Un carro etrusco unico al mondo che
120 anni fa dall'Umbria e' finito a New York a far bella mostra
di se' al Metropolitan Museum.
Un intrigo ordito da generali,
conti e cavalieri tra distrazioni, incapacità e connivenze
nell'Italia del primo Novecento.
Ma anche la testimonianza
inedita di una donna con un anello dai magici poteri, che
aggiunge mistero a mistero.
A Roma al museo di Villa Giulia è tornata alla ribalta la
vicenda contrastata della biga di Monteleone di Spoleto.
,
protagonista di un docu firmato da Dario Prosperini - in
anteprima questa sera all'Etru - che per la prima volta ne
ricostruisce passo passo le tappe con la voce dei protagonisti
di allora e diversi documenti inediti. Mentre apre nuovi
interrogativi sulla disattenzione collettiva che ha regnato a
lungo nel nostro Paese nei confronti del patrimonio dell'arte.
Oggetto di una battaglia che dura da vent'anni con i 600
abitanti del borgo umbro che ne richiedono a gran voce il
ritorno in patria, la biga, che gli americani hanno ribattezzato
il Carro d'oro, e' un capolavoro del VI secolo a.C. fatto di
legno di noce e lamine di bronzo scolpite, opera della sapienza
etrusca ma ispirato dall'arte greca, alla quale si riallaccia
narrando le gesta di Achille.
Fabbricato a Vulci, la biga era passata di mano, offerta a un
militare che alla fine se la porto' nella tomba insieme a tutto
il suo tesoro di oggetti di bronzo e terracotta.
A ritrovarlo, 2600 anni dopo, furono due contadini, Isidoro
e Giuseppe Vannozzi, che l'8 febbraio del 1902 scavando davanti
al loro casolare si trovarono sotto gli occhi la tomba del
comandante etrusco. Ceduta dai Vannozzi per 900 lire (oggi
sarebbero poco piu' di 4mila 100 euro) e oggetto all'epoca di uno
scandalo che occupo' a diverse riprese le pagine dei giornali, la
biga passo' comunque velocemente di mano per poi arrivare nel
1903 a New York.
Le carte ritrovate nel 2018 da Guglielmo Berattino, 16 lettere
autografe tra i protagonisti della compravendita, dimostrano
oggi senza piu' ombra di dubbio che l'allora direttore del Met,
Luigi Palma di Cesnola, sedicente generale canavese che aveva
contribuito a fondare il prestigioso museo americano, l'acquisto'
per 250 mila lire dall'antiquario romano Ortenzio Vitalini,
numismatico del re, che si firma col titolo di cavaliere.
Questo
con il tramite di un altro italiano, il conte Gioachino Toesca
Caldora di Castellazzo, amico di Cesnola.
Ma soprattutto in
barba all'editto del 1820, ereditato dallo stato Pontificio e
allora ancora in vigore in Italia, che gia' vietava
l'esportazione di opere d'arte.
La prima legge di tutela del
patrimonio dello Stato italiano arriva pero' nel giugno del 1902,
quando la biga aveva gia' lasciato l'Italia, diretta a Parigi
dove rimase mesi prima di essere spedita a New York.
Mentre la
normativa che avrebbe disciplinato il funzionamento di quella
legge e' del 1909.
Anche per questo di fronte al finimondo che a
un certo punto scoppia in Italia su quel carro etrusco e
all'interrogazione parlamentare del senatore Felice Barnabei,
fondatore del museo di Villa Giulia, i protagonisti della
compravendita rimangono tranquilli.
E lo erano in fondo sempre
stati, tanto che la biga era stata esposta in vetrina, a Roma,
nel negozio di Vitalini.
A rivelarlo in una testimonianza
recuperata in una pubblicazione del 1927 da Valentino Nizzo,
l'etruscologo oggi alla guida di Villa Giulia, e' il singolare
racconto di una signora inglese, Grace Filder sposata al conte
Solone di Campello, che alla descrizione del carro aggiunge
quella di un prodigioso anello, che le sarebbe stato venduto a
Monteleone, anch'esso proveniente dalla tomba del capitano.
Un
monile grazie al quale avrebbe trovato la forza per imprese
decisamente notevoli, che la portarono a sorvolare in areostato
mezza Italia e persino a scalare la vetta piu' alta del Monte
Rosa.
Sepolta nel cimitero acattolico di Roma, Grace potrebbe
essersi portata nella tomba il magico anello, unica
testimonianza, tutta da verificare sottolinea Nizzo, della
presenza di gioielli nella tomba del capitano.
Chissa', "quello
che e' davvero grave e' proprio la dispersione di informazioni,
insieme ai tentavi di depistaggio che hanno accompagnato questa
scoperta e che rendono frammentaria la nostra conoscenza di uno
dei contesti piu' importanti del VI sec. a C", fa notare il
direttore del museo.
Dopo due decenni di manifestazioni di piazza, denunce, appelli
ai vari ministri che si sono succeduti, gli abitanti di
Monteleone, intanto, sperano ancora. Guido Barbieri, tenente
colonnello dei carabinieri per la Tutela del patrimonio
culturale di Perugia, come pure Berattino, invitano a puntare
sulla diplomazia culturale: "i margini di manovra ci sono",
sottolinea il colonnello. Marisa Angelini, la battagliera
sindaca di Monteleone, spiega di aver appena scritto una nuova
lettera al ministero.
Chiunque sara' il prossimo ministro della
cultura e' avvisato: sul ritorno della biga d'oro i monteleonesi
non mollano.
La tomba di Charlotte "Grace" Filder, al Cimitero Acattolico alla Piramide, a Roma