Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì e ogni venerdì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti.
100 film da salvare alla fine del mondo: 7. Crimini e Misfatti (Crimes and Misdemeanors) di Woody Allen (1989)
Nella assai estesa filmografia Alleniana spuntano numerose perle, di differente sostanza e forma, la più perfetta è il dostoevskijano Crimini e Misfatti, girato dal talento newyorchese nel 1989.
La trama è presto riassunta: l'oculista Judah Rosenthal (Martin Landau) tradisce la moglie Miriam (Claire Bloom) con la hostess Dolores (Anjelica Houston), ma quando questa mette in pericolo la sua tranquillità, la fa assassinare da un sicario e continua a condurre la sua vita senza neanche l'ombra di un rimorso. Parallelamente a questa vicenda, si snoda quella dell'eterno perdente, il documentarista Cliff Stern (lo stesso Woody Allen) che, innamorato della bella Halley (Mia Farrow), la vede preferirgli l'arrogante Lester (Alan Alda), fratello di sua moglie Wendy (Joanna Gleason).
Girato in dieci settimane, nell'autunno del 1988, quasi interamente a New York (si riconoscono le sale del grande albergo Waldorf-Astoria al Tavern on the Green nel Central Park), Crimini e Misfatti è un brillante, amarissimo apologo sulla incapacità dell'uomo contemporaneo di orientarsi nelle questioni morali, quindi nelle relazioni, nei rapporti, e nel confronto con la propria coscienza. E' - si potrebbe dire oggi - la preconizzazione, con quasi 30 anni di anticipo, delle teorie sulla società liquida e sull'amore liquido di cui ha teorizzato a lungo Zygmunt Bauman.
La grandezza estetica nel film è - oltre che nella perfetta sceneggiatura, un congegno mirabile, senza falle - nella magica fusione tra dramma e commedia. Sotto la veste di una commedia apparentemente convenzionale, infatti, Allen dice cose serissime. E, all'inverso, ogni considerazione che il film e i suoi controversi personaggi fruttano, è sottoposta alla lente dell'ironia e del tono della commedia.
Giunto al suo 19mo film e all'età di 55 anni, Allen regalò agli spettatori dunque il suo frutto più maturo, nel quale il riso si inasprisce (senza prendere i toni troppo bergmaniani di Interiors o di altri suoi film), e attraverso la metafora dell'oculista (di qualcuno cioè che di professione esamina gli occhi degli altri) illustra l'impossibilità di osservarsi veramente per ciò che si è e per ciò che si fa, in una sorta di moderno Delitto e Castigo, dove il senso di colpa è sostituito e completamente rimosso da un principio edonistico che domina la vita ordinaria borghese.
Un criminale cioè senza rimorsi e un omicidio impunito fa da contraltare al fallimento nevrotico sentimentale di Cliff, mentre è alle prese con un documentario sulla figura di un eminente professore ebreo che incarna i valori veri o tradizionali, e che prima delle fine delle riprese si suicida.
Nel silenzio del senso (e di Dio), i due protagonisti, così differenti e così simili nel loro disorientamento, si incontrano in un'ultima lunga scena nella quale si confessano amaramente i propri sbagli e le proprie vite.
Insomma un grande film morale travestito da commedia, con attori in stato di grazia e una regia magnifica e impeccabile.
Candidato a 3 premi Oscar in quell'anno (miglior regia, migliore sceneggiatura, migliore attore non protagonista (Martin Landau)).
Fabrizio Falconi
Crimini e misfatti
(Crimes and Misdemeanors)
di Woody Allen
durata: 104 minuti
Usa, 1989
Nella assai estesa filmografia Alleniana spuntano numerose perle, di differente sostanza e forma, la più perfetta è il dostoevskijano Crimini e Misfatti, girato dal talento newyorchese nel 1989.
La trama è presto riassunta: l'oculista Judah Rosenthal (Martin Landau) tradisce la moglie Miriam (Claire Bloom) con la hostess Dolores (Anjelica Houston), ma quando questa mette in pericolo la sua tranquillità, la fa assassinare da un sicario e continua a condurre la sua vita senza neanche l'ombra di un rimorso. Parallelamente a questa vicenda, si snoda quella dell'eterno perdente, il documentarista Cliff Stern (lo stesso Woody Allen) che, innamorato della bella Halley (Mia Farrow), la vede preferirgli l'arrogante Lester (Alan Alda), fratello di sua moglie Wendy (Joanna Gleason).
Girato in dieci settimane, nell'autunno del 1988, quasi interamente a New York (si riconoscono le sale del grande albergo Waldorf-Astoria al Tavern on the Green nel Central Park), Crimini e Misfatti è un brillante, amarissimo apologo sulla incapacità dell'uomo contemporaneo di orientarsi nelle questioni morali, quindi nelle relazioni, nei rapporti, e nel confronto con la propria coscienza. E' - si potrebbe dire oggi - la preconizzazione, con quasi 30 anni di anticipo, delle teorie sulla società liquida e sull'amore liquido di cui ha teorizzato a lungo Zygmunt Bauman.
La grandezza estetica nel film è - oltre che nella perfetta sceneggiatura, un congegno mirabile, senza falle - nella magica fusione tra dramma e commedia. Sotto la veste di una commedia apparentemente convenzionale, infatti, Allen dice cose serissime. E, all'inverso, ogni considerazione che il film e i suoi controversi personaggi fruttano, è sottoposta alla lente dell'ironia e del tono della commedia.
Giunto al suo 19mo film e all'età di 55 anni, Allen regalò agli spettatori dunque il suo frutto più maturo, nel quale il riso si inasprisce (senza prendere i toni troppo bergmaniani di Interiors o di altri suoi film), e attraverso la metafora dell'oculista (di qualcuno cioè che di professione esamina gli occhi degli altri) illustra l'impossibilità di osservarsi veramente per ciò che si è e per ciò che si fa, in una sorta di moderno Delitto e Castigo, dove il senso di colpa è sostituito e completamente rimosso da un principio edonistico che domina la vita ordinaria borghese.
Un criminale cioè senza rimorsi e un omicidio impunito fa da contraltare al fallimento nevrotico sentimentale di Cliff, mentre è alle prese con un documentario sulla figura di un eminente professore ebreo che incarna i valori veri o tradizionali, e che prima delle fine delle riprese si suicida.
Nel silenzio del senso (e di Dio), i due protagonisti, così differenti e così simili nel loro disorientamento, si incontrano in un'ultima lunga scena nella quale si confessano amaramente i propri sbagli e le proprie vite.
Insomma un grande film morale travestito da commedia, con attori in stato di grazia e una regia magnifica e impeccabile.
Candidato a 3 premi Oscar in quell'anno (miglior regia, migliore sceneggiatura, migliore attore non protagonista (Martin Landau)).
Fabrizio Falconi
Crimini e misfatti
(Crimes and Misdemeanors)
di Woody Allen
durata: 104 minuti
Usa, 1989
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