"Voi, medici della peste, dovete
fortificarvi contro l'idea della morte e conciliarvi con essa,
prima di entrare nel regno preparatole dalla peste. Se
trionferete qui, trionferete ovunque e vi vedranno tutti
sorridere in mezzo al terrore. La conclusione e' che vi occorre
una filosofia".
E' uno dei consigli, pratici e spirituali, che
si leggono nella "Esortazione ai medici della peste"
pubblicata nell'aprile del 1947 nei Cahiers de la Ple'iade, quasi
sicuramente scritta dal premio Nobel per la letteratura Albert
Camus nel 1941 e vista come una delle pagine preparatorie e poi
non messe nel suo romanzo "La peste", uscito proprio nel 1947
e che in questi mesi molti hanno riletto o scoperto, tanto che è tornato questa settimana nella classifica dei libri più venduti,
perchè sembra racconti la nostra esperienza e parli di noi,
invece di averne immaginata una 70 anni fa.
Mai pubblicata in Italia, questa "Esortazione", ora
tradotta da Yasmina Melaouah e proposta da Bompiani d'intesa con
la Succession Albert Camus, suona, con le sue citazioni di
Tucidide e del suo racconto della peste di Atene, profetica e
profonda quanto il romanzo.
Suggerisce ai medici una serie di
norme oggi ingenue e inquietanti mutuate dal trattamento di
contagi passati ( dall'uso dell'aceto, erbe aromatiche, all'uso
di un camice di tela cerata) e li sprona a non aver paura ma ad
assumere appunto una linea di condotta elaborata con filosofia
che aiuti a saper avere una misura, a diventare padroni di se
stessi, a respingere la stanchezza, a mantenere una serenita'
d'animo nonostante tutto, aggiungendo: "Non vi e' nulla di
meglio, a questo scopo, che consumare vino in quantita'
apprezzabili, per alleviare un poco l'espressione affranta che
vi verra' dalla citta' in preda alla peste".
Sono una decina di pagine, in omaggio ai lettori
delle librerie Giunti al Punto e in ebook gratis sul sito
Bompiani www.bompiani.it, che ammoniscono anche noi: "dovete
diventare padroni di voi stessi. E, per esempio, saper fare
rispettare la legge che avrete scelto, come quella del blocco e
della quarantena. Uno storiografo provenzale narra che un tempo,
quando uno di coloro che erano sottoposti alla quarantena
scappava, gli veniva fracassata la testa. Non e' questo che
auspicate. Ma non dimenticate con cio' l'interesse generale. Non
venite meno a tali regole per tutto il tempo in cui saranno
utili, quand'anche il cuore vi inducesse a cio'. Vi e' chiesto di
dimenticare un poco quel che siete senza tuttavia dimenticare
mai quel che dovete a voi stessi. È questa la regola di una
serena dignita'".
Le notazioni sono tante, da quelle pratiche
come "non guardate mai il malato in faccia, per non essere
nella direzione del suo alito", a quelle piu' morali:
"Non
dovete mai e poi mai abituarvi a vedere gli uomini morire come
mosche, come accade oggi nelle nostre strade, e com'e'
sempre accaduto da quando ad Atene la peste ha preso il suo
nome. Non smettete di essere atterriti dai volti neri di cui
parla Tucidide ... e continuate a rivoltarvi contro la terribile
confusione in cui coloro che negano le cure agli altri muoiono
nella solitudine mentre coloro che si prodigano muoiono
ammucchiati gli uni sugli altri".
Camus quindi, ricordando ai medici che "Vi e' chiesto di
dimenticare un poco quel che siete senza tuttavia dimenticare
mai quel che dovete a voi stessi. È questa la regola di una
serena dignita'", conclude con la sua visione delle cose:
"Resta il fatto che nulla di tutto cio' e' semplice. Nonostante
le maschere e i sacchetti, l'aceto e la tela cerata, nonostante
la tranquillita' del vostro coraggio e il vostro saldo sforzo
verra' il giorno in cui non sopporterete piu' questa citta' di
agonizzanti, questa folla che gira a vuoto per strade roventi e
polverose, queste grida, questo allarme senza futuro. Verra' il
giorno in cui vorrete gridare il vostro orrore di fronte alla
paura e al dolore di tutti. Quel giorno non avro' piu' rimedi da
consigliarvi, se non la compassione che e' la sorella
dell'ignoranza".
Paolo Petroni per ANSA
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