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11/01/25

19 Settembre 1969: quel giorno che i Beatles si separarono (dal Libro "La Fine del Sogno")


“Le cose erano diventate appiccicose, durante il White Album e anche durante la lavorazione di Let it Be (il progetto inizialmente chiamato Get Back n.d.a.)”, racconta Mc Cartney, “George lasciò per qualche tempo il gruppo in quel momento, e anche Ringo, ma riuscimmo a risolverlo”.  La questione però è destinata a ripresentarsi, più gravemente, finita la registrazione di Abbey Road, con Paul che ha pronto anche lui, il suo primo album solista. “Più o meno in quel momento”, continua McCartney, “tentai l’ultima carta. Avemmo un incontro negli uffici Apple (nel mese di settembre 1969, n.d.a.), e feci agli altri un discorso: «sentite, se c’è qualcosa che non va, dobbiamo sistemarlo. Quello che penso è che dovremmo tornare a essere una band, tornare come quella piccola unità che siamo sempre stati. Penso che dovremmo andare in piccoli club e fare un piccolo tour. Impariamo ad essere di nuovo una band insieme, non uomini d’affari». A quel punto, John mi ha guardato negli occhi e ha detto: «Penso che tu sia uno sciocco. E in effetti non avevo pensato di dirtelo ora, ma… lascio il gruppo». A quanto mi ricordo, queste furono le sue esatte parole. E le nostre mascelle sono cadute. Poi ha continuato, spiegando quanto fosse una bella sensazione togliersi di dosso quel peso, un po’ come quando aveva annunciato a sua moglie di voler divorziare. Un vero sollievo. Il che sarà stato sicuramente molto bello per lui, ma non per noi.”[1]

                Dal canto suo, John, a posteriori, riconosce che l’arrivo di Yoko nella sua vita ha dato l’impulso determinante per la decisione che venne comunicata quel giorno: “Ero un Beatle,” racconta nel 1980, “ma le cose avevano cominciato a cambiare. Nel 1966, poco prima che incontrassi Yoko, ero andato in Almeria, in Spagna per girare un film. Mi ha fatto molto bene. Sono stato lì per sei settimane. Ho scritto Strawberry Fields Forever, fra l’altro. Mi ha dato il tempo di pensare, lontano dagli altri. Da quel momento in poi stavo cercando un posto dove andare, ma non ho avuto il coraggio di scendere da solo dalla barca e spingerla via. Quando però mi sono innamorato di Yoko, ho capito tutto: “mio Dio, questo è diverso da qualsiasi altra cosa. Questo è qualcos’altro. Questo è più di un disco, di un successo, più dell’oro, più di tutto. È indescrivibile”.”[2]

                 Il drammatico (per le sorti del gruppo) incontro alla Apple, termina con un compromesso: la decisione presa da John, e il conseguente scioglimento dei Beatles, non verrà per ora annunciato. Ci sono importanti faccende economiche in ballo – rinegoziare il contratto discografico – e c’è da decidere cosa fare del progetto lasciato in sospeso - Get Back - dove ci sono canzoni straordinarie, tra le più importanti in assoluto scritte dai Beatles.

                 Quel giorno segna comunque la fine (ufficiosa) della loro avventura insieme. Il bilancio definitivo dice che dal 1963 al 1969, cioè in soli sei anni, i Beatles hanno scritto centottantatré canzoni. Lennon ne ha scritte in tutto settantatré e Paul quattro in meno, sessantanove. I due, insieme, ne hanno composte “soltanto” diciassette, anche se – in base all’accordo di ferro stipulato in gioventù, di cui ho già detto – tutti i loro brani sono firmati insieme con il marchio: Lennon & McCartney. Harrison ha scritto ventidue canzoni, Ringo soltanto due. Un’analisi approfondita, che i musicologi e i fan del gruppo hanno fatto, mostra la diversa preponderanza di uno o dell’altro, nel corso degli anni: all’inizio si devono alla penna di Paul i successi più importanti del gruppo, mentre nella fase centrale il peso creativo di John diventa prevalente; nella fase finale, infine, è di nuovo Paul a firmare come autore praticamente tutti i maggiori successi del gruppo, complice, sicuramente, il progressivo distacco di John.

               La separazione in atto, avvenuta in quella fine di settembre, segna l’inizio della “lunga morte” del gruppo, come la definì Lenno

TESTO tratto da LA FINE DEL SOGNO - Beatles, Manson, Polanski, di Fabrizio Falconi, Arcana Editore, 2024 - diritti riservati.




[1] K. Loder, McCartney Interview, op. cit.

[2] D. Sheff, John Lennon Interview, op. cit


28/10/24

Intervista a Fabrizio Falconi su “La fine del sogno. Beatles, Manson, Polanski” (Da VCB)


Intervista a Fabrizio Falconi e “La fine del sogno. Beatles, Manson, Polanski” (Da VGB - Vignaclarablog) 

 


“Gli Anni ’60 sono stati un decennio incredibile”. E, “di sicuro, quel che fecero quei quattro ragazzi di Liverpool, i Beatles, è qualcosa di unico e perfino leggendario”.

Parola di Fabrizio Falconi, giornalista e scrittore che si è immerso proprio in quel tempo per realizzare il suo nuovo libro: La fine del sogno. Beatles, Manson, Polanski”, pubblicato da Arcana. Del resto, sono stati gli anni in cui anche l’Italia è stata protagonista del boom economico e il mondo intero è stato attraversato dal cosiddetto Sessantotto, con i suoi movimenti di massa, ma anche con la sua Summer of Love e la sua Era dell’Acquario, con Woodstock, il Flower Power e la liberazione sessuale.

In questo contesto, anche il cinema e la musica hanno cambiato completamente stile e contenuti rispetto al passato. Ma cosa ha rappresentato davvero quell’epoca e cosa è cambiato dopo? E, soprattutto, che ruolo hanno avuto i “Fab Four”?

Lo abbiamo chiesto all’autore del libro, scritto con l’intento di offrire una chiave di lettura differente di quei tempi, mettendo in luce “l’incredibile mole di coincidenze, circostanze, fatti e fatalità che collegavano l’uno all’altro alcuni personaggi di quel periodo”.

Quando e perché è nata l’idea di scrivere un libro che racconta in che modo la storia dei Beatles si è intrecciata con la storia di personaggi come il fondatore della meditazione trascendentale Maharishi, il regista Roman Polanski, sua moglie Sharon Tate, la setta di Charlie Manson e l’assassino di John Lennon?

L’idea del libro è maturata nel corso degli ultimi due o tre anni. Collezionavo e studiavo da tempo materiale riguardante gli anni 1969-70 con l’ultimo periodo prima e dopo lo scioglimento dei Beatles. Più andavo avanti, più mi accorgevo dell’incredibile mole di coincidenze, circostanze, fatti e fatalità che collegavano l’uno all’altro alcuni personaggi di quel periodo.

Erano come i grani di un rosario, sembrava che ci fosse un filo unico nella storia di quegli incontri, una storia più grande che li teneva insieme e che chiedeva di essere nuovamente dipanata. Così, anche se la pubblicistica sui Beatles è smisurata, ho deciso di scrivere il libro, da questo punto di vista, che mi pare poco esplorato e assai interessante da scoprire”.

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