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14/09/17

Disfacimento di un Mandala - Una metafora fortissima della nostra vita.





Questo video l'ho girato ieri al Maxxi di Roma dove era previsto l'epilogo canoro e il disfacimento dell'opera di Bruna Brunamonti: un Mandala di grandi proporzioni realizzato in oltre due mesi di minuzioso lavoro con la disposizione sul pavimento del museo, secondo un andamento circolare, legumi e cereali, fino a formare una svastica sinistroversa caratterizzata da una miriade di forme e sfumature di colore. 

Una operazione complessa e delicatissima realizzata da Bruna Esposito insieme a Simone Cametti, Paola d’Agnese, Roberta De Lazzari, Cristina Falasca, Lorenzo Kamerlengo. 

Il video testimonia il momento nel quale l'artista ha proceduto a disfare l'opera con le sue stesse mani.

Poco prima cantori avevano interpretato nel silenzio della sala “e così sia…” (2001) un pezzo di Andries van Rossem su poema di Paola d’Agnese.

Il disfacimento di un Mandala è sempre un momento denso di emozioni. Per noi occidentali, così disabituati al distacco, drammatico.

Per i monaci tibetani, invece, il disfacimento di un Mandala è il semplice significato racchiuso del senso stesso dell'esistenza.

Come ogni cosa umana, su questa Terra, anche lo sforzo titanico di un Mandala, di dare ordine al mondo, finisce in polvere. 

La polvere viene raccolta in un'urna dispersa nell'acqua. 

Ogni Mandala è un esercizio al distacco.  A distaccarsi da ogni cosa terrestre, da ogni cosa, dal possesso, da ogni relazione, da ogni legame. 

Ogni cosa, come tutto, finisce. 

E ieri, mentre osservavo la perfezione di quell'opera, prima che iniziasse la distruzione, pensavo a quanta armonia, quanta bellezza essa conteneva. Eppure, ogni cosa, ogni relazione costruita dall'uomo con tanta pazienza, con tanta dedizione, con tanta cura, con ogni amore, finisce nel caos.  

Colpisce anche la enorme sproporzione dei tempi: ci sono voluti 2 mesi di lavoro continuo, di sei persone che si sono alternate, per costruire e realizzare. 

Ci sono voluti solo pochi minuti per distruggere tutto. 

E' così che vanno le cose qui.  

La bellezza del Mandala è ora in un'altra dimensione della testa e del cuore, in un'oltre-vita che nessuno conosce e nessuno può attraversare.

Fabrizio Falconi












04/08/17

L'Euforia della distruzione, l'Umiltà della costruzione.





Sembra la cosa più difficile del mondo, essere - come scrive Ezra Pound nell'ultimo verso dei Cantos - uomini, non distruttori

Gli esseri umani, da sempre, provano una euforia profonda nel distruggere.  

Distruggere esaudisce un desiderio di potenza che l'uomo tenta ad ogni passo di decretare nel breve corso della sua esistenza, schiacciata da grandezze incommensurabili (la Terra, l'Universo, l'Infinito). 

Essere capaci di distruggere è la massima espressione della individualità umana, che appaga la certezza di essere al mondo e quindi di poterne essere arbitro della sua esistenza (del mondo), anche se di una piccolissima porzione di mondo. Si potrebbe dire: distruggo quindi sono.

Oltretutto distruggere è enormemente più facile e breve (e quindi gratificante) che costruire. Grazie a questo, distruggere procura anche una consistente euforia, che è quella ribelle, iconoclasta e soddisfatta di Dioniso:

ci vogliono decenni e secoli interi per costruire il centro di una città - le sue difficili armonie architettoniche, le sue delicate strutture;  ma bastano i pochi secondi del fischio delle bombe sganciate da un B52 per mettere fine a tutto, e fare tabula rasa;

ci vogliono anni, lustri e decenni per costruire relazioni umane - amicizia, amore - fondate sulla fiducia, sulla comprensione, sulla cura; ma bastano due sole parole pronunciate o scritte per distruggerle definitivamente; 

ci vogliono mesi e anni per costruire pazientemente un mandala, l'umiltà di stare chini per ore e ore in piena concentrazione per disporre la sabbia - l'elemento più volatile che esista - in un ordine armonico pieno;  ma bastano 15 secondi per distruggerlo, raccogliere la polvere, metterle in un'urna e gettarla nel mare. 

L'Euforia del distruttore è potenzialmente molto più energetica della pazienza o dell'umiltà del costruttore, e anche riferita al destino complessivo della razza umana - sembra destinato a prevalere, proprio perché fa parte dell'essenza più intima e in-guaribile dell'animale umano.

Fabrizio Falconi