Franco Gàbici, L'Avvenire, 16/7/2012
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14/01/25
Ricordo di un incontro-intervista con Vittorio Gassman
Era l'estate del 1990. Vittorio Gassman era, ancora e pienamente, il "mattatore" del cinema e del teatro italiano e io un giovane cronista di cultura e spettacolo.
Panorama, per cui lavoravo già da tempo, mi chiese di andare a intervistare Gassman a casa sua: una intervista piuttosto di routine, incentrata su quelli che erano in quel momento i progetti del grande attore.
Varcai dunque il cancello di Villa Brasini - che i romani chiamano familiarmente "Il Castellaccio" per via della sua bizzarra architettura - nei pressi di Ponte Milvio, a Roma. Gassman era in quel periodo, da poco uscito dalla sua famosa "depressione", durata circa due anni, di cui l'attore parlò spesso anche in pubblico, in particolare durante la sua partecipazione al Maurizio Costanzo Show di quell'anno - un notevole e breve estratto è visibile su Youtube cliccando qui.
Probabilmente, con il senno di poi (cioè dell'oggi), in quella occasione, avrei considerato non certo una felice scelta, quella, per un depresso, di andare a vivere proprio a Villa Brasini (pur splendido edificio), per via della fama sinistra che vi aleggia, anche per episodi assai recenti e di cui ho scritto in un libro di qualche successo (clicca qui).
Gassman mi venne incontro, affabile ed elegante, mi fece accomodare nel grande salone vetrato della casa - con vista su un giardino interno - poi venne a sedersi, interrotto durante la nostra chiacchierata, dal figlio più piccolo, Jacopo, avuto dalla terza moglie, Diletta D'Andrea, nato nel 1980 e che dunque aveva all'epoca dieci anni, e del quale il padre dimostrava di essere innamorato. Riuscì a un certo punto a convincerlo a lasciarci soli e iniziò il nostro colloquio.
Parlò a lungo del progetto assai ambizioso che all'epoca portava avanti: la messa in scena del Moby Dick di Melville, a teatro, con l'impianto scenico di Renzo Piano, che effettivamente andò in prima durante le celebrazioni colombiane di Genova con il Teatro Stabile di quella città, poi portato anche a Siviglia e infine negli Stati Uniti (sempre nell'ambito di quelle celebrazioni). L'intero spettacolo è visibile cliccando qui.
Mi parlò poi della serie TV Tutto il mondo è teatro alla quale stava lavorando e che avrebbe condotto l'anno seguente (1991) su RaiUno con grande successo (visibile un estratto qui).
Infine mi parlò di un progetto a cui teneva tantissimo e che invece - per quel che mi risulta - non si fece mai: un film dal terzo libro che aveva scritto, dopo Un'avvenire dietro le spalle (1981) e Vocalizzi (1989): Memorie dal sottoscala, di cui avrebbe dovuto essere regista, ma non protagonista ("preferisco concentrarmi sulla regia: l'interprete sarà forse straniero, magari un inglese, qualcuno che incarni lo spirito di quest'uomo inquietante e goffo"), nonostante fosse totalmente autobiografico e raccontasse "in chiave grottesca una nevrosi, non gli anni della mia depressione."
Chissà che fine ha fatto quel copione, scritto con Giancarlo Scarchilli e chissà che prima o poi qualcuno non si decida a rispolverarlo.
L'incontro, che ricordo vivamente - per la gentilezza e la simpatia che mi dimostrò - si concluse e salutai Gassman, che come molti grandi dell'epoca sapeva anche essere umile o semplice, che dir si voglia. Appena dieci anni dopo, ci ha lasciato. Con molti (nostri, di spettatori) rimpianti.
L'intervista uscì su Panorama il 19 agosto del 1990.
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11/01/25
19 Settembre 1969: quel giorno che i Beatles si separarono (dal Libro "La Fine del Sogno")
“Le cose erano diventate appiccicose, durante il White Album e anche durante la lavorazione di Let it Be (il progetto inizialmente chiamato Get Back n.d.a.)”, racconta Mc Cartney, “George lasciò per qualche tempo il gruppo in quel momento, e anche Ringo, ma riuscimmo a risolverlo”. La questione però è destinata a ripresentarsi, più gravemente, finita la registrazione di Abbey Road, con Paul che ha pronto anche lui, il suo primo album solista. “Più o meno in quel momento”, continua McCartney, “tentai l’ultima carta. Avemmo un incontro negli uffici Apple (nel mese di settembre 1969, n.d.a.), e feci agli altri un discorso: «sentite, se c’è qualcosa che non va, dobbiamo sistemarlo. Quello che penso è che dovremmo tornare a essere una band, tornare come quella piccola unità che siamo sempre stati. Penso che dovremmo andare in piccoli club e fare un piccolo tour. Impariamo ad essere di nuovo una band insieme, non uomini d’affari». A quel punto, John mi ha guardato negli occhi e ha detto: «Penso che tu sia uno sciocco. E in effetti non avevo pensato di dirtelo ora, ma… lascio il gruppo». A quanto mi ricordo, queste furono le sue esatte parole. E le nostre mascelle sono cadute. Poi ha continuato, spiegando quanto fosse una bella sensazione togliersi di dosso quel peso, un po’ come quando aveva annunciato a sua moglie di voler divorziare. Un vero sollievo. Il che sarà stato sicuramente molto bello per lui, ma non per noi.”[1]
Dal canto suo, John, a posteriori, riconosce
che l’arrivo di Yoko nella sua vita ha dato l’impulso determinante per la
decisione che venne comunicata quel giorno: “Ero un Beatle,” racconta nel 1980,
“ma le cose avevano cominciato a cambiare. Nel 1966, poco prima che incontrassi
Yoko, ero andato in Almeria, in Spagna per girare un film. Mi ha fatto molto
bene. Sono stato lì per sei settimane. Ho scritto Strawberry
Fields Forever, fra l’altro. Mi ha dato il tempo di pensare,
lontano dagli altri. Da quel momento in poi stavo cercando un posto dove
andare, ma non ho avuto il coraggio di scendere da solo dalla barca e spingerla
via. Quando però mi sono innamorato di Yoko, ho capito tutto: “mio Dio, questo
è diverso da qualsiasi altra cosa. Questo è qualcos’altro. Questo è più di un
disco, di un successo, più dell’oro, più di tutto. È indescrivibile”.”[2]
Il drammatico (per le sorti del
gruppo) incontro alla Apple, termina con un compromesso: la decisione presa da
John, e il conseguente scioglimento dei Beatles, non verrà per ora annunciato. Ci
sono importanti faccende economiche in ballo – rinegoziare il contratto
discografico – e c’è da decidere cosa fare del progetto lasciato in sospeso - Get
Back - dove ci sono canzoni straordinarie, tra le più importanti in
assoluto scritte dai Beatles.
Quel giorno segna comunque la
fine (ufficiosa) della loro avventura insieme. Il bilancio definitivo dice che
dal 1963 al 1969, cioè in soli sei anni, i Beatles hanno scritto centottantatré
canzoni. Lennon ne ha scritte in tutto settantatré e Paul quattro in meno, sessantanove.
I due, insieme, ne hanno composte “soltanto” diciassette, anche se – in base
all’accordo di ferro stipulato in gioventù, di cui ho già detto – tutti i loro
brani sono firmati insieme con il marchio: Lennon & McCartney. Harrison ha scritto ventidue canzoni, Ringo
soltanto due. Un’analisi approfondita, che i musicologi e i fan del gruppo
hanno fatto, mostra la diversa preponderanza di uno o dell’altro, nel corso
degli anni: all’inizio si devono alla penna di Paul i successi più importanti
del gruppo, mentre nella fase centrale il peso creativo di John diventa
prevalente; nella fase finale, infine, è di nuovo Paul a firmare come autore
praticamente tutti i maggiori successi del gruppo, complice, sicuramente, il
progressivo distacco di John.
12/12/24
1846: Il primo volo in Mongolfiera a Roma ! - Un estratto da "Storie incredibili su Roma che non vi hanno mai raccontato" di Fabrizio Falconi, in tutte le librerie
Nel 1846, Villa Borghese era ancora tutta di proprietà della nobile famiglia – di origini toscane – che a essa
aveva dato il nome, dai primi dei Seicento.
Con il tempo, però, e soprattutto negli ultimi decenni, la villa aveva subito notevoli trasformazioni, a opera soprattutto del principe Marcantonio IV Borghese (1730-1809) che, tra le altre cose, aveva ordinato ai suoi architetti la costruzione di un anfiteatro destinato a ospitare corse di cavalli, esibizioni e feste, e ispirato alla piazza del Campo di Siena, città da cui la famiglia Borghese, originariamente, proveniva.
Nacque così piazza di Siena, subito divenuta il fulcro della villa, che nel frattempo i Borghese avevano deciso di aprire al pubblico, cioè al popolo di Roma, per il passeggio durante i giorni festivi e dove, in quelle occasioni, erano ospitati eventi e balli. Uno dei fatti memorabili che ebbero luogo a Roma, nell’Ottocento, fu il primo volo in mongolfiera, che si levò proprio da piazza di Siena.
Il protagonista fu il francese François (o Francisque) Arban, nato a Lione nel 1815, pio niere dell’aviazione che aveva iniziato a dedicarsi alla mon golfiera nel 1832. Qualche anno più tardi, Arban venne a Roma, invitato dai Borghese. Ospite della villa, annunciò che avrebbe ten tato un’esibizione sui cieli della capitale. Dopo due mesi di permanenza romana e di preparazione, finalmente, alle tre e mezzo del pomeriggio del 14 aprile del 1846 Arban salì a bordo del suo pallone, davanti a una folla straboccante assiepata sulle tribune di piazza di Siena, che cominciò ad applaudirlo mentre compiva un primo giro a pochi metri d’altezza, ancora trattenuto da una corda di ancoraggio.
Qualche minuto dopo, sciolto l’ormeggio, al suono della banda militare e spinto dal vento di sud-est, Arban prese quota con l’aerostato sorvolando l’intera Villa Borghese. Seguendo la direzione del vento, come raccontano i cro nachisti dell’epoca, l’aviatore «sorpassò più volte i giri del Tevere, dirigendosi rapidamente verso i monti Sabini, po tendo però sempre scorgere da quel punto, la Villa [Borghese], le fabbriche e la maestosa cupola della città da cui pochi minuti prima si dipartiva».
Continuando l’avventura, Arban si trovò ben presto a quote altissime, al punto tale che cominciò ad avere problemi di respirazione, con il termometro che segnava un grado sopra lo zero. Rifocillatosi col vino che aveva a bordo e col cibo «di cui si era ugualmente munito», e verificata l’altezza ormai troppo elevata, aprì la valvola abbassando la mongolfiera di diverse centinaia di metri quando, dopo un’ora di viaggio, gli si aprì sotto gli occhi lo scenario del fiume Velino e poi della valle reatina, accorgendosi subito delle moltitudini di persone che lo indicavano e gli face vano cenno di avvicinarsi, abbassandosi ancora.
La popolazione reatina era entusiasta, seguiva il percorso a piedi, a cavallo o con vetture, e finalmente, nei pressi del lago di Piediluco, convinse Arban ad atterrare, visto anche che si profilavano, minacciose, le montagne degli Appennini.
Aveva viaggiato per cinquanta miglia (ottanta chilometri) quando gettò via gli ultimi sacchi di zavorra, lanciando a una trentina di persone che lo aspettavano le corde per l’ancoraggio. Particolare curioso, tra i primi che vennero ad aiutare Arban a scendere dall’aerostato ci fu un tipo che, dopo averlo abbracciato e baciato, chiese a bruciapelo al volatore, in italiano: «Mi dai tre numeri?». Ancora provato dall’impresa e ostacolato dal non sapere la lingua, Arban capì soltanto in un secondo momento che quello gli chiedeva con insistenza tre numeri per giocare al Lotto.
Arban, insomma, era visto come una specie di mago, al quale non dovevano mancare nemmeno capacità divinatorie e – immaginiamo più che altro per togliersi il fastidio di torno – con il lapis scrisse alcuni numeri a casaccio che furono ricevuti dal “villico reatino” come un prezioso tesoro. Invitato a riposarsi dopo l’impresa nella casa di un notabile del luogo, alle tre del mattino seguente Arban prese la diligenza che doveva riportarlo a Roma, dove giunse alle tre del pomeriggio, subito accolto dal principe Borghese, grato per l’impresa che aveva appena compiuto.
La popolarità di Arban dopo quel primo viaggio aumentò a dismisura, al punto che in diverse altre città italiane furono organizzate sue esibizioni a bordo della mongolfiera. La sua carriera di aviatore però si infranse presto in circostanze tragiche: tre anni dopo, preso il volo da Barcellona per un’esibizione, con l’intenzione di superare i Pirenei e arrivare fino a Lione, Arban non riuscì a portare a compimento l’impresa. La forza dei venti sospinse infatti l’aero stato verso il largo del mar Mediterraneo, dove scomparve nel nulla. I suoi resti e quelli del velivolo non furono mai più ritrovati, dando adito alle più diverse leggende, tra cui quella secondo cui la sua mongolfiera, arrivata addirittura fino in Africa, aveva consegnato l’aviatore agli indigeni che lo avevano fatto prigioniero e ucciso.
Estratto da: Fabrizio Falconi, Storie incredibili di Roma che non ti hanno mai raccontato, Newton Compton Editore, 2024
15/11/24
Bella (e lunga) intervista VIDEO di Giacomo Brunoro e Jacopo Pezzan (LaCase Books) a Fabrizio Falconi per "La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski" il libro
Grazie a Giacomo Brunoro e Jacopo Pezzan per questa bella (e lunga) intervista VIDEO per LaCase books su "La Fine del Sogno", i Beatles, Polanski, Charlie Manson", il libro di Fabrizio Falconi appena pubblicato da Arcana Libri. Qui sopra su Youtube e sotto su Spotify in formato Podcast.
10/11/24
"Now and Then" i Beatles tornano candidati ai Grammy Awards dopo 53 anni! La persistenza del Mito in un libro "La Fine della Storia", appena uscito
Incredibile e mai successo, ovviamente: i Beatles raggiungono un altro record, quello di avere una loro canzone candidata ai Grammy Award, i massimi premi per la musica, 54 DOPO IL LORO SCIOGLIMENTO, e con John Lennon e George Harrison morti, purtroppo da diversi anni.
Tutto ciò grazie a ma "Now and then", l'inedito scritto da John Lennon e "restaurato" dai Beatles grazie all'intelligenza artificiale.
Così, tra Beyoncè, Taylor Swift e le giovani star, ci saranno gli ultraottantenni McCartney, Starr.
"Now and Then" fu originariamente composta da John Lennon prima di morire, nel 1977, rielaborata nel 1995 con parti di chitarra da George Harrison e poi ultimata nel 2022 con il basso di McCartney e la batteria di Starr.
Era dal 1971 che i Beatles non ottenevano una candidatura come "Record of the Year", tra le categorie principali dei Grammy Awards: l'ultima volta fu con "Let it be",
E questo spiega, meglio di ogni altro discorso l'unicità dei Beatles e del loro percorso "segnante" dal 1960 a oggi.
Per comprendere meglio tutto questo, è in libreria, appena uscito, "La Fine della Storia" un libro che ricostruisce i fatti di due anni cruciali della nostra storia: 1969-1970, quelli che decretarono la fine della cosiddetta Summer of Love, l’Era dell’Acquario, di Woodstock, del Flower Power, della liberazione sessuale.
Il sogno si infranse nel modo più tragico con la strage di Sharon Tate e dei suoi amici a Cielo Drive, Los Angeles, da parte di Charlie Manson e della sua lugubre Famiglia, ma anche con lo scioglimento dei Beatles, un trauma mondiale, dopo il travaglio seguito al celebre soggiorno in India nell’ashram di Maharishi e la preveggenza dell’orrore nei film di Roman Polanski usciti in quegli anni (tra i quali Rosemary’s Baby), di cui Sharon Tate era moglie all’epoca.
Il libro racconta gli inspiegabili grovigli di casualità e circostanze che legano queste vicende biografiche (soprattutto quelle dei quattro Beatles) l’una all’altra, molto strettamente, da un punto di vista del tutto particolare: il breve e folgorante periodo in cui cade l’illusione di un “noi” creativo (e rivoluzionario) rapidamente scalzato dall’emersione di un “io” narcisista e distruttivo, passaggio cruciale del contemporaneo. La fine del sogno è un incredibile intreccio di musica, cinema, esoterismo e cronaca nera, appassionante come un romanzo.
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28/10/24
Intervista a Fabrizio Falconi su “La fine del sogno. Beatles, Manson, Polanski” (Da VCB)
“Gli Anni ’60 sono stati un decennio incredibile”. E, “di sicuro, quel che fecero quei quattro ragazzi di Liverpool, i Beatles, è qualcosa di unico e perfino leggendario”.
Parola di Fabrizio Falconi, giornalista e scrittore che si è immerso proprio in quel tempo per realizzare il suo nuovo libro: “La fine del sogno. Beatles, Manson, Polanski”, pubblicato da Arcana. Del resto, sono stati gli anni in cui anche l’Italia è stata protagonista del boom economico e il mondo intero è stato attraversato dal cosiddetto Sessantotto, con i suoi movimenti di massa, ma anche con la sua Summer of Love e la sua Era dell’Acquario, con Woodstock, il Flower Power e la liberazione sessuale.
In questo contesto, anche il cinema e la musica hanno cambiato completamente stile e contenuti rispetto al passato. Ma cosa ha rappresentato davvero quell’epoca e cosa è cambiato dopo? E, soprattutto, che ruolo hanno avuto i “Fab Four”?
Lo abbiamo chiesto all’autore del libro, scritto con l’intento di offrire una chiave di lettura differente di quei tempi, mettendo in luce “l’incredibile mole di coincidenze, circostanze, fatti e fatalità che collegavano l’uno all’altro alcuni personaggi di quel periodo”.
Quando e perché è nata l’idea di scrivere un libro che racconta in che modo la storia dei Beatles si è intrecciata con la storia di personaggi come il fondatore della meditazione trascendentale Maharishi, il regista Roman Polanski, sua moglie Sharon Tate, la setta di Charlie Manson e l’assassino di John Lennon?
L’idea del libro è maturata nel corso degli ultimi due o tre anni. Collezionavo e studiavo da tempo materiale riguardante gli anni 1969-70 con l’ultimo periodo prima e dopo lo scioglimento dei Beatles. Più andavo avanti, più mi accorgevo dell’incredibile mole di coincidenze, circostanze, fatti e fatalità che collegavano l’uno all’altro alcuni personaggi di quel periodo.
Erano come i grani di un rosario, sembrava che ci fosse un filo unico nella storia di quegli incontri, una storia più grande che li teneva insieme e che chiedeva di essere nuovamente dipanata. Così, anche se la pubblicistica sui Beatles è smisurata, ho deciso di scrivere il libro, da questo punto di vista, che mi pare poco esplorato e assai interessante da scoprire”.
16/10/24
La foto esoterica dei Beatles, dopo la morte di John
Guardate bene questa foto.
Fu scattata nel 1996, quando i tre Beatles rimasti si riunirono per stare un po' insieme.
Durante il servizio fotografico, si sentivano vuoti senza John Lennon. Poi, misteriosamente, un pavone bianco apparve dietro George per una delle foto.
Quando lo videro, sentirono tutti la presenza di John e l'atmosfera si alleggerì.
Probabilmente erano al corrente di quanto aveva spesso riferito Julian Lennon, il figlio del leggendario membro dei Beatles, secondo cui suo padre, prima di morire, aveva promesso a lui e al resto della sua famiglia di ritornare proprio sotto forma di una piuma bianca. "Quando vedrete una piuma bianca, sappiate che sono io, vicino a voi", aveva detto John.
Anche recentemente Julian ha raccontato di aver percepito la presenza dello spirito di suo padre, morto 25 anni fa. L’apparizione ha avuto luogo mentre Julian partecipava ad un’antica cerimonia di una tribù aborigena in Australia. Una fonte del Daily Express ha riferito che quando uno degli anziani gli ha dato una piuma bianca il figlio 44enne del cantante si è emozionato profondamente, ricordandosi di quello che gli aveva sempre detto il padre.
Julian era in Australia per girare il documentario "Whaledreamers", vincitore di diversi premi nel 2006 e proiettato durante il Festival di Cannes quest’anno.
Qui, nel 1995, è la prima volta in cui il compagno perduto si sarebbe manifestato, come rivelò Paul McCartney, anche ai suoi ex-compagni di band con le sembianze di un pavone bianco, perdipiù mentre erano in studio per completare le registrazioni del singolo "Free as a Bird", originariamente inciso dallo stesso Lennon nel 1977.
12/10/24
L'emozionante omaggio di Paul a John Lennon nel giorno del suo compleanno - Il Tributo
Mercoledì 9 ottobre John Lennon avrebbe compiuto 84 anni. Due in più del suo amico Paul McCartney, che gli ha dedicato il toccante tributo sui social.
Come ricorderanno bene i fan dei Beatles, i due non sono sempre stati amici. A un certo punto avevano proprio rotto. Ma Sir Paul ricorda che per fortuna, poi, come spesso capita a chi si vuole bene per davvero, hanno ricucito il loro rapporto.
Per fortuna, ha sottolineato McCartney, perché altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato dopo la prematura scomparsa di Lennon.
La foto pubblicata su Instagram, ritrae Paul in un'esibizione del 2022 mentre canta con alle spalle filmati di John che suona la chitarra. Si tratta di un frame preso dal documentario Disney+ di Peter Jackson “The Beatles: Get Back”, andato in onda a novembre 2021.
Lennon fu ucciso la sera dell'8 dicembre 1980, mentre si accingeva a rincasare con la moglie a New York.
Di fronte all'ingresso di casa lo aspettava un folle, Mark Chapman, che gli scaricò alle spalle 5 colpi di pistola, dei quali solo uno non andò a segno.
Non perdere il nuovo libro sui Beatles appena uscito: "La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski", Arcana Editore, 2024
07/10/24
La Magia Beatles continua: Paul Mc Cartney la notte scorsa incanta 70.000 persone allo stadio Monumental di Buenos Aires !
Grande successo, la notte scorsa a Buenos Aires, per Paul McCartney: l'ex Beatle ha incantato il pubblico con quasi tre ore di concerto e 33 canzoni, facendo tremare di emozione lo Stadio monumentale, nell'ultimo dei suoi due show nella capitale argentina.
L'artista di 82 anni non ha smesso un secondo di cantare, muoversi, intrattenere gli spettatori, lasciando di stucco per la sua incontenibile energia.
Grazie anche ai miracoli della tecnologia, McCartney ha potuto utilizzare nuovi strumenti per visitare il catalogo dei Beatles e giocare un po' con la propria storia. Il cantante britannico e i suoi musicisti sono saliti sul palco con una standing ovation. Senza troppi preamboli, hanno iniziato con 'Can't buy me love', per poi proseguire con i principali successi dei Beatles alternati ai brani dei Wings.
Non perdere il nuovo libro sui Beatles appena uscito: "La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski", Arcana Editore, 2024
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04/10/24
Un nuovo bellissimo "Docu" dedicato a John Lennon con molte immagini mai viste.
da: Vogue Italia
John Lennon e Yoko Ono, la storia d'amore di una delle coppie più discusse del '900. Un documentario svela nuovi dettagli
John Lennon e Yoko Ono. Due persone, una cosa sola. Bastano i loro nomi per suscitare, anche nelle generazioni che non li hanno vissuti realmente, qualcosa di unico. Lui, uno dei grandi (ex), leggendari, membri dei Beatles, lei, proveniente da una ricca famiglia di banchieri giapponesi, artista e musicista. Formarono, fino alla morte di Lennon, nel 1980, ucciso da Mark David Chapman, una delle coppie a cui guardare, che più hanno ispirato una forma di ribellione e resilienza creativa, musicale, culturale, di protesta.
Si erano conosciuti il 9 novembre del 1966 all'anteprima di un'esposizione proprio della Ono, all'Indica Gallery di Londra, nella quale lo stesso Lennon fu attratto da diverse opere esposte, una in particolare chiamata, ‘Celing painting’, che prevedeva si dovesse salire con una scala, per vedere attraverso un vetro (e degli specchietti) la parola YES che si ingrandiva. Fu la scintilla, il mix tra immaginazione, ironia e provocazione, a legarli. Si sposarono il 20 marzo 1969.
John Lennon fotografato da May Pang durante il "Lost Weekend" con il figlio Julian nel 1970
Ora, a celebrarne alcune gesta e parole, arriva un documentario travolgente, One to One: John & Yoko, co-prodotto anche da Brad Pitt, visto fuori concorso al Festival di Venezia 2024, diretto da Kevin Macdonald e Sam Rice Edwards, che per qualità, contenuto, ricchezza di immagini, documenti inediti, filmati restaurati, telefonate personali, suggestioni, si proietta ad essere tra i candidati, ce lo auguriamo, ai prossimi Oscar. Un momento temporale e specifico fa da ambientazione alla loro storia, il trasferimento da Londra a New York nel 1972.
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02/10/24
Al via il più importante progetto mai tentato sui Beatles: un grande Bio-pic formato da quattro differenti film, uno per ogni membro del leggendario Quartetto di Liverpool
Prende forma uno dei progetti cinematografici più ambiziosi e difficili di sempre: portare sul grande schermo la storia dei Beatles attraverso quattro differenti biopic, uno per ogni membro della leggendaria band di Liverpool.
Secondo quanto riportato da ScreenRant e Vogue sarebbe stato scelto il cast delle quattro pellicole e in questi giorni si sarebbe riunito per le prime fasi della preproduzione.
Secondo il portale InSneider a interpretare Paul McCartney dovrebbe essere Paul Mescal (NapoleOn, Il Gladiatore 2, All Of Us Strangers, Normal People), John Lennon il giovane Harris Dickinson (A Murder at the End of the World), il talentuoso Barry Keoghan (The Batman, Saltburn, Dunkirk, Eternals, Gli Spiriti Dell'Isola) dovrebbe prendere il ruolo di Ringo Starr e Charlie Rowe (Rocketman, I Love Radio Rock, La Bussola D'Oro) in quello di George Harrison.
Al momento le indiscrezioni pubblicate dai magazine sopra citati non sono state confermate né smentite dalla Sony Pictures, che distribuirà i quattro film di Sam Mendes.
Per la realizzazione del progetto e la scrittura della sceneggiatura la Apple Corps Ltd. e i Beatles (Paul McCartney, Ringo Starr e le famiglie di John Lennon e George Harrison) concederanno i diritti completi sulla storia della vita dei componenti della band e i diritti musicali.
Come concepito da Mendes che dirigerà i quattro lungometraggi cinematografici, uno dal punto di vista di ciascun membro della band, le quattro pellicole si intersecheranno per raccontare "la sorprendente storia della più grande band mai esistita".
Sempre dal sito ufficiale dei Beatles si apprende che la SPE finanzierà e distribuirà le pellicole in tutto il mondo nel 2027. La modalità del rilascio dei film, i cui dettagli saranno condivisi in prossimità dell'uscita, sarà innovativa e rivoluzionaria.
Mendes dirigerà tutti e quattro i film e li produrrà insieme alla sua partner della Neal Street Productions Pippa Harris e Julie Pastor. Jeff Jones sarà il produttore esecutivo per conto della Apple Corps Ltd.
“Sono onorato di raccontare la storia della più grande rock band di tutti i tempi ed entusiasta di sfidare il concetto di ciò che costituisce un viaggio al cinema”, ha affermato Sam Mendes.
"Vogliamo che questa sia un'esperienza cinematografica unica, elettrizzante ed epica: quattro film, raccontati da quattro diverse prospettive che raccontano un'unica storia sulla band più celebre di tutti i tempi", ha affermato Pippa Harris. “Avere la benedizione dei Beatles e della Apple Corps per fare tutto questo è un immenso privilegio. Dal nostro primo incontro con Tom Rothman ed Elizabeth Gabler, è stato chiaro che condividevano sia la nostra passione che l’ambizione per questo progetto, e non possiamo pensare a una casa più perfetta di Sony Pictures”.
“La Apple Corps è lieta di collaborare con Sam, Pippa e Julie per esplorare la storia unica di ogni Beatle e riunirli in un modo adeguatamente accattivante e innovativo”, ha affermato Jeff Jones, CEO di Apple Corps Ltd..
13/09/24
"La Fine del Sogno - Beatles, Manson, Polanski" presentazione a Roma, alla Libreria Eli, Domenica 29 Settembre
Un libro costato un lungo lavoro di documentazione e ricerca. Per raccontare la storia incredibile del Sogno degli anni '60 e della musica dei Beatles, che immaginava un nuovo mondo, una nuova Età dell'Acquario.
Infrantosi sull'eco di uno dei più efferati crimini di sempre: la strage di Cielo Alto, a Los Angeles, la mattanza di vittime innocenti, tra cui Sharon Tate, moglie di Roman Polanski (al nono mese di gravidanza) e dei suoi amici, da parte di Charles Manson, transfigurazione del mito hippie di quegli anni nel suo esatto contrario (insieme ai suoi volenterosi carnefici adepti).
La cronaca di due anni cruciali: dal ritiro spirituale dei quattro di Liverpool nell'ashram di Maharishi, ai piedi dell'Himalaya, allo scioglimento del gruppo che spezzò il sogno dei milioni di fans in tutto il mondo. I quattro che per un decennio erano stati una cosa sola e avevano cambiato (per sempre) la storia della musica e del costume, tornavano a essere quattro, uno contro l'altro.
Una storia incredibile di intrecci, casualità, segni del destino, provocazioni, sogni e incubi, ricostruita minuziosamente e scritta come un romanzo.
Si presenta alla Libreria Eli, con Noemi Sarracini e l'autore, e molte foto dell'epoca, rare o rarissime.
Domenica 29 settembre ore 17,30
Libreria Eli
Viale Somalia 50/a Roma
ingresso libero
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01/09/24
"Costantino, il sogno vero che cambiò l'occidente", di Fanco Gabìci
COSTANTINO. Il sogno vero che cambiò l’Occidente
Non è dato sapere se sia realmente accaduto o se si tratti di una leggenda, ma sta di fatto che gli studiosi hanno preso in considerazione la questione e alcuni sono andati alla ricerca di riferimenti astronomici che potrebbero giustificare la famosa visione che apparve all’imperatore Costantino 1700 anni fa, il 27 ottobre del 312, alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio combattuta in località Saxa Rubra e nel corso della quale venne sconfitto Massenzio.
Secondo Lattanzio (250-327) la visione sarebbe avvenuta in sogno, mentre Eusebio di Cesarea (265-340) scrive che la croce luminosa sarebbe apparsa in pieno pomeriggio e fu osservata anche da tutti i soldati. Sulla croce campeggiava la scritta «Toutô nika», che più tardi Rufino tradusse Hoc signo victor eris» e che la tradizione trasformò nel più noto «In hoc signo vinces».
Tutti invece concordano sul fatto che Costantino, dopo la visione, fece incidere sui labari dei soldati la lettera greca «chi», il simbolo del Dio cristiano. Già Filostorgio (368-439) aveva proposto una interpretazione astronomica del «segno celeste» e in tempi più recenti Fritz Heiland del Planetario di Jena ha avanzato l’ipotesi che la visione potesse essere interpretata come una congiunzione planetaria. A differenza delle stelle, che vengono chiamate "fisse" perché su intervalli temporali abbastanza lunghi mantengono inalterate le loro reciproche posizioni, i pianeti non hanno posizioni immobili e in effetti il termine "pianeta" deriva da un termine greco che significa «astro errante».
Heiland, dunque, dopo aver ricostruito il cielo del 312 notò che nell’autunno di quell’anno Giove, Saturno e Marte, tre pianeti molto luminosi, si trovavano vicini e allineati fra le costellazioni del Capricorno e del Sagittario.
La configurazione planetaria insolita poteva essere interpretata dai soldati come un cattivo presagio e Costantino avrebbe addirittura inventato la storia della visione per trasformare il presagio in un segno di buon auspicio. Subito dopo il tramonto, inoltre, in mezzo alla volta celeste campeggiava il Cigno, una costellazione a forma di croce, tant’è che viene chiamata dagli astronomi la «Croce del Nord».
Una stella laterale, poi, le conferiva l’aspetto di uno «staurogramma», dove con questo termine si definisce il monogramma che si ottiene sovrapponendo le due lettere greche maiuscole tau (T) e rho (P).
Sotto il Cigno, inoltre, si trova la costellazione dell’Aquila, simbolo di Roma e dei suoi eserciti, e anche questa circostanza contribuì a rafforzare i significati simbolici della visione.
Interessante a questo proposito è l’affresco di Piero della Francesca nella basilica di San Francesco di Arezzo intitolato «Il sogno di Costantino» nel quale l’artista, come ricordano Bruno Carboniero e Fabrizio Falconi nel volume In hoc signo vinces (Edizioni Mediterranee), riproduce il cielo stellato relativo all’evento e un angelo dall’aspetto di cigno che porge una croce all’imperatore.
Va anche sottolineato che la posizione dell’angelo nell’affresco non è casuale, ma rispecchierebbe la posizione realmente occupata nel cielo dalla costellazione del Cigno.
Un altro segno della visione di Costantino si può ammirare all’interno del battistero paleocristiano di San Giovanni in Fonte di Napoli, fatto erigere dallo stesso imperatore. Sulla cupola, infatti, spicca un bellissimo mosaico che raffigura un grande staurogramma a ricordo della visione di Costantino. Legato a Costantino è anche il casale di Malborghetto, continua a leggere qui.
COSTANTINO. Il sogno vero che cambiò l’Occidente Franco Gàbici, L'avvenire, lunedì 16 luglio 2012
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