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20/09/23

L'attrazione di Elsa per gli omosessuali: un "vulnus" non risolto


Tra i suoi diversi amori, Elsa Morante è attratta, in vita, anche dai maschi omosessuali. Molti sono artisti che frequenta, e di cui diventa anche confidente.

Spesso diventano protagonisti dei suoi romanzi, come il più famoso, Wilhelm Gerace, l'anaffettivo padre di Arturo, nel romanzo vincitore del Premio Strega nel 1957.
C'è una ragione, probabilmente, in questa attrazione, che ha a che fare con la vita personale di Elsa: un vulnus irrisolto e irrisolvibile, contenuto nel segreto che le viene rivelato, senza mezzi termini e con l'impiego di ogni dettaglio, quando lei ha soltanto dieci anni, dalla madre che l'ha generata: Irma Poggibonsi.
Irma le rivela che lei, e i suoi tre fratelli, non sono figli di quello che loro ritengono il loro padre e che ha dato loro il cognome, Augusto Morante, di professione sorvegliante presso il riformatorio giovanile di Trastevere, ma di un "amico di famiglia" che da sempre, i bambini hanno visto aggirarsi in casa loro, un certo Francesco Lo Monaco, portalettere siciliano, amico del padre.
La verità, come brutalmente rivela ai figli la madre, in quel giorno, è che Augusto, sin dalla prima notte di nozze si è manifestato "impotente". E questa impotenza 'coeundi', non solo 'generandi', ha fatto sì che la madre Irma, non rassegnandosi all'idea di non avere figli, abbia accettato di averne con un altro uomo, presentatole proprio dal marito, quindi con l'approvazione di lui.
Francesco Lo Monaco, anche se è già sposato e ha una sua famiglia, si prodiga nell'attività di "donatore di figli", senza mai rivelare il suo vero ruolo. Irma ne diventa perfino gelosa, perché sa che lui, oltre alla sua famiglia e a lei, frequenta anche altre donne.
Tanto per aggiungere dramma al dramma, un giorno Francesco Lo Monaco si toglie di mezzo, suicidandosi.
Augusto, invece, è rimasto sempre al suo posto, sempre più marginale, sempre più umiliato da Irma, sempre più squalificato agli occhi dei suoi stessi figli.
Elsa dirà più tardi di non aver mai avuto un padre, perché il suo vero padre era un estraneo, e quello che viveva con lei non era suo padre.
Ma chi era nella realtà Augusto? Per Elsa rimase probabilmente sempre un mistero.
Il sospetto che in realtà fosse omosessuale è molto più che un sospetto, e questa è forse l'unica versione che poteva dare una spiegazione valida a tutta la faccenda.
Sicuramente Elsa si sforzò nella sua vita adulta, e nella sua attività di scrittrice di elaborare questa figura di padre-non padre, di cercare di penetrarne la sofferenza, la negazione emotiva e sentimentale: padre in fondo non lo era mai stato, per lei. Ma di sicuro quel padre ombroso e lontano fu - nel suo modo - più "padre" di un prestatore d'opera, che davvero con il mondo di Elsa aveva poco o punto a che fare.

Fabrizio Falconi - 2023

04/07/22

Sembra incredibile, ma al funerale di Elsa Morante, la più grande scrittrice italiana, a Roma, non ci furono più di 20 persone.

 


Sembra davvero incredibile il disinteresse che il nostro paese dimostrò per gli ultimi anni vissuti da uno dei suoi più grandi scrittori, Elsa Morante, che a Roma morì, il 25 novembre 1985, a settantatré anni. 

Come si sa, l'ultimo romanzo di Elsa Morante fu Aracoeli, pubblicato sempre da Einaudi nel 1982, per il quale, nel 1984, ottenne il Prix Médicis, uno dei più prestigiosi premi francesi. 

Poco prima della fine della stesura del romanzo, la Morante, cadendo, si era procurata una frattura al femore, che la costrinse lungamente a letto. 

Ma dopo l'uscita del libro scoprì anche di essere gravemente ammalata; tentò il suicidio nel 1983, ma fu salvata in extremis dalla sua governante, Lucia Mansi. 

Ricoverata in clinica, fu sottoposta a una complessa operazione chirurgica, che però non le giovò molto. Morì nel 1985 a seguito di un infarto.

Come ricorda l'editore Livio Garzanti per i funerali, alla chiesa di piazza del Popolo, qualche giorno dopo, c’erano meno di venti persone. "Ultimo, sbarcò da un’automobile Moravia (che la Morante aveva spostato nel 1941, ndr.), elegante, accompagnato dalla nuova giovanissima Carmen Llera. Un tic nervoso gli scuoteva le spalle in controcampo con la sua zoppia."

Un funerale del tutto indegno, per una scrittrice e una intellettuale quale fu la Morante, che ha lasciato un segno indelebile nel Novecento italiano.

Di quel funerale nemmeno si trovano testimonianze fotografiche in rete. Nemmeno una. 

Questo invece è il corsivo che scrisse Laura Laurenzi, giornalista di Repubblica, il giorno dopo:

Piangono tutti, gli amici più cari; gli altri invece, molti altri, sembrano essere venuti soltanto per guardare. Piange Lucia, spezzata dal dolore, la vecchia governante che due anni e mezzo fa strappò Elsa al suicidio, piange e si raccomanda che le belle piante di limone e di mandarino che ornano il feretro non vadano perdute. Piange la sorella Maria, dal viso forte e sereno, piange Carlo Cecchi, l' amico più caro, con gli occhi cerchiati e un' aria smarrita. Natalia Ginzburg è immobile nel dolore, cupa e severa, sottobraccio alla figlia Alessandra, anche lei commossa. Ed è commossa, il viso rigato di lacrime, l' infermiera di Villa Margherita che ha seguito giorno per giorno la lunga agonìa e racconta di sofferenze tremende, e di urla spaventose durante la notte. 

A Makarousse, il bambino libico di nove anni vicino di stanza della Morante e condannato da un cancro, l' ultimo amico profondo della scrittrice, nessuno ha avuto il coraggio di spiegare che Elsa è morta, non c' è più. "Ci domanda continuamente di lei - racconta l' infermiera -. Per ora gli abbiamo detto che è stata trasferita in un' altra clinica"

Piange, mescolata ai colleghi, anche la fororeporter Antonia Cesareo, amica anni fa della Morante ("Fu Elsa, insistendo, a convincermi che dovevo assolutamente fare un figlio"), piange e non riesce a scattare fotografie. La chiesa è quella di Santa Maria del Popolo, parrocchia della Morante, la chiesa degli splendidi Caravaggio amata da tanti scrittori e dove furono celebrati anche i funerali di Gadda. 

Più che un funerale Elsa Morante avrebbe voluto una festa: lo disse in una delle sue ultime interviste. Una festa, tutti felici, e musiche di Mozart, di Bach e del primo Bob Dylan. L' hanno accontentata soltanto su Bach: "Per gli altri autori era troppo complicato, bisognava forse usare dei dischi", spiega Dacia Maraini, venuta prima degli altri per curare le musiche del rito. L' organista suona dunque la Passione secondo Matteo, come aveva espressamente chiesto la Morante, e alcuni dei Preludi Corali, per primo "Cristo giaceva nelle catene della morte". 

Moravia, pallidissimo, il volto contratto, si fa strada fra una siepe di fotografi. Lui e la sua nuova compagna Carmen Lhera arrivano insieme ma entrano separati, e si fermano in fondo alla chiesa, al quart' ultimo banco, mentre tutti i parenti e gli amici più stretti, microcosmo quotidiano delle ultime sofferenze, sono accanto alla bara, nel primo banco di destra. 

Soltanto due i cuscini di fiori. Uno dice "i cugini Morante", l' altro "il condominio di via dell' Oca". Una bimba depone un mazzo di margherite sulla bara. C' è anche Claudia Cardinale, un piccolo tailleur grigio, i capelli legati, senza trucco, quasi non riuscisse a togliersi di dosso il personaggio spoglio e sofferente di Ida Ramundo, la protagonista della Storia che sta interpretando sul set. 

Ma Elsa Morante era religiosa? Avrebbe voluto tutto questo? "Sì, credeva in Dio - spiega la sorella -, anche se la sua religiosità non era certo chiesastica, ma tutta spirituale". 

All' uscita del feretro sulla piazza un applauso, prima incerto, come imbarazzato, poi lungo e commosso, che suona come un grazie. Nella folla che riempie la chiesa e il sagrato, fra gli altri, l' anziano poeta Attilio Bertolucci ("Ci frequentammo tanto negli anni 50, fui io a presentarle Pierpaolo Pasolini"), Giorgio Bassani amico di quei tempi, Cesare Zavattini.

Nessun uomo politico, non un ministro. 

Elsa Morante, per suo stesso volere, concluse le formalità burocratiche, sarà cremata.

06/01/17

L'Epifania a Roma, il bambinello dell'Aracoeli e un furto senza colpevoli.




Il bambinello miracoloso dell’Aracoeli, un furto senza colpevoli. 

Il 2 febbraio del 1994 le cronache di Roma furono sconvolte da un fatto grave: uno dei più preziosi oggetti sacri di Roma era stato inopinatamente trafugato, durante la notte da due sconosciuti che, introdottisi attraverso una impalcatura nel convento dei frati francescani a fianco della Basilica dell’Ara Coeli, avevano aperto l’armadio blindato nel quale il Santo Bambino era custodito, rubando anche gran parte dell’oro frutto degli ex voto dei fedeli, conservato insieme alla statua.

La notizia fece il giro di tutta Roma e l’ottimismo degli inquirenti basato sul fatto che il bambinello fosse un’opera troppo nota, universalmente nota, per poter essere piazzato al mercato dei ricettatori, si rivelò infondato visto che il prezioso oggetto sacro non fu mai ritrovato.

La storia del bambinello dell’Aracoeli è troppo importante perché si potesse pensare ad un furto casuale, e così c’è chi ipotizza che l’operazione sia stata realizzata su commissione, per adornare la dimora di qualche malfattore interessato a possedere la reliquia.

La statua, alta soltanto sessanta centimetri, era stata, secondo la tradizione, scolpito direttamente nel legno proveniente dagli ulivi dell’orto di Getsemani e battezzato da un frate francescano nelle acque del fiume Giordano, prima di giungere in Italia attraverso un viaggio miracoloso: la nave sulla quale l’oggetto sacro era trasportato, infatti, si diceva avesse fatto naufragio e si fosse salvata, approdando sulle rive laziali con i suoi passeggeri incolumi grazie all’intervento divino del sacro Bambinello.

Dal Settecento cominciò la tradizione per la quale gli infermi romani, quelli che potevano camminare, si recavano in processione all’Aracoeli per essere guariti dal Bambino Gesù e il principe Alessandro Torlonia, nell’Ottocento, giunse a mettere a disposizione una carrozza per portare la statua santa presso le abitazioni degli infermi più gravi. A questo proposito esisteva anche una tradizione consolidata: se quando entrava nella stanza del malato, le labbra della statua  divenivano più rossi, significava che la guarigione miracolosa sarebbe avvenuta; se al contrario impallidivano, voleva dire che non c’era più speranza.

Ma al Bambinello, con il passare dei decenni e dei secoli, cominciò ad associarsi anche una tradizione legata ai culti natalizi e all’Epifania

Il 6 gennaio, con una solenne cerimonia,  la popolare immagine del bambino, con la veste tempestata di pietre preziose e ricoperta da tessuti dorati, veniva mostrata al popolo, mentre i frati francescani impartivano la benedizione a tutta la città.

Le traversie del Bambinello comunque sono state, nel corso dei secoli numerose. Già una prima volta, infatti, il prezioso oggetto fu rubato. 

Furono in quel caso i soldati francesi che avevano occupato Roma nel 1798 e che erano attratti dai preziosi ex voto custoditi insieme alla statua.  Il generoso intervento di un nobile romano, Severino Petrarca, riuscì a far restituire ai Romani il Bambinello, grazie ad una delicata opera diplomatica con le autorità militari francesi.

Altri rischi derivarono al seguito dei moti rivoluzionari del 1848. In quell’anno ogni oggetto simbolo dei privilegi papali era sospetto e così una particolare disposizione riguardò le berline, cioè le ricche carrozze cardinalizie, compresa quella del Papa

Per evitare che anche quella, la più preziosa di tutte, finisse al rogo insieme alle altre, uno dei capi rivoluzionari – il triumviro Carlo Armellini - propose che ospitasse il Santo Bambinello, ben sapendo che nessuno, neanche il più focoso tra i rivoluzionari avrebbe osato bruciare la carrozza contenente la sacra reliquia.  E così fu. Al punto che negli anni seguenti rimase la tradizione di una processione del sacro Bambinello, che a bordo della berlina papale,  veniva fatto sfilare per tutta la Via del Corso (l’antica Via Lata).


Nella Basilica dell’Aracoeli, oggi purtroppo è custodita soltanto una copia del Bambinello, ricostruita dagli artigiani romani, il più fedelmente possibile rispetto all’originale.  Il che non ha impedito la continuazione della venerazione popolare e della donazione di nuovi ex voto che adornano la copia dell’antichissimo Bambinello, ormai introvabile

14/08/12

Elsa Morante - 100 anni dalla nascita.



Tra quattro giorni, il prossimo 18, si celebra il centenario della nascita di uno dei massimi scrittori italiani del novecento, Elsa Morante.  

Il suo ricordo e' legato a grandi romanzi come 'Menzogna e sortilegio','L'isola di Arturo' e 'La Storia'. Ma anche alla sua lunga e complessa vicenda sentimentale con un altro scrittore, Alberto Moravia. 

Elsa Morante, la scrittrice che ha messo in scena tra l'altro i duri tempi del dopoguerra, e' nata il 18 agosto del 1912. Amica di Pierpaolo Pasolini e dei maggiori intellettuali del suo tempo, ha cominciato a scrivere fin da giovanissima. 

Romana di Testaccio, ha pubblicato i suoi racconti giovanili nel 1941 nel volume 'Il gioco segreto', edito da Garzanti. Un anno importante, per la scrittrice, il 1941: in aprile sposa Alberto Moravia che aveva conosciuto nel 1936.

La loro e' una vicenda sentimentale travagliata, durata per 20 anni. Ed e' proprio attraverso l'autore de 'Gli indifferenti', che Morante iniziò a frequentare Sandro Penna ed Enzo Siciliano. Senza dimenticare altri 'giganti' come Umberto Saba, Attilio Bertolucci e Giorgio Bassani. 

Intanto continua a dedicarsi alla scrittura. Il romanzo che l'ha imposta come scrittrice e' 'Menzogna e sortilegio', uscito da Einaudi grazie a Natalia Ginzburg, che vince il Premio Viareggio. 

Viene anche tradotto negli Usa, con il titolo 'House of Liars', nel 1951. Inizia cosi', con un vasto successo, la carriera letteraria di Morante. 

Le sue doti di affabulatrice si affinano e da un premio passa ad un altro: dopo il Viareggio e' la volta dello Strega. 

Nel 1957, infatti, vince il massimo riconoscimento letterario con 'L'isola di Arturo'. 

All'inizio degli anni Sessanta recita una breve parte nel film 'Accatone' di Pasolini. Ma proprio il decennio del boom coincide con una crisi artistica senza precedenti. Una crisi che, pero', non affievolisce la sua vena creativa. 

Ai grandi libri della narratrice romana si aggiunge 'La Storia', considerato da molti critici il suo vero capolavoro. Un successo popolare ambientato nella Capitale. 

Nel 1976 comincia la stesura del suo ultimo romanzo, 'Aracoeli' che vede la luce nel 1982. 

Costretta, dal 1980, a letto dopo la frattura del femore, Morante intraprende la sua discesa verso la fine. Subisce un intervento chirurgico e perde l'uso delle gambe. Nel 1983 tenta il suicidio. Il 25 novembre del 1985 ha luogo l'ultimo atto della sua vita: dopo un nuovo intervento, muore di infarto a 73 anni. 

Postumi, vengono pubblicati 'Opere' e i 'Racconti dimenticati' che raccoglie alcuni brani de 'Il gioco segreto'.