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24/09/22

La vera storia di "Mocha Dick" la Balena Albina che fu l'ispirazione del Moby Dick di Melville



Due avvenimenti reali costituirono la genesi del grandioso romanzo di Melville, dato alle stampe nel 1851, uno dei più grandi capolavori della letteratura di tutti i tempi: il  primo è l'affondamento nel 1820 della baleniera Essex di Nantucket, dopo l'urto con un enorme capodoglio 3 200 km dalla costa occidentale del Sud America. Il primo ufficiale Owen Chase, uno degli otto sopravvissuti, riportò l'avvenimento nel suo libro del 1821 Narrazione del naufragio della Baleniera Essex di Nantucket che fu affondata da un grosso capodoglio al largo dell'Oceano Pacifico.

Il secondo evento fu la presunta uccisione, attorno al 1830, del capodoglio albino Mocha Dick nelle acque al largo dell'isola cilena di Mocha. Si raccontava che Mocha Dick avesse venti o più ramponi conficcatigli nel dorso da altri balenieri e che sembrava attaccare le navi con una ferocia premeditata come raccontò l'esploratore Jeremiah N. Reynolds, nel maggio 1839 sul The Knickerbocker.

La fama di Mocha Dick era assai nota all'inizio del XIX secolo, a chi navigava nelle acque vicino all'Isola Mocha, al largo del Cile meridionale.

A differenza della maggior parte dei capodogli, Mocha Dick era completamente bianco,  e certamente questo fu di ispirazione per Melville.

Il cetaceo era grande e possente, capace di fare a pezzi piccole imbarcazioni con i suoi colpi di coda e si si assicurava che fosse sopravvissuto a molti scontri (secondo alcuni resoconti almeno 100) con le baleniere prima di essere ucciso.

L'esploratore Jeremiah N. Reynolds raccolse osservazioni dirette di Mocha Dick e pubblicò il suo resoconto, Mocha Dick: Or The White Whale of the Pacific: A Leaf from a Manuscript Journal ("Mocha Dick: o la balena bianca del Pacifico: un foglio da un giornale manoscritto"), nel numero di gennaio 1839 di The Knickerbocker, descrivendo la balena come "un vecchio maschio bianco, di taglia e forza prodigiose... bianco come la lana".

Secondo Reynolds, la testa della balena era coperta di cirripedi, che gli davano un aspetto duro. La balena aveva anche un metodo peculiare per soffiare: «Invece di proiettare il suo soffio obliquamente in avanti, e di ansimare con uno sforzo breve, convulso, accompagnato da un rumore sbuffante, come avviene di solito con la sua specie, lanciava l'acqua dal naso con un volume molto alto, perpendicolare, ampio, ad intervalli regolari e piuttosto distanti; la sua espulsione produceva un rombo continuo, come quello del fumo che sfugge dalla valvola di sicurezza di un potente motore a vapore.»

È molto probabile che Mocha Dick sia stato avvistato e attaccato per la prima volta in qualche periodo precedente all'anno 1810 al largo dell'Isola Mocha.

La sua sopravvivenza ai primi avvistamenti, abbinata al suo aspetto insolito, lo rese rapidamente famoso tra le baleniere di Nantucket. Molti capitani tentarono di dargli la caccia dopo aver doppiato il Capo Horn. A volte era alquanto docile, altre volte nuotava a fianco della nave, ma una volta attaccato reagiva con ferocia e astuzia ed era assai temuto dai ramponieri. Quando era agitato si tuffava in profondità e poi saltava fuori così aggressivamente che a volte tutto il suo corpo veniva completamente fuori dall'acqua.

Nel resoconto di Reynolds, Mocha Dick fu ucciso nel 1838, dopo che era parso venire in aiuto di una femmina sconvolta il cui piccolo era stato ucciso dalle baleniere. Il suo corpo era lungo 21 metri e produsse 100 barili d'olio, oltre a una certa quantità di ambra grigia. Aveva anche parecchi arpioni piantati nel corpo. 

Mocha Dick non fu l'unico caso di avvistamento di una balena albina. Una baleniera svedese sostenne di aver catturato una balena bianca molto vecchia al largo della costa del Brasile nel 1859.

Whipple riferisce che fino al 1954 c'era un uomo che viveva su Nantucket che asseriva di aver arpionato una balena bianca nel 1902. E nel 1952 Time Magazine diede la notizia dell'arpionamento di una balena bianca al largo della costa del Perù.

A partire dal 1991 ci sono avvistamenti riferiti di una megattera bianca vicino all'Australia, soprannominata Migaloo.


07/09/21

I Quattro Libri che Cesare Pavese regalò a Fernanda Pivano da studentessa e che le cambiarono la vita


Fernanda Pivano a vent'anni

Sono reduce dalla lettura di Olivia, l'unico romanzo scritto da Dorothy Strachey (1865-1960) completamente focalizzato sulla importanza deflagrante dell'imprinting educativo che scaturisce dalla lettura della grande poesia e della grande letteratura, in ambito scolastico-adolescenziale. 

Un esempio di questa folgorazione, destinata molto spesso a determinare le scelte e la vita successiva di un giovane che si affaccia alla vita è sicuramente data dalla vicenda di Fernanda Pivano, che nacque a Genova il 18 luglio 1917 da una famiglia alto borghese che lei stessa soleva definire vittoriana (come quella di Dorothy Strachey) secondogenita di Riccardo Newton Pivano (1881-1963), direttore dell'Istituto di Credito Marittimo, d'origini in parte scozzesi, e di Mary Smallwood (1891-1978) nata dal matrimonio tra Elisa Boggia e Francis Smallwood uno dei fondatori della Berlitz School italiana. 

Anche se genovese di nascita, la formazione della Pivano avvenne a Torino, dove si trasferì dodicenne  al seguito della famiglia, nel 1929. 

A Torino la Pivano fu iscritta al liceo classico Massimo d'Azeglio dove ebbe la fortuna di avere come compagno di classe in quarta e quinta ginnasio Primo Levi e come supplente di italiano Cesare Pavese, allora ventinovenne. 

La Pivano e Levi, dimostrandosi già mentalmente avanti, non vennero ammessi agli orali dell'esame di maturità nella scuola superiore già completamente fascistizzata, perché i loro temi per lo scritto furono  giudicati "non idonei".

Ma nel 1938 Pavese regalò alla giovane allieva quattro libri in inglese che segnarono il suo destino di scrittrice e traduttrice, facendo esplodere in  lei la passione per la Letteratura american: 

I quattro libri erano: Addio alle armi di Ernest Hemingway – che la giovane Fernanda tradusse clandestinamente in lingua italiana –, Foglie d'erba di Walt Whitman, Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters e l'autobiografia di Sherwood Anderson.

Sono in effetti quattro libri - soprattutto i primi tre - fondamentali per la Letteratura Americana del Novecento: libri sui quali si formarono le generazione future, anche nel dopoguerra, grazie anche all'opera di divulgazione e di traduzione di Fernanda Pivano.

Pavese avrebbe potuto sceglierne anche altri ovviamente.

Ma quelli li scopri da soli, Fernanda, se si pensa che qualche anno più tardi, il 17 giugno 1941, si laureò in Lettere, proprio con una tesi su Moby Dick di Herman Melville.