigli al di sotto che forniscono ogni spiegazione ) da risultare per molti visitatori insopportabile alla vista.


Queste scene furono rappresentate proprio con intento didattico: in piena controriforma, la chiesa di Santo Stefano era infatti frequentata dai giovani gesuiti del Collegio Germanico Ungarico, custodi della Basilica, i quali sotto falso nome venivano inviati in Europa alla fine del Cinquecento con la missione di riacquistare clandestinamente fedeli per la Chiesa di Roma, pressata da una duplice minaccia: a nord il movimento riformatore di Martin Lutero, a est i turchi ottomani.

Gli affreschi di Santo Stefano fornivano dunque un compendio di quello che aspettava questi missionari, se fossero stati scoperti: come per i martiri romani, avrebbero subito terribili torture, che avrebbero fatto desiderare loro ardentemente la morte, in una sorta di Imitatio Christi.

E ancora oggi, a guardarle, queste scene atterriscono: un martire a cui sono state mozzate le mani, le quali poi legate ad una cordicella, gli sono state messe appese al collo; un uomo che viene scorticato a sangue, vivo, con un raschietto uncinato; un altro a cui viene estratta la lingua con una tenaglia e tagliata con un coltello da cucina; una doppia flagellazione con fascine di legno; due che vengono lasciati squartare da cani; un uomo appeso a due carrucole, con una palla di piombo appesa ai piedi, che viene bruciato pezzo a pezzo con le torce; un altro che viene disossato su una sorta di tavolo anatomico come una moderna scena tratta da un film horror; un uomo a cui viene infilato piombo fuso attraverso la bocca;  altri sui quali viene versato olio bollente; una donna cui viene infilato un tridente nel petto mentre uno dei torturatori muove l’argano che le tira le braccia fino a squartarla; un altro martire cui viene tagliata una mano con una scimitarra e il cui sangue molto realisticamente scorre a fiumi al di sotto del piedistallo.

Sotto ciascun riquadro gli artisti provvidero a sistemare una iscrizione in duplice lingua,  latino per i novizi e italiano per i frequentatori della chiesa, con la dettagliata spiegazione dei diversi episodi.
Insomma decapitati, mutilati, sbranati, sepolti vivi, bruciati che rimandano alle attuali persecuzioni che ancora oggi colpiscono gli infedeli in diverse parti del mondo: un vero campionario degli orrori che ancora oggi sortisce il suo effetto assai macabro.


Tratto da: Fabrizio Falconi - Roma Segreta e Misteriosa, Newton Compton, Roma, 2015


25/12/19

Poesia di Natale: "A metà di un tetro inverno" di Christina Rossetti

A metà di un tetro inverno 


A metà di un tetro inverno
il vento gelido si lamentava,
la terra era dura come ferro,
l’acqua come pietra;
la neve era caduta, neve su neve
neve su neve
a metà di un tetro inverno
tanto tempo fa.
Il nostro Dio,
il cielo non può trattenerlo,
né la terra sostenerlo;
cielo e terra scompariranno
quando verrà il suo Regno;
a metà di un tetro inverno
una stalla fu sufficiente
per il Signore, Dio incarnato
Gesù Cristo
Bastò per lui,
dei cherubini
che lo adorassero notte e giorno,
un seno pieno di latte
e una mangiatoria piena di fieno.
Bastò per lui,
e gli angeli
caduti in passato,
il bue e l'asino e il cammello
lo adorassero
Angeli ed arcangeli
erano tutti lì riuniti,
cherubini e serafini
affollavano l’aria,
ma solo sua madre
nella sua beatitudine di vergine
adorò il suo Amato
con un bacio.
"Cosa posso dargli
povera come sono?
Se fossi un pastore
vorrei portare un agnello,
se fossi un Magio
vorrei fare la mia parte,
ecco ciò che posso donargli -
gli dono il mio cuore"






In the bleak mid-winter

In the bleak mid-winter,
Frosty wind made moan;
Earth stood hard as iron,
Water like a stone;
Snow on snow had fallen,
Snow on snow,
In the bleak mid-winter,
Long ago.
Our God,
Heaven cannot hold Him,
Nor earth sustain,
Heaven and earth shall flee away
When He comes to reign:
In the bleak mid-winter,
A stable-place sufficed,
The Lord God Almighty,
Jesus Christ.
Enough for Him
Whom Cherubim
Worship night and day,
A breastful of milk
And a mangerful of hay;
Enough for Him,
whom Angels
Fall down before,
The ox and ass and camel,
Which adore.
Angels and Archangels,
May have gathered there,
Cherubim and seraphim,
Thronged the air;
But only His Mother,
In her maiden bliss,
Worshipped the Beloved,
With a kiss.
What can I give Him,
Poor as I am?
If I were a Shepherd,
I would bring a lamb;
If I were a Wise Man,
I would do my part,
Yet what I can I give Him,
Give my heart.

24/12/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 50. "Festen" di Thomas Vinterberg (1998)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 50. "Festen" di Thomas Vinterberg (1998)


Festen fu la grande sorpresa del 1998: questo film danese, diretto da Thomas Vinterberg secondo i dettami del metodo Dogma 95 (è il primo film girato con questa tecnica messa a punto dallo stesso Vinterberg insieme al connazionale Lars Von Trier che l'ha poi portata definitivamente in auge) vinse il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes di quell'anno, con un budget di 1,3 milioni di dollari.

Il film racconta con crudezza feroce la storia di una riunione di famiglia per celebrare il sessantesimo compleanno del padre. 

È una commedia oscura che manipola soggetti di morte e traumi famigliari.

Helge (Henning Moritzen), rispettato uomo d'affari e patriarca di famiglia, festeggia il suo sessantesimo compleanno nell'hotel a conduzione familiare

Riuniti in una grande festa di famiglia e di amici ci sono sua moglie Else (Birthe Neumann), il suo imbronciato figlio maggiore Christian (Ulrich Thomsen), il figlio minore e rozzo Michael (Thomas Bo Larsen), e sua figlia Helene (Paprika Steen) che ha viaggiato molto). 

Un'altra sorella, Linda, si è recentemente suicidata in hotel. Helene trova la lettera di suicidio di Linda, ma lo nasconde in una bottiglia di medicina dopo essere stato sconvolta dal contenuto non divulgato. 

Michael combatte con sua moglie, che aveva precedentemente abbandonato sul ciglio della strada con i loro tre figli.
  
Alla cena di compleanno di Helge, Christian fa un brindisi a suo padre. Durante il brindisi, accusa pubblicamente suo padre di aver abusato sessualmente sia di lui che della sorella gemella (che si è recentemente uccisa) da bambina.

Dopo un iniziale silenzio scioccato, la festa continua come al solito mentre gli ospiti decidono di  far finta di niente. 

Helge allontana Christian per iniziare una conversazione confusa sulle sue accuse. Mette in discussione le sue motivazioni per averlo calunniato, e Christian sembra ritrattare la sua accusa. 

uttavia, Christian è spinto ad ulteriori azioni dallo chef dell'hotel Kim (Bjarne Henriksen), un amico d'infanzia che conosce l'abuso. 

Christian quindi continua il suo brindisi accusando Helge di aver causato la morte di Linda a causa del trauma causato dall'abuso. 

Helge parla solo a Christian e fa offerte minacciose per far apparire Christian coinvolto in un rapporto incestuoso con Linda. 

Esacerbando ulteriormente le tensioni della giornata, si presenta il fidanzato nero di Helene Gbatokai (Gbatokai Dakinah), facendo sì che il razzista Michael guidasse la maggior parte dei festaioli nel cantare la canzone danese " Jeg har set en rigtig negermand " per offenderlo. 

Christian viene perfino picchiato e legato a un albero nel bosco fuori dall'hotel. Ma riesce a liberarsi.  La cameriera, Pia, trova la lettera di suicidio di Linda e la consegna a Christian. 

Christian consegna la nota a Helene e la legge ad alta voce di fronte agli ospiti della festa. 

Nella nota, Linda afferma di essere sopraffatta dal trauma dell'abuso di Helge. 

Helge ammette i suoi misfatti e lascia la sala da pranzo. 

Christian ha un'allucinazione di Linda, che lo fa svenire. 

Anche Michael, ubriaco, chiama Helge fuori e lo picchia duramente. 

La mattina seguente, la famiglia e gli ospiti fanno colazione quando Helge entra e parla al gruppo. Ammette le sue malefatte e dichiara il suo amore per i suoi figli. Michael dice a suo padre di lasciare il tavolo.

Il castello di Skjoldenæsholm è stato il luogo delle riprese di questo film duro e lucido, che resta impresso nella mente e nei cuori. 





22/12/19

Poesia della Domenica: "Annunciazione - Le parole dell'Angelo" di Rainer Maria Rilke




Annunciazione - Le parole dell'Angelo

Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani
tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare a te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

Sono stanco ora, la strada è lunga,
perdonami, ho scordato
quello che il Grande alto sul sole
e sul trono gemmato,
manda a te, meditante
(mi ha vinto la vertigine).
Vedi: io sono l’origine,
ma tu, tu sei la pianta.

Ho steso ora le ali, sono
nella casa modesta
immenso; quasi manca lo spazio
alla mia grande veste.
Pur non mai fosti tanto sola,
vedi: appena mi senti;
nel bosco io sono un mite vento,
ma tu, tu sei la pianta.

Gli angeli tutti sono presi
da un nuovo turbamento:
certo non fu mai cosí intenso
e vago il desiderio.
Forse qualcosa ora s’annunzia
che in sogno tu comprendi.
Salute a te, l’anima vede:
ora sei pronta e attendi.
Tu sei la grande, eccelsa porta,
verranno a aprirti presto.
Tu che il mio canto intendi sola:
in te si perde la mia parola
come nella foresta.

Sono venuto a compiere
la visione santa.
Dio mi guarda, mi abbacina...

Ma tu, tu sei la pianta.


Rainer Maria Rilke
Traduzione di Giame Pintor

21/12/19

Sabato d'Arte: "Autoritratto" di Tiziano Vecellio




Autoritratto Intorno al 1562. Olio su tela, 86 x 65 cm. Museo del Prado di Madrid, Stanza 041 

Tiziano dipinse il suo primo autoritratto prima di partire per Roma nel 1545. Fu, tuttavia, dopo il soggiorno romano quando mostrò un maggiore interesse a diffondere la sua immagine per stabilire la sua posizione in un contesto di forte rivalità con Michelangelo

Di tutti quelli che ha realizzato, solo due si sono conservati. Il primo (Berlino, Gemäldegalerie) sarebbe datato intorno al 1546-1547, mentre quello conservato al Prado si identificherebbe con quello che Vasari vide nel 1566 nella casa del pittore, dove Tiziano si raffigura con un aspetto secondo la sua età, che nel 1562 sarebbe intorno tra settantatré e settantacinque anni.

L'aspetto più sorprendente dell'autoritratto di Prado è la sua tipologia

A metà del XVI secolo, il ritratto del profilo era insolito (Tiziano lo usava solo per le persone decedute: Francisco I e Sisto IV ), quindi l'autoritratto di profilo era eccezionale, in parte a causa della difficoltà che comportava, che richiedeva diversi specchi o un modello per la sua realizzazione. 

La scelta non fu quindi casuale e risponderebbe all'associazione con la fama di questa tipologia, derivata dalla numismatica romana e che Tiziano conosceva bene.

Sembra plausibile che Tiziano, già nella sua vecchiaia, volesse definire la sua immagine da tramandare ai posteri, ignorando il particolare spettatore a beneficio di uno universale. 

Ciò non è incompatibile con il destino di un autoritratto di famiglia, poiché sembra che, quattro anni dopo la pittura, fosse ancora di proprietà del suo autore. 

Come nell'autoritratto di Berlino, Tiziano ha anche messo in evidenza la sua nobiltà attraverso la catena d'oro che lo accredita come cavaliere dello Sperone d'oro e il suo vestito nero - colore raccomandato per i signori da Baldassare Castiglione in Il cortigiano, libro II, 27 (1527-), ma tenendo nella mano il pennello, voleva affermare che doveva la sua ascesa alla sua esperienza di pittore. 

Come tale, l' Autoritratto visualizza sia la leggenda che accompagnava la medaglia Leoni : PICTOR ET EQUES, sia le parole di Vasari quando lo visitò nel 1566: e lo trovò, anchorè vecchissimo fusse; con i penelli in mano per dipingere

L'immagine che Tiziano proiettava di se stesso nei suoi autoritratti non era casuale. Come ha sottolineato Jaffe (2003), presentandosi con una lunga barba, il berretto e una fronte chiara, Tiziano si assimilava alle immagini contemporanee di intellettuali derivati ​​da una certa iconografia di Aristotele molto popolare in Italia dalla fine del XV secolo . 


Tiziano Vecellio
Autoritratto
olio su tela, 1562
Museo del Prado, Madrid


20/12/19

Libro del Giorno: "La prossima avventura" di Anita Brookner


Può un romanzo tristissimo essere anche meraviglioso? 

Esempi classici in narrativa se ne possono fare innumerevoli, ma nell'età contemporanea spicca il lavoro di Anita Brookner, scrittrice londinese nata nel 1928 e morta poco tempo fa, nel 2016.

Scrittrice, critica d'arte e saggista, Anita Brookner è stata sottile e acuta osservatrice delle persone e del mondo che la circondava, dei caratteri e delle psicologie con una raffinatezza che l'ha fatta paragonare a Henry James.

Nessuno come la Brookner ha saputo descrivere in maniera nostalgica e intimista, personaggi e mezze tonalità, e la maniera con cui essi avevano perso la loro via. 

E' stata la prima donna a occupare la cattedra Slade dell'Università di Cambridge, fondata nel 1869 per l'insegnamento delle belle arti, entrando a far parte dei più importanti critici d'arte del tempo. 

Nel 1984 ha vinto il Booker Prize per lo splendido Hotel du Lac.

In questo La prossima avventura pubblicato da Giano, la Brookner descrive il crepuscolo di una vita, con tutti i suoi rimpianti e incompiutezze: 

Julius Herz, esule ebreo dalla Germania con tutta la sua famiglia, 73 anni, vive a Londra accorgendosi che solitudine e ozio gli sono diventati ormai insopportabili. Che fare degli anni che gli restano? Forse raggiungere Fanny, il suo primo e indimenticato amore, che non vede da trent'anni, ma questa partenza, questo distacco dalla sua vita non è affatto facile, e si dimostrerà anzi drammatico. 

Letteratura limpida che indaga i più minuti e reconditi anditi della coscienza. 

Un viaggio nella psiche e nell'anima, al tramonto della vita.

Fabrizio Falconi




19/12/19

Ecco la grande mostra dedicata a Sergio Leone all'Ara Pacis di Roma



'C'era una volta Sergio Leone': e' il titolo evocativo della grande mostra all'Ara Pacis, in programma fino al 3 maggio 2020, con cui Roma celebra, a 30 anni dalla morte e a 90 dalla sua nascita, uno dei miti assoluti del cinema italiano. 

Promossa dall'Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l'esposizione arriva in Italia dopo il successo dello scorso anno alla Cine'mathe'que Française di Parigi, istituzione co-produttrice dell'allestimento romano insieme alla Fondazione Cineteca di Bologna. 

Il percorso espositivo - curato dal direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, in collaborazione con Rosaria Gioia e Antonio Bigini - racconta di un universo sconfinato, quello di Sergio Leone, che affonda le radici nella sua stessa tradizione familiare: il padre, regista nell'epoca d'oro del muto italiano, scegliera' lo pseudonimo di Roberto Roberti, e a lui Sergio strizzerà l'occhio firmando a sua volta Per un pugno di dollari con lo pseudonimo anglofono di Bob Robertson

Nel suo intenso percorso artistico Sergio Leone attraversa il peplum, (filone cinematografico storico-mitologico), riscrive letteralmente il western e trova il suo culmine nel progetto di una vita: C'era una volta in America.

A questo sarebbe seguito un altro film di proporzioni grandiose, dedicato alla battaglia di Leningrado, del quale rimangono, purtroppo, solo poche pagine scritte prima della sua scomparsa. Leone, infatti, non amava scrivere.

Era, piuttosto, un narratore orale che sviluppava i suoi film raccontandoli agli amici, agli sceneggiatori, ai produttori, all'infinito, quasi come gli antichi cantori che hanno creato l'epica omerica.

Ma ciò nonostante, il suo lascito e' enorme, un'eredita' creativa di cui solo oggi si comincia a comprendere la portata. 

I suoi film sono, infatti, "la Bibbia" su cui gli studenti di cinema di tutto il mondo imparano il linguaggio cinematografico, mentre molti dei registi contemporanei, da Martin Scorsese a Steven Spielberg, da Francis Ford Coppola a Quentin Tarantino, da George Lucas a John Woo, da Clint Eastwood ad Ang Lee continuano a riconoscere il loro debito nei confronti del suo cinema.

Le radici del cinema di Sergio Leone affondano, naturalmente, anche nell'amore per i classici del passato - in mostra i film dei giganti del western, da John Ford a Anthony Mann - e rivelano un gusto per l'architettura e l'arte figurativa che ritroviamo nella costruzione delle scenografie e delle inquadrature, dai campi lunghi dei paesaggi metafisici suggeriti da De Chirico, all'esplicita citazione dell'opera Love di Robert Indiana, straordinario simbolo, in C'era una volta in America, di un inequivocabile salto in un'epoca nuova. 

Per Leone la fiaba e' il cinema. 

Il desiderio di raccontare i miti (il West, la Rivoluzione, l'America) utilizzando la memoria del cinema e la liberta' della fiaba, entra pero' sempre in conflitto con la sua cultura di italiano che ha conosciuto la guerra e attraversato la stagione neorealista. 

A partire da Per qualche dollaro in piu' Leone puo' permettersi di assecondare la sua fascinazione per il passato e la sua ossessione documentaria per il mito curando ogni minimo dettaglio. 

Perche' una favola cinematografica, per funzionare, deve convincere gli spettatori che quello che vedono stia accadendo realmente.

Grazie ai preziosi materiali d'archivio della famiglia Leone e di Unidis Jolly Film i visitatori entreranno nello studio di Sergio, dove nascevano le idee per il suo cinema, con i suoi cimeli personali e la sua libreria, per poi immergersi nei suoi film attraverso modellini, scenografie, bozzetti, costumi, oggetti di scena, sequenze indimenticabili e una costellazione di magnifiche fotografie, quelle di un maestro del set come Angelo Novi, che ha seguito tutto il lavoro di Sergio Leone a partire da C'era una volta il West. 




18/12/19

Si svela un mistero durato secoli: Trovata nella Torre di Pisa la "firma" del suo autore.



Un'incisione non decifrata su una matrice in pietra per la fusione di una lastra di bronzo, ritrovata per caso nel 1838 e finora mai rivelata nel contenuto, nasconderebbe la 'firma' di colui che sarebbe l'autore della Torre Pendente di Pisa, ossia lo scultore e bronzista medievale Bonanno Pisano. 

Lo rivela uno studio di Giulia Ammannati, ricercatrice di paleografia alla Scuola Normale di Pisa, che pubblica uno studio nel libro 'Menia Mira Vides. Il Duomo di Pisa: le epigrafi, il programma, la facciata' (ed. Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali). 

Secondo quanto riporta il quotidiano La Nazione, Giulia Ammannati ricostruisce il testo di quell'epigrafe, che fu redatto dall'autore in forma poetica in latino: "Mi'rificu'm qui ce'rtus opu's conde'ns statui u'num, Pi'sanu's civi's Bona'nnus no'mine di'cor, ('Io che sicuro ho innalzato, fondandola, un'opera mirabile sopra ogni altra, sono il cittadino pisano chiamato Bonanno'). 

Bonanno Pisano, in base alla ricostruzione di questa iscrizione adesso 'decrittata', sarebbe dunque il progettista della Torre in base al nuovo indizio, anche se l'attribuzione dovra' corroborarsi di ulteriori ricerche storiche, visto che di Bonanno non e' definito il periodo di vita, mentre l'inizio dei lavori della torre risale al XII secolo

La ricerca della studiosa pisana, tuttavia, conferma la tesi di Giorgio Vasari che ne 'Le vite' attribuiva proprio a Bonanno la fondazione del campanile divenuto il piu' famoso al mondo. 



16/12/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 49. "Alien" di Ridley Scott (1979)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 49. "Alien" di Ridley Scott (1979)

Un film che ha cambiato per sempre lo sguardo della science-fiction e con essa anche la  rappresentazione delle nostre paure e dei nostri incubi. 

Alien fu diretto pionieristicamente (con tecniche incredibili) da Ridley Scott e scritto da Dan O'Bannon. 

Il film vede Tom Skerritt nei panni del Capitano AJ Dallas e Sigourney Weaver (le cui carriere furono lanciate grazie a questo film) come il tenente Ellen Ripley , ma anche Veronica Cartwright , Harry Dean Stanton , John Hurt , Ian Holm e Yaphet Kotto . 

La trama ruota attorno alla lotta intrapresa dall'equipaggio di un mercantile spaziale contro una creatura extraterrestre sconosciuta e aggressiva che portata a bordo dagli ignari astronauti ( era stata trovata nel relitto di una astronave aliena), si insedia caccia i sette membri del bastimento spaziale, per ucciderli.


Lo sviluppo del film si basa in parte su una versione horror del film Dark Star (1974), idea di O'Bannon, quindi sulla storia dell'equipaggio di un bombardiere B-17 della seconda guerra mondiale molestato da creature aliene, suggerito da Ronald Shusett. 

Alien arriva nei cinema americani il 25 maggio 1979. Viene accolto con giubilo dalla critica, ma diventa subito anche un enorme successo commerciale.

È un  film che inaugura un genere completamente nuovo definito impropriamente "horror di fantascienza" con Ridley Scott che sceglie una donna per eroina, nella persona di Ripley la quale diventerà una figura femminista importante ed emblematica nel cinema di genere. 

Il suo principale antagonista, lo xenomorfo , diventa successivamente uno dei mostri più riconoscibili della settima arte . 

Il film ha vinto l' Oscar per i migliori effetti visivi e ha dominato i Saturn Awards , vincendo tre premi, tra cui quello del miglior film di fantascienza . 

Ma il passare degli anni gli assegnato indelebilmente lo status di film cult, poiché Alien, che per molti è un classico del cinema di fantascienza, è riuscito a intercettare le ansie e le paure contemporanee, sempre più incentrate sulla paura del diverso, dell'invasore mostruoso che bisogna combattere ed eliminare.

Nel 2002, il film è stato selezionato dal National Film Registry della Library of Congress per la conservazione a causa del suo "importante interesse culturale, storico o estetico". 

Nel 2008, l' American Film Institute lo ha classificato al settimo posto tra i più grandi film di fantascienza mentre è stato classificato come il trentatreesimo miglior film di tutti i tempi dalla rivista Empire .

Alien
Regia di Ridley Scott
Usa, GBR 1979 
con Sigourney Weaver, Tom Skerritt, Veronica Cartwright, Harry Dean Stanton, John Hurt. 
durata 117 minuti.  





13/12/19

Torna a splendere sotto Porta Maggiore a Roma, la "Basilica dei Misteri"






Torna a splendere la parete della navata sinistra della della Basilica sotterranea di Porta Maggiore, a Roma. 

L'intervento, che restituisce la raffinata decorazione e il biancore dello stucco nel cui impasto e' stata miscelata la madreperla per renderlo luminescente, e' avvenuto grazie a Everge'te, Fondazione svizzera che ha scelto la 'basilica dei misteri' per l'importante opera di mecenatismo. 

Soddisfatta la soprintendente speciale Daniella Porro che sottolinea: "E' uno dei luoghi più magici e intrisi di mistero della Capitale. 

Negli anni passati la Soprintendenza è intervenuta con una serie di restauri per mantenere, e in alcuni casi svelare, la bellezza di questo straordinario manufatto architettonico e sono già in programma nuovi lavori per il 2020. 

Con la Fondazione Everge'te, che opera per la prima volta in Italia, abbiamo instaurato un virtuoso rapporto di collaborazione che speriamo non si concluderà con questo restauro, ma proseguirà negli anni a venire.

Una dimostrazione del fatto che i privati possono essere partner preziosi nel processo di tutela e valorizzazione dell'immenso patrimonio artistico della nostra citta'". 

Scoperta nel 1917 durante i lavori per la linea ferroviaria Roma Cassino, la Basilica sotterranea e' un monumento unico nel suo genere, per la ricchezza delle decorazioni a stucco e a mosaico, per essere ipogea, cioe' volutamente costruita sottoterra, e per la sua natura enigmatica.

Costruita nel I secolo d.C., e' stata interpretata come sede di culti misterici, o come luogo di sepoltura della gens cui apparteneva, cioe' la famiglia degli Statili, legata a Ottaviano Augusto e agli imperatori della dinastia Giulio Claudia. 

 A proposito del progetto adottato nel 2017, Bertrand du Vignaud, consigliere esecutivo di Everge'te, ha dichiarato: "Sono molto lieto di vedere oggi la qualita' dei lavori. Complimenti ai restauratori. Spero che questo bellissimo risultato permettera' alla Fondation di trovare nuovi finanziamenti per continuare a sostenere il progetto fin al suo completamento, nell'ambito della nostra partnership con la Soprintendenza speciale di Roma". 

L'intervento, realizzato tra aprile e novembre del 2019, e' stato compiuto con le piu' moderne procedure, avvalendosi di tecnologie elettroniche, chimiche, meccaniche e manuali, e con questo restauro il 50 per cento dell'edificio e' stato restaurato. 



12/12/19

50 anni dalla strage di Piazza Fontana - Esce il libro "definitivo" di Enrico Deaglio


"La fronte della persona con cui stavo conversando improvvisamente si illumino' come una lampadina, o come un raggio che veniva dal cielo. Io rimasi a bocca aperta, e il mio interlocutore capi' subito quello che era successo: 'Sono frammenti di vetro sottopelle. Quando il sole li colpisce con un certo angolo, si illuminano, ma dura poco'. Mi disse che era 'un sopravvissuto' della strage di Piazza Fontana del 1969, allora ventinovenne impiegato di banca. Rimase ferito a una gamba, penso' di perdere il lavoro. Ando' ai funerali con la stampella, si ricordava il cielo nero, i passi della gente e uno sgomento, come se ci stessimo tutti avviando a una 'fucilazione'". 


Vediamo Valpreda in taxi verso il luogo del delitto, con la testimonianza del tassista Rolandi che lo accusa di averlo accompagnato proprio qualche minuto prima dello scoppio della bomba.

Fin dalle prime pagine l'autore sottolinea gli eventi, utili per districarsi nella marea di avvenimenti, nomi, trame, che costellano questa storia. 

Deaglio, inoltre, collega la vicenda di Piazza Fontana ai luoghi che tocca. Poi ci sono i dubbi sulla morte del ferroviere anarchico Pinelli 'volato' dalla finestra della questura (in apertura una dedica alla sua famiglia e a tutti i loro amici ndr), le parole di alcuni testimoni

Sullo sfondo c'e' un Paese che cambia e si trasforma. Sono passati cinquant'anni, ma ci sono domande che ancora non hanno una risposta

Perche', per esempio, venne scelta la Banca nazionale dell'agricoltura? L'anno piu' tetro della storia italiana continua a essere pieno di misteri irrisolti

Forse proprio per le trasformazioni in corso, accadde quello che sconvolse Milano. 

Il giudice Salvini, che ha scoperto i veri autori della bomba, accusa la magistratura milanese di aver taciuto colpevolmente per decenni. 


E la storia comincia dalle cicatrici, dalle premonizioni, dalle coincidenze, dai luoghi da cui la Storia e' passata. L'angosciante Veneto profondo in cui la bomba venne concepita, le manovre finanziarie intorno alla banca della strage, la sublime arte del depistaggio che da allora ci ha sempre accompagnato. 

La ricerca diventa cosi' uno "studio in rosso" sulla struttura del potere in Italia e sulle nobili forme di resistenza che lo hanno contrastato, con le armi dell'amicizia, della parola, della musica, del coraggio civile.

In mezzo campeggia, senza tempo, il grande quadro di Enrico Baj - la nostra Guernica -, che venne bendato perche' troppo vero. 

Questo e' un viaggio nella memoria, che ha l'andamento di un giallo e racconta l'ultimo mezzo secolo di storia italiana, come non l'abbiamo mai sentita. Chi non c'era potrà respirare l'aria pesante di quei giorni, quando sembrava che fosse buio a mezzogiorno. Chi c'era ritroverà la ferocia della bomba che scoppia, e poi si ritira, e poi si riproduce, e continua a scoppiare per decenni, con il potere di assoggettare tutti - tutti? - alla sua ferocia e al suo ricatto. 

Con lo sguardo di chi ha vissuto questa storia dall'inizio, Enrico Deaglio ricompone l'intrigo mettendo insieme le scoperte degli ultimi dieci anni e nuovi spunti di ricerca con la speranza che una verità si possa raggiungere e, soprattutto, rendere nota. 



11/12/19

Si apre a Rimini la Grande Mostra dedicata a Federico Fellini per i 100 anni dalla nascita !




Si alzera' sabato 14 dicembre a Castel Sismondo - nel cuore di Rimini - il sipario su Fellini 100. Genio immortale. 

La mostra, rassegna dedicata al maestro del cinema e primo passo verso le celebrazioni per il centenario della nascita in programma nel 2020, quando saranno tolti i veli al museo internazionale a lui dedicato che si sviluppera' tra Castel Sismondo, Piazza Malatesta e il Cinema Fulgor. 

L'esposizione - il taglio del nastro e' previsto nel pomeriggio poi, in via straordinaria, rimarrà aperta fino alle 24 - ruota attorno a tre nuclei di contenuti: il primo racconta la storia d'Italia a partire dagli anni Venti-Trenta attraverso l'immaginario dei film di Fellini; il secondo e' dedicato al racconto dei compagni di viaggio del regista e il terzo alla presentazione del progetto permanente del 'Museo Internazionale Federico Fellini'. 

Dopo l'allestimento riminese, la mostra, nell'aprile 2020, approdera' a Roma a Palazzo Venezia.

Intanto, nella sua ultima seduta, la Giunta comunale di Rimini ha approvato il progetto esecutivo sul museo dedicato al regista romagnolo per quanto riguarda il Fulgor, sala in cui il piccolo Fellini si innamoro' del cinema

I lavori partiranno a marzo per concludersi entro il 2020 con una spesa prevista di 1.100.000 euro. Il Fulgor si appresta ad ospitare, oltre agli spazi espositivi, i servizi di biglietteria, di bookshop e di caffetteria

Sui primi due piani del palazzo che lo ospita sara' sviluppato e reinterpretato il rapporto tra la terra d'origine e l'intera opera di Fellini, in un gioco di rimandi tra realta' e immaginazione, ricordi e sogni, storia ed espressione artistica, mentre uno spazio aperto caratterizzera' il terzo piano della struttura. 

Uno spazio in cui lo spettatore potra' godere delle immagini dei film di Fellini, delle musiche di Nino Rota e dell'insieme di voci, sussurri, inviti, rumori che fanno da contrappunto alla colonna sonora delle pellicole felliniane. 

09/12/19

100 film da salvare alla fine del mondo: 48. L'enigma di Kaspar Hauser (Jeder für sich und Gott gegen alle) di Werner Herzog (1974)


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo".  Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 48. L'enigma di Kaspar Hauser (Jeder für sich und Gott gegen alle) di Werner Herzog (1974)


Werner Herzog realizzò il suo capolavoro giovanile nel 1974, quando aveva trentadue anni,  ispirando insieme a Wim Wenders, Rainer Werner Fassbinder, Margaretha von Trotta e altri, quella che fu definita la Nouvelle Vague tedesca degli anni '70. 

Per questo film, l'eccentrico e geniale regista si ispirò alle vicende reali di Kaspar Hauser, che visse durante il XIX secolo, i primi diciassette anni della sua vita incatenato in una piccola cantina con solo un cavallo giocattolo per occupare il suo tempo, privo di ogni contatto umano tranne un uomo, che indossava un soprabito nero e un cappello a cilindro, che lo nutriva e lo curava, picchiandolo spesso. 

Un giorno, nel 1828, lo stesso uomo porta Hauser fuori dalla sua cella, gli insegna alcune frasi e come camminare, prima di lasciarlo nella città di Norimberga . 

Hauser diventa così oggetto di molta curiosità ed è esposto in un circo prima di essere salvato dal professor Georg Friedrich Daumer, che tenta pazientemente di trasformarlo. 

Hauser impara presto a leggere e scrivere e sviluppa approcci non ortodossi alla logica e alla religione; ma la musica è ciò che gli piace di più. Attira l'attenzione di accademici, clero e nobiltà. Subisce quindi una imboscata dallo stesso uomo sconosciuto che lo ha portato a Norimberga. 

L'attacco lo lascia privo di sensi con una testa sanguinante. 

Recupera, ma viene nuovamente misteriosamente attaccato e questa volta, pugnalato al petto. 

Hauser riposa nel letto descrivendo bizzarre visioni che ha avuto dei berberi nomadi nel deserto del Sahara, e poi muore.

L'autopsia dimostrerà che Kaspar Hauser aveva realmente delle anomalie cerebrali, mettendo così a tacere i dubbi dei borghesi turbati dalla sua candida innocenza e trovando, in tal modo, una qualche spiegazione all'enigma.

Un film dallo splendido rigore formale, che affascina e inquieta ancora oggi, anche per la scelta del protagonista: Bruno S., all'anagrafe Bruno Schleinstein (Berlino, 2 giugno 1932 – Berlino, 10 agosto 2010), che era realmente il figlio illegittimo di una prostituta, maltrattato da bambino, e che trascorse gran parte della sua infanzia tra orfanotrofi, istituti di correzione e carceri.

Ottimo pittore e musicista autodidatta, abile nel suonare la fisarmonica e il pianoforte, è stato costretto a lavorare nelle fabbriche, come manovratore di carrello elevatore, mentre il fine settimana si esibiva come musicista di strada eseguendo ballate nei giardini e nei cortili, finché non fu scoperto da Herzog che gli affidò il ruolo di protagonista anche del film successivo, La ballata di Stroszek (1976).


L'Enigma di Kaspar Hauser
(Jeder fur sich und Gott gegen alle)
Germania 1974 
Durata 106 min 
Regia Werner Herzog 
Interpreti e personaggiBruno S.: Kaspar HauserWalter Ladengast: professor DaumerBrigitte Mira: KatheWilly Semmelrogge: direttore del circo


08/12/19

Poesia della Domenica - "Il biancospino del conte Eberardo" di Ludwig Uhland








Il biancospino del conte Eberardo


Eberardo, il conte il barbuto
dalla contea del Wurttenberg,
è venuto in pellegrinaggio
alla terra di Palestina.


A cavallo attraversava
una foresta fresca,
e subito ha tagliato
un ramo verde di biancospino.


Lo ha attaccato con cautela
al suo ferrato copricapo,
lo ha portato alla battaglia
e sulle onde del mare.


Una volta tornato a casa,
lo ha piantato nella terra,
dove presto nuovi germogli
la primavera ha risvegliato.


Il conte, fedele e buono,
ogni anno lo andava a guardare,
e in cuor si rallegrava,
per come era cresciuto.


Il signore è vecchio e stanco,
il rametto ormai è un albero,
e lui lì sotto sta seduto
e sogna profondamente.


La chioma alta e larga,
con dolce stormire gli rimembra
quel tempo antico
e la terra lontana.
(Tubinga, 26 aprile 1787 – Tubinga, 13 novembre 1862)



Graf Eberhard im Bart
Vom Würtemberger Land,
Er kam auf frommer Fahrt
Zu Palästina’s Strand.

Daselbst er einsmals ritt
Durch einen frischen Wald;
Ein grünes Reis er schnitt
Von einem Weißdorn bald.


Er steckt’ es mit Bedacht
Auf seinen Eisenhut;
Er trug es in der Schlacht
Und über Meeres Flut.


Und als er war daheim,
Er’s in die Erde steckt,
Wobald manch neuen Keim
Der neue Frühling weckt.


Der Graf, getreu und gut,
Besucht’ es jedes Jahr,
Erfreute dran den Mut,
Wie es gewachsen war.


Der Herr war alt und laß,
das Reislein war ein Baum,
Darunter oftmals saß
Der Greis im tiefsten Traum.


Die Wölbung, hoch und breit,
Mit sanftem Rauschen mahnt
Ihn an die alte Zeit
Und an das ferne Land!