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03/06/21

Viene alla luce l'incredibile meccanismo con cui rafforziamo i ricordi dormendo




Da tempo i ricercatori hanno esplorato l'affascinante e misterioso legame tra ricordi e sonno

Ora uno studio recente, pubblicato su NatureCommunications, ha individuato come, mentre dormiamo, il cervello produce particolari schemi di attivita' e quando alcuni di queste si intrecciano, le esperienze precedenti vengono riattivate, aiutando a cementare i ricordi

Come noto, mentre dormiamo vengono riattivate delle informazioni precedentemente apprese, e questo ci consente di conservare i ricordi a lungo termine. 

Per capirne meglio il meccanismo, il team ha ideato nuovi test in cui ai partecipanti sono state mostrate informazioni prima di fare un pisolino, quindi l'attivita' cerebrale e' stata monitorata durante il sonno con movimenti oculari non rapidi (NRem) utilizzando la registrazione Elettrocardiogramma

I partecipanti sono stati poi testati dopo il risveglio, per collegare l'entita' della riattivazione della memoria mentre dormivano alla effettiva capacita' di ricordare al risveglio

Centrale è emersa essere la combinazione di due attivita' cerebrali che svolgono un ruolo importante: le oscillazioni lente, ovvero impulsi neurali che viaggiano come 'onde' da un punto all'altro nella corteccia cerebrale durante il sonno profondo, e i fusi del sonno, cioe' improvvise e rapide esplosioni di attivita' cerebrale oscillatoria che annunciano il passaggio da un leggero stadio del sonno a uno piu' profondo.

"Abbiamo scoperto - afferma il co-autore dello studio, Bernhard Staresina, della School of Psychology dell'Universita' di Birmingham - un'intricata interazione di attivita' cerebrale, oscillazioni lente e fusi del sonno, che creano finestre di opportunita' che consentono questa riattivazione", come finestre che riattivano i ricordi. 

"Questi risultati gettano nuova luce sulla funzione di memoria del sonno e sottolineano l'importanza di rispettarne i ritmi per orchestrare la creazione di ricordi", aggiunge Thomas Schreiner, della Ludwig-Maximilians-University, Monaco. 

06/04/21

Wim Wenders: "Neanche la nostalgia è più quella di una volta"

 


Wim Wenders - "Neanche la nostalgia è più quella di una volta" 

di Matteo Persivale

fonte: Corriere della Sera, Venerdì 4 dicembre 2015


"Oggi, dopo la rivoluzione della tv, della pubblicità e infine del digitale," ammette Wenders, "puoi ancora avere fiducia nelle immagini. Ma le immagini hanno bisogno di un po' d'aiuto... Helmut Newton - una volta fece il mio ritratto: che uomo interessante, che uomo ossessionato! - diceva già vent'anni fa che ci sono troppe immagini intorno a noi. Aveva intravisto i primi segnali di quello che ci circonda oggi. Le immagini che si dissolvono nei loro stessi atomi."  

"Da bambino credevo che del cinema ci si potesse fidare: i western, cowboy e indiani. Da ragazzo poi, mi sembrava che nel cinema ci fossero, in modo assoluto, verità e bellezza: i film di Bergman, di Fellini... Negli anni '70 però le immagini smisero di raccontarci il 100% di una storia. Pensavo che avrei fatto l'artista. Poi capii che le immagini, le parole, la musica - quello strano triumvirato - potevano ricostruire la verità e la bellezza che andavo cercando. Sono diventato regista per capire come mai il nostro sguardo non ci racconta tutto quello che vorremmo sapere."

Wenders non si rassegna e da giovane settantenne ha "ricominciato da zero con il 3-D, la tecnologia con la quale ha raccontato in "Pina" l'arte della coreografa Pina Bausch."

Liquida Quentin Tarantino così: "Dice che smetterà di fare film quando smetteranno di produrre pellicole perché disprezza il digitale, ma è già una discussione obsoleta. A non essere obsoleta è la questione del 3-D: quando serve a rappresentare la realtà e quando serve solo per gli effetti speciali? No, neanche la nostalgia è più quella di una volta.


14/02/20

L'irripetibile: ciò che rende la vita degna di essere vissuta

Robert Capa, Saint-Moritz



Non potrai mai più tenere in braccio il tuo figlio bambino; non potrai mai più parlare con tuo padre e tua madre dopo che sono morti (se non in quella forma impalpabile che ti sembra di poter continuare a praticare); non potrai mai più baciare quell'amore come fu quella volta, in quel momento che era oro fuso e mentre lo vivevi sentivi già che stava scivolando via; non potrai mai più rivivere quel giorno su quella pista da sci con quegli amici, in quella disposizione di eventi che resero quella lunga e breve giornata, magica...

L'irripetibile è ciò che rende una vita inestimabile, e ciò che in fondo cerchiamo: vivere per quelle cose che sappiamo non potranno più tornare. Vivere con quella gioia e quel dolore che sono le due facce della stessa medaglia.

L'irripetibile, unico valore che abbiamo durante questa vita.

Fabrizio Falconi
- febbraio 2020

28/02/14

La scoperta dell'orrore (Una esperienza taoista).




Il mio battesimo con la morte avvenne quando avevo meno di dieci anni.

Mio padre, mentre eravamo in vacanza nel paese dov’era nato, mi portò un giorno al mattatoio locale.
Non so quale fosse lo scopo che l’animava.

Forse era semplicemente curioso, o forse aveva in mente di impartirmi una lezione, di farmi prendere confidenza con quello che non riusciva a spiegarmi a parole. L’effetto fu brutalizzante. E ne ho portato le tracce fino ad oggi.

Nel vecchio mattatoio l’odore del sangue arrivava da molto lontano. Insieme alle urla – umane – dei maiali terrorizzati che pre-sentivano la fine orribile che li attendeva. Assistemmo alla esecuzione di un bue. Ed ebbi modo di verificare l’incredibile resistenza della vita biologica.

All’animale fu sparato un colpo in fronte, con una pistola. Il povero bue rimase come impietrito, sulle quattro zampe, mentre il sangue zampillava copioso. Ci mise un paio di minuti buoni a cedere sulle ginocchia prima e a caracollare in terra.

Sdraiato nel lago di sangue, però, la morte era ben lungi dal sopravvenire. L’uomo-aguzzino, addetto al macello, com’era prassi, accelerò la fine infilando un lungo ferro nella ferita della fronte. Per spegnere ogni attività cerebrale.Ma l’agonia durò lo stesso parecchi minuti .

Non posso dimenticare le emozioni provate dal mio corpo, allora. L’orrore si univa alla impossibilità di spostare lo sguardo. La meraviglia si mischiava alla nausea vischiosa del mare di sangue. Il dolore dell’anima era lo stesso di quello dell’anima-le. Eppure qualcosa mi consentiva di assistere, come fossi impassibile. Come fossi un automa.

La scoperta del dolore, la conferma dell’orrore, l’inevitabilità della morte si collegarono in modo misterioso alla vita, al ritorno alla vita, quando sollevato feci ritorno a piedi verso casa, la mano in quella di mio padre.
A ripensarci oggi, fu davvero una esperienza taoistica. Mai come in quel giorno la morte e la vita mi apparvero unificate.

L’ingiustizia e l’orrore del mondo misteriosamente unite al sole che quel pomeriggio non voleva morire e bene-diceva ogni cosa sotto i miei occhi. L’incomprensibilità della vita era un grumo che non voleva spiegar-si e non voleva tanto meno ri-velarsi.
Dopo qualche settimana riuscii perfino nuovamente a mangiare carne.

Oggi discuto con un amico convinto vegano. Hai ragione, dico. Hai tutte le ragioni. Ogni ragione è in te. Ma perché mangi insalata ? “L’insalata,” mi dice, “è un vegetale. Hai idea della differenza che c’è tra un animale, un corpo biologico e una vita vegetale?”
No, ho risposto.
Non ne ho idea. Perché non sono mai stato un mandorlo o un albero di banano. O forse sì, lo sono stato. O lo sono ancora. E mi porto addosso, nella mia vita, la dissipazione di una fioritura caduta, la disidratazione e la fine di un albero seccato da una stagione maledetta.

Fabrizio Falconi

14/03/12

Dove è andato quel che ho vissuto (e che non ricordo)?



Qualche settimana fa mi è capitata una strana cosa.

Un mio parente ha ritrovato un vecchio super-8 di famiglia girato nel 1970.  Lo ha trasformato in supporto digitale e messo a disposizione di noi, che all'epoca eravamo poco più che bambini, i cui volti sono rimasti impressi in quella vecchia pellicola.

E' una giornata normale, deve esserci stata qualche cerimonia, la famiglia si è riunita al mare.  Non è inverno e non è estate. Deve essere una giornata come quelle che stiamo vivendo, di primavera prematura e già calda.

La 'pizza' del film dura 3 minuti, ma è un documento molto chiaro. 

E però la particolarità è questa, e mi fa riflettere: riemerge dall'oblio una giornata della mia vita, che io non ricordo assolutamente di aver vissuto. 


Fino al momento prima di vedere quel film, infatti, io non ho minimamente memoria di quella giornata, che pure ho vissuto, come dimostra incontrovertibilmente il filmato girato.

Sono io quel bambino che cammina, si gira, si tocca i capelli. Sono io quello che siede e ascolta i discorsi dei grandi. Sono io, certamente.

Eppure, se questo filmato non fosse riemerso dalle tenebre, io non avrei saputo nemmeno di aver vissuto quella giornata.   Perché la mia memoria ha cancellato quella giornata, come ha cancellato la stragrande maggioranza delle singole giornate che io ho vissuto nella mia vita.

Eppure, come dimostra questo filmato, quelle giornate esistono. O meglio, sono esistite.  Sono esistite ed esistono, a quanto pare, anche se io non le ricordo, e anche se nessuno le ricorda.

Esistono davvero  ?  Non appare in contraddizione questa esistenza, con la constatazione che spesso facciamo secondo cui qualcosa esiste solo finché c'è qualcuno o qualcosa che ne è testimone e che lo ricorda ? 


Oppure i ricordi e le cose che abbiamo vissuto esistono indipendentemente dal fatto che io le ricordi e che qualcun altro le ricordi ? 


Le moderne teorie quantistiche descrivono il tempo come una quarta dimensione della realtà che viene descritta come un foglio ripiegato in infinite (e inaccessibili) sottili piegature (stringhe) che sarebbero allineate una accanto all'altra (o dentro o attraverso l'altra).

Questo darebbe la possibilità - teorica - di srotolare quelle pieghe e di 'disporre' dei singoli momenti del tempo come singole entità TUTTE esistenti.

Dunque, quella giornata che io non ricordavo, esiste ancora, in qualche piega dell'universo ?

In quella piega ci sono ancora io bambino che ascolto i discorsi dei grandi seduti al tavolino ?

Il breve filmato dal ritmo sincopato che è tornato dal buio del passato, vuol forse dirmi questo ? Vuol dirmi che niente, in fondo, fino in fondo, è definitivamente perduto (anche se io non ne ho memoria, anche se io l'ho... dimenticato) ?