30/06/21

Torna a Settembre il Festivaletteratura di Mantova, che compie 25 anni.


Il Festivaletteratura di Mantova compie 25 anni e li festeggia, dall'8 al 12 settembre, tornando nelle strade e nelle piazze con un'edizione, dopo le restrizioni per la pandemia, che vede piu' appuntamenti dal vivo rispetto al 2020

Un'edizione che cerca di raccontare il nostro tempo con oltre 250 autori e autrici presenti tra i quali Colum McCann, l'islandese Jón Kalman Stefánsson, l'inglese Ruth Padel, Milo De Angelis, Antonio Scurati fino al Carlo Verdone scrittore

Tra inediti dialoghi tra autori, riprese di format di grande successo, come le lavagne e la panchina epistolare, spazi di confronto tra saperi umanistici e scientifici (Scienceground), percorsi di "trasformazione" della citta', una casa d'arte e letteratura per bambini, sperimentazioni avviate nel 2020 come il furgone poetico, piazza balcone e Radio Festivaletteratura, arrivano alcune novita' come il Dante Jukebox e la pesca poetica.

Tornano anche i grandi autori e autrici internazionali, dal vivo e in collegamento video per chi li vuole seguire da lontano, con tra i nomi piu' attesi Alice Walker, voce iconica della cultura afroamericana, l'attivista e scrittrice statunitense Rebecca Solnit e Bernhard Schlink, uno dei massimi esponenti della narrativa tedesca contemporanea. 

Ci sono anche scrittori che si sono recentemente imposti all'attenzione dei lettori di tutto il mondo come Benjamin Labatut, Mariana Enriquez, Santiago Roncagliolo, Fouad Laroui e Aleksej Ivanov ed economisti come Gaël Giraud, Anne Case e Angus Deaton, premio Nobel 2015. 

A 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, il Sommo Poeta viene celebrato con un'azione poetica corale condotta dal Teatro delle Albe con oltre cinquanta adolescenti, con le collane alla Biblioteca Teresiana di Carlo Ossola e Andrea Canova su codici ed edizioni dantesche, gli incontri con Marco Martinelli, Lella Costa e Gabriele Vacis, il Dante Jukebox di Simone Marchesi - lettura critica a' la carte di terzine dantesche accompagnata dal vivo dai disegni di Roberto Abbiati. 

Nell'anno trans-pandemico, il Festival stimola riflessioni attorno alle complesse questioni connesse al cambiamento climatico e punta a mettere in campo azioni che vanno oltre i cinque giorni della manifestazione con l'adesione a progetti europei come C-Change, dedicato alla riduzione dell'impatto ambientale degli eventi culturali, e l'elaborazione di modelli e protocolli di monitoraggio. 

Accanto agli appuntamenti "verdi" su scarti, ecosistemi, cattura della CO2, geoingegneria climatica proposta in laboratori per ragazzi, letture, micro-lezioni, il punto focale del confronto, che vede coinvolti da diverse prospettive Christiana Figueres, Andri Snaer Magnasson, Luca Mercalli, e' come raccontare le trasformazioni di intere geografie e le loro gia' drammatiche conseguenze. Attenzione anche alla scienza, alla tecnologia e alle sue conseguenze sui nostri meccanismi cognitivi con autori come gli scienziati Giorgio Vallortigara, Peter-Godfrey-Smith e Joseph LeDoux, filosofi come Slavoj &.381;i&.382;ek, e un premio Nobel come Daniel Kahneman.

Al centro anche il confine tra casa e mondo esterno con una riflessione filosofica sull'abitare e sulla ridefinizione dei rapporti tra citta' e natura che coinvolge Emanuele Coccia, Luca Molinari, Marco Filoni, Annalisa Metta, Elena Granata. Con la scrittrice statunitense Deirdre Mask si parlera' di che cosa ci dicono di una citta' i nomi delle vie. 

Mentre 'Una citta' in libri' sara' dedicata ad Helsinki. Tra gli incontri quelli con la vincitrice del Booker Prize 2019 Bernardine Evaristo, con la giovane fumettista Josephine Yole Signorelli alias Fumettibrutti, con lo storico francese Ivan Jablonka e l'omaggio alla filosofa María Zambrano. 

Molti gli autori e autrici italiani in dialogo sulla letteratura tra cui Gabriele Romagnoli e Marcello Fois, Marco Malvaldi e Desy Icardi, Alessandro Piperno e Annalena Benini. E ancora Teresa Ciabatti ed Elisa Ruotolo sul racconto del corpo, Claudio Piersanti e Andrea Vitali sul romanzo d'amore scritto al maschile, Simonetta Agnello Hornby e Maria Attanasio sull'anima della Sicilia. 

E qual e' lo spazio della gioventu' in un mondo che fatica a immaginare un futuro? Ne parleranno tra gli altri Mario Desiati, Giulia Caminito e Antonio Dikele Di Stefano. Spazio ai piu' piccoli alla Casa del Mantegna con autrice di punta la scrittrice americana Susie Morgenstern. Non mancheranno gli appuntamenti musicali con tra l'altro due concerti di tema ambientale: le Tre Sonate Nordiche del pianista Fabiano Casanova e Vox balenae del Gruppo Musica Insieme, organizzati in collaborazione con Mantova Musica e una lezione sulla storia del melodramma con Marcello Fois e i Solisti della Fenice. 

29/06/21

Alla Francia il record dei Premi Nobel per la Letteratura




C'è un campo in cui la Francia non teme eliminazioni, e in cui si conferma da molti anni leader assoluta: è quello dei Premi Nobel per la Letteratura. 

Prescindendo dai giganti dell'Ottocento, come Gustave Flaubert, Marcel Proust, Honoré de Balzac, Stendhal, Guy de Maupassant, Arthur Rimbaud, Paul Verlaine, Charles Baudelaire, anche nel Novecento la Francia si è confermata la culla della letteratura europea, confermata dal prestigioso (e virtualmente imparziale) istituto del Nobel per la Letteratura, vigente dal primo anno del secolo, il 1901.

Il primo premiato fu infatti proprio un francese, Sully Prudhomme (1901), cui hanno fatto seguito altri 14 premiati transalpini. Nell'ordine:  

Frédéric Mistral (1904)
Romain Rolland (1915)
Anatole France (1920) 
Henri Bergson (1927)
Ivan Alekseevic Bunin (1933)
Roger Martin Du Gard (1937)
André Gide (1947)
Francois Mauriac (1952)
Albert Camus (1957)
Saint-John Perse (1960)
Jean-Paul Sartre (1964)
Claude Simon (1985)
Jean Marie Gustave Le Clézio (2008)
Patrick Modiano (2014)

E altri che si candidano fortemente a vincerlo nei prossimi anni come Emmanuel Carrère o Michel Houellebecq. 

Per completezza, questa la classifica, a seguire, per nazioni in base a Premi Nobel per la letteratura vinti: 

12 Stati Uniti Stati Uniti, 11 Regno Unito, 8 Germania e Svezia , 6 Italia e Spagna , 5   Polonia, Russia, 4 Irlanda,  3 Danimarca e Norvegia,  2  Austria, Cile, Cina, Giappone, Grecia, Sudafrica, Svizzera. 

Fabrizio Falconi

28/06/21

Marco Bechis, il regista di "Garage Olimpo", racconta finalmente in un libro la sua vita e le torture subite in Argentina

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E' un film rimasto nella memoria di molti, quel Garage Olimpo (uno dei principali luoghi in cui agirono indisturbati i macellai del dittatore Videla, a Buenos Aires) che, uscito nel 1999, raccontava le vicende di un gruppo di ragazzi arrestati, torturati e fatti sparire con i famigerati "voli della morte", in Argentina negli anni '70.

Una storia che il regista, Marco Bechis, italo-cileno, aveva vissuto sulla sua pelle, e che finalmente ora ha trovato il coraggio e l'occasione di pubblicare in un libro, appena uscito. 

'Sentivo di essere perduto...ero entrato in una prigione mentale dalla quale era ancora più difficile scappare. Lo psichiatra mi aveva chiesto: Le tue emozioni le tieni da qualche parte, dove? Non emergono''. 

Quando Marco Bechis, di madre cilena e padre italiano, ma cresciuto in Argentina e ormai da 40 anni in Italia (tanto da dire di aver tradito la sua lingua per poter scrivere questo libro in italiano, come per prendere una qualche distanza) torna a Milano, ha la coscienza di quanto profonda e forte sia la ferita nella sua memoria della terribile prigionia e le torture subite al Club Atletico di Buenos Aires, tramutato dalla giunta militare dei generali Videla, Agosti e Massera in un carcere clandestino per prigionieri politici, in cui si diventava 'desaparacidos', perché era praticamente impossibile uscirne vivi. 

Ma Marco ne è uscito, perché per fortuna è 'un pesce piccolo' che non era mai davvero stato un Montoneros e per l'impegno del padre che in Argentina era stato un altissimo dirigente industriale e conserva debiti e amicizie che si muoveranno e avranno successo. 

Ma è una salvezza solo fisica, che i segni restano e soprattutto sono sepolti dai sensi di colpa, dalla vergogna di non aver fatto la stessa fine dei suoi compagni di reclusione, così da sentirsi un traditore: ''Quanto più aumentava il numero delle persone che risultavano scomparse, tanto più aumentava la mia vergogna'', tanto da scrivere: ''La mia vita è stato un costante tentativo di suicidio sventato più volte da altri, più che da me stesso''. 

Bechis, laureato in economia, diverrà uomo di spettacolo e regista di film sulla realtà del 'suo' paese, da 'Alambrado' a 'Hijos-Figli', passando per 'Garage Olimpo' in cui racconta e denuncia la sua esperienza, la realtà del Club Atletico, i cui prigionieri, alla fine, venivano caricati su un aereo e lanciati nell'Atlantico. 

''Mi interessava lavorare per sottrazione e così come non ho mai mostrato la violenza non volevo mostrare la personalità degli aguzzini''. 

E allora nel film non si vede la 'picana', un pungolo elettrico nato per far muovere gli animali al mattatoio e usato per torturare i prigionieri nudi legati a un tavolo conduttore di metallo, ma lo spettatore ne sente forte presenza e violenza. 

In queste pagine, invece, senza indulgere in particolari, c'è tutto ed è anche tirando fuori tutto che ''finalmente sono diventato vittima, scrivendo questo libro, dopo tanti anni vissuti come un traditore sopravvissuto''.

E' la verità delle pagine più terribili e centrali del racconto, che va da quel 19 aprile 1977 in cui fu sequestrato per strada, alla liberazione e poi sino ai nostri giorni, la cui narrazione è scandita dalla cronaca della finale dei Mondiali di calcio 1978 seguita oramai a casa col padre e vinti dall'Argentina con i tre generali allo stadio di Buenos Aires, le cui ''urla di giubilo coprono il massacro in atto''. 

Le pagine più forti restano quelle del ricordo di quando l'autore è chiuso in cella, dove la radio a tutto volume copre le urla dei torturati cui fa contraltare l'assurdo, frequente rumore di una pallina da ping pong, distrazione dei carcerieri, e lui è nudo, con solo le mutande, e perennemente bendato, con la coscienza che nessuno sa dove sia e senza sapere nulla del proprio futuro.

C'è solo l'atroce attesa di interrogatori e torture, col corpo sbattuto su e giù sul tavolo di ferro dalle scosse, specie dopo aver incontrato lì un'amica, che probabilmente è quella che ha fatto il suo nome: 

"Che cosa è successo, che metamorfosi istantanea della sua volontà è avvenuta col contatto elettrico? Come attraversa il corpo l'elettricità? Come modifica la volontà?'' si chiede, mentre la mente non fa che costruirsi percorsi di resistenza, schemi di risposte da dare con l'assurda illusione che accontentino i torturatori, che classicamente si alternano, il buono e il cattivo. 

Quest'ultimo lo rivedrà libero per le strade di Buenos Aires 30 anni dopo, quando Bechis torna a Buenos Aires nel 2010, chiamato dal tribunale argentino come uno dei rarissimi sopravvissuti per testimoniare al processo ai militari e gli aguzzini, in vista del quale ricostruisce i propri ricordi, riportando pure voci e storie di molte altre vittime, così che la necessità personale di fare i conti con quell'esperienza devastante, che è la forza di questo libro, riesce però a farsi esemplare e a documentare e ricostruire tutto, non solo i fatti, ma anche le reazioni, i sentimenti umani.


Il libro di Marco Bechis, intitolato  ''LA SOLITUDINE DEL SOVVERSIVO'' è in uscita da GUANDA editore (pp. 348 - 18,00 euro)



27/06/21

Colosseo, grande emozione: finalmente aperti gli Ipogei sotto l'Arena!



Così in basso, fino a oggi, non si era mai scesi. 

Eppure era là sotto, al buio, in quel dedalo di corridoi, passaggi, archi e antri così bassi da dover chinare la testa, che nascevano i più grandi spettacoli dell'antica Roma. Qui passavano schiavi, belve feroci, impressionanti macchine per stupire l'imperatore e il suo popolo. Sono gli ipogei del Colosseo, oggi lo chiameremmo il dietro le quinte di quel monumento simbolo dell'Italia nel mondo, che per la prima volta sono visitabili dal pubblico, grazie a un poderoso intervento di restauro e valorizzazione, seconda tappa di quel più ampio progetto che vede in prima linea l'aiuto del Gruppo Tod's. 

"Un lavoro molto complesso - spiega la direttrice del Parco archeologico, Alfonsina Russo - i cui risultati sono ancora in corso di studio", ma che pietra dopo pietra "testimonia tutto cio' che avvenne sotto alla grande arena dell'Anfiteatro Flavio, dalla sua inaugurazione nell'80 d.C. fino all'ultimo spettacolo nel 523". 

Un monumento nel monumento, ora visitabile su prenotazione percorrendo una passerella a serpentina lunga 160 metri, che dalla Porta Libitinaria arriva fino alla Trionfale, tra 15 corridoi anulari e sei tappe raccontate in App. 

E gli occhi e il cuore si ritrovano cosi' vicino ai muri oggi restaurati, da vedere anche i segni di fumo degli incendi che scoppiarono.

Oltre 15.000 metri quadri di superficie che ora attendono solo di tornare al buio, coperti come duemila anni fa, con l'installazione della nuova prossima pavimentazione dell'arena. 

"Vi hanno lavorato, 81 specialisti - racconta ancora la Russo per dare l'idea dell'operazione - ogni giorno, tra architetti, restauratori, geologi, fisici, topografi, ingegneri e operai. Con 55.000 ore e 7 mila giornate di lavoro". Iniziata nel dicembre 2018, questa e' la seconda fase degli interventi previsti nel progetto finanziato da Tod's, dopo i lavori del prospetto esterno del monumento, e che ora vede l'avvio di un terzo step con la realizzazione di un centro servizi che consenta di portare all'esterno le attivita' di accoglienza e supporto alla visita. 

"E' un vero orgoglio constatare che tutto quello che ci siamo prefissati dieci anni fa si sta realizzando - commenta Diego Della Valle, ad e presidente del Gruppo Tod's.  



26/06/21

L'atteso rapporto del Pentagono: Per la prima volta gli USA ammettono l'esistenza del fenomeno degli UFO, aprendo (anche) all'ipotesi aliena





Gli Stati Uniti non hanno una spiegazione sugli Ufo, o meglio sui fenomeni aerei non identificati. 

L'atteso rapporto del Pentagono e dell'intelligence - riportato dai media americani - non offre conclusioni definitive e, allo stesso tempo, non esclude 'attività aliena' lasciando di fatto la porta aperta a nuove teorie sugli extraterrestri. 

I 143 episodi registrati dal 2004, su un totale di 144, restano senza spiegazione. Di questi 21 potrebbero essere riconducibili a sperimentazioni di Russia, Cina o altri paesi con la tecnologia ipersonica. 

Non ci sono prove che gli episodi registrati riguardino programmi militari segreti americani, tecnologia sconosciuta russa o cinese o visite extraterrestri. 

 Ma anche in mancanza di prove si tratta, precisa il rapporto, di spiegazioni che non possono essere scartate del tutto. 

Il rapporto anche se inconcludente segna la prima volta che il governo americano ammette pubblicamente l'esistenza di tali fenomeni. 

"Dai 144 casi non ci sono indicazioni chiare che esista una spiegazione non terrestre per giustificarli, ma andremo dove i dati ci porteranno", spiegano funzionari del Pentagono illustrando il rapporto e annunciando la creazione di una banca dati per i fenomeni aerei non identificati e l'istituzione di protocolli per riportarli. 

Questo con l'obiettivo di raccogliere maggiori informazioni e dati che al momento mancano rendendo difficile raggiungere conclusioni. Proprio la mancanza di conclusioni apre la porta a nuove teorie fra i sostenitori dell'esistenza degli Ufo.

24/06/21

Tilda Swinton: "Pasolini un poeta politico senza tempo"






















"Un poeta politico senza tempo e per questo moderno". "Un artista sociale, senza legami". Ma anche, con un sorriso, "supersonico e intergalattico"

Il volto chiarissimo, gli occhi cerulei, l'attrice Premio Oscar Tilda Swinton, non lesina aggettivi per raccontare chi e' per lei Pier Paolo Pasolini, il regista e scrittore al quale dedica "Embodying Pasolini", performance realizzata insieme allo storico della moda, ex direttore del Museo Galliera di Parigi e fashion curator di fama mondiale Olivier Saillard, presentata in anteprima assoluta negli spazi del Mattatoio di Roma per il cartellone di Romaison. 

Cuore della performance, gli abiti capolavoro che Danilo Donati realizzo' per i film diretti da Pasolini e che ora la Swinton, semplice kimono bianco indosso, quasi fosse una seconda pelle, estrae da un grande scatolone e pezzo dopo pezzo indossa, in un gesto che e' molto piu' significante: e' quasi un incarnare su di se' cio' che tutte quelle creazioni raccontano, rappresentano, evocano, da pellicole come Il vangelo secondo Matteo, Uccellacci uccellini, Edipo re, Porcile, ma anche Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore dei Mille e una notte, fino a Salo' o le 120 giornate di Sodoma. 

Un omaggio non casuale. "Scoprii Pasolini girando il mio primo film, Caravaggio di Derek Jarman - racconta l'attrice - Lui ne era ispirato, come gran parte degli artisti intelligenti. E da allora Pasolini e' stato alla base di tutta la mia carriera. Oggi quando qualche studente mi dice di non conoscerlo rispondo: siete fortunati, perche' potete vederlo per la prima volta e andare a esplorarlo"

La performance debutta anche alla vigilia del centenario della nascita del regista, festeggiata il prossimo anno. 

23/06/21

"Chadzi-Murat" il capolavoro di Tolstoj sulla Guerra, che stregò Ludwig Wittgenstein


Adesso che l'ho finalmente letto - uno dei pochi Tolstoj che ancora mi mancavano - capisco pienamente perché Ludwig Wittgenstein, ai suoi studenti di Cambridge che partivano per la mattanza della Seconda Guerra Mondiale, raccomandava fortemente la lettura di questo breve romanzo e anche che lo portassero con loro in trincea.

A sua volta, Wittgenstein aveva letto e portato con sè, Chadzi-Murat quando si era arruolato volontario nelle file dell'esercito imperiale austro-ungarico all'indomani dello scoppio del Primo Conflitto Mondiale.

Era stata per lui una lettura fatale.

E se a distanza di 30 anni lo raccomandava alle reclute inglesi (nel frattempo egli si era stabilito a vivere e a insegnare a Londra), era perché aveva toccato con mano la portata dirompente di quel racconto lungo, come un definitivo apologo sulle dinamiche della guerra, di chi la conduce e di chi la vive sul fronte, della sua imbecillità e della sua ambiguità sottile.

Nessuno, meglio di Tolstoj, ha potuto e saputo raccontare la guerra, non solo nei suoi orrori ma anche e soprattutto nella folle ebbrezza che provoca in chi viene mandato al macello (ebrezza che nel caso della Wermacht era amplificata dalla diffusione obbligatoria massiccia delle potentissime metanfetamine che venivano assunte a manciate dai combattenti di ogni ordine e grado).

Tolstoj aveva vissuto in prima linea per anni la guerra in Crimea, conoscendo profondamente quei sentimenti profondi di dissoluzione e esaltazione che rapiscono i soldati mobilitati da un qualche ideale patriottico o semplicemente da primari registri umani come il rancore, la rivincita, la vedetta, l'onore.

Ma in Chadzi-Murat Tolstoj allarga il suo affresco fino alle stanze dei potenti, di coloro che la guerra la decidono, la impongono, la vivono, la giocano come ambizione personale e accrescimento smisurato del proprio potere.

In un lungo capitolo, il XV, Tolstoj descrive il ritratto forse più vero e terribile che sia mai stato scolpito di un tiranno, in questo caso lo zar Nikolaj Pavlovic.

In queste pagine nulla viene risparmiato, tutto viene mostrato: della pochezza umana, della qualità miserabile di questo essere umano che la sorte ha dotato di un potere di vita e di morte immenso. Dei suoi meccanismi psicologici primari, di lui e della ridicola corte di servili parvenu che gli si muove intorno.

Il capitolo XV venne, come è ovvio, interamente cassato dalla censura zarista quando il romanzo fu pubblicato a Mosca nel 1912, due anni dopo la morte di Tolstoj.

Fabrizio Falconi - 2021

22/06/21

L'incredibile ritrovamento di un Rembrandt a Roma


Scoprire in modo inaspettato la mano di uno degli artisti più celebrati della storia in un dipinto rimasto sconosciuto per secoli, mettere insieme come un puzzle ogni piu' piccolo indizio, riuscendo infine a vedere il momento ideativo dell'opera d'arte nell'attimo prezioso in cui ha preso forma
: una storia appassionante e miracolosa, frutto della felice unione di casualita' fortunate, intuito e scienza, quella al centro del simposio "Rembrandt: individuare il prototipo, vedere l'invisibile", che si è tenuto a Roma all'Accademia di Francia di Villa Medici, promosso dalla Fondazione Patrimonio Italia. 

Nell'ambito dell'incontro, primo appuntamento del progetto "Discovering Masterpiece" della stessa Fondazione, e' stato infatti rivelato il ritrovamento casuale ed eccezionale, avvenuto a Roma, di un dipinto a olio su carta applicata su tela, eseguito nel 1632-33 e attribuito sulla base di studi approfonditi a Rembrandt, un'opera mai mostrata fino a ora: il soggetto - tra i piu' classici della storia dell'arte e ampiamente trattato dal pittore fiammingo - mostra una splendida "Adorazione dei Magi", il cui prototipo e' stato considerato perduto e sopravvissuto solo in alcune copie celebri, conservate a San Pietroburgo e Göteborg.

L'opera - ora a disposizione di ulteriori indagini da parte della comunita' scientifica internazionale e il cui valore, se confermata l'attribuzione, potrebbe essere valutato tra i 70 e i 200 milioni di euro - e' di proprieta' di una famiglia romana, parte di un fondo storico artistico parzialmente risalente a fine '500 (in cui e' presente un filone di provenienza olandese al quale appartiene il dipinto in questione) ed e' protagonista di una vicenda che ha dell'incredibile

Dopo essere caduto accidentalmente, il dipinto (oggi custodito in in caveau a Milano) nel 2016 e' stato sottoposto a un restauro: proprio durante il recupero e la pulizia dell'opera annerita dalla vernice antica, grazie all'intuito e all'esperienza della restauratrice Antonella Di Francesco, il capolavoro ha abbandonato l'oblio ed e' emerso piano piano

Da questa scoperta ha avuto poi inizio una serie di studi approfonditi e di esami tecnici specifici e sofisticati sostenuti dalla Fondazione Patrimonio Italia che hanno aperto le porte alla conoscenza del dipinto.

Il quadro, di dimensioni 54x44 cm, e' collegato alla realizzazione di una serie di incisioni di tale identico formato di Rembrandt.

Le informazioni emerse rivelano i vari interventi di restauro realizzati nel corso di tanti anni ma soprattutto la presenza di un disegno preparatorio (non visibile a occhio nudo ma rilevato dalla riflettologia infrarossa). 

Gli studi fatti permettono di tornare indietro nel tempo e far conoscere la tecnica esecutiva di Rembrandt: una tecnica rarissima, fondata su sketch (con pennello, matita o altro medium) velato a olio su carta con successiva applicazione su tela.

I disegni portati alla luce, quasi invisibili osservando il quadro, sono stati realizzati da Rembrandt a mano libera, prima con una punta umida molto sottile e poi ricalcati con una penna: si tratta di figure che si mostrano come un piccolo, grande capolavoro, tutte dotate di vitalita' e di una propria potenza espressiva. 

Dalle indagini emergono anche i "pentimenti" dell'artista, sia nello sketch che nella stesura pittorica, e poi diversi dettagli presenti nel disegno che nella versione finale dell'opera non sono stati piu' evidenziati. 


21/06/21

Venezia compie 1600 anni ! Un ponte la unisce a Vicenza con la magia di Pietro Longhi, il grande pittore del Settecento e un Elefante


Da un elefante sbarcato in laguna nel 1774 nasce un ponte di arte e bellezza, di parole ed immagini, che unisce Venezia a Vicenza.
 

L'occasione sono le celebrazioni per i 1600 anni dalla fondazione di Venezia (421 - 2021): le Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari a Vicenza e la Fondazione Querini Stampalia a Venezia hanno avviato una collaborazione che e' un ponte fra due citta' e due istituzioni, all'insegna dell'arte. 

Il legame e' il celebre pittore veneziano del Settecento Pietro Longhi le cui opere - un vero viaggio nel tempo nella Venezia dell'epoca attraverso ritratti di vita della nobilta' e del popolo - sono fra i capolavori delle collezioni d'arte esposte al pubblico nei due musei.

Il progetto si intitola In viaggio con Pietro Longhi. Da Vicenza a Venezia: un ponte di immagini e parole, e' realizzato dai Servizi educativi di Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari e della Fondazione Querini Stampalia ed e' dedicato ai ragazzi della scuola primaria. 

Due quadri dell'artista Longhi vengono messi a confronto per raccontare agli studenti un'unica storia. 

Tutto ha inizio con il ritratto di un elefante sbarcato in laguna nel 1774, custodito a Vicenza, a Palazzo Leoni Montanari, per proseguire a Venezia, alla Fondazione Querini Stampalia, per conoscere la misteriosa dama che commissiona al Longhi il quadro con il pachiderma chiamato Condolio. 

Il volto della nobildonna Marina Sagredo, nascosto da una maschera nel dipinto di Vicenza, e' svelato nel suggestivo quadro esposto alla Querini Stampalia. 

Il progetto e' digitale, fruibile attraverso un video racconto e un video tutorial con l'obiettivo di realizzare in classe il laboratorio creativo. 

Per docenti e alunni rappresenta un'anticipazione di quanto sara' possibile approfondire con la visita in presenza, per conoscere "dal vivo" i capolavori, non appena le scuole potranno riprendere le uscite didattiche. 

L'attivita' e' strutturata in tre parti: "racconto un video" per immergersi nello spirito del Settecento, attraverso il racconto di due dipinti del celebre Pietro Longhi. Un'unica storia che inizia con il ritratto di un elefante, custodito a Vicenza, a Palazzo Leoni Montanari, per proseguire a Venezia, alla Fondazione Querini Stampalia, sulle tracce di un misterioso legame della stessa opera con la storia di una nobile famiglia; la seconda parte e' un "laboratorio creativo", un video tutorial a cui ispirarsi per realizzare, in classe, una coloratissima pagina pop-up sull'avventura veneziana dell'elefante Condolio; l'ultima parte e' una "scheda didattica", un utile supporto didattico, nella quale sono riportati la biografia dell'artista, le immagini delle due opere a confronto e l'elenco dei materiali utili per il laboratorio creativo.

17/06/21

L'incredibile Biblioteca di Umberto Eco trova casa !





I 44mila volumi (!) di Umberto Eco hanno finalmente trovato una casa: un'ala della Biblioteca universitaria di Bologna di via Zamboni ospitera', infatti, l'immensa collezione libraria del professore morto nel 2016 e per tanti anni colonna dell'Ateneo bolognese

I vertici dell'Alma Mater, insieme ai figli di Eco, Stefano e Carlotta, hanno infatti presentato il progetto che avra' due percorsi: uno virtuale, che sottolineera' ogni annotazione, sottolineatura e commento di Eco, uno fisico che nascera', appunto, in un'ala della Biblioteca universitaria che si affaccia su piazza Puntoni e dove i libri saranno disposti nello stesso identico ordine in cui li aveva disposti Eco a casa sua. 

Una volta completata (si ipotizza nella primavera/estate dell'anno prossimo) sara' un affascinante viaggio nel metodo di lavoro e nell'ordine mentale di uno degli intellettuali e scrittori italiani piu' tradotti al mondo

Negli anni successivi, arrivera' a Bologna anche l'archivio cartaceo di Umberto Eco, mentre la collezione dei libri antichi (circa 1.200 volumi tra incunaboli, aldine e prime edizioni) sono state cedute alla biblioteca Braidense di Milano che li rendera' disponibili digitalizzandoli. 

16/06/21

L'Accademia della Crusca mette al bando "piuttosto che" usato per dire "oppure"



"Usare 'piuttosto che' con valore di alternativa, cioe' nel senso di 'oppure', introduce un'ambiguita', e in un certo senso aumenta l'entropia della grammatica italiana per usare un termine della fisica". 

Lo sostiene Marco Biffi, professore di Linguistica italiana all'Universita' di Firenze e responsabile web dell'Accademia della Crusca in occasione della pubblicazione di "Piuttosto che", nuovo brano didattico composto dal cantautore Lorenzo Baglioni scelto come colonna sonora di una campagna di comunicazione realizzata da Regione Toscana e Giovanisi', progetto della Regione per l'autonomia dei giovani in collaborazione con l'Ufficio Scolastico Regionale. 

La locuzione 'piuttosto che' "e' antica quanto la nostra lingua. Non a caso, la si trova per la prima volta in uno scritto di Brunetto Latini, poeta fiorentino nonche' maestro di Dante Alighieri - prosegue Biffi -. Nel Duecento si scriveva staccata (piu' tosto che) cosa che rendeva ancora piu' evidente il suo significato di 'invece di', 'anziche''

Questo valore disgiuntivo e' rimasto intatto fino a quando, all'inizio del nuovo millennio, nella lingua parlata, abbiamo iniziato a usarlo in maniera impropria come sinonimo di 'oppure'"

Si tratta di "un fenomeno recente, nato al Nord in un contesto socio-economico che potremmo identificare con la cosiddetta Milano da bere, con quello delle aziende e dei professionisti", spiega sempre il professor Biffi. 

"Questa origine ha fatto si' che quello che, di fatto, per la grammatica e' un errore, venisse percepito come un modo di esprimersi piu' elegante, vincente, alla moda, un modo per dichiarare l'appartenenza a un certo gruppo sociale. Cosi' e' iniziata la sua diffusione"

L'Accademia della Crusca fin dal 2002 e' intervenuta per chiarire il giusto modo di usare 'piuttosto che', "cioe' per esprimere una preferenza. Il problema - aggiunge Biffi - e' che non si tratta di una trasformazione della lingua che in qualche modo completa l'evoluzione dal latino all'italiano, come avviene per molti altri tratti diventati frequenti nell'uso recente della nostra lingua, ma di un'innovazione che porta scompiglio nel sistema grammaticale perche' con il diffondersi di questo uso non e' piu' possibile avere la certezza se chi dice 'piuttosto che' intenda esprimere una scelta - come vuole la grammatica - o una semplice alternativa" tra opzioni diverse. 

15/06/21

I limiti dell'Autofiction e la narrativa contemporanea: un debito di sincerità




Riflettevo, dopo aver letto il Nobel Tokarczuk, sui guai derivanti dalla superfetazione editoriale, che spingendo per la pubblicazione di un numero sempre più spropositato di libri e titoli, mischia alto e basso senza senso, eruttando galassie di autori che brillano per un minuto, come le stelle dell'11 agosto, tornando a confondersi nell'oscurità nel breve volgere di un lampo.

Tutti hanno diritto di pubblicare, per carità, e tutti hanno diritto di stare in scena, di diventare famosi per i 15 minuti che spettano, come ha profetizzato Warhol.

Se tutto però è in scena, tutto è ob-sceno.

Fiorisce il genere dell'autofiction, che i saggi fanno risalire a Marcel Proust.
Credo però che proprio Proust fosse massimamente cosciente del rischio dell'osceno, che è sempre la pornografia.
Esibirsi va bene. Mettere in vendita l'intimità al miglior offerente, e compiacersene, è pornografia.
Cercavo di capire cosa, leggendo Tokarczuk, mi causasse disagio. Non era l'esibirsi, no. Non era nemmeno la ricercatezza colta del suo esibirsi.
No, piuttosto era il 'compiacimento'.
Era quello. Chi racconta di sé, compiacendosene, asseconda l'ego ma difficilmente genera empatia nel lettore. Piuttosto solletica altre reazioni: curiosità, voyeurismo, morbosità.

E' questa la sottile linea di demarcazione tra W.G.Sebald e la Tokarczuk.
E' questo, il vero dolore rivelativo, che distingue Robert M. Pirsig dall'ultimo Carrère e dai suoi tanti imitatori moderni.
E' questione di sincerità. E' questione di tenere a bada l'ego saccente e sfrenato, lo specchio autoriferito dentro il quale ciò che interessa - all'autore - è la propria immagine e il proprio godimento, amplificato dalla pornografia dei lettori che leggono.
Ma come si riconosce la sincerità?
Metodo non c'è.
E' una questione di suoni. E' come quando dentro una orchestra che suona, si avverte, fastidioso, uno strumento che stride, che va per conto suo e segue un'altra via.
Il suono che stride lo si riconosce tra le pagine, e se lo si riconosce, non si è capaci di proseguire senza quel fastidio nelle orecchie - o negli occhi.
Allora si chiude il libro, e si riprendono in mano I racconti di Sebastopoli di Leone Tolstoj.

Fabrizio Falconi - 2021

14/06/21

Libro del Giorno: "Ludwig Wittgenstein e la Grande Guerra" a cura di Marco De Nicolò, Micaela Latini e Fausto Pellecchia

 


Che cosa indusse il grande Ludwig Wittgenstein, poco più che ventenne, ad arruolarsi volontario nell'esercito tedesco allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale quando avrebbe tranquillamente potuto evitare la leva considerando che veniva da un doppio intervento di ernia e che proveniva da una delle più potenti e aristocratiche famiglie viennesi dell'epoca? Cosa accadde in quei lunghissimi cinque anni, fino all'armistizio e la prigionia - per sette mesi - in un campo di lavoro nel sud dell'Italia? 

Questo libro appena uscito dall'editore Mimesis indaga soprattutto la prigionia di Ludwig Wittgenstein (1889- 1951) a Cassino – catturato il 3 novembre 1918 e giunto nel campo di internamento di Caira nel gennaio 1919 – ma è lo spunto per ripensare le condizioni dei prigionieri di guerra durante il primo conflitto mondiale, ma soprattutto per rileggere quelle pagine che il filosofo austriaco portava con sé, ancora in forma di bozze e di appunti, nel suo zainetto personale e che sarebbero divenute il testo di un libro famoso in tutto il mondo: il Tractatus logico-philosophicus (pubblicato nel 1921), uno dei libri capitali della filosofia. 

In questo volume, storici, germanisti e filosofi non solo ricostruiscono la vita di Wittgenstein durante il periodo della prigionia e della Guerra, ma colgono l’occasione per rivisitare un pensiero complesso, che indaga sul senso, sui limiti e sulle potenzialità del linguaggio e dell’esperienza in genere.

Un viaggio assai affascinato, con l'unico difetto di essere costellato di molti refusi ed errori di redazione. 


Ludwig Wittgenstein e la grande guerra

Curatore: Marco De NicolòMicaela LatiniFausto Pellecchia

08/06/21

La storia degli incontri di Tarkovskij con Fellini nei diari del grande regista russo.

 


Rileggendo i fitti diari di Andrej Tarkovskij, si scoprono i diversi riferimenti a Federico Fellini.

La prima notazione è del 7 gennaio 1974. Tarkovskij scrive di qualcuno che gli ha raccontato di una intervista a Bergman nella quale il maestro svedese afferma di considerarlo il migliore regista contemporaneo, "persino migliore di Fellini". Tarkovskij se ne meraviglia al punto di scrivere una serie di !!?? tra parentesi dopo il nome di Fellini.

Fellini ritorna il 3 maggio dello stesso anno. Tarkovskij è in Italia per la seconda volta nella sua vita (dopo la prima, da giovanissimo, nel 1962 per ritirare il Leone d'Oro a Venezia per "L'infanzia di Ivan") per presentare "Solaris" e finalmente a Roma incontra Fellini. Lo scrive subito nel diario:

"Ho conosciuto Fellini. Ha una grandissima stima delle mie capacità artistiche. Ho visto il suo Amarcord. E' interessante. Ma è comunque un film per il pubblico. Fa il civettuolo e taglia corto: ha fretta di piacere. Ma lui è una persona meravigliosa e profonda."

La capacità di Tarkovskij di inquadrare con pochi tratti le persone che incontra ricorre in tutto il Martirologio: il ritratto di Fellini, in due righe, è mirabile. E raccoglie in due pennellate lo spirito del grande riminese.

Vien da pensare che, Tarkovskij non parlando una sola parola di inglese, né tanto meno di italiano, i due si siano espressi a gesti e/o con l'ausilio di un interprete. Forse dello stesso Tonino Guerra.

Inoltre la proiezione di "Amarcord" a cui Tarkovskij avrà assistito sarà stata sicuramente in italiano, al massimo sottotitolata in inglese, quindi il povero T. ne avrà capito ben poco. Non così poco da non poterlo apprezzare dal punto di vista cinematografico.

Ed è spettacolare come T. abbia anche descritto l'ambiguità del genio e del carattere felliniano nel semplice contrasto, così vero, della sua personalità: da una parte "civettuolo" e fatuo, o sbrigativo e certamente narciso. Dall'altra, meraviglioso e profondo.

Tutte le citazioni sono tratte dal Martirologio di Andrej Tarkovskij.

Fabrizio Falconi 

06/06/21

Famiglia, teatro del mondo - di Claudio Magris

 


Famiglia, teatro del Mondo - di Claudio Magris.

di Claudio Magris

dal Corriere della Sera del3/6/12

 

Le grandi religioni universali, e soprattutto il Cristianesimo, non sono cosa da family day. Cristo è venuto a cambiare la vita degli uomini e a proclamare valori più alti dell'immediata cerchia degli affetti, anzi a sferzare duramente questi ultimi quando essi regressivamente si oppongono a un amore più grande. Perfino il legame più forte, quello tra il figlio e la madre, è trattato bruscamente quando Maria vuole interferire: «Donna, che c'è tra me e te?» le dice.

Quando, mentre sta parlando a una folla, gli vengono a dire che sua madre e i suoi fratelli lo stanno cercando, Cristo replica: «Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?», aggiungendo che è suo fratello chi fa la volontà del Padre. Se c'è conflitto tra il rapporto di parentela e il comandamento, la scelta è chiara: egli afferma di essere venuto a separare, ove sia necessario, «il figlio dal padre, la figlia dalla madre».

La sua stessa nascita, del resto, scandalosa rispetto alle regole, non rientra certo nel modello dall'ordine famigliare.

Naturalmente Cristo non intende negare l'amore fra e per gli sposi, i figli, i fratelli, i genitori. Vuole potenziarlo, liberarlo dalla sua così frequente degenerazione egoistica, benpensante e riduttiva che immiserisce quei legami universali-umani in una chiusura pavida e arida, sbarrando la porta alla vita e agli altri, trincerandosi in un piccolo mondo pulito e perbene ma indifferente alla miseria e alla sofferenza, che magari iniziano fuori della porta sbarrata.

C'è una colorita espressione veneta che raffigura questa falsa e piccina armonia famigliare basata sul rifiuto degli altri: «far casetta».«Tengo famiglia» è la scusa migliore per tirarsi indietro dinanzi a un dovere che ci chiama a metterci a rischio.

A questo proposito, Noventa — grande poeta cattolico, uno dei grandi poeti del Novecento — replicava nel suo dialetto veneto a chi piega vilmente la testa («son vigliaco») accampando i vecchi genitori, la moglie ancor giovane e i figli da mantenere: «Copé la mare, / Copé el pare, /La mugier zóvene / e i fioi — (…) No' saré più vigliachi».

La famiglia è certo una realtà storica, anche se di particolare durata, e come tale soggetta a trasformazioni e a mutamenti, mai così intensamente e confusamente come oggi, in un groviglio di liberazioni ora giuste ora pacchianamente ideologiche e stupide, conformismi travestiti da trasgressione o da sacri principi, esibizionismi supponenti, in un sommovimento di secolari tradizioni, costumi, valori, forme di aggregazione familiare.

La famiglia è stata e difficilmente potrà cessare di essere una cellula primaria dell'universale umano; il Teatro del Mondo in cui l'individuo viene al mondo, le cui voci gli sono giunte già quando era ancora nella prima stazione del suo viaggio, nel ventre della madre; in cui l'individuo scopre il mondo, fa l'esperienza fondante dell'amore o devastante del disamore, impara con i fratelli il gioco, l'avventura, la lotta, l'ambivalenza di affetto e rivalità; in cui il padre e la madre gli trasmettono non solo la vita ma anche il suo senso.

Non sbagliava Francesco Ferdinando, l'erede al trono absburgico ucciso a Sarajevo, quando volle che sulla sua tomba venissero incise solo tre date: della nascita, del matrimonio e della morte.La famiglia può essere l'incantevole scenario della scoperta del mondo, come in Guerra e pace di Tolstoj, e può essere tragedia e abiezione, odio e violenza, Caino e Abele, gli Atridi e la stirpe di Edipo.

Può essere luogo di opaca estraneità, di meschini risentimenti, di violenza e di oppressione; violenza di padri o di mariti padroni su figli e su mogli, sordida rivalsa femminile di soffocanti tirannidi domestiche, incombenti clan parentali che hanno trapiantato la tribù nella civitas e risucchiano l'individuo, come scriveva Kafka, nella pappa informe delle origini.

Già la parola famiglia è un Giano bifronte: indica il mondo che ci è più caro e può indicare il bestiale legame mafioso. Gide poteva dire: «Famiglie, quanto vi odio». Le nuove forme di famiglia radicalmente diverse da quella tradizionale, che si annunciano pure sbracciandosi con enfasi, possono portare valori o disvalori ma non sono certo al riparo dalle degenerazioni della convivenza.La liberazione dell'uomo — il senso del Cristianesimo — non può non liberare pure la famiglia; anche da se stessa, se occorre. E allora la famiglia può diventare veramente un Teatro del Mondo e dell'universale-umano: quando, giocando con i propri fratelli e amandoli, facciamo il primo fondamentale passo verso una fraternità più grande, che senza la famiglia non avremmo imparato a sentire così vivamente; quando i genitori ci fanno capire concretamente che cosa significa essere portati per mano nella giungla del mondo, da una mano che continua a sorreggere anche quando non la si stringe più fisicamente.

In una famiglia libera e aperta anche l'Eros trova la sua avventura più grande, misteriosa e conturbante; mangiare in pace il proprio pane con la donna amata in giovinezza, come dice un passo biblico spesso citato da Saba, è esperienza di grandi amanti.

E i figli, in un universo di rapporti liberati da familismo (ansioso, autoritario, debole, ossessivo, a seconda dei casi) diventano realmente la passione più grande che la vita ci fa conoscere. La civiltà greca ci ha dato Edipo e gli Atridi, ma anche Ettore che, senza preoccuparsi della propria morte, sulle mura di Troia assediata gioca con suo figlio Astianatte e il suo desiderio più grande è che questi cresca migliore e più forte di lui.

 

Claudio Magris 

 

05/06/21

La bellissima e misconosciuta Giovanna d'Arco nei giardini dell'Aventino

 


In un giardino pubblico appartato all'Aventino a Roma, tra la Basilica di Santa Sabina e quella di Sant'Alessio c'è, tra due giovani alberi una preziosa scultura che passa del tutto inosservata e che ritrae Giovanna d'Arco, soggetto piuttosto poco rappresentato nella capitale. 

La firma dell'autore di questa scultura dallo stile inconfondibilmente liberty è ben visibile alla base del piedistallo (sulla destra) ed è del francese Maxime Real del Sarte.  

Chi era costui? 

Nato a Parigi nel 1888, Maxime Real del Sarte fu personaggio poliedrico che nella prima metà del Novecento raccolse una certa celebrità sia come artista-scultore, sia come politico. 

Era nato in una famiglia di artisti: figlio di uno scultore,  Louis Desire Real e di Magdeleine Real del Sarte, cugino della pittrice Thérèse Geraldy, e perfino imparentato con il compositore Georges Bizet.

Del Sarte si laureò alla École des Beaux-Arts e prese parte alla prima e alla seconda guerra mondiale; nel 1916, a seguito dei combattimenti in cui si trovò coinvolto, gli fu amputato un braccio, il sinistro, come si vede anche da questa foto d'epoca. 


Per le sue opere, realizzate usando soltanto il braccio destro, nel 1921, vinse il Grand Prix national des Beaux-Arts.

Realizzò oltre cinquanta medaglie per le onorificenze di guerra e anche varie statue di Giovanna d'Arco, tra cui quella all'Aventino.

In politica militò nell'Action française, vicino alle posizioni monarchiche di Charles Maurras, Léon Daudet, Jacques Bainville, Maurice Pujo, Henri Vaugeois e Léon de Montesquiou. 

Era un devoto e fervente Cattolico romano e un profondo ammiratore di Giovanna d'Arco, fondando in suo onore l'associazione "Les Compagnons de Jeanne d'Arc".  

Morì a Saint-Jean-de-Luz il 15 febbraio 1954.


Fabrizio Falconi - (foto realizzate dall'autore)






04/06/21

NUOVO! "La Donna Mancante" di Fabrizio Falconi su Kindle



E' su Kindle il romanzo di Fabrizio Falconi, "La donna mancante" 


Un giallo filosofico italiano: cosa ha spinto Paolo a uccidere brutalmente Chiara, la sua ragazza e ad abbandonarla sul ciglio della strada? Dove è diretta la sua rocambolesca fuga? Chi è l'uomo saggio e ambiguo al quale chiede di risolvere i problemi della sua mente? Chi è il misterioso uomo che lo segue durante la fuga? Chi è la donna che lo aspetta dall'altra parte del mare? Con chi dovrà fare ancora i conti per chiudere la sua partita?

Fabrizio Falconi, giornalista e scrittore italiano,  ha esordito come freelance per testate (Panorama, Paese Sera, Il manifesto), lavorando poi per quasi un decennio alla RAI, prima a RaiStereoUno, poi a Radiodue, sotto la direzione di Corrado Guerzoni. In televisione ha lavorato nel 1990 a Telemontecarlo, poi nel 1991 nella redazione di Mixer, per il quale ha realizzato reportage.

È caporedattore per la testata News Mediaset del gruppo Mediaset. Dal novembre 2011 è caporedattore del canale all news Mediaset, TGcom24. In narrativa ha esordito nel 1985 con un volume di racconti, Prima di Andare, cui hanno fatto seguito opere di saggistica, narrativa e poesia.

È autore e contributore di diversi blog e siti on line, per argomenti che spaziano dalla spiritualità alla poesia, alla storia della conoscenza e delle radici filosofiche dell'Occidente.

Opere
Prima di Andare (Editoriale Sette), 1985, racconti.
Il Valore della Parola (SEI edizioni), 1988, saggio con Corrado Guerzoni, Maurizio Ciampa e Altri.
L'ombra del Ritorno (Campanotto Editore), 1996, poesie.
Il giorno più bello per Incontrarti (Fazi Editore), 2000, romanzo.
Osama Bin Laden, il terrore dell'Occidente (con Antonello Sette Fazi Editore), 2001, saggio.
Cieli Come questo (Fazi Editore), 2002, romanzo.
Sub Specie Aeternitatis (Aletti), 2003, poesie.
Poesie 1996-2007 (Campanotto Editore), 2007, poesie.
Il respiro di oggi (Terre Sommerse), 2009, poesie.
Dieci Luoghi dell'Anima (Cantagalli Editore), 2009, saggio.
I fantasmi di Roma (Newton Compton), 2010, saggio.
In hoc vinces (con Bruno Carboniero, Edizioni Mediterranee), 2011, saggio.
Per dirmi che sei fuoco (Gaffi), 2012, romanzo.
Trio di fine millennio (con Justin Bradshaw) (Kindle/Amazon), 2012, poesia. Versione inglese: Trio for the End of the Millennium (Translated by David Lummus)(Kindle/Amazon).
I monumenti esoterici d'Italia (Newton Compton), 2013, saggio.
Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma (Newton Compton), 2013, saggio.
Per Newton Compton editore ha curato il volume Papa Francesco, Non abbiate paura della tenerezza (le parole del Papa che sta cambiando la chiesa di Roma), 2013.

Sue poesie sono apparse tradotte in lingua inglese da David Lummus nella rivista TriQuarterly dedicata alla poesia italiana contemporanea curata da Robert Pogue Harrison e Susan Stewart (poetessa) (n.127/2007).

03/06/21

Viene alla luce l'incredibile meccanismo con cui rafforziamo i ricordi dormendo




Da tempo i ricercatori hanno esplorato l'affascinante e misterioso legame tra ricordi e sonno

Ora uno studio recente, pubblicato su NatureCommunications, ha individuato come, mentre dormiamo, il cervello produce particolari schemi di attivita' e quando alcuni di queste si intrecciano, le esperienze precedenti vengono riattivate, aiutando a cementare i ricordi

Come noto, mentre dormiamo vengono riattivate delle informazioni precedentemente apprese, e questo ci consente di conservare i ricordi a lungo termine. 

Per capirne meglio il meccanismo, il team ha ideato nuovi test in cui ai partecipanti sono state mostrate informazioni prima di fare un pisolino, quindi l'attivita' cerebrale e' stata monitorata durante il sonno con movimenti oculari non rapidi (NRem) utilizzando la registrazione Elettrocardiogramma

I partecipanti sono stati poi testati dopo il risveglio, per collegare l'entita' della riattivazione della memoria mentre dormivano alla effettiva capacita' di ricordare al risveglio

Centrale è emersa essere la combinazione di due attivita' cerebrali che svolgono un ruolo importante: le oscillazioni lente, ovvero impulsi neurali che viaggiano come 'onde' da un punto all'altro nella corteccia cerebrale durante il sonno profondo, e i fusi del sonno, cioe' improvvise e rapide esplosioni di attivita' cerebrale oscillatoria che annunciano il passaggio da un leggero stadio del sonno a uno piu' profondo.

"Abbiamo scoperto - afferma il co-autore dello studio, Bernhard Staresina, della School of Psychology dell'Universita' di Birmingham - un'intricata interazione di attivita' cerebrale, oscillazioni lente e fusi del sonno, che creano finestre di opportunita' che consentono questa riattivazione", come finestre che riattivano i ricordi. 

"Questi risultati gettano nuova luce sulla funzione di memoria del sonno e sottolineano l'importanza di rispettarne i ritmi per orchestrare la creazione di ricordi", aggiunge Thomas Schreiner, della Ludwig-Maximilians-University, Monaco. 

01/06/21

Richard Gere all'Unione buddhista italiana: "Siamo tutti interconnessi, proteggiamoci gli uni con gli altri"



"Siamo tutti connessi, dobbiamo proteggerci gli uni con gli altri": a dirlo e' Richard Gere

L'attore e' intervenuto, in collegamento dagli Usa, all'iniziativa organizzata dall'Unione buddhista italiana in occasione della tradizionale festivita' del Vesak, festivita' in cui la comunita' buddhista celebra la nascita, l`illuminazione e il trapasso del Buddha. 

L`Unione Buddhista Italiana ha organizzato la tavola rotonda "Impermanenza. La crisi dell'essere, la fragilita' del Pianeta" per riflettere su un nuovo modello di cultura della sostenibilita' e per l`occasione e' intervenuto Richard Gere, grande attivista per i diritti e presidente dell`International Campaign for Tibet.

"Tutto nel mondo e' interconnesso e dobbiamo prendere questa cosa molto seriamente", ha detto Richard Gere, aggiungendo: "Ogni volta che vedo una foto della Terra da lontano penso ai problemi che ci circondano e a tutte le questioni costanti che sembrano piccolissime, se misurate con un universo di interconnessione. Le forze dell`universo sono piu' forti delle forze umane. Dobbiamo pensare piu' in grande e abbracciare in modo genuino tutto lavorando su noi stessi, insieme. Cosi' facendo potremo avere un impatto meraviglioso su questa navicella in cui viviamo"

"Cio' che ha importanza - ha proseguito Gere - e' che siamo qui gli uni per gli altri, gli uni con gli altri. È molto importante coltivare una risposta buddhista alla crisi ecologica. Mi ritrovo molto negli obiettivi del One Earth Sangha che seguono tre traiettorie: un lavoro di advocacy e sostegno alla crisi ecologica, l`educazione e la collaborazione che sono radicate nella pratica buddhista per promuove opportunita' educative, e in ultimo l`ecodharma". 

E "nell`imminente futuro dobbiamo impegnarci nelle azioni ecobuddhiste, proteggendoci gli uni con gli altri, ed essendo luce gli uni per gli altri". Richard Gere nel suo intervento ha anche evidenziato e ringraziato l`Unione buddhista italiana per il supporto a progetti legati all`ambiente e alla societa' e per l`impegno nel coltivare relazioni istituzionali anche a livello europeo.