Dieci grandi anime. 2. Andrej Tarkovskij (4.)
Nei
taccuini di Tarkovskij cominciano ad intensificarsi citazioni dalle Scritture,
dall’Ecclesiaste, dai Vangeli, soprattutto, ma anche da Lao-tse, Seneca, Dostoevskij,
Montaigne.
E la radicalità nei confronti di
quella che Tarkovskij chiama falsa conoscenza, ritorna in forme sempre più
definitive e apparentemente arbitrarie. La
vera poesia si accompagna alla religiosità, scrive, un non credente non può essere un poeta. (11)
Ma essere poeta, di qua come di là
dalla Cortina di Ferro continua ad essere sempre più difficile. Spero quando si
ha a che fare con mancanze primarie. A Larisa, la moglie di Tarkovskij viene
concesso alla fine del 1982 un permesso per raggiungere il marito a Roma. Ma
con lei non c’è l’adorato figlio, adesso dodicenne, al quale le autorità non
permettono l’espatrio. Andrej ha il cuore spezzato: ha la moglie, ma non il
figlio. Vorrebbe lasciar tornare la
moglie in Russia, ma ha paura che una volta rientrata non le permettano più di
uscire. Si svolgono accorate telefonate
tra Roma e Mosca.
Scrive: Con quanta tristezza Tjapa (il figlio, NDA) parla al telefono ! Che nostalgia che ha… Come deve essere disumana una società per arrivare a dividere le famiglie senza nessuna pietà, con il solo scopo di avere degli ostaggi. E sarà sempre peggio, questo è chiaro. Ma è anche chiaro che Dio ci guida. (12) E più avanti: Penso continuamente a quanto abbiano ragione coloro che ritengono che la creatività sia una condizione dello spirito. Donde viene? .. Il nostro dovere dinanzi al Creatore impiegando il libero arbitrio di cui Egli ci ha fatto dono, combattendo il male che è in noi, di superare gli ostacoli sul nostro cammino verso di Lui, di crescere in senso spirituale, combattere tutto ciò che c’è in noi di turpe. Dobbiamo purificarci. Allora non avremo nulla da temere. Aiutami Signore ! Mandami un Maestro! Sono stanco di aspettarlo… (13)
Scrive: Con quanta tristezza Tjapa (il figlio, NDA) parla al telefono ! Che nostalgia che ha… Come deve essere disumana una società per arrivare a dividere le famiglie senza nessuna pietà, con il solo scopo di avere degli ostaggi. E sarà sempre peggio, questo è chiaro. Ma è anche chiaro che Dio ci guida. (12) E più avanti: Penso continuamente a quanto abbiano ragione coloro che ritengono che la creatività sia una condizione dello spirito. Donde viene? .. Il nostro dovere dinanzi al Creatore impiegando il libero arbitrio di cui Egli ci ha fatto dono, combattendo il male che è in noi, di superare gli ostacoli sul nostro cammino verso di Lui, di crescere in senso spirituale, combattere tutto ciò che c’è in noi di turpe. Dobbiamo purificarci. Allora non avremo nulla da temere. Aiutami Signore ! Mandami un Maestro! Sono stanco di aspettarlo… (13)
Nel 1983, intanto esce sugli schermi Nostalghia. Che ottiene
favori non unanimi. C’è anzi già chi è disposto a scommettere che il grande
autore russo abbia perso brillantezza e ispirazione, lontano dal suo paese
d’origine. Il film vince il Gran Premio della Giuria a Cannes, nonostante l’ostruzionismo di Sergej
Bondarciuk, il regista ‘ortodosso’ sovietico, che fa parte della Giuria.
Nello stesso anno va in scena una
memorabile rappresentazione del Boris
Godunov al Covent Garden di Londra che ottiene un successo trionfale.
Tarkovskij si rende conto che ormai non può più tornare indietro. L’ostracismo delle autorità sovietiche, anzi,
gli rendono necessario alzare i toni, nella speranza di smuovere le cose e
riunificare la sua famiglia, e nel 1984
chiede e ottiene asilo politico dagli Stati Uniti, con un annuncio che viene
dato in una affollatissima conferenza stampa a Milano.
Ma il regime di Mosca non è disposto
ancora a cedere.
Nel 1985 Tarkovskij è impegnato nella
realizzazione del suo ultimo film, Sacrificio
(Offret), che rappresenta una sorta di testamento spirituale del grande
regista, con la storia di Alexander, un uomo che assiste al crollo di ogni cosa
in cui crede in seguito all'improvviso scoppio di una guerra nucleare, e
che disperato prega Dio di salvare il
mondo, facendo voto di rinunciare a tutto ciò che possiede, se questa sua
preghiera si dovesse realizzare.
Tarkovskij fa appena in tempo a
terminare le riprese del film. Il 6
dicembre del 1985, a
Parigi, si sottopone ad una radiografia e scopre di avere “un’ombra” nel
polmone sinistro. Dieci giorni dopo gli viene diagnosticato un tumore
incurabile.
I Diari registrano la reazione umana di
Tarkovskij, il dolore profondo, anche la disperazione, che però si rivolge
subito ad altro, agli altri, a coloro che ama:
L’uomo
nel corso della propria vita sa che prima o poi dovrà morire. Non sa però
quando morrà, perciò sposta questa scadenza lontano nel futuro. E questo lo
aiuta a vivere. Ora, invece, io lo so. E niente mi può aiutare a sopravvivere.
E questo è molto duro. Però ora la cosa
importante è Lara. Come potrò dirglielo ?! Come potrò infliggerle un colpo
tanto tremendo con le mie stesse mani ?!
Come reagirà ? Come farà in
futuro per Andrjusa e la mamma ? (14)
Bisogna continuare a combattere
per ottenere il loro espatrio. Andrjusa ha bisogno di vivere libero, non deve
vivere in prigione. Visto che abbiamo cominciato su questa strada, bisognerà
andare fino in fondo. (15)
(segue -4./)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
11.
Op.
cit. pag.486
12. Op.
cit. pag. 550
13. Op.
cit. pag. 556
14. La “mamma” a cui si riferisce qui è Anna
Semenovna, madre di Larisa, cioè la suocera di Tarkovskij, che è colei che per
tutti gli anni dell’esilio di Tarkovskij si è occupata del nipotino, Andrej, e
che riuscirà a lasciare la
Russia , proprio a causa della malattia di Tarkovskij, insieme
al bambino, un mese dopo questa nota scritta dal regista.
15.
Op.cit. pag. 653.