Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti.
100 film da salvare alla fine del mondo: 5. "La Fiamma del Peccato (Double Indemnity) (1944)
Era soltanto al suo terzo film, il grande Billy Wilder, sbarcato nel 1933 a 27 anni a cercar fortuna in America, proveniente dalla lontana Polonia, dove gli ebrei come lui rischiavano ormai la pelle (la madre, il patrigno e la nonna morirono nel campo di sterminio di Auschwitz).
Affermatosi in breve tempo come scrittore a Hollywood, Wilder finì ben presto dietro la macchina da presa, diventando nei decenni successivi uno dei registi più importanti della storia del cinema, ispirazione e modello per tanti altri.
La fiamma del peccato è forse il suo più grande capolavoro in mezzo a tanti altri capolavori. Tratto dal romanzo omonimo di James C. Cain e sceneggiato dallo stesso regista insieme al grande Raymond Chandler (i rapporti tra i due furono ben complicati, come succede spesso tra personalità forti), racconta la vicenda dell'assicuratore Walter Neff (Fred Mc Murray) che travolto dalla passione per una sua cliente, Phillys Dietrichson (Barbara Stanwick) diventa suo complice nell'assassinio del marito, allo scopo di far riscuotere alla neo vedova la doppia indennità (da cui il titolo originale inglese) prevista dall'assicurazione.
A smascherare i due sarà il terzo elemento di questo triangolo nero, Barton Keyes (Edward G. Robinson) meticoloso e pedante responsabile dell'ufficio contenziosi e collega di Walter.
Prototipo di ogni noir successivo (non si tratta di un giallo vero e proprio perché il film comincia già con la confessione di Walter e poi srotola la vicenda all'indietro), La fiamma del peccato per perfezione di scrittura, analisi dei temi morali, allusioni e tensione erotica e scontro tra due intelligenze che si affrontano sul filo del Male e del Bene, è degno dei grandi film di Kubrick.
Se, come abbiamo detto, il film è il prototipo del noir, Barbara Stanwick è in questo film il modello del villain cinematografico, in questo caso precursore di ogni più classica dark lady, un raffinato e sofisticato mix di malvagità e perversione, di erotismo e freddo cinismo, indifferenza a qualsiasi tipo di amore.
Ogni sequenza di questo film che dura poco meno di due ore, è da antologia, compresi ovviamente i primi piani sulla catenina al collo del piede nudo che Barbara/Phillys sventola sotto il naso del complice, e che suona come una sorta di macabro richiamo amoroso/criminale.
Il film fu candidato a 7 premi Oscar ma non ne vinse nemmeno uno a dimostrazione che Wilder volava già all'epoca troppo in alto rispetto al gusto conformista dell'Academy.
Questo film però si è abbondantemente preso la rivincita nelle scuole e nelle università di cinema e nella memoria collettiva, visto che ancora oggi si riguarda e si apprezza come un grande classico, la cui modernità misteriosamente, non si scalfisce.
Fabrizio Falconi
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