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10/09/22

LIBRO DEL GIORNO: "Bruciare i giorni" di James Salter

 



James Salter, in vita, è stato sempre considerato un outsider. 

Soltanto negli ultimi anni, prima della morte avvenuta a Sag Harbor il 19 giugno 2015, a 90 anni, egli cominciò a ricevere riconoscimenti per la sua opera di scrittore. 

Alle spalle aveva già parecchie vite vissute: nato James Horowitz a New York nel 1925, Salter era entrato giovanissimo all'Accademia Militare degli Stati Uniti, a West Point, e nel 1945 era entrato nell'Air Force, dove prestò servizio per dodici  lunghi anni tra il Pacifico, l'Europa, gli Stati Uniti d'America e la Corea, dove partecipò a diverse missioni sul suo caccia. 

Lasciato l'esercito con parecchi rimpianti - diversi tra i suoi ex compagni piloti, tra cui Buzz Aldrin finirono nel programma Apollo della NASA - a partire dal 1956 Salter cominciò a scrivere e a pubblicare, con lo pseudonimo che aveva scelto. 

I suoi romanzi non avevano successo. O almeno, non quello che Salter sperava o si aspettava. Ripiegò sul cinema. Scrisse sceneggiature per diversi film, ne diresse perfino uno, con la giovane Charlotte Rampling protagonista, si intitolava Three, nel 1969, che fu un totale fiasco. 

Nel frattempo però si era trasferito con la famiglia nella vecchia Europa e, muovendosi tra Londra, Parigi e Roma, tra gli anni '60 e '70 frequentò il bel mondo di allora, avvicinò i grandi, a volte lavorò con loro, conobbe molte donne, le amò, tornò a scrivere. 

Alla fine la sua opera letteraria consiste in un pugno di romanzi, e in un paio di libri di racconti. In Italia Guanda sta meritatamente traducendoli tutti: The Hunters, 1957 (Per la gloria, 2016) A Sport and a Pastime, 1967 (Un gioco e un passatempo, 2015) Light Years, 1975 (Una perfetta felicità, 2015) Cassada, 2000 (La solitudine del cielo, 2017) Last Night, 2005 (L'ultima notte,  2016) All That Is, 2013 (Tutto quel che è la vita, 2014) The Art Of Fiction, 2016 (L'arte di narrare, 2017) Burning the days, 1997 (Bruciare i giorni, 2018) Dusk and other stories, 2011 (Crepuscolo e altre storie,  2022).

Bruciare i giorni è dunque la sua ultima opera-romanzo, prima dei racconti finali del 2011. Ed è  un grande, corale riassunto della sua vita.  Un romanzo cioè "memoriale", che esprime bene la filosofia di Salter riguardo la letteratura (e la vita): soltanto ciò che viene ricordato, e dopo essere stato ricordato viene scritto, solo questo, viene salvato. 

Salvato dall'oblio e dalla insensatezza della vita. I poeti, gli scrittori, i saggi e le voci del loro tempo, scrive a un certo punto, formano un coro, l'inno che condividono è lo stesso: grande e piccolo sono uniti, il bello vive, il resto muore, e niente ha senso a parte l'onore, l'amore e quel poco che il cuore conosce. 

Il memoriale di Salter raggiunge livelli di compulsività e di ossessione: le quattrocentosedici pagine sono un carosello rutilante di incontri, di vissuto, di giorni bruciati, appunto, che si susseguono in fila nei ricordi dello scrittore, senza apparente soluzione di continuità. 

C'è una urgenza di salvare il salvabile, di cementare (per quello che possono fare la letteratura e i libri) la memoria di una vita vissuta, fortunata e piena. 

E l'operazione riesce ad essere avvolgente e ipnotica per il lettore, per merito dello stile di Salter, che si può apprezzare anche negli altri suoi romanzi e che ha portato il Washington Post a definirlo come "il romanziere contemporaneo più amato e apprezzato dagli scrittori." 

Salter, come il John Williams di Stoner, è un distillatore di parole. Ciascuna frase sembra cesellata nell'essenziale. Un rigo basta a descrivere uno stato di vita, un fallimento, una perdita, la ferita di un paesaggio, l'ebrezza di un lungo incontro. 

Il libro è praticamente diviso in due grandi parti: nella prima, Salter racconta la sua vita di cadetto a West Point, e di pilota, la sua vita che in quegli anni è tutta concentrata sul volo. 

Nella seconda, il racconto si incentra sulla scrittura, gli incontri, il cinema: New York, Robert Redford e Polanski, Parigi vista con meraviglioso disincanto da espatriato, fino alla Roma di Pasolini e Laura Betti. 

Salter rivela, evocandone il ricordo, come avviene parzialmente anche negli altri romanzi, tutto quel che può essere la vita, a saperla e volerla raccontare. Una musica sincopata, che a tratti accarezza come vento poetico, e a volte, il più delle volte, strugge. Il senso, se c'è, è altrove. Basta, per ora, il racconto.   

29/06/22

Elogio di James Salter, un grande scrittore americano che merita di essere scoperto



Ha scritto soltanto sette romanzi, nella sua vita ma James Salter è uno degli scrittori più interessanti del Novecento americano, anche se purtroppo da noi è ancora poco conosciuto. 

Tra gli editori, non solo italiani, va di moda il detto secondo cui Salter è "il tipico scrittore che piace molto agli scrittori", con questo intendendo implicitamente che forse non è adatto ai gusti di un pubblico ampio. 

Ma non è così. Tra le molti doti, la prosa di Salter, ha quella di poter essere apprezzata da chiunque, senza per questo essere facile o banale. 

Ma chi è James Arnold Horowitz che prese il nome d'arte di James Salter? 

E' nato nel New Jersey nel 1925, e morto pochi anni fa, il 19 giugno 2015.

Ex ufficiale di carriera e pilota dell'Aeronautica Militare degli Stati Uniti , si dimise dall'esercito nel 1957 in seguito alla pubblicazione di successo del suo primo romanzo, I cacciatori

Dopo una breve carriera nella sceneggiatura e nella regia cinematografica, nel 1979 Salter pubblica il romanzo Solo Faces. Ha vinto numerosi premi letterari per le sue opere, compreso il tardivo riconoscimento di opere originariamente criticate al momento della loro pubblicazione. 

Suo padre era un agente immobiliare e uomo d'affari che si era laureato a West Point nel novembre 1918 e aveva prestato servizio nel Corpo degli ingegneri sia con l'esercito che con la riserva dell'esercito. 

Il giovane James, sebbene avesse intenzione di studiare all'Università di Stanford o al MIT, entrò a West Point il 15 luglio 1942, su richiesta del padre, che si era arruolato nel corpo degli ingegneri nel luglio 1941, in previsione dello scoppio della guerra.

Come suo padre, il tempo trascorso a West Point da Horowitz fu breve a causa dell'aumento delle classi in tempo di guerra e della drastica riduzione del programma di studi. Si diplomò nel 1945 dopo soli tre anni, classificandosi al 49° posto per merito generale nella sua classe di 852 allievi. 

Completò l'addestramento di volo durante il suo primo anno di corso, con l'addestramento primario a Pine Bluff, Arkansas, e l'addestramento avanzato a Stewart Field, New York.

Durante un volo di navigazione nel maggio 1945, il suo volo si è disperso e, a corto di carburante, ha scambiato un cavalletto ferroviario per una pista, facendo atterrare il suo T-6 Texan contro una casa a Great Barrington, nel Massachusetts. 

Forse a causa di questo ciò, fu assegnato all'addestramento multimotore sui B-25 fino al febbraio 1946. 

Ricevette il suo primo incarico nelle Filippine, alla base aerea di Naha, Okinawa, e alla base aerea di Tachikawa, in Giappone. 

Nel marzo 1950 è stato assegnato al quartier generale del Tactical Air Command a Langley AFB, in Virginia, dove è rimasto fino a quando si è offerto volontario per la guerra di Corea.

Arrivò in Corea nel febbraio 1952 dove volò in più di 100 missioni di combattimento tra il 12 febbraio e il 6 agosto 1952 e gli è stata attribuita una vittoria su un MiG-15 il 4 luglio 1952. 

Successivamente Salter fu dislocato in Germania e in Francia, promosso maggiore e assegnato alla guida di una squadra di dimostrazione aerea; divenne ufficiale operativo di squadriglia, in linea per diventare comandante di squadriglia.

Nel tempo libero scrisse il suo primo romanzo, The Hunters, pubblicandolo nel 1956 con lo pseudonimo di "James Salter". I diritti cinematografici del romanzo permisero a Salter di lasciare il servizio attivo nell'aeronautica statunitense nel 1957 per scrivere a tempo pieno. 

Dopo aver prestato servizio per dodici anni nell'aeronautica militare statunitense, di cui gli ultimi sei come pilota di caccia, Salter trovò difficile il passaggio a scrittore a tempo pieno.

L'adattamento cinematografico del 1958, I cacciatori, interpretato da Robert Mitchum, fu acclamato per le sue potenti interpretazioni, la trama commovente e la rappresentazione realistica della guerra di Corea. 

Pur essendo un adattamento eccellente per gli standard hollywoodiani, era molto diverso dal romanzo originale, che trattava della lenta autodistruzione di un pilota di caccia trentunenne, che un tempo era stato considerato un "pezzo grosso", ma che trovava solo frustrazione nella sua prima esperienza di combattimento, mentre altri intorno a lui raggiungevano la gloria, in parte forse inventata. 

Il suo romanzo del 1961, "Il braccio di carne", si basa sulle sue esperienze di volo con il 36° stormo di caccia alla base aerea di Bitburg, in Germania, tra il 1954 e il 1957. 

Salter, tuttavia, in seguito disdegnò entrambi i suoi romanzi "Air Force" come prodotti della giovinezza "che non meritano molta attenzione". Dopo diversi anni di servizio nella riserva dell'aeronautica, nel 1961 si dimise completamente dall'incarico dopo che la sua unità fu richiamata in servizio attivo per la crisi di Berlino. 

Si trasferì a New York con la famiglia. Salter e la sua prima moglie Ann divorziarono nel 1975, dopo aver avuto quattro figli: le figlie Allan (1955-1980) e Nina (nata nel 1957), e i gemelli Claude e James (nati nel 1962). 

A partire dal 1976 ha vissuto con la giornalista e drammaturga Kay Eldredge. Hanno avuto un figlio, Theo Salter, nato nel 1985, e Salter ed Eldredge si sono sposati a Parigi nel 1998.

Salter si è dedicato alla scrittura cinematografica, prima come autore di documentari indipendenti, vincendo un premio alla Mostra del Cinema di Venezia in collaborazione con lo scrittore televisivo Lane Slate (Team, Team, Team). Ha scritto anche per Hollywood, pur disdegnandola. La sua ultima sceneggiatura, commissionata e poi rifiutata da Robert Redford, è diventata il suo romanzo, Solo Faces.

Scrittore molto apprezzato della narrativa americana moderna, Salter è stato critico nei confronti del proprio lavoro, avendo affermato che solo il suo romanzo del 1967, A Sport and a Pastime, si avvicina ai suoi standard. 

Ambientato nella Francia del dopoguerra, A Sport and a Pastime è un'opera erotica che coinvolge uno studente americano e una giovane francese, raccontata sotto forma di flashback al presente da un narratore senza nome che conosce a malapena lo studente, desidera la donna e ammette liberamente che la maggior parte della sua narrazione è frutto di fantasia. 

Molti personaggi dei racconti e dei romanzi di Salter riflettono la sua passione per la cultura europea e, in particolare, per la Francia, che egli descrive come una "terra santa secolare".

La prosa di Salter mostra l'apparente influenza di Ernest Hemingway e Henry Miller, ma nelle interviste con il suo biografo, William Dowie, Salter afferma di essere stato influenzato soprattutto da André Gide e Thomas Wolfe. 

La sua scrittura è spesso descritta dai recensori come "succinta" o "compressa", con frasi brevi e frammenti di frase, e il passaggio tra prima e terza persona, così come tra il tempo presente e passato. I suoi dialoghi sono attribuiti solo quando è necessario per chiarire chi sta parlando, altrimenti lascia che il lettore tragga deduzioni dal tono e dalle motivazioni. 

Il suo libro di memorie del 1997, Burning the Days, utilizza questo stile di prosa per raccontare l'impatto che le sue esperienze a West Point, nell'aeronautica e come pseudo-espatriato in Europa hanno avuto sul modo in cui ha visto i suoi cambiamenti di stile di vita. 

Sebbene sembri celebrare numerosi episodi di adulterio, in realtà Salter sta riflettendo su ciò che è accaduto e sulle impressioni che ha lasciato su di lui, proprio come la sua struggente reminiscenza sulla morte della figlia. 

Un verso de I cacciatori esprime questi sentimenti: "Non sapevano nulla del passato e della sua santità". 

Salter ha pubblicato una raccolta di racconti, Dusk and Other Stories, nel 1988. La raccolta ha ricevuto il PEN/Faulkner Award e uno dei suoi racconti ("Twenty Minutes") è diventato la base del film Boys del 1996. Nel 2000 è stato eletto membro dell'American Academy of Arts and Letters. Nel 2012, la PEN/Faulkner Foundation lo ha selezionato per il 25° PEN/Malamud Award affermando che le sue opere mostrano ai lettori "come lavorare con il fuoco, la fiamma, il laser, tutte le forze della vita al servizio della creazione di frasi che scintillano e fanno bruciare le storie"

Il suo ultimo romanzo, All That Is (qua sotto la traduzione italiana), è considerato il suo capolavoro. 

È morto il 19 giugno 2015 a Sag Harbor, New York.

In Italia l'editore Guanda sta pubblicando la sua intera opera. Che merita davvero di essere conosciuta. 

Fabrizio Falconi - 2022 



02/01/19

Libro del Giorno: "Tutto quel che è la vita" di James Salter.




Raramente - quasi mai - capita di trovare un romanzo così perfetto come questo di James Salter (1925-2015), per me la più bella sorpresa dell'anno appena trascorso. 

Considerato il suo capolavoro, il capolavoro di uno scrittore che dopo la morte sta conquistando un sempre maggiore interesse (e successo) in America e in Europa, Tutto quel che è la vita racconta l'esistenza di Philip Bowman, un ordinary man (come cantavano i Pink Floyd di Us and Them), un uomo che attraversa la vita e la storia con passo discreto, con gli sbagli e la poesia quotidiana, gli amori, le passioni, i piccoli e grandi naufragi. 

Proprio da un naufragio, quello di una nave da guerra sulla quale il ventenne Bowman sta combattendo il suo conflitto, nell'estate del '44, prende il via il romanzo con un primo capitolo di eccezionale nitore che subito conquista la piena fiducia del lettore. 

Bowman - come fu lo stesso Salter - è un giovane ufficiale arruolato in Marina. Tornato a casa riesce a farsi mandare ad Harvard a studiare (performance notevole per uno come lui che viene da una normale famiglia di provincia) e in seguito viene assunto come editor di una piccola casa editrice che però diventa con gli anni importante. 

Gli anni del dopoguerra, i colleghi di lavoro, la frequentazione con gli scrittori, un matrimonio sbagliato, i viaggi in Europa, gli amori, le famiglie che si sfasciano, i genitori che muoiono: tutto quello che  - banalmente -  è la vita, appunto. 

Ma, proprio come avveniva in Stoner di John E. Williams, la forza di questo libro è nel far diventare la quotidianità, la banalità, epopea. 

Avviene per merito di una scrittura incredibilmente esatta, dove mai un aggettivo o una parola sono fuori posto, dove ogni compiacimento letterario, ogni abuso è bandito (che differenza con la quasi totalità della narrativa contemporanea!): e non è nemmeno un puro lavoro di sottrazione. Salter non si riserva il ruolo di autore della sordina. Le pagine sono piene di forza e di vita (raramente si sono letti brani erotici scritti con mano così felice, dove le cose sono chiamate con i loro nomi e per quello che sono), senza scivolare mai nel tono minore dell'umore dolente, vittimista o facilmente nichilista. 

Tutto quel che è la vita riluce così di un significato autentico, la letteratura si fa vita e viceversa. Senza orpelli e senza teorizzazioni o manipolazioni del lettore.  

Bowman non è Stoner. Il suo grado di innocenza è probabilmente minore rispetto a quello dell'eroe di Williams.  I suoi sbagli sono più evidenti e meno in buona fede (come esplicita tutta la parte della relazione con Anet, la giovane figlia di Christine, la donna con cui Bowman vive una relazione finita per il tradimento di lei). Ciò nonostante Bowman ha il passo del giusto e stoicamente sopravvive, affrontandoli, gli incerti della vita e soprattutto la sua solitudine. 

Sullo sfondo del romanzo, l'epoca felice in cui gli scrittori non erano macchine per far soldi o per vendere oggetti, e gli editors vivevano la suggestione dei luoghi e delle storie per rendere il loro lavoro pieno di senso. 

Un libro davvero bellissimo, che non si dimentica.

Fabrizio Falconi - 2019.