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19/09/21

Storia di una foto bellissima: Le Tre Ragazze a Campo dei Miracoli nel 1946

 


E' una foto meravigliosa quella che Federico Patellani, uno dei più grandi fotografi italiani, ha chiamato: Tre ragazze nel campo dei Miracoli a Pisa, nel 1946, il cui originale è conservato presso la Regione Lombardia al Museo di Fotografia Contemporanea).

C'è tutto in questa foto: la liberazione del popolo italiano dopo anni terribili, tragici. La nuova libertà conquistata, ma soprattutto la tenerezza, la dolcezza, la consapevolezza di poter tornare a meravigliarsi della bellezza del mondo.  E nessun luogo forse è più simbolico di quel Campo dei Miracoli di Pisa, dove davvero ogni miracolo appare possibile, e dove le tre ragazze hanno scelto di godere il sole sdraiate tra l'erba alta. 

E' il miracolo della tranquillità e del riconoscimento del mondo, ancora possibile, ancora intatto, ancora sorprendente e meraviglioso.

Federico Patellani, nato a Monza il 1º dicembre 1911 e morto a Milano nel 1977 è stato un fotografo e regista italiano, fotoreporter di guerra e vero caposcuola del fotogiornalismo in Italia, la cui notorietà si deve proprio ai suoi famosi reportages  sulla ripresa della società italiana nel dopoguerra. 

Ma già con lo pseudonimo Pat Monterosso era stato fotografo di guerra documentando la guerra in Russia nella seconda guerra mondiale. Il Fondo delle sue fotografie è immenso, consiste in più di 700.000 scatti, ed è conservato presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo. 

Figlio di Aldo, un avvocato di Monza, Federico comnciò a ad avvicinarsi alla fotografia da adolescente grazie proprio al padre, che oltre alla ripresa (gli regalò una macchina a tendina di piccolo formato), gli insegnò lo sviluppo e la stampa fotografica in camera oscura. 

Come ufficiale dell'esercito italiano nel 1935, fu incaricato di fotografare le operazioni del Genio in Africa orientale. Al suo ritorno in Italia scelse di lasciare la carriera di avvocato per dedicarsi completamente alla fotografia. La seconda guerra mondiale lo consacra fotografo di guerra: è infatti reporter sul Fronte orientale, poi in Italia dove nel 1943 fotografa gli effetti distruttivi dalla guerra a Milano e Valmontone, Cassino e Napoli. 

Nel dopoguerra è testimone della ripresa italiana per le maggiori riviste e giornali italiani. Negli anni '70 allarga le sue prospettive ad altre parti del mondo come il Kenya e diversi altri stati africani, Messico, Ecuador e nel 1976 in Ceylon. 

Muore a 65 anni, il 10 febbraio 1977, a Milano.

La professione di Federico Patellani era quella del fotoreporter di razza anche se aveva studiato legge e probabilmente avrebbe fatto l'avvocato se l'urgenza di testimoniare quello che vedeva non avesse preso il sopravvento. Il primo fotoreporter dell'Italia che usciva dal dopoguerra con le ossa rotte, le case sgarrupate, il lavoro da inventare, un po' come oggi, ma anche con una grande voglia di vivere. 

Rendiamo omaggio al grande fotografo e anche a queste tre sconosciute ragazze, i cui volti purissimi e i sorrisi resteranno sempre un simbolo di bellezza e di rinascita.

Fabrizio Falconi

28/12/20

Quando Orson Welles divenne Otello e scoprì il tradimento della sua "musa italiana"

 


Ci sono casi di film la cui lavorazione fu interrotta per motivi assai più contingenti di un conflitto mondiale. 

Il più pittoresco è quello dell'Otello di Orson Welles.

Nel dopoguerra impazzavano i film tratti da opere liriche, e il produttore Michele Scalera, vedendo Welles sul set romano di Cagliostro, lo immaginò nei panni del Moro musicato da Giuseppe Verdi. 

Orson invece pensava a Shakespeare, e nell'ottobre del 1948 iniziò le riprese a Venezia, in coproduzione con Scalera, con un cast misto: Jago era l'americano Everett Sloane, Emilia l'inglese Harriet White, Roderigo e Brabanzio i nostri Paolo Carlini e Giuseppe Varni; al fianco di Otello/Welles, nel ruolo di Desdemona, c'era Lea Padovani, che nei mesi precedenti s'era imbiondita e aveva studiato l'inglese.  

Si girò a piazza San Marco, a Palazzo Ducale, alla Ca' d'Oro. 

Welles, che aveva appena divorziato dalla Hayworth, aveva avuto amoretti e amorazzi con diverse fanciulle italiane e ora s'era preso una scuffia tremenda per la Padovani: la quale aveva accettato l'anello di fidanzamento ma lo teneva comunque sulla corda. 

Come ammise lei stessa più tardi, Orson non le piaceva granché; la lusingavano le sue attenzioni e l'ombra di Hollywood che intravedeva dietro la sua sagoma gigantesca. 

Aveva invece una relazione con Giorgio Papi, direttore di produzione di Otello, uomo già maritato e con prole. 

Sul set ne erano a conoscenza tutti tranne Welles, accecato dall'amore, che scoperse gli altarini nel peggiore dei modi: sorprendendo i due amanti in piena attività. 

"Io ho avuto le donne più belle del mondo, nessuna mi ha cornificato così!", si lamentava disperato davanti alla troupe, ferito al cuore e alla vanità. 

Il set venne smantellato e l'Otello venne concluso tre anni dopo, con un cast e una impostazione completamente diversi.   

Dei tremila metri di pellicola impressionata nell'autunno del 1948, sopravvivono nell'edizione finale pochissimi fotogrammi, dove la Padovani non è visibile o riconoscibile. 

Tratto da: Alberto Anile, Il romanzo dei film interrotti, Robinson, Repubblica, 24 dicembre 2020, pag. 30