QUANDO TUTTI I BOOMERS SCOPRIRONO L'ADORABILE DONNA NEVROTICA E FINIRONO PER INNAMORARSENE
di Fabrizio Falconi
Anno spartiacque: il 1977.
In quell'anno i boomers non sapevano ancora di essere boomers. Sapevano di essere in tanti, questo sì, perché le classi scolastiche erano strapiene e gli amici o i compagni di classe avevano tutti i fratelli e/o le sorelle.
I boomers crescevano in un mondo apparentemente dorato, perché anche se erano in tanti, si stava non male, dopo la rivoluzione dei costumi di fine anni '60, si potevano sperimentare cose nuove in giro e poi non c'erano missili sulla capoccia, non almeno la nostra, quella degli europei e dei nordamericani.
Anche i boomers, all'epoca, poi, si dividevano tra femmine e maschi. Più quelli che amavano persone del proprio sesso e che da qualche tempo avevano cominciato a farlo più liberamente.
I boomers maschi non erano così montati per il lavoro come gli X che seguirono, spallati come gli Y o leggermente ottenebrati dalla tecnologia digitale come gli Z.
I boomers maschi erano quindi mediamente più allegrotti, ma piuttosto imbranati. Venivano da modelli femminili importati dalla generazione perduta dei padri, indecisi tra le bambolotte atomiche americane e i positivi inquinamenti femministi della donna silfide del '68.
Tutto poi, in Italia, come sempre, avveniva in ritardo.
Ma il 1977... il 1977 i boomers all'improvviso si svegliarono dall'incatamento e scoprirono l'esistenza di un'altra tipologia di donna: la donna nevrotica.
Lungi dall'essere un'accezione negativa, questa caratteristica si presentava piena di mistero e invitante (anziché essere repulsiva come era stata per la generazione perduta) perché "strana" e decisamente sexy.
"Io e Annie", o meglio "Annie Hall", sdoganò da un giorno all'altro un appetibilissimo frutto amoroso come un bell'ananasso rimasto nel frigo molto a lungo che ci si è decisi finalmente a testare.
I boomers maschi sapevano, perché all'epoca si leggevano perfino i libri, che TUTTI, nell'età moderna, sono nevrotici e che dunque, anche loro lo erano. Perché la nevrosi era (ed è) la manifestazione della contemporaneità.
Il dottor Jung l'aveva genialmente definita, la nevrosi, come "sofferenza inautentica". E i boomers sapevano che era così, perché non c'era altro modo di definire la lamentazione, i dubbi, il contorcimento mentale (a Roma si chiamano "pippe mentali"), l'autoscarnificazione quando fuori si conduce una vita apparentemente sana e felice e si è circondati di cose che vanno bene o di problemi risolvibili.
Lo stereo-tipo della donna nevrotica - per di più intellettuale, intelligente, e sopratutto "figa" - si materializzò nel 1977 nei panni della meravigliosa rompiballe, logorroica, umorale, bipolare, ANNIE!
Una folgorazione.
I boomers italiani scoprirono in un colpo solo che per essere seducenti e fascinose non serviva affatto avere le curve di Monza della Antonelli o della Muti e nemmeno le gambe di 3 chilometri e il broncio della Birkin.
No, no, la Keaton aveva aperto una nuova strada. Le donne potevano vestirsi come maschi, essere spiritosissime, far morire dal ridere, sfasciare i cabassisi spaccando in 4 il capello alla nuova mostra di foto di Mapplethorpe o di Warhol, ma anche fare l'amore in modo meraviglioso.
La nevrosi - l'inconcludenza, l'indecisione, le lacrime e poi le risate, la battuta salace - era uscita dai reparti psichiatrici ed era diventata pane di modernità e perfino di amore.
Annie-Keaton era, anzi, la dimostrazione che ancora una volta le donne erano arrivate per prime: molto più brave e pronte e coraggiose nel riconoscere la propria nevrosi e nell'andarci a scavare dentro, ostentandola alla bisogna.
I boomers maschi arrivarono molto dopo. Per un po' si illusero di essere loro "i sani", quelli dell'equilibrio, della sicurezza, del conforto e della stabilità. Cagate autoriferite che durarono meno di un'infreddata di ferragosto.
Con un po' di tempo, anche loro capirono che si era tutti nella stessa barca e che anzi, se i maschi facevano così fatica a riconoscere e a venire a patti con le proprie nevrosi era soltanto per la solita vigliaccheria (derivante da paura primordiale) di guardarsi dentro e scoprirci qualche mostro.
Insomma, Diane Keaton se ne va a tempo debito. Quando la nevrosi ha perso quasi tutto quello che lei vi aveva mescolato di bello, cioè il fascino, l'intelligenza e l'ironia. Essendo oggi diventata la nevrosi il paradigma universale e autogiustificativo dell'egocentrismo e del narcisismo di massa, dell' "io sono fatto così e tu mi devi accettare."
Ah cara Diane, quanto ci mancherai ! (soprattutto a noi, boomers in via d'estinzione...)
Fabrizio Falconi