Torna in tutte le librerie dal prossimo 18 aprile Monumenti Esoterici d'Italia di Fabrizio Falconi, appena ristampato da Newton Compton Editore.
Riporto uno stralcio di uno dei capitoli, dedicato alla Tomba di Giulietta a Verona.
D’altro canto è pur vero che molte delle vicende narrate nelle opere di
Shakespeare ambientate in Italia erano già note in Inghilterra grazie alla
diffusione in quel paese della novellistica italiana. In particolare per quanto
riguarda Romeo e Giulietta, la
derivazione diretta fu senz’altro quella dalla Historia novellamente ritrovata di due nobili amanti, nella quale
nel 1530 il vicentino Luigi da Porto riprendeva la tradizione delle due
famiglie in lotta, che risaliva addirittura a Dante e alla Divina Commedia (Purgatorio, canto VI, verso 105), spostandone
l’ambientazione da Siena a Verona.
La
versione di Luigi da Porto fu poi consegnata definitivamente alla popolarità
dalla rielaborazione che ne fece Matteo Bandello, nelle sue Novelle, pubblicate nel 1554.
La lunga premessa – necessaria – sulla identità reale dell’uomo che
scrisse la tragedia e sulle fonti, più o meno misteriose, che la ispirarono, ci
porta ora sui luoghi reali della
vicenda narrata da Shakespeare e che come abbiamo visto all’inizio del
capitolo, sono oggetto del culto e della venerazione degli innamorati ancora
oggi.
Se dunque, l’identificazione del Cortile del Palazzo di Giulietta, gode di
alcuni argomenti favorevoli, dovuti in particolare alla presenza dello stemma
del cappello – che ancora oggi si può scorgere - sulla chiave di volta dell’arco di entrata
del cortile (il cappello rimanderebbe dunque al giusto cognome della famiglia,
che è quello riportato da Dante nella Divina
Commedia, ovvero Cappelletti e non Capuleti), il cosiddetto sarcofago di
Giulietta appartiene ad una tradizione che ha molto o quasi tutto di
leggendario e che però non smette di incuriosire.
Innanzitutto c’è da dire che all’epoca dei fatti raccontati dal dramma
Shakespeariano, nella Verona del Trecento, ai suicidi – ed è questo il caso
della Giulietta dei Cappelletti – venivano negati i riti e la sepoltura
ecclesiastica. E’ dunque assai improbabile
– anche se si può pensare ad una eccezione concessa per rango - che alla giovane fosse stata riservata una
tumulazione così solenne.
La sistemazione del sarcofago non è comunque quella originaria. Il convento di San Francesco, oggi adibito a
Museo degli affreschi, dispone di un sotterraneo dove al centro di una
artefatta cripta è posizionato il sarcofago in marmo rosso, senza coperchio e
con i bordi superiori completamente abrasi, senza nessuno stemma gentilizio o
iscrizione.
La leggenda vuole che l’urna fosse in origine, sin dalla fine del
Trecento, posta nel chiostro del Convento, ma profanata già in epoca
cinquecentesca: per stroncare il culto profano dei due amanti disgraziati,
infatti, sembra che i cappuccini
decisero di aprire il sarcofago e, dopo aver disperso le ossa in una tomba
comune, di adibirlo a cisterna per l’acqua del pozzo.
L’escamotage, però non riuscì a
frenare la crescente popolarità del mito di Giulietta e della sua presunta
sepoltura, che si accresceva nei secoli con la fortuna della tragedia shakespeariana e delle sue infinite
repliche e versioni, in tutta Europa.
Il sarcofago di Giulietta, quello che veniva indicato come tale, rimase
oggetto di un pellegrinaggio continuo da parte di personalità illustri, che di
passaggio a Verona, chiedevano ai francescani di poter ammirare i resti
materiali di quella nobile leggenda.
Transitarono così davanti al mitico sepolcro, l’imperatrice Maria Luisa
d’Austria, duchessa regnante di Parma e
Piacenza che nel 1822 pretese addirittura di farsi realizzare alcuni monili con
i frammenti di marmo prelevati dal sarcofago o Lord Byron, che rimase colpito
dallo squallore e dall’abbandono di quel sepolcro (8), che divenne ancora più
evidente dopo che le ultime suore francescane abbandonarono definitivamente il
convento nel 1842. All’epoca di Charles Dickens, come si ricava dalle sue
memorie italiane, il sarcofago era ormai ridotto ad essere un semplice
abbeveratoio.
Fu soltanto nel secolo scorso e precisamente nel 1910 che l’urna – per
intervento della Congregazione della
Carità che aveva preso possesso del complesso - fu finalmente spostata e
sottratta alla rovina e alle intemperie, ponendola accanto ad un busto dedicato
a Shakespeare.
La sistemazione definitiva del sarcofago si deve al direttore dei musei
veronesi Antonio Avena che dopo aver subodorato l’affare – era stato
scritturato come consulente nel 1936 dalla Metro Goldwyn Mayer per il kolossal Romeo and Juliet diretto da George
Cukor, ma il film poi non fu girato nei luoghi originali – decise di sistemare
il sepolcro marmoreo in una cornice scenografica adeguata, cioè in una falsa cripta – con tanto di lapidi
pavimentali autentiche - realizzata ad hoc nei sotterranei del complesso
dell’ex convento.
Nell’assenza comunque di uno scheletro, dei resti di un corpo reale riferibile a Giulietta – c’è anche
chi propone di svolgere una indagine a tappeto presso le fosse comuni dei
francescani, impresa ovviamente improba e impraticabile – la sfortunata erede
della famiglia dei Capuleti continua a inquietare i sonni di quei luoghi che la
videro protagonista, nella realtà e soprattutto nella finzione
shakespeariana.
A parte fenomeni folkloristici,
come quello di un mago che qualche anno fa pretese di far riapparire dal nulla
Giulietta in carne e ossa, nel cortile del Castello di Montecchio Maggiore e il
fantasma della giovane Capuleti fa di tanto in tanto capolino nelle cronache
locali veronesi. Ancora più radicata è
invece la tradizione legata al fantasma di Luigi da Porto, che a quanto pare
scrisse la sua novella, fonte diretta per la ispirazione di Shakespeare, nella
quiete della sua dimora di campagna a Montorso Vicentino, nella valle del
Chiampo. Dove sorgeva la casa colonica
oggi esiste una villa palladiana, e della casa dei fattori, dalla quale lo
scrittore ammirava i due castelli di Montecchio Maggiore (che gli ispirarono la
faida tra le due famiglie), restano soltanto pochi resti. Ciò nonostante qui pare aggirarsi il fantasma
di da Porto, con gli abiti d’epoca e i
terribili segni di quella ferita di guerra che aveva sul volto: c’è chi giura
di averlo visto sostare, nelle notti d’estate, ai piedi della salita, in
quell’angolo che sembra fosse il suo favorito,
e sospirare ancora per la verginea bellezza della sua Giulietta e per il suo infelice destino.
Tratto da: Fabrizio Falconi, Monumenti Esoterici d'Italia, Newton Compton Editore, Roma, rist. 2019.
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