Un ingrediente essenziale di tutti gli stati mentali negativi o difficili sembra essere la paura, cioè la paura di soffrire.
Paura di imbattersi nello spiacevole, paura di perdere il piacevole.
Spesso noi assomigliamo a una persona che si è barricata in casa e che impiega tutta la propria energia a cercare di impedire che un gruppo di suoi prigionieri (cose piacevoli) possa fuggire e, contemporaneamente a tentare di impedire l'entrata in casa a visitatori ostili (cose spiacevoli).
E malgrado il fatto che i prigionieri continuano a evadere e che i visitatori continuano a fare irruzione, noi non rinunciamo al nostro vano tentativo e non ci rendiamo conto che, in realtà, c'è un solo vero prigioniero e siamo noi.
Non comprendiamo, cioè, che la nostra paura di soffrire è una fonte primaria di sofferenza, poiché essa o crea sofferenza, oppure intensifica notevolmente la sofferenza obiettiva.
Ora, aprirsi gradualmente allo spiacevole in noi e fuori di noi, e, più sottile e importante ancora, aprirsi alla vasta, potente e paralizzante paura che intride letteralmente ogni minuto di così tante vite, sembra essere una caratteristica cruciale del corretto lavoro interiore.
tratto da Corrado Pensa, La tranquilla passione, Ubaldini editore, Roma, 1994, pag. 14.
illustrazione in testa: the goldfinch (il cardellino), Carel Fabritius, 1654.
illustrazione in testa: the goldfinch (il cardellino), Carel Fabritius, 1654.
Nessun commento:
Posta un commento
Se ti interessa questo post e vuoi aggiungere qualcosa o commentare, fallo.