01/01/12

Il relativismo inevitabile ? Risposta a Dario Antiseri.


Ogni tanto c’è qualcuno che si sveglia e pontifica per convincerci tutti che il relativismo è l'unica cosa sensata che ci resta, proprio perché inevitabile. E sarebbe prova di buon senso e ragionevolezza convenire che nessuna verità - specie in campo etico - è affermabile, e/o credibile.

Ora è la volta di Dario Antiseri, che il 30 dicembre sulle pagine del Corriere della Sera, di spalla all'articolo di Gillo Dorfles sul 'nuovo illuminismo', bacchetta severamente: "il relativismo è inevitabile" (riporto l'articolo integralmente a fine di questo post). 

Ogni opinione è rispettabile, se ben argomentata, e Antiseri è ormai con una vasta schiera di pensiero, in buona e numerosa compagnia. 

Il problema però è che i suoi argomenti risultano molto discutibili.


L'uso di Pascal, innanzitutto, per sostenere l'inevitabilità del relativismo, mi appare davvero singolare.  E' ben strano riportare il celebre passo dei Pensieri sulla singolare giustizia che ha come confine un fiume, dimenticando di sottolineare che Blaise Pascal non è ovviamente solo il filosofo dell'uomo in bilico eterno tra infinito e nulla, ma è quel filosofo capace di rovesciare la condizione di totale incertezza umana (dovuta poi perlopiù secondo il pensatore di Clermont-Ferrand proprio alla 'mancanza umana', alla incompletezza e alla cecità propria della condizione terrestre, spiegabile in termini mitico-teologici con il peccato originale) con l'affidamento alla fede, e non ad una fede qualunque, ma alla fede cristiana, riconosciuta come vera.

Sappiamo di non sognare; per quanto siamo impotenti a darne le prove con la ragione - scrive Pascal  nel Pensiero 282 - questa impotenza ci porta a concludere per la debolezza della nostra ragione, ma non per l'incertezza di tutte le nostre conoscenze [...]. Infatti la conoscenza dei principi primi [...] è più salda di qualunque altra che ci viene dai nostri ragionamenti. E proprio su tali conoscenze del cuore e dell'istinto la ragione deve appoggiarsi, e su di esse fondare tutto il suo ragionamento. [...] Questa impotenza non deve dunque servire che ad altro che ad umiliare la ragione -la quale vorrebbe giudicare di tutto-, ma non già a combatter la nostra certezza [...].

Antiseri, poi, per contestare l'esistenza - e la possibilità di discernimento - di un qualsiasi fundamentum inconcussum rationale, cita la famosa massima: la scienza sa, l'etica valuta.  Anche su questo ci sarebbe così tanto da discutere, ed è un po' curioso che Antiseri lo ponga come assioma.

Per esempio: cosa sa, esattamente, la scienza ??

Ogni giorno le acquisizioni in campo scientifico - l'ultima quella sui neutrini super veloci - ci dimostrano che la scienza sa soltanto quello che verrà smentito domani. E' stato così fin dalla notte dei tempi e sarà sempre così.   Non esiste niente più veloce della luce. E' vero finché non viene dimostrato il contrario. Come sta avvenendo ora.

A parte le conoscenze puramente scientifiche provvisorie, poi, la scienza non sa e non può dire nulla, soprattutto, sulle cosiddette questioni ultime.  Chi siamo, dove siamo, perché siamo qui, che succede dopo la morte.   Come ha scritto recentemente George Steiner, in 2000 anni di progresso scientifico, le nostre conoscenze in questi campi non hanno fatto un solo passo in avanti.  

Ma la cosa davvero più singolare dell'articolo di Antiseri è la chiosa finale, nella quale, rivolgendosi ai cattolici antirelativisti, egli scrive: "vi pare facile replicare a Karl Heim quando scrive che i cristiani contemporanei dovrebbero dare il loro sostegno a coloro che relativizzano il mondo e l'uomo ?"

Davvero ciò che chiede Heim e che auspica Antiseri è una specie di ossimoro, di contraddizione in termini. Finché si parla in termini di conoscenza scientifica, o pensiero razionale,  ogni punto di vista è contestabile.  Ed è giusto che lo sia.

Ma come è perfino troppo ovvio per chi si muove in un ambito di fede - cioè affidamento - che pure per questo non vuole e non pretende di escludere la ragione (ma si muove nelle possibilità che la ragione offre),  un cristiano (non necessariamente un cattolico) non può in alcun modo offrire - e non offrirà mai - il sostegno a coloro che relativizzano il mondo e l'uomo.

Per la semplice ragione che i cristiani credono non in una serie di dogmi, o princìpi comuni, ma in una persona.  Cioè nel Cristo.  Colui che - secondo il racconto dei Vangeli - affermò senza possibilità di fraintendimenti:   Io sono la verità, la via, la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. (Gv.14.6).

Per un cristiano dunque non soltanto il relativismo non può esistere, per quanto riguarda l'uomo e il mondo. Ma esiste, all'opposto la Verità.   E la Verità - per un cristiano - è una soltanto, quella che si incarna nella persona di quell'uomo, che è Dio.

Fabrizio Falconi



DA PASCAL A POPPER ma il Relativismo Resta Inevitabile È difficile dar torto a Pascal quando scrive che «il furto, l' incesto, l' uccisione dei figli e dei padri, tutto ha trovato posto tra le azioni virtuose», «singolare giustizia che ha come confine un fiume! Verità di qua dei Pirenei, errore di là». Partendo dall' esperienza - ripete Max Weber con John Stuart Mill - si giunge al politeismo dei valori. «Chi vive nel mondo - annotava Weber ne La scienza come professione - non può non sperimentare in sé una lotta tra una pluralità di valori dei quali ciascuno, preso per sé, appare impegnativo: dovrà scegliere quale di questi dèi vuole servire, ma sempre si troverà in conflitto con qualcuno degli altri dèi del mondo». Negare il pluralismo dei valori sarebbe come negare l' esistenza della Luna o del Colosseo. Conflitti e talvolta atrocità segnano i rapporti tra i diversi gruppi umani: diversi soprattutto per concezioni etiche legate a prospettive filosofiche e religiose. E questa diversità di concezioni etiche viene presa di mira con l' infamante accusa di relativismo. Ma, al nocciolo della questione: è evitabile il relativismo inteso nel senso di non fondabilità razionale erga omnes dei principi che reggono questo o quel sistema etico? È falso sostenere che tutte le etiche sono uguali: ogni sistema etico è diverso, «ama il prossimo tuo come te stesso» non è «occhio per occhio, dente per dente». E tuttavia non è possibile, in ambito etico, trovare un fundamentum inconcussum rationale . Da tutta la scienza non è possibile dedurre un grammo di morale. La «legge di Hume» - l' impossibilità logica di dedurre prescrizioni da descrizioni - è legge di morte per ogni tentativo di giustificazione razionale di un sistema etico. La scienza sa, l' etica valuta. L' etica, non è scienza. Pluralismo di valori, dunque scelta; scelta, dunque libertà; libertà, dunque responsabilità. Inevitabile la scelta perché inevitabile il relativismo. E qui viene da chiedere a tutti gli antirelativisti: tolleranza e democrazia sono possibili tra quanti si sentono in possesso di Valori esclusivi? Costoro non si sentiranno in diritto d' imporre il «Vero» e il «Bene»? E non ha ragione Hans Kelsen ad affermare, ne La democrazia , che il «relativismo è quella concezione del mondo che l' idea democratica suppone»? L' idea di società globale prospettata da Dorfles non è in fondo diversa da quella di società aperta proposta da Popper, cioè aperta al maggior numero possibile di ideali, magari contrastanti, e chiusa solo agli intolleranti, ai fondamentalisti di ogni specie. Ed è proprio il fondamentalismo la peste - ripete Popper sulla scia di Montaigne - di cui l' umanità ha urgente bisogno di liberarsi. La società perfetta è la più decisa negazione della società aperta; impone assoggettamento all' idea totalitaria. Da ultimo, una domanda ai cattolici antirelativisti: vi pare facile replicare a Karl Heim quando scrive che «i cristiani contemporanei dovrebbero dare il loro sostegno a coloro che relativizzano il mondo e l' uomo»? RIPRODUZIONE RISERVATA Antiseri Dario

1 commento:

  1. è imbarazzante che gli autori di questi articoli si definiscano filosofi.
    neanche l'ombra di una domanda nata 2500 anni fa:che cos'è.
    che cos'è il relativismo?
    chi dice "ci sono tante verità" sta affermando una verità assoluta, chi dice che c'è una verità assoluta la sta affermando lui, e cosa c'è di più relativo!
    Schermaglie tra giornalisti, opinionisti.
    Allora va bene, può anche essere divertente per qualcuno ...

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