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21/06/22

Libro del Giorno: "Spettri della mia vita" di Mark Fisher

 


Mark Fisher è uno dei pensatori più importanti e originali degli ultimi anni. E la sua lucidità analitica, la sua penna virtuosistica, ha influenzato notevolmente le generazioni fuoriuscite dal vecchio secolo in cerca di modernità e soprattutto di senso. 

L'opera di Fisher si lega indissolubilmente alla sua vicenda esistenziale: noto anche con lo pseudonimo di k-punk Fisher è nato a Leicester l'11 luglio 1968 ed è morto suicida a Felixstowe, 13 gennaio 2017.

Oltre ad essere filosofo, Fisher, divorato da una fame di curiosità e conoscenza, è stato anche sociologo, critico musicale, blogger, saggista e accademico britannico. 

Ha cominciato ad acquisire notorietà in patria nei primi anni 2000 come blogger, per poi diventare famoso per i suoi scritti riguardanti politica, musica e cultura popolare. 

Ha pubblicato diversi libri, diventati oggetto di studio e di culto tra cui Realismo capitalista (2009), opera che ha ottenuto un inaspettato successo, e ha scritto per diverse riviste, tra cui The Wire, Fact, New Statesman e Sight & Sound. 

Dopo ultimi anni difficili, in bilico sulla depressione, è morto suicida nel gennaio 2017, poco dopo la pubblicazione del suo ultimo libro, The Weird and the Eerie (2017). 

Fisher si è formato soprattutto sulla stampa musicale sul post-punk di fine anni 70, in particolare da riviste come NME, le quali trattavano non solo di musica, ma anche degli aspetti interdisciplinari che collegano musica a politica, cinema e fiction. Ha ottenuto un Bachelor of Arts in Letteratura inglese e Filosofia alla Università di Hull nel 1989, per poi finire il dottorato di ricerca alla Università di Warwick nel 1999, con una tesi dal titolo Flatline Constructs: Gothic Materialism and Cybernetic Theory-Fiction. 

Dopo un periodo in cui ha insegnato filosofia nelle scuole superiori, ha fondato nel 2003 il blog k-punk, che è stato considerato uno dei blog più di successo riguardanti gli studi culturali, un luogo nel quale  cultura popolare, musica, cinema, politica e teoria critica venivano discusse parallelamente da giornalisti, filosofi, amici e colleghi. 

Dopo altri anni molto febbrili, Fisher si è tolto la vita il 13 gennaio 2017 a 48 anni. 

La sua lotta contro la depressione è stata trattata da Fisher stesso in vari articoli e in Realismo capitalista, nel quale ha affermato che "la pandemia di angoscia mentale che affligge il nostro tempo non può essere capita adeguatamente, né curata, finché viene vista come un problema personale di cui soffrono singoli individui malati"

L'intuizione - e la battaglia - di Fisher era quella di far capire come alla base della depressione vi siano spesso o quasi sempre, il peggioramento delle condizioni sociali, l'abbattimento degli strumenti sociali da parte dei regimi neoliberali in Inghilterra come nelle altre parti del mondo. 

Dopo l’exploit di Realismo capitalista, Mark Fisher si confermò con Spettri della mia vita, che raccoglie molti articoli sparsi e che riuniti insieme descrivono il filosofo inglese come un grande e fidato navigatore in questi tempi fuor di sesto, "attraverso tutti i loro brividi e squarci, in mezzo a tutte le loro apparizioni e spettri, passati, presenti e futuri". 

Così scriveva perfettamente David Peace, all’uscita dell’edizione originale di questo libro. 

Spettri della mia vita è l’opera ardita di un uomo nato sotto Saturno che affrontava ogni giorno i suoi fantasmi, è il racconto struggente di uno scrittore e critico geniale che sentiva la nostalgia del futuro.  Per un futuro ormai cancellato dalle dinamiche perverse del mondo economico. 

Intrecciando indissolubilmente pubblico e privato, il libro coglie Mark Fisher nei suoi momenti più intimi e scoperti. 

La critica culturale sconfina in analisi esistenziale e cultura pop, «di massa», si incarna nel singolo, che vive nella sua concreta esperienza i fenomeni di cui scrive. Tra letture di Sebald e Peace, ascolti di Joy Division e Burial, visioni di Stalker di Tarkovskij e Inception di Cristopher Nolan, Fisher compone una mappa del sentimento individuale e collettivo.

Fabrizio Falconi

Mark Fisher

05/12/20

Byung-Chul Han: "Per poter pensare ci vogliono silenzio e vuoto"


Byung-Chul Han è uno dei più interessanti filosofi contemporanei. Questo è un brano dell'intervista rilasciata al Suddeutsche Zeitung nel dicembre del 2012 e che oggi appare quanto mai attuale. 

E' nato in Corea del Sud nel 1959 e ora è professore di filosofia e studi culturali all'Università delle Arti di Berlino. È diventato noto grazie al suo bestseller »Die Müdigkeitsgesellschaft« (2010) sulla crescente cultura dell'autosfruttamento. Nel suo libro “The Transparency Society” (2012) descrive come ci stiamo sviluppando in una società di controllo totalitario con il pretesto della democrazia e della libertà di informazione.

Credi che il networking digitale avrà effetti negativi sulla psiche delle persone a lungo termine? 

Non puoi dirlo oggi. Ma quello che colpisce è che comunichiamo così tanto che non ci sono più pause, non ci sono più silenzioUna lacuna in mezzo a questa marea di informazioni ci sembra insopportabile perché le interruzioni non hanno più un ruolo nella nostra società dell'informazioneLa rottura è la morte. Ed è per questo che spettegoliamo e disimpariamo a distinguere ciò che è importante da ciò che non è importante. Omettere e dimenticare può essere molto produttivo, per non parlare dell'intuizione, che perdiamo nella quantità di informazioni. Per poter pensare ci vogliono silenzio e vuoto.

E non ce ne sono quasi più

Sì, stiamo attualmente vivendo un'enorme accelerazione nel ciclo di segni, informazioni e capitaliPer questa accelerazione, tutti i segreti, le ritirate, le unicità, gli angoli e gli spigoli devono essere eliminatiSolo nella società della trasparenza il flusso permanente di informazioni e beni non incontra più resistenza. Nella società della trasparenza tutto è rivolto all'esterno, rivelato, spogliato ed esposto. Ci esponiamo all'attenzione.

Qual è la conseguenza?


Sosteniamo il turbo-capitalismo e la società della performance neoliberale rendendoci tutti una merceL'unico valore che ancora esiste è il valore espositivo. Questa è una drastica riduzione della vita e dell'esistenza.

Ma continuiamo a inviare messaggi per mostrare quanto siamo unici. 

Un errore. Facebook è un luogo in cui tutti sono uguali perché vogliono essere diversi. Ognuno ha la forma di una merce in modo che possa adattarsi al sistema. Nessuno può essere diverso su FacebookE il centro dell'uguaglianza è il pulsante "Mi piace". Perché non c'è il pulsante "Non mi piace"? Una guida per gli appuntamenti su Internet dice: Milioni di donne ti stanno aspettando. E cosa fanno gli uomini? Confronta. Separare la parola:
Confronta, che significa: fai tutto allo stesso modo. Viviamo nell'inferno dello stesso,
in cui le esperienze erotiche non sono più possibili.

È perché siamo troppo narcisisti? 

Sì, il mio nuovo libro parla di questo. Si chiama Agony of Eros e descrive che diventiamo depressi perché ci incontriamo solo ovunque. Siamo esausti di noi stessi, l'Eros, invece, è un'esperienza che l'uno viene strappato da sé dall'altroÈ un segno distintivo di una società sempre più narcisistica che l'altro scompaiaE con esso l'eros, cioè la possibilità dell'amore.

Dove vedi il limite per questo sviluppo? 

Penso che stiamo andando verso il disastro.

Ma l'anticapitalismo è di nuovo chic e la consapevolezza ecologica ancora di più. Non è possibile rompere la logica della trasparenza e della crescita e riformare il sistema prima che imploda?


Non importa quanto lontano si pensi, gli umani imparano solo attraverso i disastri, mai attraverso l'intuizioneNon ci sarebbe pace in Europa oggi senza la seconda guerra mondiale. Arthur Schnitzler una volta disse: “Le persone si comportano come i bacilli. Crescono e distruggono lo spazio in cui vivono, per cui alla fine periscono loro stessi. ”Questo confronto ha senso per me. Moriamo perché non siamo consapevoli dell'ordine superiorePoiché siamo in costante crescita, moriremo da quella crescita.

Quale potrebbe essere questo ordine superiore?


Solo un essere saprebbe che sarebbe più intelligente di noi.

Lo Spiegel una volta ti ha definito il "filosofo del cattivo umore". Adesso sappiamo perché.


Preferirei essere un filosofo di cattivo umore piuttosto che un filosofo di buon umore. Ad essere onesti, non sono affatto dell'umore. A volte sono triste, ma è diverso. Il pensiero è sempre una forma di resistenza. E sì, penso di sfuggire alla morte e servire la vita.