Non il dire che si è vissuta una vita senza rimpianti o senza rimorsi, ma il contrario, è secondo me l'indice dell'aver vissuto una buona vita.
Viviamo immersi dentro una retorica narcisistica che ci esalta sulla chimera dell'essere noi "padroni assoluti del nostro destino", insufflata da quell'altra finta epica esistenzialista delle canzoni - da My way a Je ne regrette rien - che decreta il trionfo assoluto delle scelte - giuste o sbagliate che siano non importa - come orgoglio di una vita degna di essere vissuta.
Ma invece non la mancanza di rimpianti o rimorsi, ma il fatto di averli vissuti, elaborati e superati (quelli che possono esserlo) è motivo di gioia e di vanto, nella economia di una vita.
Una vita senza rimpianti e senza rimorsi non è possibile, non è autentica e non è nemmeno una bella vita, perché non è umana.
Essere umani vuol dire essere fragili, vuol dire anche cadere e sbagliare, vuol dire spesso giudicare male le persone che si hanno vicine, vuol dire non essere grati, non mostrare l'amore che serve, fare del male anche quando non si vorrebbe farlo.
Non nutrire rimpianto o rimorso per questo è, questo sì, inumano.
La vita non è NON AVERE RIMPIANTI. La vita- il senso vero della vita - è avere e avere avuto una vita consapevole, cioè autentica; anche nel rimorso, anche nel rimpianto.
Fabrizio Falconi
- febbraio 2020