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14/01/20

Cinema: "Un sacco bello" compie 40 anni. Verdone ricorda Sergio Leone


"'Un sacco bello' compie 40 anni: usciva 40 anni fa di questi tempi. Leggendo della ricorrenza, nelle belle parole scritte dal critico Filippo Mazzarella, sono tornati a galla tante emozioni, tanti ricordi, su quel mio primo debutto, per il quale devo tutto a Sergio Leone, che punto' su un giovane e disse 'vediamo che sa fa". E anche grazie alla sua protezione ci sono riuscito".

Con queste parole inizia l'emozionato ed emozionante ricordo che Carlo Verdone affida alla sua pagina Facebook in occasione dei 40 anni del film che segno' il suo debutto cinematografico, e l'inizio della carriera di uno degli attori piu' importanti del panorama cinematografico italiano.

Tutto comincio' con i tre personaggi di Enzo, Leo e Ruggero (ma nella pellicola Verdone ne interpretava anche altri) e le loro peripezie tragicomiche in una Roma semideserta, in piena estate. Una Roma "poetica", come la definisce lo stesso Verdone.

"Credo che in quel film - sottolinea - ci sia una mia forte componente caratteriale, un po' malinconica, quella che conoscete, la grande solitudine di questa bella citta' che allora, all'epoca, aveva una grande anima. Nella gente, nel popolo, nelle atmosfere, nei rumori, nei suoni. E aveva tanta poesia, c'era una grande poesia. Poi l'aver ambientato il film a Roma d'estate, deserta, e' stata una bella intuizione. Una citta' dove non ci sono tanti rumori come oggi. Si sentiva il rumore dell'acqua di qualche fontana, qualche campana, qualche macchina che passava, qualche motorino smarmittato. Quella era Roma d'estate, una Roma vuota, quasi tombale, pero' con un gran fascino. E questi tre personaggi, queste tre anime, sole, pero' comiche nel loro modo di parlare, nella loro gestualita', sono stati tre intuizioni veramente notevoli".


L'attore pone l'accento sul fatto che quelle atmosfere, di una capitale piena di sogni e speranze all'inizio degli anni '80, non torneranno piu': "Vi ho consegnato un bel film, e vi ho consegnato un periodo, che purtroppo non tornera' piu'. Pero' non deve essere triste questo, perche' fortunatamente il cinema ha questa magia: quella di rendere immortali certi attori, certe immagini, certi scorci, certe atmosfere. Ce li ripropone. Magari piano piano col tempo diventano sempre piu' in bianco e nero, sempre meno a colori, pero' stanno li', e diventano come una carezza per l'anima. Tutto qua".


"Un pensiero - conclude Verdone - su un gran bel film, poetico, molto poetico. E un grazie, a tutti quelli che mi hanno aiutato a farlo. Mario Brega, Sergio Leone, Ennio Morricone per le musiche, Ennio Guarnieri il mio direttore della fotografia. E i tanti attori, i generici, le comparse, Isabella De Bernardi, la figlia dello sceneggiatore, che fa Fiorenza. Che bei ricordi. Pero', il film sta la', lo potete vedere quando volete. Magari d'estate e vi viene una botta di nostalgia oppure di immaginazione, su una citta' che non conoscevate".

Fonte: Claudio Maddaloni per Lapresse

18/05/18

Libro del Giorno: "Moccoletti Romani" di Mario Verdone.




Mario Verdone non era romano.  Era nato infatti ad Alessandria il 27 luglio del 1917 e nonostante i modesti mezzi familiari, riuscì a completare gli studi laureandosi a Siena in Giurisprudenza con Norberto Bobbio e una tesi in Filosofia del diritto.

Ma fu il 1941 l'anno della svolta della sua vita, quando si trasferì a Roma, città in cui negli anni della guerra cominciò a collaborare con le principali testate cinematografiche dell'epoca (da Cinema a Bianco e Nero) diventando poi docente di Storia e Critica del Cinema con corsi liberi di filmologia in diverse Università, fino alla collaborazione col Centro Sperimentale di Cinematografia. 

Divenuto quindi figura centrale in Italia degli studi sul Cinema, Verdone fu così assorbito dalla città, da divenire più che un romano di adozione. 

Questa riedizione dei suoi Moccoletti romani - voluta dai figli Silvia, Luca e Carlo, in occasione del centenario della nascita dello studioso, testimonia infatti di una passione totale per la storia e le tradizioni cittadine in tutte le sue forme. 

Verdone, in questi scritti sparsi che vanno dal 1948 fino agli anni ottanta e oltre, ripropone gli studi sugli spettacoli e le feste romane, su scrittori e pittori, sui viaggiatori, sulla gente di teatro e di cinema di ieri e di oggi, sui futuristi, insomma su tutto il mondo popolare e popolaresco, e artistico o erudito che ha fatto da sfondo alla vita della Capitale nel trascorrere di secoli e decenni, con una parte sostanziosa, evidentemente, dedicata al cinema, con pagine dedicate alla gloriosa storia degli stabilimenti Cines, al Neorealismo, a Cinecittà, a Orson Welles e alla sua ossessione per Piranesi.

Naturalmente si parla molto anche del Belli, di Trilussa, del Carnevale Romano, di cui i Moccoletti del Martedì Grasso (che danno il titolo al volume) erano un grande e scenografico epilogo. 

Verdone, che probabilmente ha trasmesso questa sua inclinazione al figlio Carlo - celebrato regista e attore -  ha coltivato sempre nella ricerca storica, il gusto per il particolare e l'inconsueto, ispirandosi al detto di Prosper Merimée: "nella storia io amo soprattutto l'aneddoto". 

C'è infatti in queste pagine una cura del dettaglio, una ricerca quasi maniacale dell'aspetto dimenticato, oscurato dagli anni, come nelle bellissime pagine dedicate a Federigo Tozzi, visto che a Verdone, poco dopo il suo arrivo a Roma, nel 1945, capitò di andare a vivere proprio nello stesso palazzo - in Via del Gesù, 62 - dove aveva abitato lo scrittore senese; o come nelle pagine che descrivono il difficile e idiosincratico rapporto di James Joyce con la Città Eterna. 

Un libro godevole, pieno di prezioso materiale per gli appassionati di cinema, di letteratura e naturalmente.. di Roma. 


Carlo e Mario Verdone