3. La notte della Visione.
Sappiamo con certezza
assoluta che la battaglia di Ponte Milvio avvenne il giorno 28 ottobre
312. La nostra attenzione si sposta
allora alla notte precedente la battaglia, la notte del 27 ottobre. Una notte che Piero della
Francesca ha raccontato nell'affresco che fa parte del ciclo "Leggenda
della Vera Croce" nel Duomo di Arezzo, capolavoro dell'arte di tutti i
secoli.
Le truppe di Costantino,
provenienti dal Nord Italia, dopo numerose vittorie e la cattura del prefetto
del pretorio di Massenzio, arrivano alle porte di Roma alla fine di ottobre, si
accampano sulla Via Flaminia, preparandosi all'idea di un lungo assedio. Tutto
lascia pensare infatti che Massenzio terrà il suo esercito all'interno delle
Mura Aureliane e si preparerà a resistere ad oltranza. Roma è una città che fino a quel momento
nessun invasore è riuscito a violare.
Invece, contro ogni
previsione e in spregio alle elementari norme di strategia bellica, Massenzio decide di
affrontare l'esercito di Costantino in campo aperto, predisponendosi ad una
sicura disfatta. Sulle motivazioni che spinsero l’assediato a compiere questo
errore fatale esistono da sempre numerose teorie e ipotesi: dalla propensione
di Massenzio per la superstizione (diverse fonti sostengono che ricevette un
parere che egli interpretò come positivo dalla consultazione dei Libri
Sibillini (5) ), ad una temporanea perdita di facoltà mentali, al fatto che
quel giorno, 28 ottobre 312 coincideva anche con il sesto giubileo della sua
proclamazione imperiale.
Senza dilungarci, è bene qui sottolineare che la Battaglia
denominata poi “di Ponte Milvio”, prese il nome dal luogo dove essa terminò, e
cioè laddove le truppe di Massenzio, costrette a ripiegare, si trovarono di
fronte il fiume, nel disperato tentativo di attraversamento del quale, molti
morirono annegati – ivi compreso lo stesso Massenzio insieme al suo destriero.
In realtà la Battaglia di Ponte Milvio cominciò qualche
chilometro prima, sul percorso dell'attuale (e dell'antica) Via Flaminia e cioè
sull’argine destro del Tevere, nella zona nota come Saxa Rubra, proseguendo poi per i restanti 7 km circa,
fino al Ponte.
Ma torniamo alla Visione. Dunque, le truppe
sono accampate, si aspetta solo il clangore della Battaglia. Il giorno
prima, e quindi il 27 ottobre, ecco l'evento che ci riguarda, evento tramandato
fino a noi da due fonti storiche principali: la prima, molto succinta, in Lattanzio (Sulla morte dei Persecutori, 44, 3-5):
Costantino
fu esortato in sogno a far contrassegnare gli scudi dei suoi soldati con
i segni celesti di Dio e a iniziare quindi la battaglia. Egli fece così e,
girando e piegando su se stessa la punta superiore della lettera greca (X),
scrisse in forma abbreviata CRISTO sugli scudi.
La seconda fonte,
molto più dettagliata, è quella di Eusebio di Cesarea, biografo di Costantino (Vita
di Costantino, I - 25-30):
Nell'ora
in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il sole comincia appena a
declinare, disse (Costantino, ndr) di aver visto con i propri occhi in pieno
cielo e al di sopra del sole, il segno luminoso di una croce, unita alla
quale c'era una iscrizione: "Con questa vinci". A causa di questa
visione un grande sbigottimento si impadronì di lui e di tutto l'esercito, che
lo seguiva nel viaggio, e che fu spettatore del miracolo. Raccontava che
molta era la sua incertezza sulla natura di questa apparizione. Mentre
rifletteva e pensava sull'accaduto, sopraggiunse veloce la notte. Allora gli
si mostrò in sogno Cristo, figlio di Dio, con il segno che era apparso in cielo
e gli ingiunse di costruire una immagine simile a quella del segno osservato in
cielo e di servirsene come difesa nelle battaglie contro i nemici. Non
appena spuntò l'alba, si levò e raccontò agli amici tutto l'arcano.
Le due versioni, come si vede, differiscono: nella
prima abbiamo soltanto un sogno. Nella seconda una visione che avviene in pieno
giorno, più un sogno notturno.
Il sogno c'è in tutte e due le versioni. E in tutte e
due le versioni c'è quel segno: la croce, che vedremo inserita anche da Piero
della Francesca nella sua raffigurazione di Arezzo.
Costantino disse di
essere stato esortato (sia secondo il racconto riferito da Eusebio, che secondo
quello di Lattanzio), a fornire gli scudi dei suoi uomini, di un particolare segno, e cioè quel famoso Labarum, del quale abbiamo già accennato.
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