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08/10/21

Sting compie 70 anni e pubblica: "The Bridge", un ponte metafisico pieno di speranza. "Amo sempre più l'Italia"

 


Intervistato da Luca Valtorta per Robinson di La Repubblica, Gordon Sumner, in arte Sting, leggendario front man del gruppo dei Police e autore contemporaneo tra i più noti, racconta della sua scelta di vita in Italia, dove risiede ormai da molti anni, nella Tenuta Il Palagio, a Figline Valdarno, e di quello che ha messo dentro il suo nuovo album, The Bridge, scritto e inciso durante il lockdown. 

Adesso sono quasi vent'anni che vive anche in Italia: che cosa ha imparato del nostro paese? 

"Amo l'Italia. Ma è perfetta? Ovviamente no (ride, ndr). Ci sono un sacco di cose sbagliate in ogni paese però amo la capacità di apprezzare le cose buone della vita, la capacità di sedersi attorno a una tavola con del buon cibo, il senso della famiglia, queste cose. E la gente ha un atteggiamento veramente gentile nei miei confronti. E poi mi interessa molto la storia: sono ossessionato dalla storia Romana e leggo tutto quello che trovo a riguardo: Cicerone, la transizione tra la repubblica e la dittatura con l'avvento di Giulio Cesare. Mi affascina per i parallelismi con quello che è successo nel Senato americano con la folla e i populisti: esattamente come 2000 anni fa. Il che è spaventoso ma anche molto coinvolgente. Ho sempre saputo dei romani perché la mia città nel nord dell'Inghilterra, Wallsend, era proprio ai margini dell'impero: da lì iniziava il Vallo di Adriano che segnava il confine tra la Britannia occupata e le tribù dei Pitti. E anche in questo caso: l'Impero Romano non era sicuramente un sistema perfetto ma comunque molto, molto interessante".

Dell'Inghilterra di oggi, con la Brexit in atto, cosa pensa? 

"Non mi faccia parlare. Vorrei trovare una sola persona capace di spiegarmi oggi perché la Brexit è una buona idea ma nessuno lo può fare perché è una cosa assolutamente stupida. Gli piaceva così tanto questa idea purista: 'Noi dobbiamo essere soli!'. Non sta andando bene. E questo non mi rende felice. Amo la mia nazione e sono triste nel vederla soffrire".

Come ha passato il periodo del lockdown? 

"Sono molto fortunato perché ho una grande casa, un grande giardino e uno studio dentro la casa, per cui anche se non ho potuto andare in tour ho comunque lavorato: per un anno intero entravo in studio alle dieci e ne uscivo solo per cena. Alcuni giorni non riuscivo a tirar fuori granché ma in altri mi veniva qualche buona idea e alla fine ne è uscito fuori un album di cui sono molto orgoglioso, l'ho chiamato The Bridge. Il titolo è una sorta di metafora per quello che io, ma credo un po' tutti noi, stiamo cercando in questo momento: un ponte verso qualcosa di più sicuro, di più felice, perché siamo in un momento di difficile transizione, pieno di incognite, dalla pandemia al cambiamento climatico, alla dura situazione sociale e politica. È un ponte metafisico in un disco pieno di speranza ma anche di realismo nel cercare di essere comunque ottimista".


Leggi qui l'intervista originale - fonte: Luca Valtorta - Robinson/La Repubblica