12/07/14

Il mistero del numero 137, Pauli, Jung e la matematica che è in noi (e fuori di noi).



In questi giorni sto leggendo un bel saggio di Arthur J. Miller, professore emerito di storia e filosofia della scienza presso l'University  College di Londra: L'equazione dell'anima, pubblicato da Rizzoli nel 2009, che descrive e racconta l'ossessione per un numero nella vita di due geni, Carl Gustav Jung e il fisico Wolfgang Pauli.

Negli anni '30, ad appena trent'anni, Pauli è uno dei teorici più brillanti della nascente fisica quantistica.  Eppure ogni notte si ritrova a vagare nei quartieri a luci rosse in preda all'alcol e alla depressione.
Wolfgang Pauli

Ed è proprio la sua doppia vita ad indurlo a rivolgersi a Carl Gustav Jung, il discepolo eretico di Freud, divenuto in quegli anni un punto di riferimento della ricerca psichica mondiale.

Carl Gustav Jung

L'incontro tra questi due geni, tra ragione e misticismo, diviene una potente alleanza tra due giovani scienze, la psicoanalisi e la meccanica quantistica, all'insegna di quello che appare come un numero magico: il 137. 

Un numero che da un lato descrive con grande precisione il dna della luce e dall'altro è la somma dei valori numerici dei caratteri ebraici che compongono la parola Kabbalah (Cabala). 

L'ossessione che accompagna Pauli fino al letto di morte, diventa anche un terreno di indagine parallela per Jung e per le sue ricerche sulla essenza e sul Sè.

La suggestione è quella di trovare un numero alla base dell'universo, un numero primordiale, un numero da cui tutto dipende e dà conto di tutto.

E' un vecchio sogno umano, inseguito da astronomi, scienziati, alchimisti, mistici, filosofi, matematici.

Più andiamo avanti con le nostre conoscenze, più ci appare evidente che il mondo e l'universo che ci contengono si fondano su principi matematici.  E la matematica è anche alla base della nostra vita biologica. Tutto sembra ridursi a questo: anche la nostra mente sembra essere predisposta per leggere secondo criteri matematici. Ma da dove deriva tutto questo, e perché esiste ?

Ecco un brano di una intervista rilasciata poco tempo fa da Giandomenico Boffi, ordinario di algebra all'Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT) e considerato uno dei migliori matematici italiani. 

Che la matematica sia pura creazione della mente è un fatto largamente condiviso. 
Desta perciò meraviglia l'eccezionale efficacia che questa scienza ha dimostrato nel consentire da un lato l'interpretazione della realtà e dall'altra l'intervento concreto, anche tecnologico, su di essa. 
La matematica è una delle poche cose universali che noi sperimentiamo, e già questo è sorprendente. 
Lo è ancora di più il fatto che l'universo risponde in qualche modo alle nostre sollecitazioni basate sugli strumenti matematici. 
Da questa attività creativa dell'uomo emerge quasi un potere predittivo nei confronti della realtà, che è alquanto sconcertante. 
Nella misura in cui non si è ancora riusciti a giustificare l'indubbia consonanza verificabile tra una creazione della nostra mente, la matematica, e una realtà data a prescindere da noi, diventa legittimo ipotizzare l'esistenza di un Ente superiore intelligente che si pone alla radice tanto della realtà che ci circonda, quanto della nostra stessa mente. 
Il dato fondamentale è che esiste in qualche modo una sintonia tra la mente e la realtà esterna alla mente, sintonia che si spiega bene con l'esistenza di qualcosa che sta sopra e unifica.

Fabrizio Falconi

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