26/12/18

Torna a Recanati il Manoscritto Autografo de "L'infinito" di Giacomo Leopardi !




Acquistato nel 1869 dal Comune di Visso assieme ad altri scritti leopardiani venduti da Prospero Viani, studioso di Leopardi e primo editore del suo epistolario, per l'irrisoria cifra di 400 lire, il manoscritto autografo de L'Infinito torna ad essere esposto a Recanati, citta' natale del poeta, per la mostra 'Infinito Leopardi', allestita a Villa Colloredo Mels

Era stato esposto nel 1898, in occasione del centenario della nascita del poeta, e vi torna per celebrare i 200 anni della sua composizione.

Ma la contessa Olimpia Leopardi ricorda che e' stato esposto a Palazzo Leopardi, tra le cui pareti fu scritto nel 1818.

L'esposizione offre un significativo e ricco panorama sulla figura di Leopardi.

Curata da Laura Melosi in collaborazione con Lorenzo Abbate, abbina in due diverse sezioni la cospicua collezione di Visso a testimonianze e cimeli del poeta e della sua famiglia, che dopo il trasferimento a Villa Colloredo dalle sale del Comune di Recanati non venivano mostrati da anni. 

Correda l'iniziativa una suggestiva raccolta di 90 scatti del fotografo Mario Giacomelli, di Senigallia, dedicati all'Infinito e alla poesia A Silvia.

Nella prima sezione spiccano le cartelle degli Idilli, dei 'Sonetti in persona di ser Pecora Beccaio fiorentino' e l'Epistola al conte Carlo Pepoli, contenenti manoscritti donati a Viani da Pietro Brighenti, amico, corrispondente ed editore di Leopardi, il quale li aveva ricevuti dal poeta tra il 1825 e il 1826 per servire all'edizione dei Versi (Bologna 1826).

Ad esse si aggiunge la cartella della Prefazione al Petrarca contenente un autografo inviato da Leopardi all'editore fiorentino David Passigli nel marzo del 1837 per la stampa di una nuova edizione della sua interpretazione alle Rime di Petrarca, progetto che si sarebbe concretizzato solo due anni dopo la morte del poeta.

Ed infine una raccolta di 14 lettere inviate da Leopardi all'editore milanese Anton Fortunato Stella e a suo figlio Luigi nel periodo 1825-1831.

Nella seconda sezione figurano invece i ritratti della famiglia Leopardi: dai fratelli del poeta Pierfrancesco e Paolina, ai genitori, Monaldo e Adelaide Antici, fino a quello di Giacomo, basato su un disegno a matita realizzato da Luigi Lolli a Bologna nel 1826.

Ma c'e' anche il manoscritto del Saggio sugli errori popolari degli antichi (1815), donato dall'editore Le Monnier al Comune di Recanati, assieme ai materiali da questi ricevuti da Antonio Ranieri, amico e sodale di Leopardi per la stampa delle Opere leopardiane del 1845, come pure la maschera funebre del poeta, realizzata il 14 giugno 1847 direttamente sulla sua salma.

Infine la raccolta di scatti di Mario Giacomelli, curata da Alessandro Giampaoli e Marco Andreani, divisa in tre parti: due dedicate alla poesia A Silvia rispettivamente del 1964 e del 1988, corredate da un filmato di Luigi Crocenzi realizzato per la trasmissione della Rai Telescuola, e una all'Infinito del 1988.

Fonte: Federica Acqua per Ansa. 

25/12/18

Poesia di Natale: "Torna Gesù" di Luigi Pirandello.




Torna Gesù

La memoranda notte è ormai vicina
e mi risuona ancora negli orecchi,
eco gentil dell'età mia bambina,
la voce de' miei vecchi:
Candido roseo e biondo
come nato da giorni, eri anche tu,
vien questa notte al mondo
il Bambino Gesù !

Ogn'anno, ogn'anno in questo freddo mese,
per quanto stanca, l'anima risogna
la festa che a Gesù fa il mio paese.
Già suona la zampogna...
Ah che profonda, arcana
malinconia, che nostalgia m'assal
della casa lontana,
del villaggio natal !

Rigide sere della pia novena
in cui, sur ogni piazza, in ogni via,
fiamman, fuochi gregal, fasci d'avena:
mentre la litania
il vicinato intuona
raccolto innanzi a un rustico altarin,
e la zampogna suona,
tintinna l'acciarin.

Ed io fanciullo, alla finestra dietro
me ne stavo, e schiarendo con un dito
timidamente l'appannato vetro,
rimiravo smarrito,
in un'ansia segreta,
se in quella notte piena di mister
la fulgida cometa
apparisse davver... .

E dubitavo allora, e ho dubitato
sempre, dappoi. S'inaridì l'istinto
della fede nel cuore: errai bendato
per questo labirinto
della vita mortale,
e te pure chiamai causa, Gesù,
d'una parte del male
che si soffre quaggiù.

Ma santa adesso appar la tua follia
anche al mio sguardo, o dolce redentore.
E torna, io prego, a noi, torna, Messia,
a predicar l'amor!
Altri, del rosso tuo mantello avvolto,
d'odio nudrendo la gentil parola,
batte alle oscure case, e infosca il volto
de la miseria. Vola

il grido della guerra...
Pace tu sei, Gesù, tu sei pietà:
torna a rifare in terra d'amor la carità.

Luigi Pirandello (1867-1936)

24/12/18

"Racconto di Natale" di Paul Auster ("Il Natale di Auggie Wren") - il Video dal film "Smoke".




Nel 1990, a Paul Auster fu commissionato dal New York Times un racconto di Natale.

Il grande consegnò una novella intitolata Il Natale di Auggie Wren, ambientata nella vecchia Brooklyn, con due protagonisti - lo scrittore Paul Benjamin (alter ego di Auster), in crisi di ispirazione per un racconto di Natale che gli era stato commissionato dal Times, ed il tabaccaio Augustus - detto Auggie - Wren, appassionato di fotografia, che gli racconterà del Natale in cui per la prima volta è entrato in possesso di una macchina fotografica. 

La bellissima novella è diventata poi anche lo spunto per la trama di due film Smoke e Blue in the face, entrambi scritti e codiretti da Paul Auster insieme a Wayne Wang nel 1995 e nel 1997. 

In testa riporto il video integrale del racconto - sceneggiato nel finale del film Smoke (1995) e narrato da Harvey Keitel che impersona Auggie al suo amico William Hurt nei panni di Paul Benjamin, sulle travolgenti note della canzone di Tom Waits, You're Innocent when you dreams. 

Ecco il racconto integrale di Paul Auster

IL NATALE DI AUGGIE WREN

Ho sentito questa storia da Auggie Wren. Siccome Auggie non ne viene fuori molto bene, almeno non bene come egli avrebbe voluto, mi ha chiesto di non usare il suo nome vero. A parte questo, tutti i fatti sul portafoglio smarrito, sulla donna cieca e sulla cena di Natale sono come lui me li ha raccontati. Auggie ed io ci conosciamo da quasi undici anni ormai. Lavora dietro il bancone di una tabaccheria su Court Street a Brooklyn downtown, e visto che quello è l’unico posto che importa le sigarette olandesi che fumo io, vado lì abbastanza spesso.

Per lungo tempo non gli ho prestato molta attenzione. Era soltanto lo strano omuncolo che indossava una felpa blu sudata col cappuccio, che vendeva sigarette e riviste, il buontempone malizioso che aveva sempre qualche cosa spiritosa da dire sul tempo, i Mets o i politici di Washington, e questo era il limite.

Ma poi un giorno, diversi anni fa, gli capitò di stare a guardare una rivista del negozio, e fini per caso su una recensione di uno dei miei libri. Sapeva che ero io perché una foto accompagnava la recensione, e dopo questo le cose cambiarono tra di noi. Non ero più soltanto un cliente per Auggie, ero diventato una persona distinta. Alla maggior parte della gente non potrebbe interessare di meno libri e scrittori, ma venne fuori che Auggie considerava se stesso un artista. Ora che aveva rotto il secreto su chi fossi, mi considerò un alleato, un confidente, un commilitone. Per dire la verità, trovai questa cosa abbastanza imbarazzante.

Quindi, quasi inevitabilmente, venne il momento in cui mi chiese se avessi voluto guardare le sue fotografie. Considerato il suo entusiasmo e la sua buona volontà sembrava non esserci possibilità di scoraggiarlo. Dio sa cosa mi aspettavo. Tanto per cominciare non era ciò che Auggie mi mostrò il giorno seguente. In una piccola stanza senza finestre sul retro del negozio, aprì un cartone e ne tiro fuori dodici identici album fotografici. Questo era il lavoro della sua vita, disse, e non gli prendeva neanche cinque minuti al giorno per farlo.

Ogni mattina da dodici anni a questa parte, si era appostato all’angolo tra Atlantic avenue e Clinton street, alle sette precise e aveva scattato una singola fotografia a colori esattamente dallo stesso angolo. Il progetto è arrivato ora a più di quattromila fotografie. Ogni album rappresenta un anno differente, e tutte le fotografie sono ordinate in sequenza dal primo Gennaio al trentuno Dicembre, con le date meticolosamente segnate sotto ciascuna di esse. Mentre scorrevo gli album e cominciavo a studiare il lavoro di Auggie, non sapevo cosa pensare. La mia prima impressione fu che quello era la cosa più strana e più assurda che avessi mai visto. Tutte le foto erano identiche. L’intero progetto era un fredda scarica di ripetizioni, la stessa strada e gli stessi palazzi, ancora e ancora, un inesorabile delirio di immagini ridondanti.

Non potevo pensare a niente da dire ad Auggie così ho continuato a voltare le pagine, annuendo con la testa facendo finta di apprezzare. Anche Auggie sembrava imperturbabile mentre mi guardava con un largo sorriso sul volto, ma dopo aver visto che ero stato lì per diversi minuti, improvvisamente mi interruppe e disse: “Vai troppo svelto. Non ci arriverai mai se non rallenti.”

Aveva ragione, ovviamente. Se non ti prendi il tempo per vedere, non imparerai mai a guardare niente. Presi un altro album e mi sforzai di procedere più attentamente. Prestai maggiore attenzione ai dettegli, presi nota dei cambiamenti del clima, osservai le variazioni d’angolatura della luce con il procedere delle stagioni. In breve fui in grado di notare le differenze del flusso del traffico, di anticipare il ritmo dei giorni (il tumulto delle mattine lavorative, la relativa tranquillità dei fine settimana, il contrasto tra i Sabati e le Domeniche). E poi, poco alla volta ho iniziato a riconoscere i volti delle persone sullo sfondo, i passanti sulla loro strada per il lavoro, le stesse persone nello stesso punto ogni mattina, mentre vivono un instante delle loro vite nel campo della macchina fotografica di Auggie.

Una volta che li ho riconosciuti, ho iniziato a studiare la loro situazione, la maniera con cui si trascinavano da un giorno all'altro, cercando di scoprire il loro stato d’animo attraverso queste informazioni superficiali, come se potessi immaginarmi storie per loro, come se potessi penetrare nel dramma invisibile chiuso dentro i loro corpi. Presi un altro album.

Non ero più annoiato e neanche imbarazzato come ero all’inizio. Auggie stava fotografando il tempo, realizzai, sia il tempo naturale che quello umano, e lo stava facendo piantandosi in un minuscolo angolo del mondo, desiderando che fosse il proprio mentre vigilava nello spazio che aveva scelto per se stesso. Mentre mi guardava leggere attentamente il suo lavoro, Auggie seguitava a sorridere con soddisfazione.

Quindi, quasi stesse leggendo nei miei pensieri, cominciò a recitare un verso di Shakespeare: “Tomorrow and tomorrow and tomorrow,” mormorò sottovoce, “time creeps on its petty pace.” Capii che sapeva esattamente che cosa stava facendo. Questo è stato più di duemila foto fa. Da quella volta Auggie ed io abbiamo discusso molte volte del suo lavoro, ma è stato soltanto la settimana scorsa che ho saputo come si era procurato la macchina fotografica e come ha iniziato a fotografare la prima volta. E’ il soggetto della storia che mi ha raccontato e sto ancora sforzandomi di dargli un senso. Poco prima di quella settimana un tizio del New York Times, mi chiama e mi chiede se avessi voluto scrivere un racconto che sarebbe apparso nel giornale le mattina di Natale. Il mio prima impulso fu quello di dire di no, ma l’uomo fu ammaliante e persistente, e alla fine della conversazione gli dissi che avrei tentato.

Dal momento che riattaccai il telefono, mi sentii sprofondare nel panico profondo. Che cosa sapevo del natale? Mi sono chiesto. Che cose ne sapevo dello scrivere racconti su commissioni? Ho passato i successivi giorni nella disperazione, combattendo con i fantasmi di Dickens, O. Henry e altri campioni dello spirito natalizio. L’esatta frase Racconto di Natale comportava spiacevoli associazioni per me, evocando insopportabili sfoghi di miele e melassa. Anche nella migliore delle ipotesi i racconti natalizi erano non più che sogni di appagamento, favole per adulti, e che possa essere dannato se avessi permesso a me stesso di scrivere qualche cosa del genere. E ancora come potrebbe qualcuno prefiggersi di scrivere una storia di Natale non sentimentale?

Era una contraddizione in termini, un paradosso, un rompicapo vero e proprio. Si potrebbe immaginare meglio un cavallo da corsa senza gambe o un passero senza ali. Non sono arrivato da nessuna parte. Il martedì uscii per fare una lunga passeggiata, sperando che l’aria mi avrebbe schiarito le idee.

Appena passato mezzogiorno mi fermai al negozio di sigari per rifornire la mia scorta e li c’era Auggie, in piedi dietro la cassa come sempre. Mi chiese come stavo. Senza realmente volerlo mi ritrovai a sfogare i miei problemi con lui. “Un racconto di natale?” disse dopo che avevo finito. “Tutto qui? Se mi offri il pranzo, amico mio, ti racconterò il miglior racconto di natale che hai mai sentito. E ti garantisco che ogni parola di esso è vera. Camminammo verso il quartiere dove stava Jack, un buco allegro dove servivano degli ottimi sandwich e pieno di fotografie dei Dogers appese al muro.

Trovammo un tavolo in fondo, ordinammo da mangiare e quindi Auggie si lanciò nella sua storia.

“Era l’estate del settantadue” disse. ” Un ragazzino arrivò una mattina e iniziò a rubare dal negozio. Doveva avere circa diciannove o venti anni e credo di non aver visto mai un taccheggiatore più patetico nella mia vita. Stava vicino alla rastrelliera dei giornali vicino al muro lontano e si riempiva la tasca del cappotto di libri. Al momento attorno alla cassa era affollato così all’inizio non lo vidi. Ma quando ho notato che cosa stava combinando, iniziai a strillare.

Partii come un coniglio Ma nel tempo in cui mi sono districato per uscire da dietro la cassa stava già correndo a tutta velocità giù per Atlantic Avenue. L’ho inseguito per un po’ ma poi ho rinunciato. Aveva lasciato cadere qualcosa lungo la strada e siccome non me la sentivo più di correre mi piegai a vedere che cos’era. Risultò che fosse il suo portafoglio. Non c’erano soldi dentro, ma c’era la sua patente con tre o quattro fototessere. Penso che avrei dovuto chiamare i poliziotti e farlo arrestare. Avevo il suo nome e l’indirizzo dalla patente, ma mi sentivo un po’ dispiaciuto per lui. Era un piccolo misero punk, e una volta che avevo visto quelle foto nel portafoglio non riuscii ad essere veramente arrabbiato con lui. Robert Goodwin.

Era questo il suo nome. In una delle foto, mi ricordo, stava con il braccio intorno alla madre o alla nonna. In un’altra stava seduto all’età si nove o dieci anni, vestito con l’uniforme da baseball e un grande sorriso stampato in volto. Non né ho avuto il fegato, ecco. Era probabilmente drogato, ho immaginato. Un ragazzo povero di Brooklyn senza molta fortuna e chi se ne fregava di un paio di rivistacce, in ogni caso? “Alla fine mi tenni stretto il portafoglio. Di tanto in tanto sentivo l’impulso di spedirglielo indietro ma ho continuato a rimandare e non ho fatto mai niente. Quindi arriva il natale ed io non ho nulla da fare.Il capo solitamente mi invita da lui a passare la giornata ma quell’anno lui e la sua famiglia erano giù in Florida a far visita ai parenti.

Quindi sto seduto nel mio appartamento quella mattina sentendomi un po’ dispiaciuto per me stesso quando vedo il portafoglio di Robert Goodwin che giaceva in una mensola in cucina. Penso, cazzo perché non fare qualche cosa di carino per una volta così mi metto il cappotto e vado fuori per restituire il portafoglio di persona.

L’indirizzo era su a Boerum Hill, da qualche parte nei quartieri popolari. Si congelava quel giorno e mi ricordo di essermi perso diverse volte cercando di trovare il palazzo giusto. Tutto sembrava uguale in quel posto, tu continui ad andare intorno allo stesso posto pensando di essere altrove. In ogni caso raggiungo finalmente l’appartamento che sto cercando e suono il campanello.

Non succede niente. Deduco che non c’è nessuno, ma provo ancora giusto per essere sicuro. Aspetto un po’ di più e proprio nel momento in cui sto per rinunciare, sento qualcuno trascinarsi verso la porta. Una voce di donna anziana mi chiede chi è e io dico che sto cercando Robert Goodwin. ‘Sei tu Robert?’ dice la vecchia, e quindi da circa quindici giri alla serratura e apre la porta. “Doveva avere massimo ottanta, forse novant’anni e la prima cosa che ho notato di lei è che era cieca. ‘Sapevo che saresti venuto Robert’ disse ‘Sapevo che non ti saresti scordato di tua nonna Ethel a natale.

Quindi allarga le braccia come se stesse per abbracciarmi. “Non avevo molto tempo per pensare, capisci. Dovevo dire qualcosa velocemente e prima che sapessi che cosa stesse succedendo potei sentire le parole uscire dalla mia bocca. ‘E’ vero nonna Ethel’, dissi. ‘Sono tornato per venire a trovarti a natale.

Non chiedermi perché l’ho fatto. Non ne ho idea. Forse non la volevo dispiacere o qualcosa del genere, non lo so. Mi è venuto fuori così e dopo questa vecchia donna improvvisamente mi stava abbracciando davanti alla porta, ed io la stavo abbracciando a mia volta

“Non dissi esattamente che ero suo nipote. Non con molte parole in ogni caso ma questa fu la conseguenza. Non stavo neanche cercando di ingannarla. Era come un gioco che entrambi avevamo deciso di fare senza dover discutere delle regole. Voglio dire, quella donna sapeva che non ero suo nipote Robert. Era vecchia e mezza matta ma non era così andata da non poter distinguere tra un estraneo e il sangue del suo sangue. Ma la rendeva felice fare finta, e visto che io non avevo niente di meglio da fare comunque, ero contento di proseguire con lei. “

Quindi entrammo nell’appartamento e passammo la giornata insieme. Il posto era veramente un letamaio, potrei aggiungere, ma cosa puoi aspettarti da una donna cieca che fa da sola i lavori di casa? Ogni volta che mi faceva una domanda su come andava le mentivo. Le ho raccontato che avevo trovato un buon lavoro al negozio di sigari, le ho raccontato che stavo per sposarmi, le ho raccontato un centinaio di storie simpatiche, e lei si comportava come se credeva ad ognuna di esse. ‘Va bene, Robert’ diceva muovendo la testa mentre sorrideva. ‘Ho sempre saputo che le cose avrebbero funzionato per te.’ Dopo un po’ ho iniziato ad avere abbastanza fame. Non sembrava che ci fosse da mangiare a sufficienza in casa allora sono andato in un negozio in zona e ho portato un casino di cose. Un pollo precotto, una zuppa vegetale, una vaschetta di insalata di patate, una torta di cioccolato, ogni genere di cose.

Ethel aveva un paio di bottiglie di vino stipate in camera, e alla fine tra lei e me mettemmo decentemente insieme una dignitosa cena di natale Entrambi diventammo un po’ alticci dal vino, mi ricordo, e dopo che il cibo finì uscimmo per sederci in sala, dove le sedie erano più comode. Dovevo fare pipì, quindi mi scusai e andai nel bagno in fondo al corridoio. Questo è dove le cose fecero una nuova svolta. Era già abbastanza sciocco fare questo gioco del nipote di Ethel, ma quello che feci dopo fu assolutamente folle e non mi perdonerò mai per questo.

"Vado in bagno e ammassata davanti al muro vicino alla doccia, vedo una pila di sei o sette macchine fotografiche. Nuove trentacinque millimetri, ancora nelle scatole, merce di prima qualità. Immagino che quello è opera del vero Robert, un magazzino per i suoi ultimi furti. Non avevo mai fatto una foto in vita mia, e sicuramente non avevo mai rubato niente, ma nel momento che ho visto quelle macchine in bagno, ho deciso che volevo averne una per me. Così. E senza neanche fermarmi a pensarci, ho preso una di quelle scatole sotto il braccio e sono tornato in salotto.

“Non dovevo essermi assentato per più di tre minuti, ma in quel tempo nonna Ethel si era addormentata nella sedia. Troppo Chianti, immagino. Andai in cucina per lavare i piatti e lei dormì durante tutto il baccano russando come un bambino. Non c’era nessun motivo per svegliarla così decisi di andare. Non avrei neanche potuto scriverle un biglietto per salutarla, considerando che era ceca e tutto il resto, perciò me ne andai soltanto. Lasciai il portafoglio di suo nipote sul tavolo, presi di nuovo la macchina fotografica e camminai fuori dall’appartamento. E questa è la fine della storia.”

“Sei mai tornato a trovarla?” chiesi “Una volta” disse. “Circa tre o quattro mesi dopo. Mi sentivo veramente male per aver rubato la macchina fotografica, non la avevo neanche usata ancora. Finalmente mi misi in testa di restituirla, ma Ethel non era più lì. Non so che cosa le è successo, ma qualcun altro si era trasferito nell’appartamento, e non seppe dirmi dove era.

“Probabilmente è morta.” “Già, probabilmente.” “Questo significa che ha passato il suo ultimo natale con te” “Penso di sì. Non l’ho mai vista in questo modo.”

“E’ stata una buona azione, Auggie. E’ stata una cosa carina che hai fatto per lei.” “Le ho mentito, e dopo ho anche rubato da lei. Non vedo come tu puoi chiamarla buona azione.”

“L’hai fatta felice. E le macchine erano in ogni caso rubate. Non è come se la persona da cui le hai prese le possedeva sul serio.” “Qualsiasi cosa per l’arte, eh, Paul?” “Non lo avrei detto. Ma alla fine hai usato le macchine per un buono scopo.”

“E ora hai la tua storia di natale, no? “Sì,” dissi. “Penso di sì.” Mi fermai un momento per studiare Auggie mentre un ghigno malizioso si apriva sul suo volto. Non potevo esserne sicuro, ma i suoi occhi in quel momento apparivano misteriosi, così carichi di una specie di bagliore interiore, che improvvisamente mi venne in mente che avesse costruito tutta la storia.

Ero sul punto di chiedergli se mi avesse raccontando frottole, ma poi mi resi conto che non lo avrei mai fatto. Sono stato convinto a crederci e questo era l’unica cosa che contava. Fino a che c’è qualcuno che ci crede non esiste storia che non può essere vera. “Sei un asso, Auggie.” Dissi. “Grazie per essere così d’aiuto.” “Ogni volta” rispose, guardandomi ancora con quella luce maniacale negli occhi. “Dopo tutto, se non puoi condividere i tuoi segreti con gli amici, che razza di amico saresti?” “Mi sa che te ne devo uno.” “No, non devi. Buttala giù così come te l’ho raccontata io e non mi devi nulla.” “Eccetto il pranzo” “E’ vero. Eccetto il pranzo.” Contraccambiai il sorriso di Auggie con un sorriso dei miei, dopo chiamai la cameriera e le chiesi il conto.

Paul Auster

23/12/18

Poesia della Domenica: "Quei tuoi capelli" di Paul Eluard.




QUEI TUOI CAPELLI


Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo,
Nel vuoto dei vetri grevi di silenzio e
D'ombra dove con nude mani cerco i tuoi riflessi,

Chimerica è la forma del tuo cuore
E al mio desiderio perduto il tuo amore somiglia.
O sospiri di ambra, sogni, sguardi.

Ma non sempre sei stata con me, tu. La memoria
Mia oscurata è ancora d'averti vista giungere
E sparire. Ha parole il tempo, come l'amore.


Paul Eluard


Ta chevelure d'oranges

Ta chevelure d'oranges dans le vide du monde
Dans le vide des vitres lourdes de silence
Et d'ombre où mes mains nues cherchent tous tes reflets.

La forme de ton cœur est chimérique
Et ton amour ressemble à mon désir perdu.
O soupirs d'ambre, rêves, regards.

Mais tu n'as pas toujours été avec moi. Ma mémoire
Est encore obscurcie de t'avoir vu venir
Et partir. Le temps se sert de mots comme l'amour.


Paul Eluard, tratta da Capitales de la douleur

21/12/18

TUTTI I MUSEI NELLE VACANZE DI NATALE A ROMA.


A Natale i Musei Civici fanno festa con mostre, eventi, spettacoli e attivita' didattiche con un ricco programma, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dal 22 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019 e con l'apertura straordinaria del 1° gennaio dei Musei

Eccezionalmente, i Musei Capitolini, i Mercati di Traiano, il Museo dell'Ara Pacis, il Museo di Roma, il Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, il Museo Napoleonico e il Museo di Roma in Trastevere saranno aperti il 1° gennaio 2019 dalle 14.00 alle 20.00 e l'area archeologica del Circo Massimo sara' aperta dalle 10.00 alle 16.00

I Musei Civici resteranno tutti chiusi il 25 dicembre mentre il 24 e il 31 dicembre saranno aperti i Musei Capitolini, i Mercati di Traiano, e il Museo dell'Ara Pacis dalle 9.30 alle 14.00 e, come ogni anno

Domenica 6 gennaio 2019 con ingresso gratuito per la prima domenica del mese per i residenti a Roma e nella Citta' Metropolitana per tutti i Musei e le mostre in programma, tranne le mostre Marcello Mastroianni in corso al Museo dell'Ara Pacis e Il Sorpasso. Quando l'Italia si mise a correre, 1946-1961, in corso al Museo di Roma. Sara' inoltre aperto al pubblico gratuitamente il percorso di visita nell'area dei Fori Imperiali dalle ore 8.30 alle 16.30, con l'ultimo ingresso alle 15.30

L'apertura straordinaria prevede l'ingresso in prossimita' della Colonna di Traiano e, dopo il percorso con passerella attraverso i Fori di Traiano e di Cesare, la prosecuzione attraverso il breve camminamento nel Foro di Nerva, che permette di accedere al Foro Romano mediante la passerella realizzata presso la Curia dalla Soprintendenza di Stato. 

Alle tante MOSTRE da visitare nei musei durante le festivita' si aggiungono come sempre al grande patrimonio di collezioni permanenti dei Musei, a cominciare dalle due esposizioni in corso ai Musei Capitolini, La Roma dei Re. Il racconto dell'archeologia e I Papi dei Concili dell'era moderna. Arte, Storia, Religiosita' e Cultura. 

Proseguendo con Balla a Villa Borghese e L'acqua di Talete. Opere di Jose' Molina, le mostre al Museo Carlo Bilotti di Villa Borghese, la prima incentrata sulle opere dipinte dall'artista nella villa e l'altra sulle origini del pensiero occidentale. 

Al Museo di Roma Paolo VI. Il Papa degli artisti, una mostra per ripercorrere la storia degli ultimi tre concili dell'eta' moderna che hanno determinato nella storia della Chiesa radicali cambiamenti. 

Nel chiostro della Galleria d'Arte Moderna di via Crispi, l'installazione etica di Antonio Fraddosio Le tute e l'acciaio, dedicata agli operai dell'Ilva e alla citta' di Taranto. 

Alla Casina delle Civette di Villa Torlonia Metamorfosi del quotidiano, il fascino dei materiali liberty e de'co nella la collezione romana di Francesco Principali, raffinato collezionista di arti decorative del XX secolo. 

Al Casino dei Principi Discreto continuo - Alberto Bardi. Dipinti 1964/1984, una mostra che ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. 

Oltre a Lisetta Carmi. La bellezza della verita', al Museo di Roma in Trastevere e' da vedere la mostra Vento, caldo, pioggia, tempesta. Istantanee di vita e ambiente nell'era dei cambiamenti climatici con la quale, attraverso un percorso di fotografie, Greenpeace racconta i cambiamenti climatici. 

Al Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco e al Museo Ebraico di Roma e la mostra sull'archeologo e mercante d'arte Ludwig Pollak (Praga 1868 - Auschwitz 1943), che ripercorre la storia professionale e personale del grande collezionista dalle sue origini nel ghetto di Praga, agli anni d'oro del collezionismo internazionale, alla tragica fine nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Ai Mercati di Traiano Viaggio nel Colosseo - Magico fascino di un monumento, una mostra grafica sul fascino che "la magia" del Colosseo ha sempre esercitato sull'artista austriaco Gerhard Gutruf, attraverso una selezione delle sue opere realizzate in tecniche e formati differenti. Io So(g)no. Sguardi dei minori stranieri non accompagnati sulla loro realta' e i loro sogni e' la mostra fotografica al Museo delle Mura rivolta a minori stranieri non accompagnati accolti a Roma. 

Fino al 6 gennaio, i Musei faranno festa anche offrendo SPETTACOLI, CONCERTI E ATTIVITÀ per tutte le eta' e per ogni gusto. 

Con Musei in gioco, i protagonisti delle feste di Natale saranno bambini e ragazzi di ogni eta', dal 22 dicembre 2018 alla Befana 2019, che potranno scegliere tra le tante attivita' divertenti e formative organizzate per conoscere la storia di Roma e delle sue collezioni museali, in modo inusuale e divertente: dall'originale caccia al tesoro del Museo delle Mura, il 22 dicembre e il 5 gennaio, alla speciale tombola allestita al Museo di Casal de' Pazzi - 23 dicembre e 4 gennaio - con animali, piante e uomini del Pleistocene. 

E ancora, il Museo dell'Ara Pacis il 4 gennaio proporra' prove di abilita' e simpatici enigmi e al Museo Civico di Zoologia saranno molti i giorni dedicati al gioco - 22,23,27,28,29,30 dicembre e 2,3,4,5,6 gennaio - in cui i piccoli partecipanti potranno interagire con reperti naturalistici negli incontri della scienza divertente sulle orme di Babbo Natale e tra gli animali del ghiaccio. 

Anche al Museo di Roma, il 23 dicembre i ragazzi "vestiranno i panni" dei personaggi dipinti nelle opere attraverso oggetti - vestiti e gioielli - indossati nell'opera scelta. Non mancheranno cruciverba, puzzle, caccia all'opera d'arte misteriosa al Casino dei Principi di Villa Torlonia il 27 dicembre e il 6 gennaio, un "Mercante in Fiera" rivisitato in chiave napoleonica, naturalmente al Museo Napoleonico, il 3 e il 5 gennaio. Sabato 29 dicembre divertenti appuntamenti sia ai Musei Capitolini, con caccia all'opera e altri giochi di osservazione, sia alla Centrale Montemartini, dove melodie antiche e frastuoni moderni accompagneranno i bambini alla scoperta del museo. 

19/12/18

Eternità del Colosseo: Trip Advisor lo incorona attrazione più popolare del mondo.


Buone notizie per l'Italia dalla classifica delle "esperienze" su TripAdvisor: il Colosseo e' l'attrazione piu' popolare al mondo nel 2018 in base alle prenotazioni ricevute sul sito. 

Se si considera anche il secondo gradino del podio mondiale occupato dai Musei Vaticani (che tecnicamente si trovano nella Citta' del Vaticano) e il decimo con il Canal Grande di Venezia, l'Italia occupa ben 3 attrazioni tra le 10 piu' prenotate al mondo, primato che condivide solo con la Francia (che e' presente con Museo del Louvre 4/o, Torre Eiffel 5/o e Reggia di Versailles 9/o)

Le attrazioni italiane dimostrano quindi di essere tra le preferite dei viaggiatori globali quest'anno, superando icone internazionali come la Statua della Liberta' (3/a), la Sagrada Familia (6/a), il Golden Gate (7/o) e Stonehenge (8/o). 

Ecco la classifica delle 10 ATTRAZIONI PIÙ PRENOTATE DEL MONDO NEL 2018 

1. Colosseo, Roma, Italia 
2. Musei Vaticani, Roma, Italia 
3. Statua della Liberta', New York City, Stati Uniti 
4. Museo del Louvre, Parigi, Francia 
5. Torre Eiffel, Parigi, Francia 
6. Sagrada Familia, Barcellona, Spagna 
7. Golden Gate, San Francisco, Stati Uniti 
8. Stonehenge, Amesbury, Regno Unito 
9. Reggia di Versailles, Versailles, Francia 
10. Canal Grande, Venezia, Italia 

Ecco invece le 10 ATTRAZIONI PIÙ PRENOTATE IN ITALIA NEL 2018 

1. Colosseo, Roma 
2. Musei Vaticani, Roma 
3. Canal Grande, Venezia 
4. Pompei - Parco Archeologico, Pompei 
5. Galleria dell'Accademia, Firenze 
6. Galleria degli Uffizi, Firenze 
7. Cattedrale di Siena, Siena 
8. Torre di Pisa, Pisa 
9. Basilica di San Marco, Venezia 
10. Il Cenacolo, Milano 

18/12/18

Un paese più depresso (e nessuno se ne occupa) - Un bellissimo intervento di Franco Arminio.



Il nero dell’Italia di oggi non è il fascismo, ma la depressione. Forse sono depressi anche in Francia, ma lì ora è una depressione che si agita. Da noi è una cosa inerte, cupa. Tutti parlano di Salvini, ma il problema sono quelli che non escono di casa. Ci sono milioni di italiani in pigiama. C’è gente che finisce la sua giornata prima di cominciarla. Esistono i lavori usuranti, ma esistono anche i riposi usuranti. Abbiamo milioni di pensionati in buona salute, ma a cui nessuno sa cosa chiedere. Milioni di giovani senza lavoro e molto spesso senza utopie. Abbiamo un esercito di mutilati che non hanno partecipato a nessuna battaglia. La depressione degli italiani ovviamente non preoccupa nessuno perché i depressi in genere non danno fastidio. Anzi, uno dei motivi dell’assenza di conflitto sociale è proprio il dilagare della depressione. E ovviamente anche della paura.
Parliamo sempre della paura per i migranti. Ma forse la vera paura è il cancro. Siamo avvinti a questo nodo scuro che nessun uragano può sciogliere. Nessuno di noi, in nessun luogo può dire di non avere un parente o un conoscente ammalato di cancro. Anche la salute non è mai stata tanto grigia. Basta guardare le facce che ci sono in giro. È come se fosse sceso un velo grigio sulle facce. La scontentezza fa più danni del colesterolo. E poi c’è la lingua. Gli italiani non hanno mai parlato così male. Una volta c’erano i pastori, i barbieri che parlavano in rima. Anche chi non aveva studiato ti sapeva raccontare qualcosa. Ora si parla tanto di narrazioni, ma nessuno sa narrare niente. E ci si ammala anche per questo. C’è come un ristagno delle emozioni. La Rete ha creato un mondo di solitari che aspettano ogni giorno una parola che non arriva e se arriva non è mai bastevole. Primo e ultimo gesto della giornata: accendere e spegnere il telefonino. È come portarsi dietro una bombola di ossigeno vuota. Non c’è aria in Rete, è solo un traffico di ombre. E quello che una volta si chiamava mondo reale è un deserto. L’unico luogo dove si fa vita sociale ormai sono i ristoranti. Visti da fuori sembrano acquari dove ogni cliente è un pesciolino.

17/12/18

Vittorino Andreoli: "L'infelicità è la piaga della contemporaneità. Facebook andrebbe chiuso."



Vittorino Andreoli, psichiatra, scrittore, già Direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona – Soave e membro della New York Academy of Sciences ha raccontato di sé, del suo mestiere e della società in una lunga intervista che si può leggere anche sulla pagina di Huffington Post. 

Andreoli racconta la scelta della trama distopica, della solitudine di cui l'uomo avrebbe bisogno.

Siamo intossicati da rumori, parole, messaggi e tutto ciò che occupa la nostra mente nella fase percettiva. Il bisogno di solitudine è una condizione in cui poter pensare ancora. Oggi sono morte le ideologie, è morta la fantasia. Siamo solamente dei recettori. Ho proiettato il libro nel 2028, un giochetto per poter esagerare certe condizioni. Io immagino che ci sia un acuirsi della condizione di oggi per cui noi siamo solo in balia di un empirismo pauroso, dove facciamo le cose subito, senza pensarci. 

Lo psichiatra prosegue e punta il dito contro i social network (e, in generale, contro i simulacri del virtuale), vero e proprio male del nostro tempo. 

Facebook andrebbe chiuso. Lì abbiamo perso l'individualità, crediamo di avere un potere che è inesistente. L'individuo non sta nelle cose che mostra ma in ciò che non dice. Invece i social ci spingono a dire tutto, ci banalizzano. I social sono un bisogno di esistere perché siamo morti. Creano una condizione di compenso per le persone frustrate [...] Quando non si sa più distinguere tra virtuale e reale è pericoloso. Si estende l'apprendimento virtuale nella propria casa, nella propria vita.

I social network sono un pericolo anzitutto per i giovanissimi, i cosiddetti "millennials", per cui Andreoli esprime timore. 

Io sono molto preoccupato. Non siamo più capaci di aiutarli [...] Mancano gli esempi dei padri che, a loro volta, hanno bisogno di non essere frustrati. Il male non è mai singolo. C'è qualcosa che non funziona a livello sociale. 

Si dice spesso che il male più diffuso dei nostri tempi sia la depressione, ma il noto psichiatra contraddice e corregge l'affermazione. Per Andreoli, la piaga della contemporaneità è l'infelicità [...] 

Come si fa a essere felici? Noi viviamo nella frustrazione, che si accumula e genera rabbia e questa genera violenza. L'infelicità genera violenza che, a sua volta, può essere carica distruttiva. La distruttività è la voglia di rovinare e non riguarda solo l'altro ma anche se stessi. 

Tra le "patologie" che affliggono l'uomo, Andreoli annovera anche la smania di potere. 

Diciamo che se incontrassi Trump mi porterei dietro il camice. Il potere è una malattia sociale.

Durante la sua carriera, Vittorio Andreoli ha analizzato i profili dei peggiori criminali: Unabomber, Pietro Maso, Donato Bilancia, ecc. Ma in ognuno è sempre riuscito a trovare un lato umano. Confessa che l'eccezione fu incontrare gli imputati di Piazza della Loggia. 

La violenza organizzata è drammatica, è un unico corpo malato. Quando non c'è più il criminale isolato ma c'è il sistema, non puoi più valutare una testa. Il delitto non è legato a un uomo solo, quando vedevo gli imputati da soli erano del tutto diversi. Lì non ce l'ho fatta, non ho capito

E sui concetti di normalità e follia, Andreoli non ragiona per compartimenti stagni. 

Siamo tutti matti e tutti normali. Gli omicidi più efferati sono compatibili con la normalità. Significa che Bilancia avrebbe anche potuto non uccidere. E il signore per bene invece sì [...] Quando qualcuno non mi sta simpatico, dico: sa che lei è proprio normale? E lui si giustifica. Nessuno vuole essere normale. I normali sono noiosi. Normale vuole dire: equilibrio, coerenza, onestà, regole. Questi elementi sono visti male. 

Se la felicità è un obiettivo davvero arduo da raggiungere, Andreoli confessa di credere in un altro tipo di ricerca. 

Io ce l'ho con la felicità. Io sono un infelice gioioso. La felicità riguarda l'io, la percezione che un soggetto ha di fronte a qualcosa di positivo che lo riguarda. La gioia riguarda il noi, è corale [...] Collettivo, non egoista. Ecco, quello è possibile.

16/12/18

Poesia della domenica: " E' rimasta laggiù" di Cristina Campo.



E' rimasta laggiù, calda, la vita,
l'aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi...

Rimasta è la certezza che non trovo
più se non tra due sonni, l'infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.

Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi...

                             Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l'ulivo
roseo sugli orci colmi d'acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli

nella mia lieve tunica di fuoco.


Cristina Campo, da La tigre assenza, Adelphi, Milano, 1991 p. 22.

14/12/18

Le mille e misteriose storie dell'Appia Antica - da "Le rovine e l'ombra".


Lungo la Via Appia a Roma, tombe e lapidi formano l’inesauribile campionario delle cose e delle anime perdute. 

In un columbarium, su di una stele in onore della defunta, si leggono queste parole: 

Chiunque legga questa iscrizione, se è un giovane che ama la sua donna, si astenga dall’avvolgerle d’oro le braccia, anche se ella ti cinge il collo con le sue braccia adorne e ti supplica di poter indossare doni all’altezza dei suoi meriti, accontentala nelle vesti, ma lascia stare i gioielli: si terranno alla larga ladri e seduttori. Fu infatti un serpente vistoso sulle sue braccia a provocare la morte della mia signora, e a me il marito, ha colpito il cuore, e la ferita la porterò per sempre (1).

Perduta è questa donna, perduto l’uomo innamorato che ha lasciato questa orazione, perduto l’oggetto d’oro che causò una così dolorosa scomparsa

Le circostanze non sono chiare: per quanto ne sappiamo il bracciale d’oro fu probabilmente l’occasione di una rapina finita male: uccidere la donna per portarle via quel prezioso gioiello, andato anch’esso perduto. 


Trafugato dai ladri, forse venduto, finito in chissà quale tomba o disperso nell’oblio. 

Un epitaffio dunque che registra una doppia mancanza: della cosa e della persona. Allo stesso tempo è anche la testimonianza di qualcosa che non si è del tutto perso ed è ombra, cioè sopravvivente memoria

L’ombra dei morti che affollano le camere segrete della Via Appia, le catacombe, i tumuli e i mausolei tiene compagnia ai vivi, li scuote e li costerna, non li lascia in pace, ne reclama l’attenzione. Ogni rovina è fondata su una perdita. Ogni civiltà, ogni stirpe, ogni generazione sembra destinata a lasciare dietro di sé qualcosa che si perde, senza perdersi mai del tutto. Le ombre si allungano sulla civiltà occidentale, che molti oggi vedono al tramonto. D’altronde, come si sa, la stessa parola “occidente” rimanda al tramonto: occidente è il luogo dell’ombra, dove il sole va a tramontare. Il luogo dove i giorni e le cose finiscono e vanno a finire precipitando nell’ombra. In questa heideggeriana condizione, decadente e prolungata, gli spiriti più inquieti sono anche i più lucidi, i più profetici. Sono gli spiriti liberi che albergano ovunque e passano inosservati, oppure lasciano la fatica dell’opera.

(1) C.I.L. VI, 5302, da un Colombario di Roma



13/12/18

Un popolo misterioso vissuto 4.000 anni fa nella lontana Cina.



Un popolo misterioso dedito al culto del sole e a riti sciamanici visse 4000 anni fa nelle valli del Fiume azzurro. La scoperta della sua civilta', nel secolo scorso, ha riscritto la storia della Cina antica portando alla luce capolavori intrisi di spiritualita'. 

Il MuseoArcheologico Nazionale di Napoli (Mann) ospita, per la prima volta in Europa, nella mostra 'Mortali Immortali, i tesori del Sichuan nell'antica Cina' (14 dicembre - 11 marzo 219) ben 130 testimonianze della cultura Shu. 

Nel'immenso salone della Meridiana, opere in bronzo, oro, giada e terracotta, dal secondo millennio a.C. fino all'epoca Han (II secolo d.C.) raccontano il percorso di un popolo destinato a sparire e l'enigma delle maschere di bronzo piu' sofisticate dell'archeologia di tutti i tempi. 

"Questa importante esposizione, che chiude idealmente l'anno del turismo Europa-Cina e rientra tra le attivita' promosse nell'ambito del Forum Culturale Italia-Cina del Mibac - spiega il direttore del Mann Paolo Giulierini, che domani inaugurera' la mostra insieme a una delegazione cinese - conferma il sempre piu' solido legame tra il museo e il paese del Dragone per la promozione del patrimonio culturale italiano ma anche di quello cinese in Italia. Ricordiamo che le mostre del Mann su Pompei, nei maggiori musei cinesi fino al luglio 2019, contano gia' oltre due milioni di visitatori". 

Gli oggetti esposti a Napoli includono grandi statue e vasi rituali di bronzo, elementi decorativi in oro, preziosi reperti in giada, le celebri maschere con gli occhi sporgenti e ingigantiti, statuette in terracotta e delicati recipienti di lacca

Dalla terra dell'abbondanza, cosi' come era chiamata la fertile regione cinese, alla 'Campania felix' delle citta' vesuviane sepolte: ed e' cosi' che il cavallo di Sanxingdui, il sole di Jinsha, l'immagine del piu' grande albero di bronzo della storia dell'archeologia, dialogano in insoliti e suggestivi accostamenti, con la meridiana, la statua in bronzo di Apollo ed il cavallo di Ercolano. 

La mostra realizzata sotto la guida dell'Ufficio provinciale della Cultura del Sichuan, raccoglie pezzi dai principali musei databili dal 1600 a.C. (Dinastia Shang) al 220 d.C. (Dinastia Han). L'allestimento, con suggestivi effetti riflesso, e' curato dagli architetti Gaetano Di Gesu e Susanna Ferrini di "studio Asia". 

Ricostruzioni digitali, foto, video dello scavo aiutano il pubblico a comprendere il contesto di rinvenimento dei reperti e lo sviluppo di questa antica civiltà cinese cosi' lontana dalla cultura della Cina 'classica'. 

"I morti dovrebbero essere serviti come i vivi" e' l'espressione piu' antica ritrovata sul tema dell'aldila' ed e' proprio l'armoniosa convivenza tra uomo e natura il segno esemplare di un popolo che rappresenta un mistero profondo dell'archeologia della Cina e del mondo intero.



12/12/18

Sul perfezionismo e la smania di perfezione. Una breve riflessione di C.G.Jung.




In effetti, ancor oggi l'uomo sopporta meglio e più a lungo una perfezione relativa la quale, invece, per la donna che, come regola generale vi si adatta poco bene, può addirittura divenire pericolosa.
Quando la donna aspira alla perfezione dimentica questo suo ruolo complementare, cioè quello della completezza, di per sé imperfetto ma che proprio per questa ragione rappresenta l'elemento di riscontro tanto indispensabile alla perfezione. 

Infatti come la completezza è sempre imperfetta, così la perfezione è sempre incompleta e rappresenta perciò uno stato disperatamente sterile.
'Ex perfecto nihil fit', dicono gli antichi maestri, mentre invece l' "Imperfectum" porta in sé i germi di futuri miglioramenti. Il perfezionismo termina sempre in un vicolo cieco, mentre la completezza da sola manca dei valori selettivi.

Carl G. Jung, Risposta a Giobbe, 1950, pag. 57.



11/12/18

Libro del Giorno: "Altre visioni" di Pietro Tripodo.



Pietro Tripodo è un poeta ancora troppo poco conosciuto. Nato 1948, è nato e vissuto sempre a Roma fino alla sua tragica e prematura scomparsa nel 1999. 

La critica oggi lo considera a ragione, uno dei massimi poeti del secondo Novecento, anche se la sua produzione è esigua, e notevole invece sua attività di traduttore. 

La maggior parte della sua produzione poetica ha visto la luce negli anni Novanta del secolo scorso e molti dei suoi testi sono stati pubblicati su riviste quali Poesia di Nicola Crocetti e Altri argomenti. 

Il suo libro di poesie, Altre visioni, fu pubblicato dalla casa editrice Rotundo, nel 1991, nella collana diretta da Arnaldo Colasanti; ma nel 2007 la raccolta è stata meritoriamente ripubblicata, a cura di Raffaele Manica, con Donzelli, insieme al secondo volume di poesie di Tripodo, Vampe del tempo, la cui prima edizione era stata pubblicata nel 1998 dalle Edizioni Il Bulino.

Tra i lavori di traduzione di Tripodo, una versione latina de Le Cimetière marin di Paul Valéry, una versione italiana di Rusticus, di Angelo Poliziano oltre a edizioni e traduzioni di Georg Trakl, Callimaco, Catullo, Shakespeare e di Arnaut Daniel.

Ma questo volume è particolarmente prezioso perché oltre che per la introduzione e per la cura meticolosa e ricchissima di Raffaele Manica, per l'avvicinamento dei due momenti della poetica di Tripodo, quella colta, forbita e piena di rimandi classicisti di Altre Visioni (del 1991)  e quella di Vampe del tempo, di sette anni più tardi, con versi ancora più laceranti, definitivi, in cui i volti e i sentimenti - specie quello della mancanza - si alternano, nell'allineamento atipico (quasi in forma di prosa) della pagina - alle descrizioni estatiche e febbrili della natura.

Vi si leggono versi preziosi e per molti versi non dimenticabili:

dalle mie lacrime prendi congedo, anima, con la testarda tristezza di lei che vuol tenermi lontano e con la sua solitudine che è forte e resiste.

Ti amo anche ora che non provo più dolore.

Volto che trasmigra negli anni dei nostri cari, nostra stessa materia, trasmigra e avverte o consola.

(Vampe del tempo)

purpurei addii l'autunno distilla

Ferma nel bosco è l'ombra degli amori

(Altre visioni)

Quella di Pietro Tripodo era davvero - e lo è ancora - una voce angelica che canta un canto eversivo rispetto a quella slavina della parola che ha divorato il linguaggio contemporaneo.
E' oro per le nostre orecchie e per i nostri, affaticati, sensi.

Fabrizio Falconi

Pietro Tripodo
Altre Visioni
A cura di Raffaele Manica
Roma 2007 Donzelli



10/12/18

All'Ara Pacis una grande e bellissima mostra tutta dedicata a Marcello Mastroianni.


Una vita tra parentesi”. Così Marcello Mastroianni amava definire la sua vita. Le parentesi tra un set e l’altro, tra un palcoscenico e l’altro, lungo una carriera fatta di un’infinità di film, di spettacoli, di personaggi.

L’esposizione ripercorre la carriera straordinaria di Mastroianni. Dagli esordi con Riccardo Freda nel 1948 alla collaborazione con Federico Fellini, di cui diventò un vero e proprio alter ego.

Più di cento film tra gli anni Quaranta e la fine dei Novanta, e molti riconoscimenti internazionali: tre candidature all’Oscar come Miglior Attore, due Golden Globe, otto David di Donatello, due premi per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes e due Coppa Volpi al Festival di Venezia.

Un attore entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo, identificato dal semplice profilo (pensiamo all’icona creata da Fellini in 8 e ½), ma su cui in realtà c’è ancora molto da scoprire.

E per andare a fondo nella scoperta, come osserva il curatore Gian Luca Farinelli, dobbiamo tallonare la sua filmografia in quanto specchio della sua stessa vita.

Ed è proprio questo il percorso che seguirà la mostra Marcello Mastroianni, a partire da un tratto distintivo della sua personalità: quell’umiltà che gli faceva amare gli altri attori, figure di un pantheon che raccoglieva Gary Cooper, Clark Gable, Tyrone Power, Errol Flynn, John Wayne, Greta Garbo, Jean Gabin, Louis Jouvet, Vittorio De Sica, Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Amedeo Nazzari, Totò, Assia Noris, e nel quale trionfava, non a caso, Fred Astaire, un attore capace, come sarà poi Marcello, di recitare con tutto il corpo (ricordiamo una delle sequenze fondamentali interpretate da Mastroianni: quella in cui si scatena nel ballo in Le notti bianche, il film di Luchino Visconti che segnerà il suo riconoscimento come attore “importante”).

Tutta la vita e la carriera di Marcello Mastroianni sono raccontate in questa mostra che raccoglie i suoi ritratti più belli, i cimeli e le tracce dei suoi film e dei suoi spettacoli, alternando immagini e racconti e immergendo lo spettatore in quello che è stato ed è ancora il più conosciuto volto del cinema italiano. Un percorso attraverso scritti, testimonianze, recensioni, oltre a un raro apparato fotografico che ritrae l’attore come non siamo abituati a ricordarlo, sul palco, vicino agli altri grandi nomi che hanno fatto la storia del teatro italiano, da Vittorio Gassman a Rina Morelli, da Paolo Stoppa a Eleonora Rossi Drago.

Cinema e teatro, le due anime di uno degli attori più importanti del nostro cinema, raccontate in dialogo costante grazie ai materiali conservati dalla Cineteca di Bologna, dallo stesso Mastroianni e da numerosi altri archivi (da quello dell’Istituto Luce a quello della Rai) con i quali è stato costruito questo percorso privilegiato che accompagnerà lo spettatore attraverso cinquant’anni di cultura e costume italiani.

Museo dell'Ara Pacis , Spazio espositivo Ara Pacis 
Dal 26 ottobre al 17 febbraio 2019 Tutti i giorni ore 9.30 – 19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima). 24 e 31 dicembre 9.30-14.00 Chiuso il 25 dicembre e l'1 gennaio 

09/12/18

Il tunnel segreto del potere nelle viscere di Roma.




Per molti è soltanto una leggenda metropolitana, eppure sono tanti i riscontri che si sono susseguiti negli anni riguardo all’esistenza di una galleria lunga chilometri che collegherebbe tra di loro tutti i palazzi del potere di Roma, per finalità segrete

Non è un mistero del resto, che negli anni della guerra fredda si lavorò in diverse capitali europee alla realizzazione di bunker antiatomici, strutture sotterranee, a prova di interferenze dei controspionaggi dei paesi oltre la Cortina di Ferro. Ma a Roma non si è mai capito se sia stato realizzato un vero e proprio tunnel segreto oppure se a questo scopo sia stato sfruttato un collegamento tra i numerosi cunicoli preesistenti, medievali o paleocristiani che irrorano come un tessuto sanguigno gran parte del territorio dell’Urbe. 

Quel che è certo è che già all’epoca delle indagini a riguardo del cosiddetto Golpe Borghese, il tentativo di colpo di stato dei neofascisti che andò in scena nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970, emerse negli atti di come gli aspiranti golpisti avessero sfruttato un tunnel, la cui apertura era situata nei dintorni di Montecitorio e che aveva permesso loro di raggiungere in breve tempo l’armeria sotterranea del Viminale, prima che arrivasse l’ordine da parte di Junio Valerio Borghese di sospendere le operazioni

Del misterioso tunnel si è tornato poi a parlare qualche anno più tardi proprio a seguito del rapimento di Aldo Moro. 

Nel punto infatti dove questo passaggio segreto intersecava la Via Cassia, il 16 marzo del 1978, giorno del blitz delle Brigate Rosse, furono notati, proprio da un’auto dei Carabinieri uscire da un cunicolo quattro uomini che indossavano divise dell’Aeronautica i quali sostenevano un quinto uomo, probabilmente ferito. Erano parte del commando che aveva agito in Via Fani ? Ma ancora, del tunnel fantasma non si seppe nulla, fino al settembre 1997 , quando dopo la notizia pubblicata da alcuni giornali secondo cui operai impegnati nel cantiere di scavo di un sottopasso tra la Via Trionfale e la via Pineta Sacchetti si erano imbattuti in un sottopasso e dopo averlo iniziato a percorrere s’erano trovati faccia a faccia con militari armati che gli avevano intimato di tornare indietro, si aprì addirittura una interrogazione parlamentare da parte dell’allora responsabile della sicurezza di Montecitorio Alfredo Biondi, insieme ad altri deputati.

In effetti la testimonianza – poi confutata – degli operai confermava il tracciato ipotizzato del tunnel, il quale si diceva collegasse il Forte Trionfale e il Forte Braschi, passando nei pressi del grande Policlinico Gemelli, e il Forte Boccea, per poi tagliare in due la città e raggiungere il Viminale, il Quirinale, Palazzo Chigi, Montecitorio e il Ministero della Marina. 

Il passaggio sotterraneo dunque avrebbe rappresentato una specie di via di fuga per gli esponenti politici di primo piano in caso di “eventi estremi” che avrebbe permesso loro di fuggire e trovare ricovero sicuro all’interno delle costruzioni militari. 

I bene informati sostenevano che il tunnel risalisse agli anni della guerra, e che fosse stato ristrutturato proprio durante gli anni ’60 e ’70 all’epoca della Guerra Fredda, e degli Anni di Piombo. Un’altra vulgata riguardante il misterioso cunicolo vuole invece che nuovi e più recenti lavori siano stati realizzati sul finire degli anni ’80 sfruttando i cantieri per la costruzione del famoso anello ferroviario promesso per i Mondiali di Italia ’90 e mai completato a Roma, con le stazioni di Vigna Clara e Farneto rimaste per sempre chiuse. 

Il tunnel sotterraneo dunque avrebbe sfruttato le nuove opere per integrare i collegamenti già esistenti e migliorarli, per un costo complessivo di centinaia di miliardi, diviso tra i diversi ministeri. Bufala o no che sia, oggi sono ancora in tanti, anche in ambito parlamentare a dirsi sicura dell’esistenza di questi camminamenti e bunker sotterranei la cui esistenza sarebbe dunque garantita e protetta dai servizi segreti e mantenuta segreta per ragioni militari.

08/12/18

I miei 20 consigli per i vostri libri da regalare a Natale.

Ecco come buona abitudine i miei 20 consigli per i vostri libri da regalare a Natale, con 2 sole righe di accompagnamento, per scegliere.

1. William S. Maugham - Acque Morte

La febbre dei mari del sud, un medico, una atmosfera che non si dimentica mai più, un grande romanzo di un grande narratore. 

2. Ian Mc Ewan - Bambini nel tempo

Il miglior romanzo di Mc Ewan, il rapimento inspiegabile di un bambino, le ricerche, l'angoscia dei genitori, un libro che resta.

3. Jung Parla


Il miglior libro per avvicinarsi all'opera e al pensiero di uno dei più grandi geni del Novecento con tutte le interviste da lui rilasciate in vita.

4. L'eleganza della verità


Da un grande studioso un libro di scienza che si legge come un romanzo dove si svelano le incredibili meraviglie della natura e della fisica. 

5 Giuseppe Berto - Il male oscuro


Il più grande romanzo del Novecento italiano insieme a La Coscienza di Zeno di Svevo, cui del resto per alcuni aspetti questo libro assomiglia.

6. Goffredo Parise - Sillabari 


I meravigliosi racconti di Goffredo Parise, opera capitale della letteratura italiana del Novecento.

7. Emanuele Trevi -  Senza Verso


Già un piccolo classico. Né romanzo né saggio, un libro per chi ama Roma, la poesia, la piega della meraviglia dietro le vite ordinarie. 

8. Willa Cather - Una signora perduta 


Una autrice ancora poco conosciuta in Italia, un romanzo breve perfetto, una figura femminile moderna e vera, non soltanto verosimile.

9. Emily Dickinson - 104 poesie


La poetessa che non ha quasi mai varcato la soglia della sua abitazione e che dall'interno delle sue mura ha indagato come pochi altri l'animo umano. 

10. Pavel Florenskij - Non dimenticatemi 


Il testamento spirituale del "Leonardo da Vinci russo" con le commoventi lettere ai figli e una delle testimonianze più alte del valore della vita e del suo senso. 

11. Sebastiano Vassalli - La notte della cometa


Uno dei romanzi italiani che resteranno. 14 anni di lavoro per ricostruire l'epopea del poeta di Marradi (Dino Campana), la sua follia, la sua relazione divorante con Sibilla Aleramo.

12. Martin Rees - Il nostro ambiente cosmico


Un viaggio condotto da uno dei più grandi astronomi contemporanei attraverso i misteri del cosmo, le più incredibili teorie, i segreti che non conosciamo e nei quali ci stiamo addentrando.

13. Elsa Morante - Alibi


Elsa Morante scriveva anche poesie. E bellissime. 

14. Robert M. Pirsig - Lo Zen o l'arte della manutenzione della motocicletta. 


Un libro diventato il manifesto di una generazione, che oggi si legge con maggiore disincanto ma con identica partecipazione emotiva. Un viaggio nella profonda america e nella profondità della mente.

15. James Salter - Tutto quello che è la vita.


Il capolavoro di James Salter, uno scrittore americano ancora poco conosciuto ma destinato a ripetere in Italia il caso letterario di "Stoner". 

16. Andrej Tarkovskij - Martirologio


I diari di Andrej Tarkovskij: il cinema, l'anima, l'esilio, un libro indimenticabile. 

17. Guy de Maupassant - Forte come la morte.


L'ultimo dei grandi romanzi di Maupassant. Una storia d'amore struggente e malata, il ritratto di un'epoca perduta. 

18. Peter Handke - Canto alla durata

Il punto più alto della poesia di Handke. Un libro senza tempo che parla delle nostre vite, e del senso del tempo che ci trascina inebriandoci.

19. John M. Coetzee - Vergogna


Il capolavoro del Premio Nobel per la Letteratura sudafricano Coetzee. Un romanzo che si divora e inquieta.

20. Ayn Rand, La fonte meravigliosa. 


Un'autrice controversa, un romanzo che ispirò Hollywood e che resta un poderoso esempio della migliore letteratura anglosassone del Novecento.


Buona lettura e buoni regali...