Mildred Pierce è un romanzo scritto da 
James M.Cain - lo stesso del 
Postino suona sempre due volte - nel 1941.
La 
miniserie televisiva HBO (andata in onda su 
Sky) che ho visto di recente, 
è molto interessante e anche piuttosto innovativa rispetto al famoso film che dal romanzo trasse nel 1945 Michael Curtiz con Joan Crawford protagonista. 
La storia del libro è nota. E' ambientata a Los Angeles negli anni '30, 
in piena Grande depressione. 
Mildred Pierce è una donna che 
divorzia dal marito disoccupato e inefficiente e lotta per mantenere se stessa e le sue due figlie. L’eccessivo attaccamento nei confronti della figlia maggiore Veda la spinge a una scalata verso il successo, che da cameriera la vede diventare proprietaria di ristoranti; ma anche a scelte sbagliate sul piano professionale e privato che condurranno a conseguenze molto disastrose.
La serie televisiva è molto interessante ed è anche ovvio immaginare
 il motivo per cui la HBO abbia deciso di produrla proprio oggi: i tempi si assomigliano, in America come nel resto del mondo occidentale. 
La crisi distrugge ogni certezza e spinge - o spingerebbe - le persone a 
dare il meglio per cercare di venirne fuori.
Mildred è un tipo tosto. Reagisce con forza che appare sovrumana perfino alla morte della figlia piccola, che si ammala a 6 anni.
Ricomincia sempre daccapo. Non rinuncia, non si piange addosso.  Si prende e pretende il meglio, spinge sul tasto della propria incrollabile 
ambizione personale. Non si rassegna. Non solo non vuole soccombere, ma vuole anche invece
 affermarsi.      Dimostrare a tutti ciò che vale.
Il problema, però, è che Mildred, anche Mildred, deve fare i conti con il proprio 
fattore umano.
In termini psico-analitici si potrebbe dire, con la propria 
ombra.    L'ambizione, che per Mildred è uno straordinario mezzo di emancipazione sociale, è anche la sua condanna, il suo personale
 inferno.
Ciò che Mildred non percepisce, non vuole capire, non vuol sentire, è che l'ambizione la guida, e non è lei a guidare la sua personale ambizione.
In questo Mildred è una specie di Bovary del Novecento: perennemente in-soddisfatta di quel che ha (il marito, la posizione sociale, il lavoro), cerca quel che non ha, anche se 
non è alla sua altezza. O forse proprio per questo.
A differenza della creatura flaubertiana però, Mildred sa dare concretezza e continuità ai suoi sogni di grandezza.   Non sono semplici chimere.  Per buona parte della sua storia, Mildred sembra capace di poter controllare l'esaudimento dei propri desideri.
E però, la vita - in questo caso l'ombra che la vita di Mildred contiene - presenta il suo conto. 
Sotto forma di una 
figlia diabolica che ritorce contro la madre quegli stessi sogni di grandezza, uccidendone allo sbocciare ogni evidenza, rovinandone ogni godimento, contro-figurando ogni possibile soddisfazione emotiva, nel peggiore dei modi.
E' una buona lezione, Mildred Pierce - nella splendida interpretazione di 
Kate Winslet, oramai una delle migliori attrici del panorama contemporaneo.
E' una buona lezione, anche se arriva da una prospettiva puritana, tipicamente americana.
Ci spinge a chiederci, anche a noi, in giorni che appaiono sotto molti aspetti non lontani dalla realtà che vive Mildred nella sua piccola epopea di Glensville, 
 cosa sia veramente necessario, e cosa 
non lo sia.
Cosa 
serva realmente alla nostra vita - emanciparci socialmente, dimostrare a tutti chi siamo, far soldi - e cosa non lo sia.
Cosa resti in mano alla fine di tutto, quando l'età del corpo sfiorisce, insieme alle illusioni di cui ci piace costellare il nostro transito terrestre.