26/06/23

"A proposito di Davis", un grande film dei Fratelli Coen - da recuperare su Amazon Prime Video


Chi vuole può recuperare "A proposito di Davis" ("Inside LLewyn Davis") dei fratelli Coen, uscito nel 2013, adesso disponibile sulla piattaforma di Amazon Prime Video.

E' per me la miglior prova in assoluto dei geniali fratelli, dai tempi de "L'uomo che non c'era" (2001, il loro ultimo grande capolavoro), cui aggiungerei il favoloso "Macbeth" (2021) che però è firmato dal solo Joel.
"A proposito di Davis", come è stato tradotto in italiano dall'originale americano, che suona assai diverso (è il titolo dello sfortunato LP pubblicato dallo sfortunato Davis, che nessuno compra e nessuno vuole ascoltare), è uno dei più riusciti ritratti di losers che si è visto sullo schermo.
Gli presta il volto (e la voce) l'eccellente Oscar Isaac, uno dei più talentuosi attori oggi in circolazione (protagonista fra l'altro, insieme a Jessica Chastain, della versione 2021 di "Scene da un matrimonio").
Davis è un personaggio immaginario, ma più vero del vero. I Coen lo hanno disegnato sul modello di due veri folksingers newyorchesi, Dave Van Ronk e Ramblin' Jack Elliott, che ebbero l'immane sfortuna di presentarsi da esordienti sulla stessa scena e nello stesso identico periodo in cui Robert Zimmerman, alias Bob Dylan, muoveva i suoi primi passi, nei fumosi locali di Brooklyn e del Greenwich Village.
Davis è quindi, nella poetica dei Coen, un perfetto contraltare del grande Bob. Mettendo in scena i suoi fallimenti, le sue goffagini, le sue sofferenze esistenziali (chiamiamole anche con il nome più rozzo per quello che sono: "sfighe"), Davis è per i Coen l'eroe della nobile sconfitta: colui che non può farcela (a diventare famoso), colui che è costretto a restare un fallito, un senza casa, un fuori posto, uno che vede la storia scorrergli davanti, da vicino o da vicinissimo, ma la può soltanto sfiorare.
E' oro per il talento dei Coen, che hanno costruito molta della loro fortuna, sul canto (ironico o disperato) degli sconfitti.
La fotografia (pluripremiata) di Bruno Delbonnel, le musiche (T Bone Burnett) e le canzoni tradizionali del folk anglosassone, il cast di grandi attori (tutti accorrono quando i Coen chiamano): Carey Mulligan, Justin Timberlake, John Goodman, F. Murray Abraham, Adam Driver, contribuiscono alla riuscita del film, perfetto e toccante in ogni inquadratura.
Poteva poi essere anche quasi un racconto in prima persona, ma i Coen amano a tal punto le storie e il cinema, che qui inventano un assai tenue, eppure magico macGuffin con le fattezze di un gatto ribelle che riesce a rendere ancora più tortuosa e difficile la vita del povero Davis.
Il film ha ricevuto numerose candidature ai premi più importanti (Oscar e Golden Globe compresi) e ha (stra) meritatamente vinto il Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 2013.

Fabrizio Falconi - 2023

22/06/23

Ecco "Black Bird", la migliore serie che c'è in giro, oggi


Quasi nessuno parla da noi di "Black Bird"
, la migliore serie che c'è in giro, e una delle migliori degli ultimi anni.

Forse perché è su AppleTv, che non tutti hanno (ma ricordo che si può anche fare una prova gratuita che dura 7 giorni).
Black Bird - in cui sembra di rivivere certe atmosfere da True Detective 1 (vertice mai più raggiunto) - è diretta da Dennis Lehane e coprodotta oltre che da Apple, da Dan e Ryan Friedkin, gli attuali proprietari della AS Roma.
E' tratta da una storia vera, e più specificatamente dalla autobiografia Il Falco di James Keene, pubblicata nel 2010. Keene, di buona e colta famiglia fu arrestato dopo essere entrato in un giro di spaccio di droga e condannato a dieci anni di carcere.
Contattato dall'FBI, fu convinto a entrare sotto copertura, con la promessa di guadagnarsi la libertà, in un carcere di massima sicurezza (nonché manicomio criminale), allo scopo di guadagnarsi la fiducia di Larry Hall, sospettato di essere l'omicida seriale di un certo numero di ragazze sparite nelle campagne dell'Illinois.
Le sei puntate della tiratissima miniserie raccontano dunque la difficilissima discesa di James - o Jimmy - nell'inferno del carcere più duro, cercando di avvicinare Larry, diventarne amico e confidente, per arrivare a ottenere da lui la confessione dei suoi crimini (e in particolare, dei luoghi delle sepolture delle ragazze che ha ucciso).
Il punto di forza della serie è nella coppia di attori protagonisti: il giovane inglese Toran Egerton (nei panni di Jimmy) e Paul Walter Hauser che riesce a incarnare il più convincente e realistico omicida seriale che si sia visto recentemente al cinema o alla Tv.
Entrambi, infatti, hanno fatto incetta di candidature e di premi ovunque, compresi i Golden Globe. Erano tutti e due nella cinquina finale. Il premio per la migliore interpretazione maschile è poi andato - meritatamente - a Paul Walter Hauser.
Il quale virtuosisticamente colora il suo assassino di sottilissime sfumature, smorfie, idiosincrasie, rendendolo naif e terribile insieme.
L'altro versante della storia - l'indagine condotta da un ispettore locale e da una funzionaria dell'FBI - è meno interessante e forse andava tagliato nei tempi.
Nel complesso, però, una grande storia su dannazione e riscatto, sul buio interiore e sull'esercizio di una forza che non si arrende.
Assolutamente da vedere.

Fabrizio Falconi - 2023

19/06/23

"La Famiglia dei Diamanti" - saga familiare Netflix nel quartiere ortodosso di Anversa


La Famiglia dei Diamanti (Rough Diamonds), visibile sulla piattaforma Netflix, serie belga, del 2023, si inserisce sulla scia delle diverse serie che, dalla meravigliosa Shtisel a Unorthodox, si sono addentrate nel mondo della cultura e della vita delle comunità ebree ortodosse.

In questo caso siamo in Belgio, ad Anversa, da sempre "la città dei diamanti", lì dove cioè hanno prosperato da secoli commercianti - non solo ebrei - che si sono specializzati nel mercato delle preziose pietre provenienti dalle miniere dell'Africa.
Il pretesto narrativo è il suicidio - perché coinvolto in debiti di gioco - di un giovane membro della famiglia Wolfson, una delle più blasonate del quartiere dei diamanti.
Al capezzale del morto accorre anche il più classico figliol prodigo: Noah, che venti anni prima ha lasciato la famiglia, lasciando la fede ortodossa. Noah, che è fratello del suicida, vive a Londra e si occupa di affari poco puliti.
La morte del fratello lo spinge però a riconnettersi con la comunità Haredi e con la sua famiglia, che si trova adesso in guai molto seri - ricattata dalla malavita albanese - e che lui si sente in dovere di aiutare.
Coprodotta dagli israeliani Keshet, la serie, solida e ben scritta si segue volentieri fino all'ultima delle 8 puntate.
I punti deboli sono gli attori, in particolare Kevin Janssens, il protagonista, dall'espressione fissa e stolida, modesto come modesti sono anche altri nei ruoli secondari; i personaggi fra l'altro, tranne quello del fratello maggiore, Eli, non "crescono" ; e una inconcludenza generale della vicenda, specie nell'epilogo, irrisolto e tirato via senza convinzione, soltanto per preparare il terreno a una probabilissima seconda stagione.

Fabrizio Falconi - 2023

16/06/23

"Blue Jay" (2016), un gioiello su Netflix, per commuoversi senza sentirsi in colpa


'Blue Jay' (2016)
è uno strano, toccante film indipendente, che dura solo 80 minuti, ora visibile su Netflix.

E' così strano che è anche difficile chiamarlo 'film', somigliando più a una confessione 'in presa diretta' o a una duplice prova d'attore.
Lo ha realizzato in un elegante bianco e nero Alex Lehmann, su un copione scritto da Mark Duplass, che è il protagonista maschile del film.
La storia - se storia si può chiamare - è presto detta: in un supermercato si rincontrano dopo molti anni, Jim e Amanda, che sono stati insieme da giovanissimi: un primo amore intenso, finito male.
Il caso li ha riportati lì nello stesso momento: lui deve chiudere la casa della madre che è morta, lei è venuta in visita alla sorella che è incinta.
Il film descrive le ore di questa giornata e della notte trascorsa insieme, tra allegria - ritrovando molta di quella magia che li aveva fatti innamorare l'uno dell'altro da giovanissimi - e principio di realtà - misurando la distanza tra quel che si era, quel che si voleva diventare e quel che si è diventati.
Un pretesto narrativo che sembrerebbe fin troppo facile.
Eppure il film vince la scommessa, facendosi apprezzare proprio per semplicità, misura, autenticità.
Gran merito è dei due attori, sempre in scena: Mark Duplass (impacciato e simpatico, ironico, irrisolto) e soprattutto Sarah Paulson, incantevole e di bravura davvero mostruosa.
'Blue Jay' ha girato molto nei festival di cinema indipendente, poi è riaffiorato grazie alla piattaforma globale e ha trovato un suo pubblico. Meritatamente. Si ride e ci si commuove, senza facili ricatti.

Fabrizio Falconi - 2023

11/06/23

"Via dalla Pazza Folla" di Thomas Vinterberg, una convincente trasposizione da Thomas Hardy, con una splendida Carey Mulligan

Ancora una volta ho apprezzato la grande qualità e la versatilità del regista di "Festen", "Il sospetto", "Un altro giro" (vincitore lo scorso anno dell'Oscar come miglior film straniero).
Visibile a noleggio su Google Play e Amazon Prime Video a 3.99 euro, "Via dalla Pazza Folla" è un adattamento assai scrupoloso del romanzo di Hardy, e meno ingombrante di quello che fu realizzato da John Schlesinger nel 1967, con protagonisti mostri sacri come Julie Christie, Alan Bates, Terence Stamp, Peter Finch.
L'eterna storia di Bathsheba Everdene, bellissima e intelligente, forte, fragile e desiderosa di indipendenza, prima contadina e poi fittavola in una immaginaria contea inglese, contesa da tre uomini molto diversi - naturalmente lei si concede a quello meno raccomandabile - è uno dei classici studi di Hardy che rappresentano la sua concezione totalmente pessimista del mondo.
Il mondo nel quale la natura sa essere punitiva e ingiusta, ma gli esseri umani fanno di tutto per condannarsi all'infelicità.
Bathsheba è uno splendido ritratto femminile, cui Carey Mulligan concede corpo e anima, ed intensa espressività ad ogni sguardo o gesto (del resto la Mulligan è da tempo una delle migliori attrici sulla scena del cinema internazionale).
Il colosso Matthias Schoenaerts è un perfetto Gabriel Oak, il primo a dichiararsi, respinto, a Bathsheba all'inizio della storia, e colui che le resta fedele fino alla fine.
Michael Sheen è il ricco fittavolo William Boldwood, che incastrato da un poco innocente scherzo di Bathsheba ne finisce completamente soggiogato.
Tom Sturridge è invece il famoso sergente Troy del romanzo, scapestrato e fatuo, irresistibile, dannato.
Per sceneggiare un romanzo così complesso - 600 pagine - Vinterberg si è affidato a David Nicholls che ha operato scelte radicali e coraggiose: le prime 200 pagine del libro vengono infatti risolte nei primi 10 minuti del film, che si concentra, come è giusto, nella seconda metà della storia, dove accadono i fatti più rilevanti.
La bellissima fotografia, che ricostruisce meticolosamente gli esterni e gli interni della campagna inglese dell'Ottocento, è di Charlotte Bruus Christensen (danese come il regista), mentre le musiche sono dell'inglese Craig Armstrong, compositore molto amato anche nei circoli rock e jazz.
"Via dalla Pazza Folla" di Vinterberg è insomma un convincente (e pienamente soddisfacente per lo spettatore) adattamento di un grande classico della letteratura, che indaga con fredda e appassionata lucidità gli anfratti e le ombre delle personalità umane, la loro incompletezza, i loro desideri, la speranza di poter un giorno essere felici, perché finalmente consapevoli.

Fabrizio Falconi - 2023

06/06/23

L'oscura Via del Mandrione, a Roma, amata da Pasolini


Fa una certa impressione immaginare che dalla costruzione dell’ultimo dei grandi maestosi acquedotti romani (i cui resti ancora giganteggiano per l’Italia) trascorsero ben tredici secoli prima che si sentisse la necessità a Roma di realizzarne uno nuovo

L’impresa fu voluta da Papa Sisto V a cui si deve la completa ristrutturazione urbanistica di Roma (con il celebre Piano Sistino), il quale la commissionò nel 1585 all’architetto Matteo Bortolani. 

Tanto per comprendere quale fosse la grandezza dei romani, Bortolani commise degli errori di progettazione del nuovo acquedotto, e il Papa dovette ricorrere a Giovanni Fontana (lo stesso architetto che aveva spostato l’obelisco di Piazza San Pietro) per rimediare e correggere il difettoso deflusso delle acque. 

In onore di Sisto V (che la secolo si chiamava Felice Peretti) il nuovo acquedotto fu chiamato Felice e aveva il compito di utilizzare le antiche sorgenti dell’Aqua Alexandrina, per approvvigionare le zone del Viminale e del Quirinale. 

Il tracciato originale del nuovo acquedotto superava la Via Tuscolana all’altezza della Porta Furba e giungeva fino nel cuore di Roma con il trionfo finale della Mostra della Fontana del Mosè, in Piazza San Bernardo. 

Oggi una gran parte del circuito cittadino dell’Acquedotto Felice è affiancata dalla lunga Via del Mandrione, che dà il nome ad un quartiere, o meglio, ad una porzione del quartiere Tuscolano

In questa Via, una specie di tortuoso serpente che si snodava e in parte si snoda ancora sul confine tra la periferia della città e la campagna, furono trovati i resti di una splendida villa romana e parte di un lastricato. 

Il nome, Mandrione, deriva proprio dal fatto che qui, nella campagna sotto gli archi del vecchio acquedotto, venivano portate le mandrie a pascolare

Era però, già anticamente, una zona di scorribande, adatta agli agguati da parte di briganti e di sabotatori e per questo motivo, lungo questa via transitavano i sorveglianti degli acquedotti, arruolati dalle autorità pontificie. 

I solenni archi divennero però con il passare dei secoli anche un ideale rifugio: dapprima in tempo di guerra quando sotto l’Acquedotto Felice trovarono riparo gli sfollati del bombardamento di San Lorenzo del 1943, che costruirono le prime baracche, e poi, nel dopoguerra comunità di nomadi e prostitute. 

Ben presto dunque la zona del Mandrione divenne malfamata e territorio di studio per le condizioni abitative di disagio in città, che richiamarono nel dopoguerra l’interesse di personalità come Pier Paolo Pasolini, Gian Giacomo Feltrinelli, Elsa Morante, Goffredo Parise. 

Da qui partirono però anche progetti rivoluzionari (come quelli della pedagogista Angelina Linda Zammataro) di integrazione delle comunità nomadi e di recupero della zona archeologica con lo sgombero delle baracche e l’assegnazione di alloggi popolari alle numerose famiglie che vi abitavano

Oggi l’oscura Via del Mandrione ha – come altre parti della periferia romana – cambiato pelle, ospitando locali, botteghe artigiane e vita notturna.


Fabrizio Falconi, tratto da: Fabrizio Falconi, Misteri e segreti dei Rioni e dei Quartieri di Roma, Newton Compton, 2013