14/01/25
Ricordo di un incontro-intervista con Vittorio Gassman
20/09/22
La lunga lotta di Vittorio Gassman contro la depressione
E già dal titolo, il romanzo raccontava l'effetto dirompente della depressione, sulla propria visione della vita: che è come si guardasse, appunto, da sottoterra.
Anche il grande Vittorio Gassman, come si sa, è stato per lungo tempo affetto da depressione bipolare, una malattia di cui il celebre attore si decise a parlare anche in pubblico. Gassman raccontò di un periodo durato circa due anni - il più duro della sua malattia - in cui non riusciva più a provare interesse o piacere per alcuna cosa, compresa la sua vita. Anche risvegliarsi era un dramma e neppure la suo famiglia riscuoteva in lui un interesse, motivo per il quale quel periodo coincise con un allontanamento dai suoi figli.
Le parole di Gassman furono forti e profonde, in una Italia che non era ancora abituata a sentir parlare di depressione. La sua, in particolare era chiamata, ed è chiamata, in psichiatria, anedonia. Che comportava per lui anche l'effetto di non riuscire a dimostrare amore e affetto verso le persone che aveva accanto, compresa la sua famiglia. Anche se i suoi familiari, raccontò, avevano continuato sempre a sostenerlo nella lotta contro la malattia, che fu combattuta anche con l’assunzione di psicofarmaci. “La depressione è una brutta bestia. – disse Gassman in una intervista televisiva –Quando tocca l’apice coincide con uno sgomento totale, con l’angoscia e dunque si vorrebbe ad un momento non esserci più. Io credo di non essere portato al suicidio, però molte mattine di quel periodo io mi svegliavo – e me ne sono accorto dopo un po’ – con i muscoli delle gambe e delle braccia che mi dolevano. Poi ho capito che il mio corpo inconsciamente faceva uno sforzo fisico anche per non risvegliarsi, che era un modo dolce, senza intervento cruento, di non esserci più, di cessare questo tipo di sofferenza.
Un lungo incubo, dal quale Gassman non si liberò mai completamente, ma con il quale imparò a convivere, superando la crisi più nera e aprendosi alla guarigione:"Quando stavo per guarire," raccontò, "ho sognato la mia guarigione. Allora mi sono alzato, sono corso in bagno e ho visto che gli occhi erano tornati normali dopo che per due anni li ho avuto che si leggeva il vuoto, che stavo male, e curiosamente proprio mio figlio, che per quel tempo mi aveva evitato, è arrivato in bagno e ha ripreso il suo rapporto con me.”
Fabrizio Falconi - 2022
16/09/22
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14/10/19
100 film da salvare alla fine del mondo: 42. "La Famiglia" di Ettore Scola, Italia (1987)
Dal punto di vista del professore in pensione Carlo, il percorso a ritroso, attraverso memorie, nostalgie e lacrime e sorrisi, della storia di una buona famiglia italiana di ceto medio da 80 anni in movimento, iniziata con il battesimo di Carlo nel 1906, quando la sua famiglia posa per un ritratto comune per il fotografo.
Zie, zii, cugini e fratelli - vivono tutti in un grande appartamento a Roma, dove si può godere ancora l spensieratezza della Belle Époque . Ma poi inizia la prima guerra mondiale e i tempi cambiano.
Il nonno, il patriarca della famiglia, muore e Carlo e suo fratello Giulio litigano regolarmente.
All'inizio dei suoi vent'anni, Carlo è già professore di letteratura, come lo era suo nonno. Si innamora della pianista Adriana, ma alla fine ne prende in sposa la sorella Beatrice, una decisione che rimpiangerà per anni.
Anche se la generosa Beatrice è una buona moglie e una madre amorevole dei suoi figli, Carlo interiormente desidera sempre Adriana, rimesta negli stessi ricordi, specula mentalmente su ciò che poteva essere e non è stato, cerca nuove possibilità, nuovi incontri, ma sempre indeciso sul da farsi.
Col passare degli anni, i singoli membri della famiglia attraversano la Seconda Guerra Mondiale , il difficile periodo postbellico, il boom economico; si provano amore, amicizia e delusioni; si aspettano figli, ci si affligge per i defunti.
E il teatro è sempre l'appartamento di Carlo, dove le anime si incontrano, stanno insieme e si dividono, quasi fosse essa stessa un essere vivente. Dopo la morte di Beatrice, Carlo realizza di aver probabilmente sposato la donna giusta.
Non sarebbe stato contento di Adriana, perché nonostante l'amore passionale, la loro unione sarebbe stata eternamente combattuta, una eterna competizione, fatta di sfide, di gelosie e sofferenze.
Per il suo ottantesimo compleanno nel 1986, l'intera famiglia si riunisce per celebrare il compleanno di Carlo. I suoi figli, i suoi nipoti, suo fratello Giulio e anche Adriana sono venuti e ora posano con Carlo in mezzo a loro per una nuova foto per l'album di famiglia.
La grande saga della famiglia di Ettore Scola, che si svolge per otto decenni esclusivamente nella casa della famiglia, uscì il 22 gennaio 1987 in Italia. Il film ottenne successo in tutto il mondo e fece incetta di premi, tranne di quello più importante, l'Oscar.
Con pura maestria, nell'ambiente privato rappresentato, Ettore Scola dipinge lo sfondo di un mondo interpretato e messo in scena con attenzione alle singole psicologie, e ai rapporti familiari, in continuo contrasto tra aspirazioni personali e legami di sangue. La struttura della famiglia, e delle sue dinamiche virtuose e patologiche, forse non è mai stata così bene illuminata, nella storia del cinema, risultando La Famiglia, un grande affresco o un prisma in cui nascita e morte, felicità e dolore si alternano costantemente al cambiamento della società, come colori prodotti da una medesima fonte d'origine.
La Famiglia
di Ettore Scola
Italia, 1987
Con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant, Carlo Dapporto, Ottavia Piccolo, Jo Champa, Massimo Dapporto, Athina Cenci, Alessandra Panelli, Monica Scattini, Memè Perlini, Ricky Tognazzi, Philippe Noiret, Sergio Castellitto, Cecilia Dazzi, Dagmar Lassander.
Durata 162 minuti
07/06/19
100 film da salvare alla fine del mondo: 27. "La Grande Guerra" di Mario Monicelli (1959)
Film straordinario, che ebbe e continua ad avere uno straordinario successo all'estero, rappresenta uno dei migliori esempi di sempre del felice connubio di tragedia e commedia che in Italia è stato genericamente chiamato "commedia all'italiana".
In realtà il film non può essere tecnicamente compreso sotto quella definizione: La Grande Guerra è infatti un affresco corale, ironico e struggente che consiste in un grande apologo contro la guerra, muovendo i passi dalla vita di trincea durante la prima guerra mondiale, con le vicissitudini di un gruppo di commilitoni sul fronte italiano nel 1916, narrate con piglio neorealista e con una maniacale attenzione ai particolari storici.
Monicelli trasse lo spunto per il film da un'idea di Luciano Vincenzoni che si era a sua volta ispirato ad un racconto di Guy de Maupassant, Due amici, affidando la sceneggiatura allo stesso Vicenzoni e ad Age & Scarpelli.
I protagonisti del film sono due soldati, il romano Oreste Jacovacci (Alberto Sordi) e il milanese Giovanni Busacca (Vittorio Gassman) che si incontrano per la prima volta in un distretto militare durante la chiamata alle armi e finiscono sulla stessa tradotta per il fronte, diventando nonostante le rispettive differenze e diffidenze, amici.
Seppure di carattere completamente diverso, i due sempliciotti sono uniti dalla mancanza di qualsiasi ideale e dalla volontà di evitare ogni pericolo pur di uscire indenni dalla guerra.
Attraversate numerose peripezie durante l'addestramento, i combattimenti e i rari momenti di congedo, in seguito alla disfatta di Caporetto vengono comandati come staffette portaordini, mansione molto pericolosa, che viene loro affidata perché considerati come i "meno efficienti".
Una sera, dopo aver svolto la loro missione, si coricano nella stalla di un avamposto poco lontano dalla prima linea, ma una repentina avanzata degli austriaci li "trasporta" in territorio nemico.
Sorpresi ad indossare cappotti dell'esercito austro-ungarico nel tentativo di fuga, vengono catturati, accusati di spionaggio e minacciati di fucilazione.
Sopraffatti dalla paura ammettono di essere in possesso di informazioni cruciali sul contrattacco italiano sul Piave, e pur di salvarsi decidono di passarle al nemico.
Ma proprio quando stanno per concretizzare il loro tradimento, l'arroganza dell'ufficiale austriaco ed una battuta di disprezzo verso gli italiani ridà forza alla loro dignità, portandoli a mantenere il segreto fino all'esecuzione capitale, l'uno insultando spavaldamente il capitano nemico (il milanese Busacca) l'altro (Jacovacci), dopo la fucilazione del compagno, fingendo di non essere a conoscenza delle informazioni, finendo così per essere fucilato poco dopo l'amico.
La battaglia si conclude poco tempo dopo, con la vittoria dell'esercito italiano e la riconquista della postazione caduta in mano agli Austriaci, ignorando il sacrificio nobile di Busacca e Iacovacci, ritenuti fuggiaschi, i quali hanno optato per la fucilazione pur di non tradire i propri connazionali.
Tra i molti film contro la Guerra, questo di Monicelli è probabilmente l'unico ad aver mescolato così sapientemente i toni della tragedia a quelli della farsa: una sorta di Orizzonti di Gloria senza il cinismo, la brutalità e la ferocia morale di Kubrick, e con la levità invece, tutta italiana e universale, di Monicelli, virata ad un atavico pessimismo, al quale fornisce una parziale compensazione solo la scelta di restare umani, con tutte le proprie bassezze o debolezze.
Il film vinse il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia (ex aequo con il Generale della Rovere di Rossellini) e ottenne la nomination al Miglior Film Straniero, sia al Globo d'Oro sia agli Oscar.
Fabrizio Falconi
La Grande Guerra
di Mario Monicelli
Italia, 1959
Durata: 129 minuti
Con: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Folco Lulli, Bernard Blier, Romolo Valli.