"Ho sempre avuto una memoria
micidiale, alla mia testa piace molto ricordare, figuriamoci
quei giorni li', ma quando ho avuto tra le mani quei fogli, il
verbale del mio interrogatorio e gli appunti della mia
detenzione, di cui ignoravo l'esistenza, non nascondo di essermi
emozionato molto", e anche se con il filtro freddo del
collegamento zoom da Rio de Janeiro l'emozione prosegue a
distanza per Caetano Veloso quando racconta il film che lo vede
protagonista.
Si tratta di Narciso Em Ferias, Narciso in
vacanza, evento speciale fuori concorso a Venezia 77.
Diretto da Renato Terra e Ricardo Calil, fa leva sui ricordi
e sulle riflessioni di Veloso su quei 54 giorni di carcere sotto
la dittatura militare brasiliana, nel 1969, con il pretesto di
aver cambiato le parole di una canzone.
Raccontando nel
dettaglio quei giorni scolpiti nella sua memoria, il musicista,
tra i fondatori del Tropicalismo che e' stato un movimento non
solo musicale ma anche culturale d'avanguardia, ricorda e
interpreta le canzoni di quegli anni e le storie molto spesso
simili di altri artisti, tra cui Gilberto Gil, che fu arrestato
lo stesso giorno.
"Fare memoria per me e' stato catartico, sono
uscito di casa pensando di fare un'intervista e invece mi sono
ritrovato indietro di 50 anni con un racconto rimasto per tanto
tempo segreto e sono stato sopraffatto dall'emozione".
Erano
anni, quelli della dittatura militare di Humberto de Alencar
Castelo Branco, meno nota dei vicini Cile e Argentina ma certo
non meno traumatica, in cui anche una canzone poteva portare in
carcere.
E oggi? Gli intellettuali incidono ancora nella societa'
rappresentando un pericolo per il potere? "Dietro una parvenza
di democrazia c'e' una minaccia piu' subdola,
meno chiara, all'epoca c'era una struttura autoritaria, ora
invece c'e' quasi una contaminazione, una trama che cerca di
infiltrarsi tra le maglie della democrazia, impedendo di fatto
la circolazione delle idee, l'affermazione dei diritti e per la
cultura e' piu' difficile incidere, anche se ha sempre la
possibilita' di mettere in scacco e in crisi l'establishment se
vuole. La situazione e' diversa dal '68, ma il modo di gestire la
cosa pubblica spesso nel mio Paese non e' democratico. Oggi poi
le nostre paure sono legate al timore di perdere i diritti
acquisiti, allora non ne avevamo proprio".
La quarantena, la situazione attuale ancora nella pandemia,
anche per motivi sanitari, ha accentuato in Brasile, ma anche in
tutto il mondo, il potere di controllo sui cittadini cosa ne
pensa? "C'e' il tentativo di controllo totale, il Covid 19
suggerisce fantasie di dominio sulle persone, ma per me non e'
una sorpresa, era gia' nell'aria e la comunicazione, i media, in
questo hanno grande responsabilita'. Ma non voglio essere
catastrofico ne' complottista, la situazione e' in evoluzione,
dobbiamo imparare a convivere con lo sviluppo della scienza,
l'intelligenza artificiale e la gestione degli algoritmi
cercando di conservare autonomia delle coscienze".
Caetano Veloso, mettendo a nudo il suo passato di 50 anni fa,
spera di arrivare ai giovani e far conoscere quel desiderio di
liberta' che avevano i ragazzi come lui, sottolineato da
quell'Hey Jude, la canzone immortale dei Beatles, che ha
riarrangiato per il documentario Narciso Em Ferias in uscita
anche come album.
Italia per Veloso infine significa cinema,
Michelangelo Antonioni, "un'amicizia durata anni sull'onda del
mio amore per i film italiani, da La Strada di Fellini che vidi
a 15 anni, alle opere di Rossellini. Tutte cose che sono state
importantissime per la mia formazione".
Fonte: Alessandra Magliaro per ANSA
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