La visione
di Costantino e L’Arco di Malborghetto sulla Via Flaminia.
1. Le vie consolari e l’età di Costantino.
Nella loro lunghissima
storia le vie consolari di Roma sono state
teatro di misteriosi eventi,
celebri visioni, alcune di esse
fondamentali per la Storia del Cristianesimo.
Vale la pena ricordarne
soltanto alcune: la visione di San
Pietro sulla Via Appia (64 d.C.)- del Domine
Quo Vadis, riferita da molte fonti,
pagane e cristiane (a seguito della quale la quale l’apostolo Pietro avrebbe
deciso di tornare per accettare il martirio a Roma); la visione dell’Imperatore
Costantino sulla Via Flaminia (312 d.C.) prima
della Battaglia di Ponte Milvio; la visione di Sant’Ignazio di Loyola sulla Via Cassia,
in zona La storta, nel 1537, prima di entrare a Roma e fondare la Compagnia di
Gesù.
Della prima e della terza esistono
memorie in luoghi venerati a lungo e poi caduti nell’oblio. Riscoperti soltanto
negli ultimi tempi da un certo turismo, non solo religioso. Per quanto riguarda la seconda, invece, sembrerebbe
quasi che l’episodio storico, tramandatoci dalla tradizione e dalle varie fonti
che vedremo, sia stato completamente dimenticato. Eppure, chi abita a Roma e si trova a passare
nel popoloso quartiere denominato “Labaro” dovrebbe sapere che l’etimologia di
quel nome è legata strettamente ad uno dei più celebri episodi della vita
dell’Imperatore Costantino il Grande, e al misterioso segno che egli dichiarò
di aver visto nel cielo prima della definitiva battaglia contro Massenzio.
Ma prima di addentrarci
nella Visione della Via Flaminia, descriviamo più succintamente che si può la
complicatissima situazione che vigeva nell'Impero prima dell'avvento di
Costantino.
Il potere, all''inizio del 300 d.C., era incredibilmente
frazionato.
Il declino di Diocleziano lasciò l'impero in mano alla tetrarchia ,
cioè in mano a quattro persone: due Augusti (Diocleziano e
Massimiano, i quali avevano scelto come sedi del potere rispettivamente
Nicomedia, in Asia Minore, e Milano), che a loro volta avevano scelto due
Cesari (il primo Galerio, il quale pose
la sua capitale a Mitrovizza, nell'attuale Croazia; il secondo Costanzo Cloro,
padre di Costantino, che scelse Treviri, in Germania).
Roma, perciò, era apparentemente fuori dai giochi, sempre
più periferica.
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Nel 305, con
solenne cerimonia, i due Augusti abdicarono in favore dei due Cesari. Galerio e
Costanzo
Cloro divennero i detentori del potere. Alla morte di Costanzo
Cloro avvenuta durante la campagna militare di Bretagna ad Eburacum
(l’odierna York), l’esercito voleva acclamare
Costantino Augusto (1). Egli, dimostrando precoce sagacia politica, scelse invece per sé il ruolo di più basso profilo,
e cioè quello di Cesare, titolo del quale fu investito il giorno 25 luglio 306,
ben sapendo comunque che anche questa scelta avrebbe comportato un effetto
dirompente sui fragili equilibri della tetrarchia. A questo punto si veniva a creare,
nella spartizione dei poteri
dell’Impero, la seguente situazione:
Galerio "Augusto" e Costantino "Cesare". Altri
“Augusti” erano poi Massimino Daia, in Oriente, e Licinio, in Illirico. Ma un ulteriore evento non previsto sconvolse
definitivamente lo scacchiere del potere: a Milano il titolo di
"Augusto" fu assunto da Massenzio, figlio di Massimiano, al quale
non spettava.
Questa complicatissima
vicenda – che comprende schermaglie nepotistiche, intrighi familiari (con
Costantino che sposò Fausta, figlia di Massimiano, il quale era ormai in
completa rotta di collisione con il figlio), ritorsioni e vendette – trovò il suo momentaneo epilogo con Massenzio che
attraverso un colpo di mano, il 28 ottobre del 306, prese il potere a Roma,
contando sull'orgoglio e il sostegno dei
Pretoriani, i quali reclamavano a gran voce e da molto tempo un sovrano
disposto a tutelare lo status
dell'antica capitale dell'Impero, e a darvi nuovo lustro.
Su Massenzio - l'usurpatore – la storia dei vincitori ha scritto pagine e
pagine di una vasta aneddotica tutta al negativo. Rimandiamo ad altri testi per quel che
riguarda l’approfondimento di questi temi (2).
Quel che qui possiamo succintamente riassumere, ai fini del nostro
argomento, è quanto segue: il regno di
Massenzio non ebbe mai vita facile. Sul
suo imperio pesava innanzitutto il rapposto con il padre, Massimiano, che a
lungo adottò un comportamento assai ambiguo, finendo anche per allearsi con lo
stesso Costantino. In secondo luogo il ruolo di Massenzio non fu mai
riconosciuto all’interno della tetrarchia, con la conseguenza che prima della
battaglia con Costantino, Massenzio si trovò a dover affrontare due differenti
invasioni, prima da parte di Severo, e poi da parte dell’esercito di
Galerio. Fu un regno che si estendeva
solo su una parte dell’Impero, e cioè Italia e Africa settentrionale. E si basava
principalmente su dosi massicce di propaganda pagana, incentrata sul tema della
romanità, sulla rivitalizzazione della grandezza della Città come motivo
ideologico. Massenzio, inoltre, non fu affatto, nonostante la vasta
letteratura di genere, un persecutore di cristiani. Non è infatti
storicamente attestato nessun massacro di civili cristiani.
Egli semplicemente
si astenne dall'aderire alla persecuzione contro i cristiani promossa dalla
tetrarchia. Inseguì una linea di compromesso, sempre tenendo dritta la barra
sul paganesimo e sul ritorno al mito di Roma come valore fondante, che aveva
esplicito segno già nel nome scelto per il figlio: Romolo. Colui che avrebbe
dovuto succedergli.
Questa era la situazione,
al momento in cui si arrivò all'inevitabile scontro tra i due principali
contendenti al trono assoluto, e cioè lo stesso Massenzio e Costantino, che alla fine dell'estate
del 312 si decise a muovere con il suo esercito su Roma per stanare Massenzio,
e riprendere il controllo dell’Urbe. (1 - segue)
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la mano di costantino mi ricorda quella del giovanni battista di leonardo da vinci... un triangolo che si chiude con il battesimo di costantino in punto di morte, forse.
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