"Abbiamo trovato il busto!". La
sorpresa deve essere stata incontenibile in quella telefonata.
Una conferma ufficiale era tutta da costruire, ma l'egittologo
W. Raymond Johnson, in visita a Roma, ne era convinto: il busto
in marmo lunense che aveva davanti era l'altra meta' del volto
riccioluto custodito al di la' dell'oceano all'Art Institute di
Chicago.
Proprio con quella telefonata, nel 2005, inizia a dipanarsi il
mistero, lungo ormai secoli e ancora non del tutto risolto,
intorno al celebre busto del II d.C. dedicato ad Antinoo,
amatissimo pupillo dell'imperatore Adriano, fino al 15 gennaio
protagonista di "Antinoo. Un ritratto in due parti", a Palazzo
Altemps.
Una mostra, promossa da Soprintendenza Speciale per ilColosseo e Museo Nazionale Romano con Electa, che ripercorre il
giallo della scultura acquistata dallo Stato nel 1901 dalla
Collezione Boncompagni Ludovisi e della quale gia' nel 1756
l'archeologo J.J. Winkelmann disse avere "un volto nuovo",
rifatto.
Oggi sono l'uno accanto: l'Antinoo "italiano", con
l'aria piu' assorta, malinconica, i riccioli folti, i lineamenti
aggraziati e rotondi; e l"'americano", creduto a lungo un
bassorilievo, con lo sguardo piu' volitivo, sensuale e torbido.
"Era il 2013 - racconta il direttore di Palazzo Altemps,
Alessandra Capodiferro - quando Karen Manchester, del
Dipartimento di arte greco-romana del'Art Institute, arrivo'
portandoci una riproduzione in resina del loro frammento di
volto".
Insieme agli specialisti del J. Paul Getty Museum e
dell'Universita' di Chicago, "siamo andati per tentativi,
seguendo quella grossa 'ferita' che segna un lato del viso che
avevamo noi".
Il risultato e' nel modello in gesso 1:1 esposto
insieme agli originali, che riproduce, finalmente, come l'opera
doveva apparire in eta' romana.
"Per noi non ci sono dubbi che i
due pezzi si appartengano - prosegue la Capodiferro - Ce lo dice
la prova della materia e l'evidenza fisica".
Il mistero pero' e' ancora tutto da dipanare. Se infatti il
mito di Antinoo, incarnazione di bellezza e gioventu' adorato
come un Dio da Adriano, si e' alimentato nei secoli, accendendo
l'interesse antiquario soprattutto in eta' rinascimentale e
barocca, ancora nulla si sa dell'origine dell'opera ne' della
sua dolorosa mutilazione.
Probabilmente il busto era nella
Collezione del Cardinal Ludovisi esposta nella villa sul
Quirinale. Nel 1641 nell'inventario compare un Busto di Antonio,
forse errore di scrittura, e nel 1693 un Busto di Antino.
Ma e'
nel 1756 che Winkelmann lo vede, completamente restaurato, con
quei riccioli dai volumi rinascimentali e perfettamente in linea
con il gusto per l'archeologia 'perfetta' del tempo.
Tanto che
sul taccuino annota "volto nuovo". Il frammento del viso
compare invece nel 1898 a Roma, quando C. L. Hutchinson, primo
presidente dell'Art Institute di Chicago, lo compra
dall'antiquario A. Simonetti.
"E' possibile - ipotizza la
Capodiferro - si fosse creata una frattura all'interno della
testa: accade, dicono gli esperti, quando si lavora il marmo
controverso. Ma e' vero anche che e' piu' facile 'portar via' un
volto che un'intera statua".
Senza contare che "a fine '800 le
leggi impedivano ai privati come i Ludovisi di vendere opere del
genere. Potevano farlo solo gli antiquari". Purtroppo le carte
dell'archivio Ludovisi-Boncompagni in Vaticano "non dicono
nulla di piu"' dell'Antinoo. "Le nostre speranze sono affidate
ai documenti ancora di proprieta' della famiglia, al momento allo
studio e di prossima pubblicazione".
fonte: Daniela Giammusso per ANSA
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