Julian Barnes
Esistono vari livelli in cui uno si trova a vivere, nota
l'inglese Julian Barnes, che racconta prima di chi cercava
nell'Ottocento di alzarsi da terra con precarie mongolfiere, poi
di come lui, morta sua moglie, la compagna di oltre 30 anni, sia
invece sprofondato sotto terra. Il racconto di una lunga caduta
nell'abisso del dolore e' anche quello autobiografico di Joyce
Oates, una delle piu' prolifiche e importanti scrittrici
americane, che ha scritto il proprio diario a seguito della
morte, dopo 48 anni di vita in comune, del marito.
Due libri
sull'elaborazione del lutto, ma molto diversi. Barnes,
l'acclamato autore di "Il senso di una fine", ricorda che una
mongolfiera poteva, per qualsiasi minimo imprevisto, precipitare
a terra sino a conficcarsi nel terreno e cosi' capita a chi
arriva improvvisa una disgrazia e si trova costretto a
affrontarla in un'epoca in cui non e' piu' possibile, come Orfeo,
scendere agli inferi per riportare indietro la propria Euridice,
tanto piu' che poi e' praticamente impossibile resistere a non
guardarla, quando la si sente di nuovo viva e parlare alle
proprie spalle.
Perche' Barnes Oscilla tra il dirsi che la morte
fa parte del meccanismo naturale dell'universo e il bisogno di
continuare la propria conversazione interrotta con Pat,
giungendo per gradi, per sofferenza ("i dolenti non sono
depressi, sono semplicemente, giustamente, matematicamente
tristi"), per necessita' a capire che "il fatto che una persona
sia morta puo' voler dire che non e' viva, ma non che non
esiste".
Joyce Carol Oates
Un libro intenso, mai retorico, un'elaborazione anche
letteraria, sapendo come sempre che la scrittura e' terapeutica,
nel cercar di ritrovare un senso dell'essere, con emotivita' ma
senza sbavature, recuperando con stile cio' che e' stato e che non
puo' andare perduto.
Scrittura terapeutica e' certo anche quella della Oates, che
del resto ci propone un racconto di 600 pagine (cinque volte il
libro di Barnes) che e' sostanzialmente diario minuzioso della
propria disperazione, sino al pensiero non occasionale del
suicidio, dopo aver reso conto dell'ultimissimo periodo con Ray,
della sua malattia improvvisa, una polmonite, che
improvvisamente si aggrava proprio quando sembrava ormai
risolversi, tanto che la scrittrice era tornata a casa
dall'ospedale e era riuscita a addormentarsi.
fonte: ANSA/ Libro del giorno: Oates e Barnes, elaborazione di lutti Due racconti diversi di chi ha perso il compagno/a di una vita (di Paolo Petroni) (ANSA)
Svegliata da una
telefonata, arrivera' quando ormai e' troppo tardi e l'amato si e'
spento solo circondato da estranei. Nasce da l' il senso di
colpa tagliente come una lama che avverte mentre sbriga tutti i
doveri seguenti un decesso e poi cercando di tener fede ai
propri impegni professionali di insegnante e scrittrice, quasi
usandoli per tenersi occupata, per non pensare, ma sempre la
cosa piu' forte e' la voglia di fuggire e, arrivata a casa, quella
di riuscire per non sentire la grandezza e la profondita' del
vuoto che l'accolgono.
Via via tutto, vita, lavoro, persone, perdono senso in modo
quasi totale e la Oates, senza nulla nascondere, coinvolgendoci
sin nei dettagli piu' intimi, racconta le proprie ossessioni, le
debolezze, i pensieri meschini, lo strazio piu' lancinante,
divisa tra il desiderio di farla finita e l'istinto di
sopravvivenza.
Un racconto confessione, tra alti e bassi, tra
il collassare del proprio io quando si trova sola che pero',
"come per magia", si ricompone quando e' con altre persone
Questo finche' passa l'inverno e, con la primavera, fioriscono i
tulipani che Ray aveva piantato come sempre: la cura di quel
giardino, che le permette di uscire dall'angoscia delle stanze
in cui l'assillano pensieri truci, diverra' un dovere vitale e
ineludibile. Cosi', decidendo di smettere velocemente gli
psicofarmaci con cui si e' aiutata, conclude: "quando si e' in un
giardino e' abbastanza facile essere felici. O dimenticare
l'infelicita"'. tanto che, come hanno ricordato alcuni maliziosi
critici anglosassoni, la scrittrice s'e' risposata dopo 13 mesi
di vedovanza.
Joyce Carol Oates, "Storia di una vedova" (Bompiani, pp. 604 - 20,00 euro - traduzione di Giuseppe Bernardi); Julian Barnes, "Livelli di vita" (Einaudi, pp. 120 - 16,50 - traduzione di Susanna Basso).
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