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19/12/21

E' vero che i cani non possono ammalarsi di Covid? Quel che ne sa la scienza

 


Sento ripetere spesso in giro, dall'inizio della pandemia, che "i cani non possono contrarre il Covid-19". Il riferimento è chiaramente ai cani che vivono in compagnia, nelle case degli uomini, ormai in misura massiccia. 

Secondo gli ultimi dati, i cani in Italia sono 11 milioni e 600 mila, ma il numero si riferisce a quelli registrati alle anagrafi regionali. Secondo le rilevazioni delle Asl locali, i cani nel nostro paese sono invece molti di più: oltre 27 milioni. Cioè circa 1 cane ogni 2 abitanti. 

Ciò fa capire quanto sia rilevante - e assai poco dibattuta sui mezzi di comunicazione - la questione.

La realtà è che - contrariamente a quanto si crede - anche i nostri amici animali possono prendere il Covid. 

"I cani possono contrarre l’infezione da Covid-19. Per la loro sicurezza facciamo attenzione ai comportamenti in casa e fuori, adottando semplici regole di igiene, soprattutto in presenza di casi di positività". E’ la raccomandazione dell’Istituto Superiore di Sanità che rilancia le regole per una corretta gestione di animali domestici in presenza del virus. 

Innanzi tutto l’Iss ricorda che gli animali non contagiano l’uomo: "Allo stato attuale - specifica l’Istituto Superiore di Sanità - non esistono evidenze che gli animali da compagnia svolgano un ruolo epidemiologico nella diffusione all’uomo di Sars-CoV-2. Semmai è vero il contrario. I nostri animali possono contrarre l’infezione attraverso il contatto con persone infette e sviluppare occasionalmente la malattia. Pertanto, occorre adottare misure precauzionali in casa anche per gli animali"

Ecco alcuni consigli dell’Istituto Superiore di Sanità per un accudimento sicuro: lavarsi sempre le mani prima e dopo il contatto con gli animali e dopo aver pulito la cuccia; pulire loro le zampe dopo la passeggiata e prima di rientrare in casa. 

Se si sospetta di avere l’infezione da Covid-19 limitare il contatto col proprio animale e affidarne le cure a un altro membro della famiglia o a un esterno; se non è possibile, usare sempre mascherina e guanti; assicurarsi che il proprio animale stia bene e, in caso contrario, curarlo solo con farmaci prescritti dal veterinario.

Fonte ISS - La Nazione 


04/12/21

Perché meravigliarsi che 3 milioni di italiani dichiarino di non credere all'esistenza del Covid? Ecco in cosa dichiarano di credere gli americani




In molti, in queste ore, hanno espresso sorpresa o scandalo per la notizia che, secondo un recente sondaggio, circa 3 milioni di italiani dichiarino di non credere all'esistenza del Covid. 

Un dato che rappresenta circa il 5% degli italiani e che però non dovrebbe più di tanto apparire incredibile, soprattutto se si paragona la nostra realtà con quella degli Stati Uniti, un altro paese dove il numero di coloro che non si sono vaccinati perché non credono nell'esistenza della malattia e credono invece a qualche tipo di complotto è molto alto. 

In generale poi, gli americani risultano molto molto più "creduloni" di noi, rispetto a questioni scientifiche molto serie. 

In un recente sondaggio su scala nazionale, effettuato nel 2018 infatti, è risultato che addirittura il numero di americani che credono nei miracoli è più alto di quelli che credono nelle teorie evoluzionistiche di Darwin.

Più in generale, la gran parte degli americani credono in Dio, negli angeli e nei miracoli mentre solo il 47 per cento crede nella teoria darwiniana dell'evoluzione, rivela il sondaggio realizzato dall'istituto della Harris Poll. 

L'80 per cento degli intervistati ha detto di credere in Dio mentre il 75 per cento crede nei miracoli e il 73 per cento nel paradiso. 

A credere negli angeli sono il 71 per cento degli americani, mentre al diavolo crede solo il 59 per cento. 

Leggermente piu' numerosi (sono il 62 per cento) coloro che credono nell'inferno. 

Una percentuale inferiore presta fede alla teoria evolutiva di Darwin (il 47 per cento). 

Il 44 per cento crede ai fantasmi, il 36 per cento alla esistenza degli Ufo, e addirittura 31 per cento alle streghe (!). 

Il sondaggio esamina anche le differenze tra Cattolici e Protestanti: i primi sono piu' propensi a credere a Darwin (52 contro 32 per cento), ai fantasmi (57 contro 41 per cento) e agli Ufo (43 contro 31 per cento).

Dunque... è proprio il caso di dire: nulla di cui meravigliarsi ! 

04/06/20

Covid-19. Dopo Tre Mesi, un bilancio serio e esauriente di un addetto ai lavori. Da condividere contro la diffusione di false notizie




A più di tre mesi dallo sviluppo dell'epidemia da Coronavirus in Italia, propongo questo efficace, sintetico e equilibrato resoconto di uno dei medici che sono stati impegnati in prima linea durante la diffusione del Coronavirus, Claudio Micheletto, Direttore della Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. 
E' un promemoria e una testimonianza da leggere e di cui fare tesoro, in un momento nel quale si ascoltano e si diffondono false informazioni e superficialità di ogni tipo.

Dopo ottanta giorni abbiamo chiuso un reparto COVID, stiamo tentando di tornare a vita normale. Ci portiamo dentro tante storie, tanta fatica, ma anche tante soddisfazioni. E’ il momento di fare qualche serena meditazione, in questo periodo ne abbiamo lette di ogni genere. Questo è il mio decalogo, non contiene verità assolute, ma quello che ho respirato sul campo, giorno per giorno.
1) Il virus COVID 2019 è una infezione molto pericolosa. Guardiamo i numeri: negli stati Uniti muoiono ogni anno 16.000 persone di influenza (ultima pubblicazione JAMA 2019); negli ultimi tre mesi i decessi sono 107.000;


2) Il numero dei decessi in Italia è reale, eventualmente sottostimato perché non rientrano nelle stime ufficiali tutti coloro che sono morti a casa o nelle RSA. Quando si chiude una cartella si scrive il DRG (diagnosis related group). Lo facciamo da oltre 30 anni, sappiamo farlo, le persone morivano DI COVID, con difficoltà respiratoria e polmoni imbiancati, non certo CON il COVID. Non insegnateci questa pratica, lo sappiamo fare;

3) Sono state fatte delle autopsie in tutto il mondo, non servivano grandi numeri, sono tutte uguali, non c’è dietro nessun complotto. Alveoli ripieno di materiale infiammatorio, come tutti i distress respiratori, ed alterazioni a carico del microcircolo. Fare tante autopsie non avrebbe aggiunto niente, sin dal primo giorno abbiamo trattati tutti i pazienti con anti-coagulanti, aggiustando la dose a seconda di determinati valori ematici. La coagulazione aumenta in corso di infiammazione, è una nozione molto antica;

4) Le misure di contenimento hanno consentito di spegnere gradualmente l’epidemia. Forse in alcune zone potevano essere promulgate prima, in altre potevano essere interrotte qualche settimana prima, ma non cambia la sostanza. In nessun Paese il virus è scomparso con misure alternative: il modello svedese è fallito, in Brasile la situazione è fuori controllo, Stati Uniti ed Inghilterra hanno dovuto far marcia indietro;

5) Sappiamo come curare nel miglior modo possibile questa malattia. Non esistono farmaci specifici, ma se usiamo con competenza antivirali, idrossiclorochina, anticoagulanti, cortisone, etc. riusciamo a guarire quasi tutti i pazienti. Siamo in difficoltà con coloro che hanno tante malattie concomitanti. Ora dobbiamo analizzare i risultati delle nostre casistiche per valutare quali di questi interventi è fondamentale nella gestione del COVID. Tra le possibilità vi è anche il plasma, che abbiamo raccolto ed usato anche nel Veneto. Non esiste una congiura contro il plasma, la cautela deriva dalla necessità di valutare i dati. A breve arriveranno i risultati dei protocolli e ne discuteremo senza preclusioni.

6) Nella mia personale valutazione l’ossigenazione e la ventilazione sono fondamentali, il Veneto ha avuto buoni risultati anche per la presenza di 16 Pneumologie che hanno triplicato il loro numero di posti letto, e le Rianimazioni hanno fatto altrettanto. La Sanità Pubblica serve a questo, mantenere una rete efficace nei confronti di malattie frequenti come quelle respiratorie, pronte ad allargarsi in caso di necessità;

7) Esiste una disciplina che si chiama risk management. Ora sarebbe il momento di ragionare sugli errori. Non per colpevolizzare qualcuno, ma per capire gli errori e non ripeterli in futuro. In questo dibattito è entrata purtroppo la politica: giudico gli interventi sanitari a seconda della tessera del Governatore o del Direttore Generale. Non è questo il metodo corretto, spero che le persone competenti, con la mente libera, sappiano analizzare con obiettività il passato e proporre modelli organizzativi efficaci per il futuro. Un esempio su tutti: la riapertura della scuola ed i trasporti;

8) La diagnosi precoce è utile in tutte le malattie. Se riesco ad individuare i Pazienti con tamponi o dosaggio degli anticorpi posso isolare i pazienti, oppure curarli in una fase iniziale, senza arrivare all’intubazione o alla ventilazione;

9) Il vaccino non è in antitesi con il resto delle misure, non devo scegliere tra vaccino, plasma o cure. Il vaccino serve a prevenire, lo aspettiamo;

10) Gli Infermieri, i Medici, i Fisioterapisti hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma non mi dimentico degli amministrativi, che hanno lavorato per assumere in tempi velocissimi, gli uffici tecnici, l’ingegneria medica e tutti questi servizi, che hanno ampliato reparti ed assicurato il materiale sanitario.


Ma non siamo degli eroi. Negli ultimi anni, nelle mie scorribande di lettore onnivoro, ho scoperto Rocco Schiavone, scontroso vice-questore creato dalla penna di Antonio Manzini. Nell’ultimo libro Rocco è ricoverato in Ospedale, e ci racconta così:
"L’Ospedale gli pareva un aeroporto. Con decolli e atterraggi. Nascita e morte, guarigioni e complicazioni, sorrisi e pianti. Una massa umana dolorante o sanata, piena di speranze o di illusioni. E intorno a loro i camici bianchi che aveva cominciato ad apprezzare ogni giorno di più. Uomini e donne col viso stanco, bruschi, sempre di fretta, rughe e occhiaie. Non avrebbe mai potuto fare il medico. Sapeva che sotto lo strato di cinismo, leggero come i camici che portavano, in fondo doveva esserci uno strato di amore. Altrimenti perché dedicare una vita a curare gli esseri umani? Rimetterli in pista? Lui gli esseri umani li detestava, fatta salva qualche eccezione. E non sopportava i lamenti e le ansie che gli altri gli scaricavano addosso”.


E’ proprio così Rocco. Hai capito tutto, senza quella fastidiosa retorica.

28/05/20

Domani, 29 maggio riapre al pubblico il BioParco di Roma



IL 29 MAGGIO 2020 IL BIOPARCO DI ROMA RIAPRE AL PUBBLICO
Acquisti dei biglietti solo on line. Nuove regole per la fruizione del parco.
 
Venerdì 29 maggio il Bioparco di Roma riapre al pubblico con nuove modalità di accesso provvisorie volte a garantire il rispetto delle regole del distanziamento sociale e della sicurezza. L’ingresso sarà contingentato e a numero chiuso. 
Il parco sarà aperto dalle ore 9.30 alle 17.00, con ultimo ingresso alle ore 16.00. 
In questa prima, delicata, fase non sarà possibile accedere alle aree al chiuso, incluso il Rettilario, per motivi di sicurezza.
In occasione della riapertura la tariffa dei biglietti è stata ridotta a 10 Euro per adulti e bambini e 3 Euro per i bambini al di sotto di un metro di altezza e gli accompagnatori delle persone disabili. Tale tariffa speciale è valida fino al 14 giugno.
I biglietti devono essere acquistati esclusivamente on line, su www.bioparco.it; si tratta di biglietti a data fissa giornalieri. L’acquisto si può agevolmente effettuare con uno smart phone sul momento davanti al cancello di ingresso.
In questa fase non è possibile effettuare nuovi abbonamenti o biglietti open; sono inoltre temporaneamente sospesi sconti, convenzioni e coupon promozionali.
Gli abbonati e chi ha acquistato biglietti open in corso di validità potranno accedere al Bioparco esclusivamente attraverso prenotazione obbligatoria chiamando il numero 348.9013384 tutti i giorni dalle 9.30 alle 17.30. È necessaria la prenotazione telefonica anche per tutti i titolari di abbonamenti e biglietti open che hanno diritto alla proroga a seguito della chiusura del Bioparco compresa nel periodo 11 marzo -28 maggio 2020. 
Per accedere al parco è obbligatorio per tutti – ad esclusione dei bambini da zero a sei anni – essere muniti di mascherina; all’interno del parco il pubblico troverà tutte le indicazioni utili per la visita, in primis rispettare la distanza di sicurezza, evitare ogni forma di assembramento e non toccare balaustre e vetrate.
 
Maggiori informazioni su bioparco.it – 06.3608211.
Link per acquisti: https://ecommerce.bioparco.it/it/shop/biglietti.
 
Seguici su: https://www.facebook.com/bioparcoroma/ - @bioparcoroma    
 

14/05/20

I "Consigli ai Medici" ritrovati di Camus prima di scrivere "La Peste" - oggi in un libretto omaggio nelle librerie Giunti



"Voi, medici della peste, dovete fortificarvi contro l'idea della morte e conciliarvi con essa, prima di entrare nel regno preparatole dalla peste. Se trionferete qui, trionferete ovunque e vi vedranno tutti sorridere in mezzo al terrore. La conclusione e' che vi occorre una filosofia"

E' uno dei consigli, pratici e spirituali, che si leggono nella "Esortazione ai medici della peste" pubblicata nell'aprile del 1947 nei Cahiers de la Ple'iade, quasi sicuramente scritta dal premio Nobel per la letteratura Albert Camus nel 1941 e vista come una delle pagine preparatorie e poi non messe nel suo romanzo "La peste", uscito proprio nel 1947 e che in questi mesi molti hanno riletto o scoperto, tanto che è tornato questa settimana nella classifica dei libri più venduti, perchè sembra racconti la nostra esperienza e parli di noi, invece di averne immaginata una 70 anni fa

Mai pubblicata in Italia, questa "Esortazione", ora tradotta da Yasmina Melaouah e proposta da Bompiani d'intesa con la Succession Albert Camus, suona, con le sue citazioni di Tucidide e del suo racconto della peste di Atene, profetica e profonda quanto il romanzo

Suggerisce ai medici una serie di norme oggi ingenue e inquietanti mutuate dal trattamento di contagi passati ( dall'uso dell'aceto, erbe aromatiche, all'uso di un camice di tela cerata) e li sprona a non aver paura ma ad assumere appunto una linea di condotta elaborata con filosofia che aiuti a saper avere una misura, a diventare padroni di se stessi, a respingere la stanchezza, a mantenere una serenita' d'animo nonostante tutto, aggiungendo: "Non vi e' nulla di meglio, a questo scopo, che consumare vino in quantita' apprezzabili, per alleviare un poco l'espressione affranta che vi verra' dalla citta' in preda alla peste". 

 Sono una decina di pagine, in omaggio ai lettori delle librerie Giunti al Punto e in ebook gratis sul sito Bompiani www.bompiani.it, che ammoniscono anche noi: "dovete diventare padroni di voi stessi. E, per esempio, saper fare rispettare la legge che avrete scelto, come quella del blocco e della quarantena. Uno storiografo provenzale narra che un tempo, quando uno di coloro che erano sottoposti alla quarantena scappava, gli veniva fracassata la testa. Non e' questo che auspicate. Ma non dimenticate con cio' l'interesse generale. Non venite meno a tali regole per tutto il tempo in cui saranno utili, quand'anche il cuore vi inducesse a cio'. Vi e' chiesto di dimenticare un poco quel che siete senza tuttavia dimenticare mai quel che dovete a voi stessi. È questa la regola di una serena dignita'". 

Le notazioni sono tante, da quelle pratiche come "non guardate mai il malato in faccia, per non essere nella direzione del suo alito", a quelle piu' morali: 

"Non dovete mai e poi mai abituarvi a vedere gli uomini morire come mosche, come accade oggi nelle nostre strade, e com'e' sempre accaduto da quando ad Atene la peste ha preso il suo nome. Non smettete di essere atterriti dai volti neri di cui parla Tucidide ... e continuate a rivoltarvi contro la terribile confusione in cui coloro che negano le cure agli altri muoiono nella solitudine mentre coloro che si prodigano muoiono ammucchiati gli uni sugli altri"

Camus quindi, ricordando ai medici che "Vi e' chiesto di dimenticare un poco quel che siete senza tuttavia dimenticare mai quel che dovete a voi stessi. È questa la regola di una serena dignita'", conclude con la sua visione delle cose: "Resta il fatto che nulla di tutto cio' e' semplice. Nonostante le maschere e i sacchetti, l'aceto e la tela cerata, nonostante la tranquillita' del vostro coraggio e il vostro saldo sforzo verra' il giorno in cui non sopporterete piu' questa citta' di agonizzanti, questa folla che gira a vuoto per strade roventi e polverose, queste grida, questo allarme senza futuro. Verra' il giorno in cui vorrete gridare il vostro orrore di fronte alla paura e al dolore di tutti. Quel giorno non avro' piu' rimedi da consigliarvi, se non la compassione che e' la sorella dell'ignoranza". 

Paolo Petroni per ANSA

28/04/20

Umberto Galimberti: Riflessioni ai tempi del Coronavirus sul senso del futuro


Umberto Galimberti per GQ ha scritto questa riflessione sui tempi che stiamo vivendo


Il cambiamento imposto dal coronavirus sembra una sofferenza difficile da sopportare, anche se l’umanità ha superato di molto peggio. Succede perché ci troviamo nella condizione in cui tutta la nostra modernità, la tutela tecnologica, la globalizzazione, il mercato, insomma tutto ciò di cui andiamo vantandoci, ciò che in sintesi chiamiamo progresso, si trova improvvisamente a che fare con la semplicità dell’esistenza umana. 

Siamo di fronte all’inaspettato: pensavamo di controllare tutto e invece non controlliamo nulla nell’istante in cui la biologia esprime leggermente la sua rivolta. Dico leggermente, perché questo è solo uno dei primi eventi biologici che denunceranno, da qui in avanti, gli eccessi della nostra globalizzazione. 

Se questo è il quadro, c’è forse un’incapacità di evolverci, come esseri umani? Il Cristianesimo ha diffuso in Occidente un ottimismo che ci ha insegnato a pensare in questi termini: il passato è male, il presente è redenzione e il futuro è salvezza. Questa modalità di considerare il tempo è stata acquisita dalla scienza, che a sua volta dice che il passato è ignoranza, il presente è ricerca e il futuro è progresso. 

Persino Karl Marx è un grande cristiano quando predica che il passato è ingiustizia sociale, il presente farà esplodere le contraddizioni del capitalismo e il futuro renderà giustizia sulla Terra. E Sigmund Freud, che pure scrive un libro contro la religione, sostiene che i traumi e le nevrosi si compongono nel passato, che il presente sia magico e che il futuro sia guarigione. Non è così. Il futuro non è il tempo della salvezza, non è attesa, non è speranza. Il futuro è un tempo come tutti gli altri. 

Non ci sarà una provvidenza che ci viene incontro e risolve i problemi nella nostra inerzia. Speriamo, auguriamoci, auspichiamo: sono tutti verbi della passività. Stiamo fermi e il futuro provvederà: non è così. Quindi cosa dobbiamo fare? Non c’è niente da fare, c’è da subire. Accettiamo che siamo precari: ce lo siamo dimenticati? Rendiamoci conto che non abbiamo più le parole per nominare la morte perché l’abbiamo dimenticata. 

Ammettiamo che quando un nostro caro sta male lo affidiamo all’esterno, a una struttura tecnica che si chiama ospedale, e da lì non abbiamo più alcun contatto. Una volta i padri vedevano morire i figli quanto i figli vedevano morire i padri. C’erano le guerre, le carestie, le pestilenze. Esisteva, concreta, una relazione con la fine. Oggi l’abbiamo persa. Quando qualcuno sta male, mancano le parole per confortarlo. 

Diciamo: vedrai che ce la farai. Che sciocchezza. Che bugia. Perché abbiamo perso il contatto con il dolore, con il negativo della vita. E quindi come facciamo ad avere delle strategie quando il negativo diventa esplosivo? Mi chiedete: il timore di cambiare è un limite valicabile? Facciamo prima un punto sulla realtà. Sono trent’anni che il Paese non è governato: accorgerci ora che abbiamo cinquemila letti in terapia intensiva quando la Germania ne ha 28 mila, scoprire che le carceri sono in subbuglio e che è possibile scappare sui tetti, ammettere adesso che andavano costruite altre strutture perché i detenuti potessero vivere in condizioni almeno vivibili; è il conto che stiamo pagando per essere stati distratti, per non aver preteso una guida vera. 

Per non parlare del debito pubblico: un macigno che si farà ancora più pesante per sopperire alle difficoltà economiche di questi mesi. È questo il limite, reale. E se lo troveranno davanti soprattutto i giovani, che al momento sembrano non morire con la stessa velocità e intensità dei vecchi: poi toccherà a loro, se non si ammalano, continuare a esistere in questo mondo. È un momento di sospensione, specie dalla frenesia quotidiana. 

Mi dicono: per molti è un valore positivo, per altri un monito del fato. Io penso che la sospensione ci trovi soprattutto impreparati: ci lamentiamo tutti i giorni di dover uscire per andare a lavorare, ma se dobbiamo fermarci non sappiamo più cosa fare. Non sappiamo più chi siamo. Avevamo affidato la nostra identità al ruolo lavorativo. La sospensione dalla funzionalità ci costringe con noi stessi: degli sconosciuti, se non abbiamo mai fatto una riflessione sulla vita, sul senso di cosa andiamo cercando. 

Siccome non lo facciamo, poi ci troviamo nel vuoto, nello spaesamento. E allora chiediamoci: il paesaggio era il lavoro? L’identità era la funzione? Fuori da quello scenario non sappiamo più chi siamo? Questo è un altro problema. Non basta distrarsi nella vita, bisogna anche interiorizzare e guardare se stessi. Finora siamo scappati lontano, come se noi fossimo il nostro peggior nemico. I nostri week end non erano l’occasione per volgere lo sguardo a noi, ai nostri figli. Erano fughe in autostrada. Perché conosciamo due modalità dell’esistenza: lavorare e distrarci. Fuori dal quel cerchio, è il nulla. Un quarto della popolazione italiana è estremamente fragile: il virus lo ha dimostrato. 

C’è chi si sorprende del relativismo della società rispetto ai più deboli. Ma è inevitabile. So bene che se mi dovessi ammalare io passerei in secondo piano, perché sono da salvare prima i giovani. Il problema è perché siamo arrivati a dover affrontare questo tipo di scelta, perché non abbiamo provveduto a creare le condizioni, e le strutture, per fronteggiare il dilemma. Moriremo per inefficienza. Se un virus si propaga con un numero di vittime paragonabile ai morti in guerra è chiaro che andrà tracciata − netta − la linea tra chi deve vivere e chi morire. 

Ora: l’egoismo non sta diventando adesso un valore primario. È già il valore primario nella nostra cultura. La solidarietà è andata a picco in questi anni. Individualismo, narcisismo, egoismo: sono tutte figure di solitudine. La socializzazione si è ridotta alla propria parvenza digitale. E se anche l’istruzione, superata questa fase sperimentale, costretta dai tempi, dovesse poi venire diffusa via internet? I ragazzi hanno bisogno di imparare ma anche di guardarsi in faccia, di ridere, di capire attraverso lo sguardo se l’altro dice la verità o sta mentendo. Hanno bisogno di esperienze fisiche. Nell’isolamento e nelle avversità, gli esseri umani hanno bisogno di sentire di non essere soli a lottare. 

I cinesi di Wuhan se lo gridavano dalle finestre. Quindi se la rete digitale ha reso possibile la connessione là dove non c’è possibilità di incontro, mi viene da pensare: bene, ottimo, ha dimostrato la sua utilità. Ma per come ha funzionato fino a ora, Internet ha anche isolato i nostri corpi. Un conto è dirsi le cose in rete, un conto è dirsele di persona. Il problema, da qui in poi, è di continuare ad avere una relazione sociale secondo natura, in cui un uomo incontra un uomo, e non l’immagine di un uomo in uno schermo. 

Quando potrà risollevarsi l’animo umano? E come? Il degrado è stato significativo. Secondo me l’animo umano era più all’altezza di queste situazioni all’epoca dei nostri nonni, quando la fatica e la penuria e la povertà erano le condizioni della solidarietà. Nelle società opulente abbiamo sviluppato invece l’egoismo, perché ci era consentito, non avendo più bisogno del nostro prossimo. Che l’umanità occidentale sia a perdere mi sembra evidente: siamo costretti in casa con le nostre scorte alimentari e il nostro letto caldo, l’unica pena che ci è inflitta è non poter uscire. Siamo il popolo più debole della Terra, il più assistito dalla tecnologia: se manca la luce per dodici ore andiamo nel panico. Mi spingo oltre: il razzismo di noi italiani, al di là di come viene indotto, ha una ragione radicata nell’inconscio. Abbiamo paura degli africani perché capiamo che quei signori capaci di attraversare i deserti, sopravvivere alle carceri e attraversare il mare sono biologicamente superiori a noi. Bios vuole dire vita. Ed è la biologia, accettiamolo, che vincerà.

Umberto Galimberti per GQ ha scritto questa riflessione sui tempi che stiamo vivendo



24/04/20

Arriva "Anthropocene- L'epoca umana", un bellissimo documentario sul dominio (malato) dell'Uomo sulla Terra, con lo spettro Covid-19



Non si puo' guardare 'Anthropecene -L'epoca umana', documentario di Nicholas de Pencier, EdwardBurtynsky e Jennifer Baichwal, senza pensare che l'attualità, l'oggi, sarebbero perfetti per il suo ultimo capitolo. 

L'ombra imminente del Coronavirus e' insomma sempre presente in questo film disponibile ora in VOD. 

Ma cosa vuol dire Anthropocene?

È un modo per definire un rito di passaggio non da poco, quello che vede per la prima volta gli esseri umani influenzare e determinare i destini della Terra piu' di ogni altra forza naturale messa insieme. 

L'Epoca Olocenica, iniziata 11.700 anni fa con lo scioglimento dei ghiacciai, sarebbe cosi' finita e sostituita dall'Anthropocene, dove gli esseri umani, diventati la specie piu' forte al mondo, minacciano ormai la sua stessa esistenza. 

Da qui immagini di tanti disastri, quelli derivanti dall'estrazione mineraria, l'urbanizzazione, l'industrializzazione e l'agricoltura.

E ancora la proliferazione delle dighe, il dirottamento dei corsi d'acqua e l'acidificazione degli oceani e, infine, la presenza invasiva di plastica e cemento

Originariamente concepito come saggio fotografico e terzo di una trilogia - dopo Manufactured Landscapes (2006) e Watermark (2013) -, il progetto multimediale si e' sempre piu' evoluto includendo installazioni cinematografiche, murales ad alta risoluzione di Edward Burtynsky, cortometraggi VR a 360 ° e, infine, installazioni di realta' aumentata.

E tutto questo con la voce di Alba Rohrwacher ad accompagnare le immagini di un disastro annunciato come quelle della barriera di cemento in Cina che copre il 60% della costa continentale, quelle delle suggestive miniere di potassio negli Urali, la grande barriera corallina in Australia e, infine, quelle degli stagni di evaporazione del litio nel deserto di Atacama

All'incrocio tra arte e scienza, Antropocene - L'epoca umana testimonia comunque, attraverso l'esperienza e non la didattica, un momento critico nella storia geologica - portando un'esperienza provocatoria dell'ampiezza e dell'impatto della nostra specie.

"La filosofia del nostro film - spiega Nicholas de Pencier - non e' mai stata quella didascalica ne' tantomeno quella intellettuale. Il desiderio era piuttosto quello di cercare di essere piu' empirici possibile con la speranza che lo spettatore, non essendo investito da troppe informazioni, ne ricevesse un effetto piu' intenso e forte. 

Avere a che fare con le sole immagini - continua il regista - spinge a essere piu' attivi, a riflettere sulla base di pensieri ed emozioni. Cosa che avviene meno se si utilizzano le interviste. 

Non fornendo molte informazioni avevamo bisogno di creare un interesse visivo anzi, direi, una seduzione visiva in grado di spingere il pubblico a contemplare queste cose. Abbiamo cercato comunque - conclude - di non creare una visione troppo estetica del disastro del mondo attraverso una scelta di luoghi che invitassero anche a riflettere in maniera piu' profonda". 

Fonte: Francesco Gallo per ANSA


21/04/20

Oggi Roma festeggia 2773 anni di storia ! Tutte le iniziative (nonostante il Coronavirus)



Roma oggi, 21 aprile, festeggia i 2773 anni di storia. 

Ecco le iniziative, pur nel clima surreale della pandemia che ha reso la città deserta. 

Oggi alle 16.30 sara' possibile partecipare sulla piattaforma gratuita Zoom alla conferenza in diretta del ciclo I martedi' da Traiano

Nel nuovo appuntamento, dal titolo La memoria sulla pietra, Maria Paola Del Moro parlera' del valore della memoria personale e familiare nella societa' romana. 

Attraverso i canali web e social del Museo Pietro Canonica, si potra' seguire il secondo appuntamento di Radio Canonica, il progetto divulgativo con podcast audio, dedicato al racconto della vita dello scultore piemontese e della ricca collezione di sue opere. 
Continuera' il percorso intrapreso nella prima puntata e si concentrera' sulle prime conoscenze artistiche del giovane Pietro nella puntata La scoperta dell`arte. Non mancheranno le attivita' dedicate ai piu' piccoli. 

Il Museo della Casine delle Civette a Villa Torlonia continuera', per il quinto appuntamento de La Casine delle Meraviglie, a raccontare la dimora del Principe Giovanni Torlonia attraverso gli animali che sono raffigurati al suo interno, proponendo ai bambini di disegnarli a casa. 

In questa occasione si parlera' del Salottino dei Satiri e della raffigurazione al suo interno di un animale portafortuna: la chiocciola. 

Alle 11 sulla pagina Facebook delle Biblioteche di Roma si ricordera' il Natale della citta' presentando un puzzle di immagini tratte dall'Album di Roma, progetto online nato dalla collaborazione tra l`Istituzione con Roma Capitale e l`Archivio Capitolino

Strumento unico per approfondire la conoscenza della Capitale, l`Album di Roma raccoglie immagini provenienti da archivi privati, enti e istituzioni, che ricostruiscono la Roma del Novecento: un volto a tratti dimenticato della citta', dei suoi territori e delle sue micro comunita'. 

Per i bambini l'istituzione alle 17.00 e' in programma, sempre sulla pagina Facebook delle Biblioteche di Roma, la presentazione del libro Roma in rima di Massimiliano Maiucchi, con le illustrazioni di Fabio Magnasciutti, novita' editoriale pubblicata da Palombi Editori.

 La video lettura delle filastrocche su Roma sara' accompagnata da guanti animati, oggetti, pupazzi e volumi pop-up e sara' intervallata da giocolerie, magie comiche, favole e canzoni. 

Con .TdROnline, .laculturaincasa e .iorestoacasa domani alle 16 sui canali social del Teatro di Roma verra' trasmesso il primo incontro del ciclo Luce sull`Archeologia per raccontare le origini di Roma, tra mito e storia, attraverso la collaborazione e gli interventi introduttivi dello storico dell`arte Claudio Strinati, del direttore dei giornali Archeo e Medioevo Andreas M. Steiner e del direttore associato dell`Istituto Nazionale di Studi Romani Massimiliano Ghilardi. Carmine Ampolo, professore emerito di Storia Greca alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Orietta Rossini, responsabile dell'Archivio Storico Capitolino, gia' Responsabile del Museo dell'Ara Pacis, e Anna Mura Sommella, gia' direttrice dei Musei Capitolini di Roma, illustreranno al pubblico i contesti archeologici dell`area centrale di Roma per comprendere la formazione della citta', in particolare gli scavi del Foro di Cesare e quelli sul colle Palatino. 

Inoltre, sono previsti un approfondimento sul Tempio di Giove Capitolino e un racconto delle origini di Roma attraverso sette capolavori ispirati al simbolo della citta', la Lupa. 


13/04/20

Nasce "Diario Comune" - Per ricominciare insieme, per restare umani




Da ieri, 12 aprile 2020, giorno di Pasqua, è online diario comune…un almanacco che mensilmente raccoglierà gli interventi di 12 artisti europei e  internazionali di diverse generazioni - diari, storie, osservazioni e visioni, ma anche omaggi, ricordi, progetti in corso

Un fecondo contagio che include vecchi e nuovi amici, e includerà coloro che, ora a noi sconosciuti, contribuiranno a costruire questo diario comune - per ricominciare insieme, per “restare umani”.

Koen Broucke, Maria Bussmann, Selene de Condat, Elzevir, Marilù Eustachio, Andrea Fogli, 
Lorand Hegyi, Giuseppe Gallo, Ugo Giletta, Felice Levini, Stefano Minzi, Lazslo Revesz, 
Petra Richar, Stefano Minzi…insieme a Caspar David Friedrich e Jean Dubuffet…
e tutti gli altri che parteciperanno ai prossimi numeri






11/04/20

Oggi, Sabato 11 aprile, vigilia di Pasqua, adorazione straordinaria davanti alla Sindone. Le dirette tv.



Preghiera straordinaria, che potrà essere seguita in tutto il mondo in tv o sui social, davanti alla Sacra Sindone, il sabato della vigilia di Pasqua. 

Centro di tutte le attivita' della diretta social, sarà la pagina Facebook'Sindone 2020', che andra' in rete a partire dalle 16.30 e terminera' alle 18.30

In Italia la preghiera straordinaria davanti alla Sindone sara' trasmessa in diretta su RaiTre nazionale dalle 16,55 alle 17,30, e contemporaneamente su TV2000. 

Nel corso della diretta, a cura dell'Ufficio di Pastorale giovanile della diocesi, verranno proposte testimonianze, riflessioni, esperienze che collegano la Sindone ai tempi difficili che in tutto il mondo stiamo vivendo

Monsignor Nosiglia, sarà solo di fronte alla Sindone. 

Saranno dunque rispettate le disposizioni del governo per contener i contagi da Cornavirus e neanche reporter e fotografi avranno accesso al Duomo di Torino, che conserva la Sindone. 

"Più forte è l'amore" e' il tema scelto dal Custode del Sacro lino, l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, tradotto in un segno grafico che si pone in continuita' con le ostensioni del 2015 e del 2018 . 

Il segnale viene rilanciato in tutto il mondo grazie al collegamento con il Centro Televisivo Vaticano - Vatican Media che provvedera' a distribuirlo via satellite a tutte le emittenti cattoliche italiane ed estere, in Europa, negli Stati Uniti, in Brasile e nell'Africa subsahariana. 

Tramite la distribuzione su Telepace il segnale sara' rilanciato in Nord Africa, Medio Oriente sul canale Sky 515 HD e Australia e ancora sul canale 815 TVSAT. 

La trasmissione sara' raggiungibile anche attraverso i siti di comunicazione della Santa Sede (www.vaticanews.va

Fonte: Askanews

07/04/20

Esce il "Dizionario dei tempi incerti". Parole per riflettere al tempo del Covid-19. "INFODEMIA" è la parola scelta da Franco Cardini


E' bellissima l'iniziativa lanciata in queste ore dal  Circolo dei lettori di Torino con il Dizionario dei tempi incerti, una collezione di parole scelte da filosofi, filologi, storici, antropologi e scrittori, protagonisti e protagoniste delle rassegne autunnali Torino Spiritualita' e Festival del Classico, da selezionare tra quelle che riempiono pagine di giornali, miriadi di chat e trasmissioni televisive, bisbigliate o urlate di queste giornate.

Serve a riflettere su quello che stiamo vivendo, come collettività e come individui.

Riporto qui la voce scritta da Franco Cardini: INFODEMIA 


L’età postmoderna ha velocizzato e intensificato in modo esponenziale ogni tipo di comunicazione. Ciò ha comportato un’autentica rivoluzione nei rapporti sociali e nei modi nei quali essi vengono ordinariamente concepiti: tale rivoluzione si è espressa anzitutto e soprattutto ai livelli informatico-telematici. Dove esiste contatto, esiste il pericolo di contagio. I due termini sono praticamente sinonimi, anzi tautologici: indicano la stessa cosa. Ma tra etimologia e semantica come sappiamo, v’è sovente un abisso. 

Il contagio è termine esprimente il concetto di affezione che transita da un individuo all’altro sulla base del contatto fisico, mediato o immediato che sia. Sul piano dei concetti e delle idee avviene la stessa cosa

L’informazione è una delle massime ricchezze di cui disponiamo, ieri come oggi. 

Diceva bene Dario Fo: “Il padrone è padrone perché conosce diecimila parole, mentre l’operaio ne conosce solo mille”. 

Informarsi significa imparare a conoscere meglio al realtà nel suo intimo, saperne conoscere meccanismi e strutture e quindi prevederne lo sviluppo. 

Anche sul piano negativo: una realtà negativa, ove se ne conosca in anticipo lo sviluppo, diviene più facilmente neutralizzabile o attutibile. 

Come dice Dante, “saetta previsa vien più lenta”.

Le informazioni, però, hanno due difetti. Primo, per essere adeguatamente e vantaggiosamente gestite hanno bisogno di una verifica che diviene tanto più complessa quanto più la notizia che ne costituisce l’oggetto è importante; e le notizie, quanto più sono o appaiono importanti, tanto più si diffondono accompagnate da una problematica che le rende complesse; per cui il tempo di arrivo di una notizia e quello d’una sua certa e proficua fruizione attraverso adeguata verifica sono inversamente proporzionali. 

Secondo, le informazioni dispongono di una massa volumetrica concettuale che, come qualunque altra massa volumetrica, tende a saturarsi più o meno rapidamente: unico antidoto metodologico a ciò sarebbe un’adeguata gerarchizzazione e selezione delle notizie che dipende da due fattori, vale a dire la competenza del soggetto chiamato a selezionarle e la loro obiettiva complessità. 

Quando una notizia complessa s’incontra (o, come più opportuno sarebbe dire, si scontra) con un destinatario incompetente a valutarla, la deflagrazione delle conseguenze negative di ciò può essere dirompente. 

 Conseguenza di ciò è che, come il rumore violento dell’acqua che precipita da una cascata finisce per produrre un effetto simile al silenzio, l’accesso della quantità delle notizia che si riversano su un qualunque soggetto finisce con l’annullare la loro qualità impedendone l’analisi selettiva e producendo ignoranza, incompetenza, incapacità di giudizio. 

L’infodemia è l’incontenibile e incontrollabile abbondanza qualitativa e quantitativa delle notizie: il primo aspetto di ciò, il qualitativo, ostacola o addirittura impedisce la loro gerarchizzazione e quindi la loro verifica selettiva; il secondo travolge chi ne è oggetto seppellendolo sotto una massa di dati ch’egli è impossibilitato a recepire e a ordinare. 

Risultato primario dell’infodemia è l’incapacità individuale e collettiva di accedere allo scopo primario dell’informazione: la possibilità di accortamente servirsene. 

29/03/20

Poesia della Domenica: "La peste" di Fabrizio Falconi







La peste


Non c’è posto, ogni spazio è stato occupato,
ogni fondo di pozzo, ogni bicchiere, ognuno
dei quanti, degli eoni, delle faglie, dei corsi;

la natura ritratta cerca scampo nell’indefinito,
nell’insito e nel contrario: avvelenando i cuori
e i polmoni, rinsavisce chiedendo ascolto.

Nelle trincee assolate cadono le foglie dell’inverno,
il nemico è ovunque e da nessuna parte, si sente
il suo richiamo e poi svanisce insieme alla nebbia

la truppa è stanca, il vento assente, i morti contano
se stessi e si danno appuntamento altrove, dove
la disattenzione non li fulmini come alberi nella radura,

tutto è venuto in un tempo, tutto nel tempo tornerà
alla luce, come una volta, come mai, come sempre.
Tornando a casa, canteranno, e mille bicchieri berranno.


Fabrizio Falconi - inedita 2020 


24/03/20

Perché i tabaccai aperti e le librerie chiuse??



I tabaccai sono aperti, ma le librerie no

Eppure sappiamo che anche la lettura da' dipendenza e che in certi frangenti e' assolutamente un bene necessario. 

E' vero che siamo tutti chiusi in casa e ce la passiamo molto, molto meglio di quel che sarebbe stato non molto tempo fa, quando non c'era il web con le sue infinite possibilita' di contatti a distanza, di gioco, di svago o l'enorme offerta tv, ma la lettura, il perdersi attraverso una pagina in mondi, storie, sentimenti virtuali coinvolgenti resta ancora uno "strumento" essenziale per vivere queste giornate

I librai protestano, molti ricordano come, prima dell'ultimo decreto, fossero rimasti aperti "per impegno e testimonianza di civilta'" in gran parte d'Italia. 

"Si deve essere trattato di un errore nella drammatica concitazione di questi giorni" dice Ambrosetti, presidente dell'Ali - Associazione Librai Italiani, cui si affiancano ovviamente gli editori, che chiedono aiuti come ogni altra attivita' produttiva, ma unendosi anche al coro di tutte le istituzioni culturali, dai cinema ai teatri e musica, che usciranno da questa situazione in gravissima sofferenza. Chi ha avuto un libro uscito nei giorni scorsi e' come non avesse pubblicato nulla e le case editrici hanno sospeso le nuove uscite in programma. Il pericolo e' in particolare per le librerie indipendenti, che gia' vivono un periodo difficile e devono puntare tutto sul rapporto personale col cliente, assediate come sono dalle grandi catene e soprattutto dalle vendite online

C'e' qualcuno che pare stia provando a tenere i contatti con i clienti via telefono o internet e recapitare i libri a domicilio nel quartiere, che e' un metodo di cui e' stata lasciata liberta' alle pizzerie, per esempio. 

"E' tutto vero, ma e' inevitabile che in questo momento si finisca per puntare sull'elettronica e vengano spinti in ogni modo gli ebook e sulle piattaforme di vendita come Ibs ce ne sono molti gratuiti, specie di titoli classici che gli editori hanno messo a disposizione, e per i piu' tradizionali si ordinano ovviamente anche i libri cartacei che arrivano veloci sino a casa o ci si rivolge a supermercati e edicole, che pero' hanno un'offerta limitata in genere ai bestseller", spiega Sandro Ferri, fondatore e patron con la moglie Sandra Ozzola delle Edizioni E/O e di Europa Editions Usa e UK, celebri come scopritori e editori di Elena Ferrante, ma noti anche per aver ritirato i propri titoli cartacei da Amazon che chiedeva sconti e percentuali "offensivi e insostenibili". 

Questo non ha impedito pero' che nelle settimane appena passate la E/O sia stata la seconda per vendite nella grande distribuzione (appunto supermercati e edicole) dopo il colosso Mondadori, proprio grazie ai volumi dell'Amica geniale'. 

Le piattaforme di vendita online, a conferma di tutto questo, pare abbiano avuto un'impennata di ordinazioni di circa il 50%. E in mezzo comunque restano gli autori, che si sono viste annullate tutte le presentazioni. Se di un libro si comincia a parlare, ora che si legge di piu', diventa pero' difficile reperirlo. Non parliamo poi di autori debuttanti, che spariscono nella confusione generale. 

Molti, come fanno appunto alla E/O, invitano e guidano i propri autori all'uso dei social, a farsi vedere, a parlare, a leggere brani dei propri libri, a colloquiare coi lettori, a partecipare alle iniziative collettive per far vedere che sono presenti in questo momento e partecipano alla particolare situazione mettendo in gioco la loro creativita', il loro carisma. 

20/03/20

Covid-19 - La felicità di appartenere a questa Italia


Lo dico da uno che è stato sempre allergico, da quando ero piccolo, al patriottismo italiano, che spesso (quasi sempre) ho sentito come abito impossibile da indossare e da condividere: troppo  spesso ipocrita e ridicolmente vanaglorioso, provinciale e inautentico, buono solo quando si vincono i mondiali o bisogna mostrare i muscoli facendo gli sberleffi ai francesi. 

La patria, ho sempre pensato, se esiste nella realtà, è un senso di comunità tra simili. E gli italiani non sono mai una vera comunità (che significa avere veramente cura e interesse per gli altri, e soprattutto per la cosa pubblica) , ma sempre gruppo, fazione, o purtroppo gregge. 

E però ci sono state e ci sono diverse circostanze in cui sento orgoglio o quantomeno dignità, grande dignità di appartenere a questo popolo, a questa (incompleta e mai compiuta) comunità. 

E questa è una di quelle. 

In questa circostanza - come nel dopoguerra - gli italiani stanno tirando fuori il meglio. 

Sono felice di non appartenere a un paese e a un popolo dove i malati vengono nascosti (Russia, Turchia, Egitto), dove nessuno sa e saprà quanti moriranno per una spaventosa epidemia. Sono felice di non appartenere a un paese e a un popolo (Usa, Gran Bretagna) in cui si accetta che in nome del populismo più becero, si lascino i malati malati, si dica loro di rimanere a casa e di curarsi a casa, e poi se tirano le cuoia, meglio così: meno pensioni da pagare per tutti, e una parte scomoda e inutile di popolazione si toglie dalla balle. 

E se proprio qualcuno si deve curare, si curino quelli che hanno il denaro. 

Sono felice di appartenere a un popolo in cui fino all'ultimo novantenne, sarà concessa la possibilità di curarsi, in cui verranno fatti tamponi fino alla fine, in cui non si nasconderà il numero impressionante dei morti, dei contagiati, di una cosa che si fa fatica ad arginare perché é una nuova peste sottile e subdola. Un paese e un popolo in cui non ci si vergognerà e non ci si vergogna della debolezza e si fa tutto il possibile - anche quello che lo Stato o uno stato non sa fare - per assicurare che l'umanità venga rispettata, anche nella malattia, anche nella morte.

Fabrizio Falconi
marzo 2020 

16/03/20

Cosa sono i virus? Quel poco che ne sappiamo



Quando sentite parlare di relativismo, ricordatevi che - ce lo insegna la pandemia attuale - il relativismo riguarda da vicino anche la scienza, che non è portatrice di verità assolute, ma solo di risultati parziali, validi fino a prima della prossima scoperta scientifica. 

Il fatto è che l'uomo - e dunque la scienza -  sa ancora pochissimo dei virus, che sono l'entità biologica in assoluto di gran lunga più abbondante sulla Terra.

Ma anche il concetto di "entità biologica" applicato ai virus è fonte di parecchi problemi: 

I virus infatti sono acellulari. Nel senso che non sono fatti di cellule, ma si replicano solo all'interno di altre cellule.

Il primo virus è stato scoperto nel 1892.

Attualmente si conoscono SOLO 5.000 specie di virus, descritte in dettaglio. Si ritiene però che ne esistano MILIONI di diversi tipi e che esistano in tutti gli ecosistemi della terra, anche i più estremi.

Nella storia dell'evoluzione, le origini del virus sono sconosciute.

I virus sono considerati da alcuni biologi come forme di vita, anche se in effetti, non essendo dotati  né di cellule proprie, né di metabolismo, sono spesso indicati come organismi "ai margini della vita", qualunque cosa questo significhi. 

I virus possono infettare tutti i tipi di forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi (compresi batteri e archeobatteri).

La gran parte dei virus sono talmente piccoli da essere invisibili anche al microscopio, essendo dell'ordine di  grandezza di un centesimo di un normale batterio.

I virus, come è noto, pur aggregandosi a forme biologiche - cellule - sono immuni dagli antibiotici. E un piccolissimo, quasi insignificante organismo "ai margini della vita" è ancora oggi in condizione di mettere in ginocchio una intera comunità - mondiale - di esseri umani.

In conclusione, la scienza sa ancora pochissimo di cosa sono e come funzionano i virus. Dovremmo tenerlo a mente quando sovraccarichiamo la scienza di aspettative quasi fosse la nuova divinità.

Fabrizio Falconi
marzo - 2020 

14/03/20

Covid-19: L'inattività come prova collettiva



Costretti all'inattività. Questo cui stiamo partecipando - con la pandemia da Covid-19 - è un interessante (oltre che angoscioso) - e inedito - esperimento sociale collettivo

Blaise Pascal in uno dei suoi famosi Pensieri, scriveva impietosamente che "Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo." 

Ora siamo costretti obtorto collo, a farlo, come non era mai stato fatto prima, almeno qui. 

Certo, non è la solitudine invocata da Pascal. 

La solitudine obbligata e ritirata del Covid-19 è attenuata parecchio dall'onnipresente schermo dello smartphone, che consola, accompagna, fa viaggiare virtualmente ovunque, intrattiene, diverte, riempie gli spazi, non lascia mai soli, proibisce di annoiarsi, esaudisce ogni desiderio e soprattutto come scriveva Pascal proibisce di starsene nella propria stanza da solo.

Perché come sappiamo, chi è dotato di quella protesi - TUTTI - ormai non è mai VERAMENTE solo. 

E però stavolta, la prova è assai interessante. Perché la versatilità infinita del nostro apparato tecnologico potrebbe - alla lunga - non bastare

Cominciamo ad avvertire, avvertiamo la nostalgia della non virtualità, del contatto soprattutto. Il famoso contatto umano. 

Che abbiamo dato per scontato, ma non lo è.

L'inattività obbligata, alla lunga ci trasformerebbe tutti come gli omini obesi nell'astronave di Wall-E, che vivono mangiando e guardando uno schermo. Non sembra una prospettiva allettante.

Fabrizio Falconi
marzo - 2020