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30/03/24

A proposito di Carlo Rovelli e del teologo Tanzella Nitti e del "fine tuning", la "fine regolazione" che permette all'Universo di esistere


Ho letto qualche giorno fa sul Corriere l'interessante articolo nelle pagine centrali della cultura firmato a quattro mani dal brillante fisico Carlo Rovelli e dal teologo cattolico Giuseppe Tanzella-Nitti, nel quale i due intendono smontare dalle fondamenta le congetture che riguardano il “fine tuning” e il “principio antropico”.

Come forse qualcuno saprà, "fine tuning", che significa "regolazione precisa (o fine o accurata)" è quella corrente attuale del pensiero scientifico che meravigliandosi non poco della "precisione" incredibile delle condizioni iniziali e delle costanti fondamentali (si contano sulle dita di una mano, ma sono precisissime e reggono in piedi tutto l'universo dal momento in cui si è formato - il Big Bang e per 13.5 miliardi di anni della sua storia e anche noi che ci siamo dentro), che presiedono la dinamica dell’Universo e che secondo alcuni scienziati sono “provvidenzialmente” tali da garantire la nostra vita e l’esistenza del mondo animato o inanimato che ci circonda.

Come ha chiarito la scienza astrofisica, basterebbe uno "sforamento" minimo o impercettibile di una di queste costanti che regolano tutto l'universo, perché esso non esistesse affatto e nemmeno noi dentro ad esso.
Tanto per fare un esempio, per il biofisico Harold Morowitz la probabilità che la più semplice cellula di vita nasca per caso, è esprimibile da un numero pari a 0, seguito da altri 340.000 zeri.
Oppure secondo il grande cosmologo di Cambridge, Fred Hoyle per tanti anni ateo e poi convertitosi all'antiateismo: "la teoria che vuole che vuole che la vita sia stata creata da una intelligenza superiore è talmente ovvia che ci si chiede perché non sia comunemente accettata. Le ragioni sono di ordine psicologico, anziché scientifico."
Le osservazioni sul "fine tuning", sono state recentemente rilanciate da un libro di due studiosi, diventato un enorme successo in Francia e ora tradotto in italiano dall'editore Sonda, dal titolo "Dio, la scienza, le prove."

Ed è proprio contro questo libro - e più in generale contro qualunque versione del "disegno intelligente" che i due - Rovelli e Tanzella Nitti si scagliano, con toni assertivi, che non ammettono replica (sono "sciocchezze" e "maldestri" e "sbagliati" gli argomenti portati a favore).
Rovelli e Nitti si lanciano anzi, nell'articolo, in una confutazione della tesi del "fine tuning" come indizio della presenza di un ente o creatore, che sembra davvero tranchant e anche piuttosto debole.
Per affermare che la teoria del "fine tuning" non ci può dire nulla sulla particolarità e sull'origine dell'universo, Rovelli e Tanzella-Nitti adducono infatti che sembrano uscite fuori dal riuscito film "Sliding Doors" ( e dei moltissimi film e serie, emuli di quello) di qualche anno fa.
Scrive ad esempio Rovelli: “Se il nonno paterno e la nonna paterna di Carlo [Rovelli (?)] non si fossero visti per la prima volta in una festa di paese nelle Marche…” noi e il mondo che ci circonda saremmo altri, diversi etc. etc.
Ora, queste argomentazioni sembrano abbastanza deludenti. Il bisogno cioè di spiegare il mistero della esistenza di regole così incredibilmente precise e poche e costanti in un universo praticamente in-finito (e forse presenti - uguali o diverse - anche negli altri universi di un multi-verso della cui esistenza la grande parte della scienza e la fisica moderna si dicono convinti), con l'osservazione che le cose sarebbero andate in un altro modo, se gli incroci delle casualità fossero stati altri è quanto meno riduttivo.
Paragonare insomma il destino del nonno paterno di Rovelli, pur con tutto il rispetto, con quello dell'intero infinito universo, forse è un po' eccessico.
Eppure Rovelli, insieme a Tanzella-Nitti è del tutto categorico: non solo il disegno intelligente non esiste, non solo tutto è quasi sicuramente frutto del caso, ma questi argomenti sono tirati fuori apposta solo da chi (quei pochi scienziati minoritari e irrilevanti) cerca di "difendere - in modo maldestro - le rispettive lealtà religiose.
Ma davvero qui, in un argomento come questo, è importante il numero di scienziati che votano a favore? Non ha insegnato la storia della scienza in tante circostanze, che scienziati in totale solitudine - e con la totale contrarietà dei loro colleghi e con autorità di ogni tipo, religioso e no - affermavano verità che nessuno voleva sentire e che poi si sono rivelate esatte? Quando ci si avvicina alle verità ultime, la scienza non dovrebbe essere più prudente, specie in presenza di misteri così straordinariamente grandi, nei quali la conoscenza moderna sta entrando a tentoni, passo passo, come un bambino che gioca con le conchiglie sulle rive di un oceano smisurato (tanto per citare Isaac Newton) ?
Quello che sa quel bambino a proposito dell'oceano che ha di fronte, è quello che sappiamo noi dell'ambiente cosmico che ci circonda e ci ha partorito.
Dunque perché pronunciare verità - scientifiche - immutabili o assolute e negare il diritto di cittadinanza - definendole "sciocchezze" o posizioni in malafede - a posizioni differenti?
Rovelli per primo e Tanzella Nitti dovrebbero sapere che ogni verità scientifica è - per sua natura - provvisoria, e lo resta finché una nuova verità scientifica arriva, spazzando via la precedente.
Rovelli per primo e Tanzella Nitti dovrebbero sapere che "la scienza è uno dei settori in cui gli sbagli sono più eclatanti" (Piero Martin, Storie di errori memorabili, Laterza, 2024) e che il fatto che un solo scienziato, anche uno solo, si ritrovi in piena discordanza con tutto il resto della comunità scientifica, non significa che questo sia in errore.
Nella storia della Scienza accadde sovente che scienziati "dalla vista più lunga" abbiano affermato cose impossibili o inconcepibili, che la verità degli altri scienziati e la verità delle confessioni religiose (qui ben rappresentate da Rovelli e da Tanzella Nitti) negavano categoricamente.
Perché non ricordarselo mentre si scrivono articoli dai toni così categorici, quando si toccano temi così enormi, così misteriosamente intricati, sui quali nessuno di noi (nessuno Rovelli o Tanzella Nitti), può dire una parola ultima (cioè "è andata così" o "non è andata così")?

13,5 miliardi di anni fa noi non c'eravamo, e nemmeno Carlo Rovelli e Tanzella Nitti c'erano, e non ci sarebbero stati nemmeno oggi se non fossero esistite quelle "miracolose" e pochissime regole raffinate che tra le milioni o miliardi possibili, si sono messe in fila in modo tale che l'universo nascesse, si propagasse al posto del nulla, e consentisse perfino l'incredibile vita biologica e la vita intelligente e consapevole dell'essere umano al suo interno.

Fabrizio Falconi - 2024

13/12/20

Martin Nowak, matematico ad Harvard: "Senza Dio non ci sarebbe l'evoluzione"


"Dio e' la causa ultima di tutto cio' che esiste, Colui in assenza del quale non ci sarebbe affatto l'evoluzione. Dio e' sia il Creatore che il Sostenitore dell'Universo"
.

Ne e' certo il prof. Martin Nowak, docente di matematica all'Universita' di Harvard, per il quale "l'evoluzione non rappresenta un problema per la teologia cristiana". Intervenendo alla sessione finale del Convegno "Dio oggi" promosso dalla Cei, Nowak ha affermato che "Dio si serve dell'evoluzione per dispiegare il mondo vivente intorno a noi".

Allo stesso modo, ha continuato, "Dio si serve della gravita' per dispiegare l'Universo su un'ampia scala. Ne' la gravita' ne' l'evoluzione pongono sfide alla fede cristiana".

"Dio - ha scandito - non solo fissa le condizioni iniziali del processo evolutivo ma traccia anche l'intera traiettoria dell'esistenza". "L'intera traiettoria - ha aggiunto il grande matematico - e' nota a Dio, che esiste al di fuori del tempo, eterno e a-temporale, onnisciente e infinitamente amorevole".

Nella sua relazione, il prof. Nowak ha ribadito che "l'evoluzione non inventa la vita intelligente ma la scopre". "L'evoluzione non puo' operare senza requisiti che la guidino', ha osservato riocrdando che "come accade per ogni altra disciplina scientifica, la nostra attuale comprensione dell'evoluzione e' incompleta".

20/04/15

Cacciari: "Nietzsche non ha nulla a che fare con un volgare ateismo."




Cacciari: «L’ateismo oggi? Volgare e mondano»

"L’affermazione nietzschiana della morte di Dio non è affatto volgarmente ateistica come qualcuno può pensare".
Massimo Cacciari – protagonista di un dibattito con il filosofo francese Rémi Brague – da non credente si è occupato a fondo Dell’inizio e Della cosa ultima, per dirla con il titolo di due suoi volumi ponderosi. E rifiuta con sdegno l’idea che Nietzsche sia uno dei grandi padri dell’odierna negazione di Dio.

Professore, eppure è a lui, spesso in coppia con Heidegger, che tanta parte della cultura che rifiuta il monoteismo cristiano guarda con riconoscenza...

"Un autore come Nietzsche non ha nulla a che spartire con un volgare ateismo. Anche Hegel, che si professava filosofo cristiano, affermava che la proprietà essenziale del monoteismo cristiano consisteva nel pensare la morte di Dio. C’è un modo di pensare questa morte che può essere propriamente cristiano, che anzi costituisce la proprietà specifica del cristianesimo. Tanto meno in Heidegger c’è una posizione di stupido ateismo. Caso mai si può pensare a una critica di Heidegger alla tradizione che pensa Dio in termini ontoteologici, che pensa Dio con la categoria dell’ente sommo e quindi dimentica la differenza tra ente ed essere, la differenza ontologica. Ma è una critica che può benissimo essere intesa come interna alla tradizione monoteistica non solo cristiana, ma anche giudaica e islamica. Perché la critica all’ontoteologia è presente in tutte e tre le grandi correnti del monoteismo abramitico. Quindi bisogna stare molto attenti nel pensare che la filosofia di stampo nietzscheano-heideggeriano significhi l’abbandono della questione di Dio. Anzi, è un affrontamento radicale di tale questione".


Quali sono per lei le vere forme dell’ateismo filosofico contemporaneo?
"La vera forma dell’ateismo, che non ha a che vedere né con Nietzsche né con Heidegger, è la visione per cui, detto in estrema sintesi, noi siamo soltanto un essere nel mondo: noi siamo accasati, addomesticati nel nostro essere mondano. E al di là di questo non c’è nulla, o meglio, c’è il nulla, di cui non bisogna assolutamente avere cura. Questa sì è una posizione ateistica presente in varie correnti del pensiero contemporaneo".

Lei oggi interviene sul rapporto fra il Dio cristiano e le altre religioni. Tanto per stare sull’attualità: come giudica un’alleanza che si propone sempre più spesso, quella tra cristianesimo e liberalismo ateo o immanentista in funzione anti-islamica?

"L’ateismo nei termini che le ho appena detto, moneta corrente al giorno d’oggi, è essenzialmente opposto a ogni possibile versione o declinazione della radice abramitica del monoteismo. Un’alleanza di questo ateismo e di un liberalismo immanentista con il monoteismo cristiano in funzione anti-islamica non può far altro che tradire quella che è l’essenza del cristianesimo. Direi di più: è una totale aberrazione. Un liberalismo di stampo immanentistico condivide con le posizioni genericamente ateistiche l’idea che al di là dell’esserci non c’è nulla. Anzi, che Dio è il nulla. Il che, mi lasci dire, per tornare al punto iniziale, è ben diverso dal dire: Dio è morto".

Tratto da Avvenire, 11 dicembre 2009.

15/12/11

George Steiner: sulle "questioni ultime" in 2000 anni non abbiamo fatto un solo passo avanti, nella conoscenza.



Quando leggo quasi ogni giorno sui giornali delle grandi scoperte della scienza che sembra spieghino tutto della nostra vita biologica (il dominio della genetica) mi tornano in mente le parole di George Steiner, il grande scrittore e saggista francese, che qualche tempo fa ammoniva sugli scarsi risultati raggiunti, complessivamente, dalla storia umana, riguardo alle cosiddette 'questioni ultime': chi siamo, da dove veniamo, se c'è un motivo per cui siamo qui, cosa è la morte. E' molto interessante rileggerle. 

Ma resta un fatto schiacciante: ..Rispetto a Parmenide o a Platone, noi non ci siamo avvicinati di un centimetro a una qualsiasi soluzione verificabile dell'enigma della natura - o dello scopo, se ce n'è uno - della nostra esistenza in questo universo probabilmente multiplo, alla determinazione della definitività o meno della morte e alla possibile presenza o assenza di Dio. 

Potremmo anche essercene allontanati. I tentativi di "pensare fino in fondo" questi problemi ... hanno prodotto la nostra storia religiosa, filosofica, letteraria, artistica e scientifica. 

Questi tentativi hanno impegnato i migliori intelletti e le migliori sensibilità creative del genere umano - un Platone, un sant'Agostino, un Dante, uno Spinoza, un Galileo, un Marx, un Nietzsche o un Freud. Hanno generato sistemi teologici e metafisici affascinanti per la loro sottigliezza e suggestivi per la loro forza propositiva. In ultima analisi, comunque, non andiamo da nessuna parte. 

Per quanto riguarda il loro risultato concreto, la danza aborigena intorno al totem e la summa di Tommaso, il voodoo e Plotino sulle emanazioni, mettono in atto, comunicano miti che condividono analogie più che accidentali. Non producono alcuna prova. 

A dire il vero la storia degli sforzi che si sono succeduti per provare l'immortalità e l'esistenza di Dio costituiscono una cronaca imbarazzante della condizione umana. Nessuna confutazione è assiomaticamente possibile. 

La verificabilità, la falsificabilità delle scienze, il loro progresso trionfante costituiscono il prestigio e il crescente dominio che esercitano nella nostra cultura, ma la scienza non può dare nessuna risposta alle questioni quintessenziali che ossessionano lo spirito umano. Wittgenstein lo ha sottolineato con insistenza: La scienza può soltanto negarne la legittimità. 

Tuttavia siamo creati in modo tale che indaghiamo comunque, e potremmo trovare molto più persuasiva la congettura di Sant'Agostino che quella della teoria delle stringhe. La padronanza del pensiero, della velocità perturbante del pensiero esalta l'uomo al di sopra di tutti gli altri esseri viventi. 

Ma lo lascia straniero a sè stesso e all'enormità del mondo. 

In effetti, Steiner, mi sembra, non ha torto: la capacità cognitiva del mondo, delle grandi questioni legate all'esistenza - al di fuori di un'ottica di fede - non ha fatto un solo passo avanti, in millenni di storia. Le domande sono sempre le stesse, ma le risposte sono sempre un mistero.