La scomparsa di Ettore Majorana è uno dei grandi enigmi irrisolti che ha appassionato a lungo giornalisti e storici. Il geniale fisico catanese infatti, come si sa, scomparve letteralmente nel nulla nel marzo del 1938, dopo aver preso un traghetto della Tirrenia da Napoli a Palermo. Nessuno sa con certezza se giunse mai a destinazione, nessuno sa se mise in opera una geniale messinscena, nessuno sa se si suicidò nelle acque del Tirreno (le ricerche in mare non diedero mai frutti), nessuno sa se – come ha sostenuto il prof. Antonino Zichichi - Majorana, sconvolto da quanto aveva scoperto sull’atomo e preconizzando i disastri che sarebbero provenuti dalle scoperte sull’energia nucleare, non decise di sparire rinchiudendosi in un convento.
In realtà, tra le diverse
piste, la Procura di Roma, che recentemente ha chiuso dopo decenni le indagini,
ha privilegiato quella sudamericana: della scomparsa cioè volontaria del fisico in Venezuela, sotto falsa identità, laddove
la sua presenza sarebbe stata accertata – nella città di Valencia – negli anni
compresi tra il 1955 e il 1959.
Ma l’ipotesi di una
sopravvivenza, sotto falso nome, di Majorana segue anche una pista romana, che
negli ultimi tempi si è arricchita di nuovi particolari.
Secondo un nuovo testimone,
infatti, il grande fisico avrebbe terminato i suoi giorni proprio a Roma, e
nemmeno troppo distante, anzi molto vicino a quell’Istituto di Fisica di via Panisperna
89/a dove insegnava Enrico Fermi e dove si formarono quei geniali ragazzi destinati
a scompaginare la storia della scienza e a far parlare di sé nel mondo intero.
Le ultime tracce di
Majorana, infatti, portano sugli scalini della Università Gregoriana, in piazza
della Pilotta, a pochi passi da Fontana di Trevi.
La testimonianza arriva da
un uomo che asserisce di aver parlato a lungo con quel barbone, incontrato un
giorno del marzo 1981 insieme a monsignor don Di Liegro, fondatore della
Caritas romana (il quale però, essendo scomparso, non può avvalorare la testimonianza).
Secondo il racconto dell’uomo,
il clochard dimostrò di conoscere la soluzione del Teorema di Fermat, un difficilissimo
enigma matematico rimasto irrisolto per quattro secoli, definitivamente sciolto
nel 2000.
Fu proprio monsignor Di
Liegro, racconta il testimone, a confermare l’identità dell’uomo, spiegandogli
che si trattava proprio del grande fisico, il quale, dopo una sosta in un
convento di Napoli, si era trasferito in un altro istituto religioso, nei
pressi di Roma, e da qui si era allontanato, proprio per tornare sui suoi passi, nella zona di Roma cioè dove aveva mosso i
suoi primi passi di brillantissimo fisico.
Di Liegro chiese al
testimone di mantenere il segreto «per almeno quindici anni dopo la mia morte».
E l’uomo decise di
rispettare le volontà del sacerdote.
Vero o falso che sia il
racconto, fa molta impressione ancora oggi immaginare Ettore Majorana nei panni
di un barbone trasandato, tra la folla indifferente, in quella piazza della
Pilotta dove ha sede una delle istituzioni accademiche romane più prestigiose e
in prossimità di quei luoghi dov’era nato il mito dei Ragazzi di via Panisperna.
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