Mamma
Già da una settimana penso
sempre e solo a mia madre, e a tratti indugio.
Con una cesta scricchiolante in grembo
frettolosa saliva in soffitta.
Ero ancora sincero a quel tempo,
strepitavo, pestavo i piedi:
lasciasse agli altri il bucato rigonfio,
portasse me in soffitta!
Salì, stese il bucato silenziosa,
senza sgridarmi, e neppure guardarmi:
la biancheria luminosa, frusciante
ruotava, volteggiava nell'aria.
Ora non piangerei, ma è tardi; adesso
vedo com'era grande: nel cielo
fluttuano i suoi capelli grigi.
Scioglie l'azzurro nell'acqua del cielo.
Jòzsef (1905-1937) è stato uno dei più vigorosi poeti ungheresi del Novecento. Quando nel 1938 uscirono postume Tutte le poesie e traduzioni poetiche, ci si rese conto di quale portata e ampiezza avesse la sua voce. Qualche critico, anzi, osservò con una punta di malcelata malevolenza, che nel cantare la povertà delle classi subalterne aveva talvolta assunto una certa enfasi tribunizia. In quel folto volume c'è questa poesia sulla morte della madre, persa nel 1919, da adolescente, che smentisce ogni insinuazione.
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