Dieci grandi anime. 10. Roger Schutz (3./)
Nella mia gioventù, scrisse negli anni della vecchiaia, io ero stupefatto nel vedere alcuni
cristiani che, anche se si riferivano continuamente a un Dio d’amore,
spendevano tanta energia per giustificare delle opposizioni. E mi dicevo: per
comunicare il Cristo, c’è realtà più trasparente che una vita donata, dove
giorno dopo giorno la riconciliazione si compia in concreto ? Allora io ho
pensato che era essenziale creare una comunità dove gli uomini decidono di
donare tutta la loro vita e qui cercano sempre di riconciliarsi.
Questo pensiero era già un assillo, anche
se adesso l’urgenza principale era quella di mettere in salvo tanti derelitti –
i cugini ebrei – in fuga dai campi di sterminio, e per non creare problemi era
Geneviève a spiegare ai vari ospiti della casa che – per non turbare le diverse
suscettibilità religiose – era meglio che ognuno pregasse nella sua stanza, da
solo.
La situazione, però, in quel borgo a
così pochi chilometri dal confine, cominciò presto a farsi molto pericolosa. I
genitori di Roger e di Geneviève, venuti a conoscenza del rischio che i figli
stavano correndo, chiesero a un vecchio amico di famiglia, un ufficiale in
pensione, di vegliare su di loro, e quando, nell’autunno del 1942, arrivò la
soffiata che i due fratelli Schutz erano stati scoperti dalla Gestapo, fu
organizzata una tempestiva fuga che permise a Roger e Geneviève di riparare in
Svizzera.
L’11 e il 12 novembre del 1942 la Francia è completamente
occupata, e la polizia nazista perquisì due volte la casa, sperando di trovare
i fuggiaschi, e gli ebrei che erano stati nascosti. Ma la fuga è riuscita, e la casa viene
trovata vuota.
Furono due lunghi anni quelli che Roger
fu costretto a trascorrere in Svizzera, aspettando il momento per poter
ritornare in Borgogna.
Lo fece dopo la liberazione di Parigi,
nel settembre del 1944, ma non da solo: a Roger si erano infatti già uniti i
primi fratelli che aveva incontrato e con i quali aveva iniziato una vita in
comune. Difatti, mentre viveva nel paesino francese, Roger aveva scritto un libretto, intitolato Note
explicative, in cui esponeva, in poche e chiare pagine, il suo ideale di
vita. Pubblicato a Lione grazie all'interessamento dell'abbé Couturier, questo piccolo volume era stato letto da due
studenti, Pierre Souvairan e Max Thurian, che raggiunsero senza esitazione Roger
a Ginevra per unirsi a lui, nella missione evangelica.
Tornato insieme ai due nuovi compagni a
Taizè, Roger si trovò di fronte una situazione di totale desolazione. La piccola comunità che si andava formando,
cominciò con il dare accoglienza ai bambini e ai ragazzi rimasti orfani di
guerra, poi l’ospitalità si allargò subito ai reduci di entrambi i fronti. Poco distante da Taizè v’erano infatti due campi
di soldati tedeschi fatti prigionieri dagli alleati. Utilizzando uno speciale lasciapassare i tre (a cui nel
frattempo si è aggiunto un quarto, Daniel
de Montmollin), ricevettero il permesso di ospitare quei prigionieri a casa
loro la domenica, per offrirgli un pasto e un momento di preghiera.
Da quel giorno il numero dei fratelli, per
fortuna, cominciò rapidamente. Nel 1948 la chiesa del paesino di Taizè, grazie ad una
autorizzazione firmata dal nunzio a Parigi,
Angelo Giuseppe Roncalli – il futuro papa Giovanni XXIII – venne messa a
disposizione per la preghiera della piccola comunità e a Pasqua 1949, proprio in quella chiesa, i
fratelli si impegnarono per sempre nel celibato, nella vita
comune e nel perseguimento di una esistenza molto semplice, eleggendo nel
contempo Frère Roger come priore.
Tre anni dopo, nel silenzio di un lungo
ritiro, durante l’inverno del 1952, la regola di vita, divenuta universalmente
nota come Regola di Taizé – o Fonti di Taizé come fu chiamata più
tardi – fu definitivamente scritta dal Frère, in un breve testo di poche
pagine, che contiene i principi
fondamentali spirituali a cui la
Comunità fu chiamata ad ispirarsi e ancora oggi si ispira
(2), esprimendo “l’essenziale che rende possibile la vita comune.”
In uno di questi stringati capitoli,
Frère Roger espresse il senso della sua ricerca di Dio: Nel
profondo della condizione umana, è scritto nella Regola, esiste l’attesa di
una presenza. Sappi che il solo
desiderio di Dio è già l’inizio della fede.
Ciò che conta all’inizio, non sono le vaste conoscenze. Esse hanno certo
un grande valore, ma è solo con l’intuizione che riesci in primo luogo a
penetrare il Mistero della Fede. Saprai sempre ricordare la folgorante realtà
del Vangelo: “Non siamo noi, ma lui che ci ha amati per primo”? Questa è luce per la tua vita. Per strano che
sia, abbandonati a lui e non inquietarti se non giungi ad amarlo subito.
(3)
Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.
2 Le Fonti
di Taizè, di Frère Roger di Taizé (titolo originale Le sources di Taizé) sono pubblicate in Italia da Elledici, Torino,
1998, con traduzione a cura della stessa Comunità di Taizé.
3.
Le Fonti di Taizè, Op.cit. pag.51/52
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