23/05/14

Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (5 - fine)



Dieci grandi anime. 9 . Etty Hillesum (5 - fine)

Vincendo la resistenza a quel gesto, Etty Hillesum tornerà ad inginocchiarsi molte volte su quel ruvido tappeto di cocco, e a implorarlo: Signore, fammi vivere di un unico, grande sentimento – fa’ che io compia amorevolmente le mille piccole azioni di ogni giorno, e insieme riconduci tutte queste piccole azioni a un unico centro, a un profondo sentimento di disponibilità e di amore. (13)

E ancora: Mio Dio prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza.  Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita, cercherò di accettare tutto nel modo migliore. Ma concedimi di tanto in tanto un breve momento di pace… Andrò dappertutto allora, e cercherò di non aver paura.  (14)
      Ma chi è questo Dio che la ragazza ebrea invoca, insegue e accoglie ?  Etty, come scrive Cristiana Dobner in un recente volume, “ha coscienza precisa di essere creata a immagine e somiglianza di Dio. E’ il suo appartenere al popolo della berith dell’alleanza, che le ha trasmesso questa certezza. Non è un vago progetto ma una realtà rivelata, approfondita dalla teologia che la ritiene forza innata, donata e presente, nella persona; Dio, a motivo della sua immensità in quanto causa efficiente di tutto l’essere e di tutto l’operare, inerisce intimamente a tutte le creature con un’esistenza interiore alla stessa sostanza.” (15)

Il percorso verso Dio di Etty è insomma, pienamente consapevole ed è frutto di una doppia conoscenza, quella tutta interiore del corpo – Etty sente Dio dentro di sé, come un nascente che preme e che lotta contro le distorsioni   - ed esteriore, quella che avviene – come per grazia – nell’incontro con l’altro, con il servizio e con il darsi incondizionato.

      Come ha fatto notare Patrick Lebeau, la conversione di Etty è il frutto di tre incontri differenti:  “Spier, del quale abbiamo ricordato il ruolo e che la aiuterà a convertire la sua forza amorosa ed erotica in un’unica forza raggiante di amore spirituale verso gli altri, Dio e, infine, l’incontro di Etty con se stessa.   Quest’ultimo incontro non è aneddotico o narcisistico: le darà un’immagine di sé che non si aspettava, un’immagine in cui si riconoscerà progressivamente per appropriarsene, rendendola trasparente ai suoi occhi e poi visibile agli occhi degli altri.” (16)  

Etty manifesta questa il senso di questa triplice ricerca in modo paradigmatico e limpido in un passaggio del suo Diario, scritto il 17 settembre del 1942: In fondo la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio.  E quando dico che ascolto dentro, in realtà è Dio che ascolta dentro di me. La parte più essenziale e profonda di me che ascolta parte più essenziale e più profonda dell’altro. Dio a Dio.   (17)
       L’introspezione dolorosa di Etty nei propri ‘inferni personali’ non è mai dunque fine a se stessa.   Etty sembra inconsciamente convinta di quello che Shakespeare annotava nei suoi Sonetti, ovvero che “ ripeness is all ”, la maturità è tutto: la maturità è andare fino in fondo, nella discesa verso il centro di se stessi dove è possibile trovare la faccia dell’altro e con essa il volto stesso di Dio.  Una discesa verso l’autenticità più profonda del proprio essere, che non scantona, non prende scorciatoie,  non pretende di glissare e vive il dolore personale come una strada maestra verso l’affermazione di un senso divino dell’esistenza.  Anche il lutto di Spier – lacerante per Etty -  viene vissuto come il tramite per qualcosa di altro e qualcosa di oltre.   Spier, dotato di una personalità così straordinaria, ‘magica’ secondo molti dei suoi contemporanei – è l’aggettivo che si dà quando le cose sono razionalmente inspiegabili,  sembra quasi farlo intenzionalmente, una specie di addio al mondo volontario:  si ammala improvvisamente, infatti, e muore il 12 settembre 1942, esattamente il giorno prima di essere inviato anch’egli, ebreo e intellettuale, al campo di smistamento di Westerbork.

Etty scrive nei giorni seguenti, pagine accorate dedicate a lui:  Sei tu che hai liberato le mie forze, tu che mi hai insegnato a pronunciare con naturalezza il nome di Dio.   Sei stato l’intermediario tra Dio e me,  e ora che te ne sei andato la mia strada porta direttamente a Dio e sento che è un bene, Ora sarò io l’intermediaria per tutti quelli che potrò raggiungere. (18)
        Sarà esattamente così. 
        Nelle testimonianze dei sopravvissuti c’è fino all’ultimo istante il ricordo di una ragazza dai modi indimenticabili, che anche nel momento stesso di salire sul treno per la Polonia, ha “una parola gentile per tutti quelli che incontra, piena di umorismo scintillante anche se forse un pochino malinconico, proprio la nostra Etty come voi la conoscete..:” (19)

E’ il segno di una consapevolezza piena, di una maturità piena, che Etty ha trovato nel fondo della sua anima, come presenza di Dio, una consapevolezza e una maturità che è presumibile non l’abbiano abbandonata del tutto neanche nei giorni della prova finale, nel recinto spinato del campo di Auschwitz, prima della doccia  a gas fatale.

Quella stessa consapevolezza e maturità che espresse in modo così cristallino e toccante in una delle ultimissime pagine del Diario, il 18 agosto del 1943,  venti giorni prima di partire (20):   Mi hai resa così ricca, Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande colloquio.   A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi scorrono sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza. .. Sono molto, molto stanca, già da diversi giorni, ma anche questo passerà, tutto avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe insegnare ad ascoltare, è la cosa più importante che si può imparare in questa vita. Io non combatto contro di te, mio Dio, tutta la mia vita è un grande colloquio con te. 

Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.

    
13.      E. Hillesum, Diario … op.cit. pag. 82.
14.      E.Hillesum, Diario… op.cit. pag. 74.
15.      Etty Hillesum, Pagine mistiche, tradotte e commentate da Cristiana Dobner, Ancora edizioni, Milano 2007, pag.35.
16.      P. Lebeau, Il Diario di Etty Hillesum, in “La Civiltà Cattolica” q. 3603-3604 (2000), pag.240.
17.      E. Hillesum, Diario, Op.cit. pag. 203
18.      E. Hillesum, Diario, Op. cit. pag. 196
19.     E’ il commovente resoconto dell’addio di Etty dalla stazione di Westerbork, narrato dall’amico Joseph (Jopie) Vleeschouwer e che conclude il racconto del Diario nella edizione curata da J.G. Gaarlandt.  Ho con me i miei diari, la mia piccola Bibbia, la mia grammatica russa e Tolstoj e non so quante altre cose, furono le sue ultime parole all’amico.
20.     E. Hillesum, Diario, Op. cit. pag.253.

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